CAPITOLO IX:
UNA DECISIONE DIFFICILE

In squadra c'era una situazione strana, si vociferava che a Giugno sarebbero partiti in molti.
Di certo nessuno avrebbe mai immaginato quanti e chi.
Mai.
Il presidente aveva un piano per riportare la squadra a vincere la Champions. Questo si diceva. E questo piano era ad ampio spettro e lunga durata. Richiedeva molti sacrifici all'inizio e poi una raccolta un po' tardiva ma assicurata.
Questo, almeno, a detta di quello che si sentiva in giro.
Nessuno ne capiva molto, solo che se Alexandre era rimasto lo doveva alla sua relazione poco felice e poco sincera con Barbara Berlusconi.
Zlatan però sembrava realizzato e non si faceva domande, andava dritto per la sua strada.
Thiago e Roby avevano finito per mettersi insieme mentre in contemporanea si formarono diverse altre coppie.
Molti arrivi, molti infortuni, molti momenti di speranza, molti momenti difficili.
Kevin si infortunò due volte nell'arco dell'anno ma il suo morale non ne risentì mai.
Qualche volte poté vedere Jermaine, Jennifer sembrava convincersi e lui decise di proseguire con Melissa rafforzando il legame davanti agli obiettivi.
Poteva anche sposarsela davvero, dopotutto. Non era una persona effettivamente pesante, poteva essergli andata peggio.
Orgoglioso che il suo piano avesse funzionato, con Mark le cose andavano a gonfie vele.
Ormai poteva dire d'aver conquistato un autentico Paradiso. Anche a calcio andava bene, le volte in cui riusciva a giocare andava decisamente bene, prometteva sempre meglio e con il sostegno di Zlatan che riusciva a lanciarlo spesso in rete stava scoprendo una gioia nel gioco che prima non aveva provato nelle altre squadre.
Però il suo punto fermo restava sempre Mark.
Una sera stavano tornando a casa insieme, avevano intenzione di stare un po' da Kevin come sempre.
Guidava quest'ultimo con il suo solito modo da pazzo.
- Se non fosse stato per te non sarei qua. - Disse improvvisamente seguendo un suo pensiero ed un impulso di soddisfazione a trecentosessanta gradi.
- Cosa dici? - Chiese Mark che era molto modesto di natura.
- Mi hai sostenuto nel momento peggiore, mi hai dato la forza di andare avanti, mi hai dato corda nei miei assurdi piani invece di contrastarmi ed ora ho ottenuto quello che volevo e... e tu mi ami, me l'hai detto, io ti ricambio. Non riesco ad immaginare un momento migliore per la mia vita. Perfino a calcio va bene... penso di non poter chiedere di più. Se dovessi dire dalla nascita ad ora quando sono stato più felice direi ora. Mi manca mio figlio però posso sentirlo e vederlo quando voglio. Purtroppo è in Germania ma insomma... non va male. Sono proprio soddisfatto. - Mark strinse le labbra commosso, gli occhi gli bruciavano e girò la testa dall'altra parte impacciato. Sapeva dirle anche lui le cose sentimentali ma non quando era emozionato.
Quel ragazzo non aveva vergogna ad aprirsi e si era mostrato in toto. Aveva un mondo bellissimo dentro, spigoloso dall'esterno, magari, poiché sembrava ancora più spavaldo di prima, però in realtà era splendido. Riusciva ancora a ridere come all'inizio, a parlare con lui di ogni cosa.
Era sempre splendido stare con lui.
E fare l'amore con lui.
E lasciarsi andare in lui.
E coglierlo impreparato con i suoi 'ti amo'.
Era bello anche vederlo come si arrabbiava, come se la prendeva, cosa tirava fuori dal cappello per ottenere ciò che desiderava... era una persona fantasiosa e ricca, ricca di molte cose. Piena di mille sfaccettature.
In pochi lo capivano davvero, l'aveva notato, però chi ci riusciva non poteva lasciarlo perdere.
Vedendolo commosso Kevin cercò la sua mano con un sorriso dolce e gliela portò sul cambio. Strinse il dorso ed intrecciò le dita alle sue come se fosse un completamento di sé.
