CAPITOLO VI:
RISPETTO E ONESTA'

Non se l'era mai detto, non l'aveva mai pensato, ma appena Mark gli disse che intendeva restare, Kevin guardò sua moglie.
Fu come un segnale, come una condizione che si era posto inconsciamente.
Kevin dal di fuori appariva davvero come una persona superficiale e poco incline alle cose oneste e profonde. Gli piaceva tenersi bene e gli piaceva divertirsi, queste cose stavano poco a rovinare la reputazione ma se ne fregava ed andava avanti lo stesso. Questo glielo aveva insegnato Zlatan.
Aveva legato molto con lui e lui aveva imparato ad andare oltre ciò che le apparenze mostravano. 
Kevin era oltretutto un tipo molto divertente, chiunque in sua compagnia rideva sentitamente, aveva la battuta pronta ed era ironico e sferzante. Aveva un carattere forte ma Mark aveva visto anche un altro lato. Un lato tenero, sotto quella corazza fatta di tatuaggi e risate.
Guardò sua moglie e cominciò a pensare seriamente a ciò che aveva fatto e tutto perchè c'era in lui la seria e profonda intenzione di andare avanti con Mark ancora a lungo. 
Quando realizzò d'averla tradita e che il matrimonio con lei era finito, tutto cadde.
Ci fu un momento davvero traumatico in cui si chiuse fortemente in sé stesso. Non poteva guardare e parlare con nessuno, nemmeno Zlatan osava.
L'estate portò molti traumi nella famiglia Boateng.
Kevin si trovò a fare i conti con sé stesso e disprezzarsi per quel che aveva fatto, si biasimò ferocemente e nella consapevolezza di non poter rimediare in alcun modo, si chiese se fosse meglio l'onestà oppure una bugia a fin di bene.
Sapeva che dire a Jenny che l'aveva tradita con un compagno di squadra le avrebbe fatto male, si sarebbero lasciati nel peggiore dei modi e magari non avrebbe più potuto vedere tanto suo figlio. Era gay!
Cioè non lo era davvero ma a lei non sarebbe importato, non avrebbe visto la differenza come Zlatan.
Però era stato meschino e superficiale, aveva guardato sé stesso, i propri bisogni, la propria mutazione interiore e l'aveva completamente ignorata. Le avrebbe fatto male, ma la verità era l'unica cosa giusta che poteva fare a quel punto.
Ci volle molta forza di volontà per farlo.
Nessuno al suo posto ci sarebbe riuscito, nessuno prima di lui l'aveva fatto.
Molti giocatori tradivano le mogli... con altre donne o coi compagni di squadra.
I giocatori, così come gli sportivi in generale, erano più portati ad instaurare dei rapporti senza pregiudizi e schemi predisposti. Erano più elastici ed aperti, trovavano naturale approfondire un rapporto già forte di suo. Passare tanto tempo insieme e condividere tutto portava al desiderio di condividere anche altri aspetti ed era più facile attrarsi od innamorarsi addirittura.
Kevin però disse tutto a Jennifer, fu la cosa più difficile mai fatta ma si disse che se era stato facile tradirla, ora era giusto che fosse difficile dirle tutto.
Sapeva non avrebbe capito ma il punto non era quello, non voleva sistemare le cose e ricucire tutto. Lei lo capì nel momento in cui glielo disse.
- Tu non sei pentito! - Kevin si sentì trapassare da mille aghi. - Me lo stai dicendo per scaricarti la coscienza e poter continuare! Non vuoi il mio perdono o la mia benedizione... vuoi poter andare avanti con... con come diavolo si chiama? - Ecco, si disse tragico Kevin. Era il momento.
- Mark. - Jennifer rimase senza parole per un autentico lunghissimo attimo. Quando si ricevevano certe notizie impreviste e shockanti c'era un istante in cui ci si fermava. Il cervello si spegneva e non si pensava. Non c'era effettiva rabbia o delusione. 