Mark tornò a guardarlo e sospirò.
Stava bene anche lui.
Era felice.
Era tutto perfetto.
Se non fosse stato per una singola cosa.
Una.
Una maledetta.
Il suo tempo.
Stava correndo davvero senza pietà e non sapeva come dirglielo, non sapeva come fare, non sapeva come non ammazzarlo nel dirgli che a fine stagione sarebbe stato fra quelli che se ne sarebbe andato perchè col fisico non arrivava più e voleva andare a concludere la carriera al PSV, in Olanda, dove aveva cominciato.
Come dirglielo?
Poteva?
Bè, prima o poi avrebbe dovuto.
Era la prima volta che non riusciva a fare qualcosa che sapeva doveva ma rimandare non avrebbe portato a niente di buono. Eppure... eppure vivere quegli ultimi mesi insieme poteva essere essenziale... farlo senza una spada di Damocle sopra la testa... voleva fossero sereni e felici ed indimenticabili. Forse era anche questo che lo spingeva a ritardare il fatidico momento.
Forse.
O forse ne aveva semplicemente paura. Paura di non farcela. Paura perchè non voleva allontanarsi da lui.
Non lo lasciava ma a conti fatti l'avrebbe visto meno, avrebbe potuto solo sentirlo e per vederlo, per toccarlo, per fare l'amore con lui avrebbe dovuto prendere un aereo. Non sarebbe stato facile e Kevin ci avrebbe sofferto perchè lui era una persona fisica che non sapeva stare solo, che se succedeva affondava ed era terrorizzato dal fatto che succedesse e che non si rialzasse più.
Come poteva andarsene consapevole che sarebbe andato sempre più giù?
Non sarebbe stato lì con lui ad abbracciarlo e a fargli forza.
Come poteva?
Eppure doveva.


Provò a pensare a quale fosse il modo migliore per dirgli che il tempo stava scadendo e che a fine anno non avrebbe rinnovato ma se ne sarebbe tornato in Olanda, ma non trovò una buona soluzione ed alla fine decise di lasciarsi trasportare dal momento. In ogni caso sarebbe stato devastante.


Kevin capì subito che c'era qualcosa che non andava. Anzi, non proprio... però Mark era diverso.
Aveva un trasporto molto più sentito delle altre volte.
Lo prese e lo trascinò subito oltre la realtà. Ad ogni spinta c'era un pezzo nuovo della sua anima.
Gemevano insieme e l'abbandono era totale e senza pari, non ricordava d'aver fatto l'amore con Mark più sentitamente di così.
Lo teneva a sé e l'altro entrava sempre più in profondità come se cercasse qualcosa, come se avesse un punto specifico che voleva raggiungere a tutti i costi. C'era anche foga nel suo possederlo.
L'espressione abbandonata al piacere era anche contratta in una smorfia di... di dispiacere?
A cosa pensava?
Era come se dovesse scoppiare a piangere...
Non riusciva a smettere di guardarlo mentre entrava ed usciva di continuo ed alla fine gli prese il viso fra le mani preoccupato e proprio mentre stava per venire gli disse dolcemente:
- Cosa ti prende? - Era quasi come se fosse l'ultima volta che lo faceva ma naturalmente non era così.
Mark aprì gli occhi ed incatenò i suoi, non voleva in quel modo. Ma non poté evitarlo perchè ricevere una domanda diretta in un momento di totale abbandono poteva portare ad una sola conseguenza.
Mark continuò a spingere ed ora i colpi si fecero più intensi e quasi disperati.
- Devo dirti una cosa... - 
Kevin lo guardò aspettando mentre comunque gemeva e si preoccupava insieme. 
Un'altra spinta più rabbiosa.
- Non ti piacerà. - E a tale forza, Kevin cominciò a raggiungere l'apice, cercava di guardarlo e capirlo ma ormai l'orgasmo era in atto. Mark si eccitò nel guardarlo e lo lasciò fare mentre si svuotava in lui a sua volta.
Fu fra gli ansimi ed un paradiso fatto di luci bianche intermittenti che glielo disse, la voce roca, sfinito, sofferente, contrario.
- A fine stagione non rinnoverò, me ne torno in Olanda a finire la carriera... - 
Quella fu la seconda morte di Kevin e dopo essersi tirato fuori a stento dalla prima, ritrovarsi nell'Aldilà di nuovo così brutalmente fu per lui un duro colpo. Un colpo decisamente troppo duro.
Non resse.
Kevin tirò avanti fino alla fine dell'anno calcistico, dopo di che, una volta che Mark fu partito, crollò e non si rialzò più.

Mark si era immaginato la scena in tanti modi e tutti comprendevano lacrime da parte di Kevin ed una conseguente depressione davvero grave.
Sicuramente non si preparò a ciò che poi fece.
Erano stesi ancora uno sotto l'altro, Kevin supino sulla schiena e Mark sopra. Era appena uscito dopo l'intenso orgasmo.
I corpi sudati ansimanti, ancora palpitanti per il sesso appena consumato, Mark si appoggiava con le mani ai lati di Kevin e questi aveva le unghie affondate sulla schiena.
Si era fermato in quell'istante, in quella posa, a quelle parole.
Si era spento per un proverbiale istante senza possibilità di ritorno, Mark pensò sarebbe rimasto così per sempre. Lo guardò ed attese senza sapere quando avrebbe detto qualcosa.
Non lo fece. Non parlò.
In modo completamente imprevedibile visti i precedenti, Kevin intrecciò la gamba alla sua e dalla schiena puntò le mani sul petto, dopo di che con una forza sconvolgente lo spinse così forte da farlo cadere giù dal letto.
L'istante dopo Kevin era in piedi mentre Mark shockato si teneva la nuca ed il fianco che aveva sbattuto nella caduta.
Il ghanese andò su e giù come una belva feroce ingabbiata e Mark si tirò sul letto a fatica, ancora incredulo.
Kevin era una pantera che si stava scatenando per la prima volta davvero e si spaventò. Per un momento Mark si spaventò.
- Tu... - Cercò di dire qualcosa ma la voce tremava ed era molto bassa, le corde vocali erano così tese che si vedevano le linee del collo in fuori e rigide come aste di ferro. - ...tu... - Kevin guardava fisso a terra e continuava a muoversi su e giù per tutta la camera senza un criterio, non se ne accorgeva nemmeno. I pugni stretti lungo i fianchi, ogni muscolo teso e di muscoli ne aveva tanti, nudo, lucido per l'attività appena fatta, il respiro corto. Non riusciva a parlare, dannazione.
Infastidito da questo, con uno scatto d'ira maggiore al primo diede un calcio alla sedia coi vestiti che si rovesciò a terra con un fragore assordante.
Allora riuscì a parlare.
Ma non è che parlò.
Si voltò di scatto, lo guardò e come se avesse cercato di esorcizzare il diavolo da dentro lo espulse con un urlo simile a quello che faceva quando segnava in partita. Piegato in avanti verso il compagno, occhi quasi chiusi, pugni e braccia tese.
- TU SEI UN FIGLIO DI PUTTANA! -
Mark rimase paralizzato allo scoppio perchè nel dolore lui non aveva mai reagito così. Lo faceva quando succedeva qualcosa che lo faceva arrabbiare ma al di là di un duro colpo subito o della sofferenza.
Questa volta era impressionante.
- COME CAZZO PUOI DIRMI UNA COSA SIMILE MENTRE SCOPIAMO?! CON UN ORGASMO MI DICI CHE TE NE ANDRAI? E PERCHE' CAZZO DEVI ANDARTENE? COME PUOI?! COME CAZZO PUOI DIRMI CHE MI AMI, ENTRARMI DENTRO E POI LASCIARMI COSI'! MENTRE SCOPIAMO MI DICI CHE TE NE VAI! MENTRE SCOPIAMO MI DAI IL PIU' DURO COLPO DELLA MIA VITA? - Non aveva mai urlato tanto, Mark lo lasciò fare e si chiese se fosse positivo o no ma non disse nulla.