In quei secondi, i più lunghi mai vissuti, chi aspettava una reazione aveva tempo di morire.
A Kevin successe.
Poi fu anche peggio.
- Sei un maledetto frocio?! - Non ci credeva nemmeno lei, su tutti avrebbe potuto dirlo ma non su di lui.
- Non è che... - Tentò di spiegarle ma fu impossibile, Jennifer comprensibilmente partì e non si fermò più. Le urla non le avrebbe mai dimenticate.
- MI FAI SCHIFO! NON SOLO UN TRADIMENTO MA ANCHE CON UN UOMO! TU NON VEDRAI PIU' TUO FIGLIO! NON VOGLIO CHE LO CRESCI COME TE! MIO FIGLIO NON DEVE ESSERE CONTAMINATO DA UNA PERSONA DEL GENERE! - Gli insulti uscirono come un fiume e Kevin provò dentro un gelo talmente profondo da non poter essere scaldato in alcun modo. 
Non reagì, non urlò, non rispose, non si difese. Ascoltò con la testa bassa senza riconoscersi e poi se ne andò di casa senza fare le valige o salutare suo figlio.
Se ne andò come un automa provando la peggior sensazione della sua vita, una delusione senza pari, una sofferenza dilaniante.
Non aveva nemmeno idea cosa, di tutto quello, lo facesse soffrire tanto. Tutto, forse.
Non riuscì a rendersi conto di quando si era messo alla guida, tanto meno di dove fosse diretto.
Era estate, erano in vacanza quasi tutti, non aveva nessuno. 
Andò nell'albergo di quella notte passata con Mark, la loro prima. Lì scrisse un messaggio a Mark, l'unico che mai avrebbe potuto e voluto sentire.
'Ho lasciato Jen. Non vuole più vedermi. Mi toglie mio figlio. Sto male, non ce la faccio più. Sono al nostro albergo.'
Non gli chiese se poteva venire, sapeva che era in vacanza con la famiglia. Però se fosse venuto sarebbe stato la sua salvezza.


Kevin non gli aveva mai parlato dell'intenzione di lasciare la moglie, cadde dalle nuvole quando lo lesse e gli venne un colpo. Si sentì anche male per un istante... prima di sentirsi infuriato.
Non poteva prendere decisioni tanto importanti da solo!
Lui ci era passato prima, per quella fase... avrebbe potuto aiutarlo... perchè era stato in silenzio ed aveva deciso da solo?
Era grave lasciare la moglie e poi non era sicuro di cosa sarebbe successo. Fra loro poteva andare male, poteva andarsene al termine dell'anno calcistico... anzi, sicuramente sarebbe successo, aveva 34 anni, andava per i 35, stava per concludere la sua carriera, voleva tornare al PSV...
Dalle splendide vacanze in cui era con la famiglia, Mark prese e partì per tornare di corsa a Milano per una grave situazione da risolvere.
Non spiegò nulla.
Semplicemente andò.


Era fuori di sé come raramente era stato. Quel testone! Cosa voleva dimostrare lasciando la moglie? Quando se ne sarebbe andato le cose fra loro si sarebbero complicate e magari sarebbero anche finite. Con Arjen erano finite pur senza l'intenzione di lasciarsi!
Era ormai sera inoltrata quando arrivò a destinazione, aprì la porta con le chiavi che gli avevano lasciato all'ingresso, aveva fatto tutto sempre con lo stesso operatore dell'altra volta. Ancora pagato per la discrezione.
Appena varcò la soglia, l'unica intenzione era di picchiarlo e gridargli di tutto.
Però lo vide steso nel letto in posizione fetale e si fermò subito. 
Tutte le cose fino a quel momento importanti svanirono. 
Scivolarono come trasportate da un vento forte e gelido.
Congelato rimase ad osservarlo. Dormiva, era tutto rannicchiato su un fianco, le mani a pugno sotto il mento. Si avvicinò piano senza respirare. Era pallido, aveva pianto, le guance erano umide.