Kevin poi tornò a muoversi come un posseduto, a scatti, con grandi falcate, girando improvvisamente ed investendo mobili e la sedia. I pugni ancora serrati, il respiro sempre affannato.
- Non puoi andartene ora! Tu sei rimasto per me, per questo rapporto ed ora che si è stretto e che tutto va bene, dopo che mi hai aiutato in tutti i modi te ne vai e mi pianti! Abbiamo vissuto praticamente insieme, ci vediamo ogni giorno, scopiamo ogni giorno, parliamo guardandoci negli occhi, giochiamo insieme. Tutto insieme, sempre, ogni giorno, ogni giorno. E ti sei fatto amare. E mi hai amato. E come cazzo pensi che ora posso fare a meno di tutto questo? Non potrò vederti, potrò solo sentirti e dovrò penare per poter prendere un cazzo di aereo fra gli impegni del club e vederti e non sarà la stessa cosa perchè ogni volta che tornerò a casa ti lascerò e starò male, piangerò tutte le lacrime della mia vita! Io non ce la posso fare! L'hai detto tu che non posso stare solo! Che quando sto male se sto solo non mi rialzo più. Che ho sempre bisogno di qualcuno vicino, specie in quei momenti. Ed io non ho bisogno di uno qualunque, ho bisogno di te, cazzo, di te! Tu mi rovinerai! Come pensi che potrò fare? Io sono una persona fisica, ho bisogno di contatti veri, per questo sono stato tanto male quando Jen mi ha portato via Jery ed è andata in Germania! Guarda cosa ho fatto per poterlo rivedere! Mi sono messo con Melissa! Cioè tu... tu... come puoi? Mi distruggerai! Io non ce la farò... io... - Era nel panico, parlava a macchinetta, era un vero fiume di parole furiose, agitato e confuso.
All'ennesimo 'mi distruggi così, non ce la farò', Mark non resistette più ed alzandosi di scatto gli bloccò la strada con le braccia larghe, i muscoli tesi e l'incredibile voglia di picchiarlo, una voglia che non aveva mai avuto.
Aveva ascoltato tutto con un nodo che era cresciuto e cresciuto fino ad arrivare in gola ed ora non poteva più trattenerlo.
- CAZZO PENSI CHE PER ME SARA' FACILE? -
Kevin sulle prime si aizzò ulteriormente.
- SEI TU CHE TE NE VAI, MARK! PERCHE' DIAVOLO NON PROVI A RESTARE INCECE CHE ANDARE VIA? NON VENIRMI A DIRE CHE SARA' DIFFICILE ANCHE PER TE PRIMA DI COMBATTERE PER RIMANERE! TU TE NE VAI E BASTA! -
Ma Mark davvero aveva raggiunto il livello massimo e nonostante al di fuori del campo avesse una pazienza davvero ammirevole, ora scemò via completamente. Lo prese per le spalle nude, strinse e lo scosse con una tale violenza da spegnerlo immediatamente. Poi gli ringhiò furibondo.