Fu allora che capì quanto distrutto fosse.
"Ma come può avere tanto carattere al di fuori e nei momenti buoni ed invece non averne per niente quando sta male. Certo, ognuno reagisce alle difficoltà a modo suo, ma non ho mai visto uno con tanto sbalzo caratteriale da uno stato all'altro. E' pazzesco..."
Era sconvolto. Anche a partire dal fatto che invece di fare come tutti, cioè tenere la moglie ma tradirla comunque, le aveva detto tutto. Questo invece era sinonimo di carattere. Era una contraddizione vivente. 
Si sedette sul letto e si tolse le scarpe, poi si stese piano per non svegliarlo e, da dietro, l'avvolse mettendosi sul fianco. Appoggiò la testa alla mano, il braccio piegato. L'altro l'avvolse sulla vita e lo carezzò con dolcezza, poi allo stesso modo gli baciò la testa leggero. 
Rimase così a vegliare su di lui tutta la notte e a pensare a quale persona incredibile e da scoprire fosse Kevin.
Tutto l'opposto di quel che sembrava. 


Il suo risveglio fu dolce.
Mark si era addormentato in quel modo, Kevin nel sentire qualcuno addosso si era spaventato e si era alzato sul gomito e girato di scatto. Poi si era buttato giù immediatamente. Era lui.
Sorrise.
Riuscì anche a sorridere. Si voltò verso Mark e si accoccolò fra le sue braccia, contro il suo petto caldo. Nascose il viso e chiuse ancora gli occhi e restò così fino a che la voce roca e insonnolita di Mark lo raggiunse. 
Parlò in tedesco, come sempre.
- Mi dispiace che hai dovuto affrontarlo da solo. - Ma quello, si chiese, era segno di forza o di debolezza? 
Non trovò risposta.
- Non vuole farmi vedere mio figlio, non vuole sentire ragioni. Mi ha insultato pesantemente quando ha sentito che sto con un uomo. - Mark aprì gli occhi di scatto e tirò indietro la testa per guardarlo, Kevin fece altrettanto, era ancora sfinito.
- Gli hai detto davvero tutto? - Kevin annuì.
- Non potevo andare avanti. Questo è stato il mio modo per avere rispetto per lei visto che non l'ho avuto fino ad ora. -

- E non pensi che ne avresti avuto di più nel risparmiarle l'umiliazione che ora sta provando solo perchè tu preferisci un uomo a lei? - Mark fece una domanda intelligente. Naturalmente la vedeva diversamente. Kevin si fermò a pensarci poi rispose abbastanza sicuro.
- Con una donna sarebbe stato peggio. Le donne sono così. Ora è furiosa e pensa che io faccia schifo perchè sono gay e non ha mai riflettuto bene su cosa significa essere gay, ovvero che non sono delle merde ma esseri umani con gusti fuori dal comune. Però quando si calma accetterà la situazione solo per questo. Se io sono attratto dagli uomini è una questione di natura, lei non ha nessuna colpa. Mentre con un altra donna... 'cos'ha lei che io non ho?' -
Mark rimase colpito del ragionamento lucido che aveva fatto.
- Da quanto ci pensi di dirglielo? -
- Dopo che hai deciso di restare a Milano... ho capito che non avrei smesso come pensavo inizialmente. Non le avevo detto niente solo per questo. Ma so che andrà avanti e non posso... sono stato di merda già in questi mesi, quando la guardavo. -
- Però è un fattore egoistico il tuo... le hai detto tutto per poter dormire la notte... cioè ora ci stai male ma poi ti passerà e potrai fare quello che vorrai senza rimorsi e rimpianti, la coscienza sarà pulita. Ma lei come starà? Se lei non sapeva niente poteva andare avanti tutta la vita evitando il dolore che prova ora, l'umiliazione, la rabbia... certo, sarebbe stata una menzogna, ma in una menzogna uno può essere felice lo stesso e non esiste una felicità più vera o migliore di un'altra. La felicità è tale sempre nel momento in cui uno la prova. Autentica in ogni caso. - Kevin si perse nei suoi discorsi, ci pensò bene, rimase a farsi coccolare fra le sue braccia dolci e forti, le sue mani grandi sulla schiena, sotto la maglietta. Stava bene, così. Finalmente.
Ecco perchè riusciva a pensare e a capire cosa aveva fatto.
Era vero che ci aveva pensato molto...
- Sì hai ragione, è stato egoismo il mio. Però è anche rispetto alla fin fine. Se questo rispetto arriva tardi è un mio difetto, una mia vigliaccheria. E soprattutto se questo rispetto a lei fa soffrire mi dispiace, ma un giorno almeno potrà rifarsi una vita. Una vita vera, come merita. Quella che non ho saputo darle. Per me questo è onestà, rispetto, egoismo e qualunque altra cosa tu ci veda. Ma sono convinto che, anche se tardi, era la cosa migliore che potessi fare. -
Mark era sempre più ammirato da quel ragazzo che pareva non sapere come si viveva ed invece poi i sistemi li trovava.
- Ma non ti farà vedere tuo figlio per un po'... - Mark voleva capisse bene tutto ora che era con lui, poi sarebbe dovuto tornare dalla sua famiglia.
Kevin sospirò e si rabbuiò nascondendo il viso contro il suo petto.
- Lo so e spero cambi idea. Farò di tutto per poterlo vedere... lei ha detto che non me lo farà vedere per paura che diventi 'frocio' come me... che io abbia una brutta influenza... -
- E come pensi di farle cambiare idea? Spiegandole che non sei frocio ma solo innamorato di me che guarda caso sono un uomo? - Kevin sul momento non ne aveva idea ma una cosa la sapeva con certezza e lo disse combattivo come lo era in campo.
- Non so come farò ma in qualche modo riuscirò. Devo. -
- E come la metti con la questione che eri il primo a non riuscire a vederlo perchè ti sentivi sporco ed in colpa? - Kevin trattenne il fiato, come lo sapeva demolire bene...
Si morse il labbro e strinse gli occhi.
- Mi passerà. È molto più importante rivederlo... -
Lasciò qualche secondo prima di proseguire con l'interrogatorio. Lui si assicurava che uno ce la facesse in quel modo.
- Tu non sei gay, Kevin... o lo sei? -
Si alzò sul gomito e lo guardò bene. I suoi lineamenti dolci ma comunque mascolini gli piacevano ma perchè erano i suoi. Glieli percorse con un dito leggero.
- No, non lo sono. Sono solo innamorato perso di te... ti amo e dopo tutto quello che ho fatto ne ho la certezza più di ieri... - Mark si commosse ed una vampata di calore lo investì. Gli occhi divennero lucidi e Kevin sorrise intenerito baciandogli le lebbra.
- Tu lo sei? - Chiese poi, Mark capì che era il momento di parlarne...
- Mi piacciono entrambi. -
-Hai avuto altre storie? - Sapeva cosa intendeva.
- Qualcuna. La più importante con Arjen... -
- Robben? - Chiese Kevin non molto stupito.
- Non sei sorpreso... -
- Basta scrivere il tuo nome su Google Immagini e vengono fuori un sacco di foto di voi due. È evidente cosa c'era... c'era, giusto? - Chiese per puro scrupolo.
- Hai cercato foto su di me? - Chiese non per deviare il discorso ma perchè effettivamente colpito.
Kevin avvampò.
- Rispondi! -
-Sì, ci siamo lasciati qualche mese fa. Non ha digerito che me ne fossi andato e poi con le settimane le cose si sono rovinate e... ed io volevo vedere come andava con te... direi bene, alla fine... - Sorrise teneramente...
Kevin l'imitò e lo baciò ancora.
- Molto... -
- E così hai cercato cose su di me? - Kevin arrossì ma si compiacque di essere di colore...