- NON HAI CAPITO UN CAZZO! IO NON CE LA FACCIO A GIOCARE ANCORA! STO PER DARE L'ADDIO AL CALCIO E QUESTA SQUADRA RICHIEDE UN RITMO CHE NON RIESCO A SEGUIRE! NON E' CHE IO VOGLIO ANDARMENE O MI CACCIANO ED IO NON LOTTO. IO NON CE LA FACCIO PROPRIO, E' DIVERSO! IO DEVO ANDARE PER NECESSITA' FISICHE MA NON CREDERE CHE SIA CIO' CHE VOGLIO! COSA PENSI, CHE IO NON TI AMI? TE LO DICO E POI ME NE SBATTO? TI AMO, CAZZO! NON LO PENSAVO POSSIBILE E LO SAI, ALL'INIZIO TE L'AVEVO DETTO! NON VOLEVO AMBIENTARMI PERCHE' PENSAVO SAREI RESTATO POCHI MESI, POI PER TE, PER TE CAZZO, KEVIN, SONO RESTATO UN ALTRO ANNO! HO TIRATO AVANTI COME POSSO MA LO VEDI CHE IL MIO FISICO NON REGGE? MI SONO FATTO MALE ALLA SCHIENA! NON CE LA FACCIO, CAZZO! NON ESSERE EGOISTA! TU GUARDI SOLO TE! CAPISCI CHE ANCHE IO MI SONO AFFEZIONATO A TUTTI? QUESTA E' UNA SQUADRA FANTASTICA, E' UNA FAMIGLIA, SONO TUTTI CHE SI PREOCCUPANO PER TUTTI, SONO TUTTI AMICI E FRATELLI E TI FANNO RIDERE E STAI BENE! E SI GIOCA ANCHE BENE! ED HO TROVATO DI NUOVO L'AMORE! DOPO ARJEN ERO CONVINTO NON MI SAREBBE PIU' SUCCESSO! IO VOLEVO ANDARE VIA, UN ANNO E MEZZO FA! CAZZO KEVIN! LO VEDI COME STO? LO CAPISCI CHE STARO' MALE? CHE SARA' DURA ANCHE PER ME NON VEDERTI COSì TANTO, NON TOCCARTI, NON POTER GUARDARTI NEGLI OCCHI ED ASPETTARE UN BUCO PER VEDERTI E POI DOVERTI SALUTARE DOPO UNA NOTTE? NON SEI SOLO TU! TU DICI SEMPRE TU E TU E TU MA NON SEI SOLO TU! ANCHE PER ME SARA' UN INFERNO! -
Kevin shockato all'inizio dalla sua reazione e dalle sue urla -non gli aveva mai urlato contro ed in generale non si era mai infuriato fino a quel punto- poi capì e tornò in sé. Era vero che aveva sbagliato, aveva sbagliato in tutti i modi possibili. Aveva sbagliato un sacco.
Non era giusto accusarlo di cose simili solo per un dolore che non sapeva come domare per non soccombere.
Capì solo allora che era meglio tornare alle vecchie abitudini ed abbattersi nella sofferenza invece che attaccare chi non c'entrava niente.
Se stava male, stava male.
Lo strinse e basta.
Gli circondò la testa e lo abbracciò con forza, Mark non respirò e rimase con le mani lungo i fianchi per un po' prima di spostarle su di lui e ricambiare.
Una volta sulla schiena affondò le unghie e strinse gli occhi.
Piansero insieme il resto della notte.
- Ti amo e ti amerò sempre ma non riesco a restare... non ce la faccio... sto per lasciare il calcio, Kev... io... io devo andare... uno lo sente, uno lo sa quando è ora, lo sa dentro. Ma se potessi... se potessi tornare indietro di qualche anno... resterei con tutto il cuore... io voglio solo starti vicino come ti serve, come meriti, come voglio... da lontano non mi piace e ti farà male e... - Kevin gli carezzò la nuca sentendolo agitato e disperato fra le lacrime.
- Basta. Sono stato ingiusto ed un coglione, non dovevo scoppiare. Vedi che è meglio se piango? So che sarà dura anche per te... ed io... io sarò forte. Farò di tutto per esserlo.
Sarò forte, forte, forte... e non ti farò preoccupare. Non avrai il pensiero che io sto male e sono solo. Non sarò solo, ho amici qua. E non affonderò. Tu devi fare quello che è giusto e quello che devi. Non voglio essere un peso per te. Ti amo, Mark. - Quando lo sentì più calmo gli prese il viso fra le mani, lo sentì bagnato e sorrise. Piangevano entrambi.
Due uomini grandi, grossi, adulti che gridavano sempre in campo come dei carro armati collezionando rossi e gialli ora piangevano abbracciati.
Uomini.
Niente altro che uomini.
Uomini intesi come esseri umani fallibili con punti di forza e di debolezza. Completi di tutto. Sia di urla che di lacrime.
Ma quello che contava veramente era che ci fosse amore.
Si guardarono e sospirarono amareggiati, tristi, cercando dentro una forza che ora non riuscivano a trovare. Per cui si baciarono ed un po', anche in mezzo a quel salato che non avrebbero mai dimenticato, ce la fecero. Un po'. Giusto a tirare avanti ancora un po', fino alla fine dell'anno calcistico. Fino al momento fatidico.
Ancora un po'.