- Bè, volevo capire che tipo fossi e le foto parlano più degli articoli. Non mi fido dei giornali... -
- Ah ecco! -
- Ecco cosa? -
- Una volta mi hai detto che se non parlano di te non segui gli articoli... - Kevin rise e fu sensuale.
- Bè è vero... e proprio per questo so che non dicono mai cose vere! Se voglio la verità su qualcuno me la devo trovare in un altro modo... - Logica inoppugnabile.
- Cosa hai capito di me dalle foto? - Chiese suadente continuando a carezzargli la schiena da sotto la maglietta ormai alzata.
Kevin ridacchiò malizioso.
- Che sei un tipo forte... hai un carattere molto deciso e diretto ma sei anche gentile. Le tue espressioni sono tanto dolci e gentili quando rabbiose ed irascibili! -
Fu il turno di Mark di imbarazzarsi e su di lui si vide bene.
- Io non ho cercato niente di te... - Si stava scusando.
- E cosa hai capito ora che stiamo insieme da qualche mese? - Kevin ora provocava. Come al solito. Era un buon segno, si era ripreso.
Mark rise e ci pensò scendendo con la mano sotto i pantaloni, era una tuta comoda e larga.
- Hai un fisico incredibile! - Disse ammiccando per scherzare. Kevin rise a sua volta, insieme lo facevano sempre di continuo, scherzavano ma stavano bene. Gli agguantò i glutei apposta. Poi però mollò anche se rimase con la mano lì sotto. - Sei tutt'altra cosa da ciò che sembri. Sembri superficiale, poco serio, uno che non tiene a niente, che non si impegna, che pensa solo a divertirsi... in realtà è una corazza per la tua fragilità. Mi ricordi molto Zlatan. Ho avuto modo di conoscerlo un po' e mi sembra così. È molto amichevole coi compagni ma dall'esterno lo pensavo anche io uno stronzo... così tu. Sei profondo. Chi avrebbe lasciato la moglie dicendo la verità? Hai le palle ma... come posso dire? Sei una contraddizione! Non puoi essere tanto forte e deciso, così spavaldo all'esterno e nei momenti buoni e poi affondare in questo modo da solo, nei momenti difficili. Ti distruggi, piangi, sei a pezzi... sembra non hai più carattere... sei... sei incredibile! Tu non poi stare solo... non puoi... -
Kevin doveva ancora capire se fosse un complimento o cosa, ci rimase di stucco ad un'accurata descrizione simile...
Lo fissò inebetito, indeciso su come comportarsi ora.
- E... ed è positivo? - Non ne era sicuro. Mark sorrise e lo baciò con dolcezza.
- Per me lo è. Però sono spaventato. Se un giorno sarai solo e ti capiterà un momento difficile, queste cose possono succedere, tu non ti rialzerai più... - Kevin si rabbuiò.
- Stai dicendo che pensi già di lasciarmi? - Mark strinse le labbra e gli carezzò il viso.
- No però non giocherò qua per sempre, sono alla fine della mia carriera ed intendo dare l'addio al calcio al PSV, la squadra dove ho cominciato... questo deve essere chiaro. Io non voglio che quando me ne vada tu affondi... - Dirlo però non sarebbe servito. Kevin si riempì d'angoscia leggendo fra le righe.
- Se te ne vai mi lasci? Hai fatto così con Arjen? - Non era completamente sbagliato, però era stata una scelta comune. Se Arjen avesse voluto avrebbe potuto impuntarsi e mantenere il rapporto. L'aveva perso perchè, arrabbiato, era stato il primo a mollare.
- No ma una storia a distanza è diversa, non è per tutti. Ci sono quelli che la portano avanti lo stesso e ce la fanno e comunque è difficile. E ci sono quelli che non si illudono e si semplificano la vita. Si lasciano, stanno male sul momento ma poi voltano pagina. -
Kevin pensò a Zlatan. Aveva fatto così ovunque era andato. Si chiese se ora che aveva quel rapporto con Alex ed un giorno se ne fosse andato, avrebbe fatto la stessa cosa di sempre.
- E tu che tipo sei? - Chiese spaventato con un filo di voce. Voleva sembrare più forte e più pronto ma non era così.
Mark lo spinse sulla schiena per poter muovere il braccio su cui era rimasto appoggiato, lo ricoprì col busto e si mise comodo su di lui.
- Io vivo il presente con tutto me stesso improvvisando come viene... e poi se vedo che non ce la faccio agisco di conseguenza. Non mi faccio mai piani. Quando me ne faccio sono capace di cambiarli tutti... - E si era visto.
Kevin si sentì meglio ma era ancora teso e preoccupato. Poteva significare tutto e niente.
- Tu sei preoccupante... può anche scattarti il matto e te ne andresti su due piedi. Non mi dai garanzie... a partire da tua moglie. Non le hai mai detto niente per avere sempre un posto dove tornare qualunque cosa ti venga su di fare... qualunque storia... -
Era vero, non lo poteva negare, ma c'era dell'altro.
- Non le ho mai detto niente per proteggerla. Non la voglio abbandonare dopo il dolore che le darei. Ora fa una bella vita, può avere tutto ed è la moglie di Mark Van Bommel. Cresce i nostri figli e la serenità per loro è la cosa più importante. Io ho fatto questo ragionamento. E poi soffrirebbe inutilmente. Così lei sta bene. -
Ne avevano parlato prima, erano punti di vista. Non ci tornarono su ma Kevin ancora faticava a rilassarsi.
E se se ne andava? Cioè comunque se ne sarebbe andato ma magari l'avrebbe fatto prima del necessario... e comunque l'avrebbe lasciato...
Mark lesse i suoi dubbi e le sue angosce e cercando di rischiararlo -era lì per quello- semplicemente lo baciò.
Non fece altro.
Approfondì un bacio leggero, un bacio che divenne profondo e sentito. Le lingue si intrecciarono con sensuale lentezza e fu la prima volta che si baciarono solo con amore e dolcezza. Le altre volte erano stati infuocati o studiati, ora se lo godevano con tenerezza.
Tutto in quel bacio trovò fine, si chiuse in un angolino profondo di sé e non uscì più.
Kevin allora si aprì, in ogni senso, e si rilassò lasciandosi andare. Mark lo sentì e scese con la mano sul petto e poi giù alla vita. Si insinuò sotto l'elastico dei pantaloni e dei boxer e gli massaggiò l'erezione calda. Ci mise poco a reagire al suo tocco esperto e Kevin gemette contro la sua bocca.
Aprì le gambe per aiutarlo a lavorare meglio ed alzò il bacino quando lo sentì scendere con la bocca sul torace. Succhiò i capezzoli e poi scese sul ventre sensibile. All'inguine Mark gli tose gli abiti aiutato da Kevin e quando fu tutto scoperto, l'avvolse con le labbra. Lo succhiò mentre l'impeto cresceva, la voglia, l'intensità. Ed i gemiti di Kevin.
- Mark, sto v... - Lo avvertiva sempre perchè normalmente non gli veniva in bocca. Mark però pur sentendolo continuò a pompare e Kevin non poté resistere oltre.
Rimase sconvolto quando capì che l'aveva ingoiato e lo fissò come un pesce faceva con chi stava fuori dalla boccia.
Mark rise fragorosamente e si alzò in ginocchio sul materasso per togliersi la maglietta. Kevin alla visione del suo torace nudo si riebbe e si protese verso di lui per abbassargli i jeans corti fino al ginocchio e gli slip. Li abbassò fino alle cosce e prima di farlo muovere ricambiò il favore.
Lo leccò e lo succhiò, era già eccitato e gli venne un calore incredibile nel sentirlo muovere il bacino nella sua bocca come se lo stesse prendendo.
Era possente.
Era virile.
Gli piaceva.
Forse era un po' gay, pensò divertito.
Mark lo tolse da sé bruscamente per non venirgli in bocca, quindi Kevin si girò a carponi. Era la prima volta che si metteva in quella posizione, era un provocatore ma a letto diventava creta nelle mani di Mark. Lì apparve diverso.
Era libero. Libero da delle catene che evidentemente fino a quel momento aveva avuto.
- Mi sembra che stai bene! - Disse Mark sorpreso prima di chinarsi sui suoi glutei.
Kevin rise erotico.
- Merito tuo e della confessione! Mi hai fatto il terzo grado... se non mi schiarivo le idee... - La voce gli morì in gola quando lo sentì allargargli le natiche ed infilare la sua lingua. Lo bagnò abbondantemente e poi inserì un dito. Lo mosse sempre più velocemente e a fondo, poi mise l'altro, li rigirò all'interno, lo dilatò a dovere e sui suoi gemiti di godimento, Mark sostituì senza avvertirlo le dita col suo membro.
Lo prese per i fianchi e con una spinta decisa entrò.
Kevin trattenne il fiato e premette il viso sul letto. Morse le lenzuola e tirò per poi riprendere a gemere.
Quella posizione era fantastica, riusciva a muoversi a piacimento e trovare ogni punto più sensibile e profondo.
Per entrambi tutto aumentò vertiginosamente e le scariche tornarono. Il fuoco, il vulcano, il mare in tempesta.
Era da uscirne matti.
E impazzirono, l'uno nell'altro, ad ogni spinta. Ad ogni colpo. Ad ogni gemito. Ad ogni onda protratta da uno all'altro.
Kevin quando non resistette più e si convinse di non farcela, si alzò di scatto e si appoggiò con la schiena al petto di Mark, lui lo prese e l'avvolse stringendolo a sé, continuò a spingere. Continuò a prenderlo. Continuò a darsi. Continuò a godere.
E l'orgasmo fu liberatore e totale, ancora una volta. Più di sempre.
E caldo.
Non l'avrebbero dimenticato in alcun modo possibile. Mai. Per nessun motivo.
Non si poteva. Non si poteva più.
Sfiniti ed ansimanti si accasciarono sul letto, Mark sotto e Kevin adagiato sopra sul suo petto che ancora faticava a calmarsi.
- Mark ma tu cosa provi per me? - Questo era tipico suo. Cercare conferme continue anche in modo diretto e poco naturale.
Mark ci rimase, abbassò lo sguardo mentre lui alzava il proprio. Si guardarono e fu un istante fermo, lontano da ogni lancetta che correva.
Ci pensò e ci pensò con attenzione.
A cosa provava e a cosa dirgli e se fosse il caso e se magari nel dirglielo ora che glielo aveva chiesto avesse pensato non fosse naturale...
- Non vuoi che te lo dica spontaneamente? - Kevin sorrise.
- Mi aspettavo una cosa simile... ma non mi puoi accontentare in qualche modo? - Mark ridacchiò.
- Ed io mi aspettavo una cosa simile! - Kevin gli scoccò il mento col dito in una specie di rimbeccata.
- Allora? - Chiese con ansia tornando sui suoi occhi, dritto, diretto, morendoci in essi.
Mark sospirò.
- Sono tornato dalle vacanze con la mia famiglia e non ero dietro l'angolo. E appena esco di qua devo tornare da loro. Tu che ne dici? - Il sorriso di Kevin, un gran bel sorriso solare e felice, finalmente, fu un bell'incentivo. Aveva fatto bene.
Ti amo...” Pensò capendo che nel dirglielo in quel momento sarebbe apparso come forzato.
Se ne spaventò dal fatto che poteva già pensarlo, ma non se lo negò.
Kevin, ovviamente, lo pensava e lo diceva già da tempo.
- Tu lo sai cosa provo... - Disse allora per non spingerlo a dirlo proprio ora. Mark l'apprezzò e lo baciò.
Fu splendido.