CAPITOLO
I:
ALEXANDRE
RODRIGUES - PATO
Da
quel momento non fece che pensarci costantemente.
Cioè,
fra le altre cose…
Le
non facce del mister erano la prima cosa, cioè cercare di capire da uno
a mille quanto fosse seccato Massimiliano Allegri del suo nuovo
infortunio era essenziale. Da questo poteva dipendere l’intero
andamento annuale calcistico!
Ma
l’allenatore zen/faraonico non dava cenni di vita in viso e non poteva
ancora minimamente capire che cosa gli passasse per la testa.
In
secondo luogo pensava al suo infortunio ed a tutti i precedenti e a
quanti ancora ne avrebbe avuti e quanto in pericolo la sua carriera a
quel punto fosse.
In
terzo c’era Barbara. Stava bene con lei ma ormai il pensiero che lei
fosse il capo del club lo tartassava quasi costantemente e quando
stavano insieme non sapeva più quasi come porsi e cosa dirle. Prima che
era solo semplicemente la figlia del presidente era diverso, ora che
stava prendendo le redini della baracca era tutt’altra cosa.
In
quarto luogo c’era lui, l’uomo più inquietante in cui si fosse mai
imbattuto.
Zlatan
Ibrahimovic.
Uno
che diceva in tutta tranquillità che se un allenatore -e nello
specifico José Mourinho il che era tutto dire- gli avesse chiesto di
uccidere lui l’avrebbe fatto davvero, -considerando che il suddetto
avrebbe anche effettivamente potuto chiederglielo!- inquietava
dannatamente. Specie perché l’aria da serial killer su commissione
spesso e volentieri l’aveva!
Però
quel giorno in cui era stato particolarmente fuori di sé e senza la
possibilità di parlare con Rino o Antonio o chiunque altro aveva
istintivamente scritto quell’assurdo messaggio super equivoco a Zlatan
e lui era venuto fraintendendo le sue intenzioni… bè, quel giorno gli
era rimasto in mente più di tutti gli altri.
Chi
era il problema fra i due?, aveva cominciato a chiedersi… ovvero… se
Barbara non fosse arrivata in quel momento avrebbero poi parlato, alla
fine?
Gli
era sempre rimasto sullo stomaco il non-dialogo finale, il fatto che se
ne fosse andato via così di fretta. Del resto era arrivata lei, che ci
poteva fare lui lì con loro? Questo, per quanto ingenuo fosse, lo
capiva. Quello che lo incuriosiva era il discorso che sarebbe potuto
uscire quella sera.
Magari
avrebbero fatto finalmente un po’ di vera amicizia!
Ormai
era andata, qualunque cosa fosse potuta scattare quella sera non
sarebbe successo, di conseguenza a che serviva pensarci?
Eppure…
eppure che diavolo di problema aveva con lui?
Ok,
lo inquietava.
Anzi,
spesso lo terrorizzava istintivamente tanto che il mister se ne era
accorto. E forse chiunque altro. Però perché!?
Dopotutto
lo vedeva ridere e scherzare tranquillamente con Antonio e Rino e anche
altri della squadra. Solo con lui non c’era praticamente comunicazione
se non sul campo e per ciò che riguardava quindi prettamente il calcio.
Ed
invece con Antonio, per dire, sembravano spassarsela sempre.
Non
era raro che Zlatan si avvicinasse al barese dicendogli qualcosa con
quella sua aria di natura minacciosa e tenebrosa ma poi l’altro sparava
una delle sue cavolate finendo per ridere insieme. Cioè, non era un
vero mostro.
Però
quando capitava che parlassero loro e che lui avesse quelle sue famose
espressioni -se il mister non ne aveva Zlatan ne aveva anche per lui!-,
Alexandre altro che fare una battuta distensiva. Annuiva a scatti e
monosillabico diceva che aveva capito!
Sospirò…
magari Antonio poteva illuminarlo su come facesse… cioè, posto che per
gli infortuni non potesse farci nulla, che per Barbara fosse meglio non
pensarci affatto e che sulle non facce del mister nei suoi confronti
-ed in quelli di tutto il resto del mondo- era un discorso perso in
partenza, si concentrò alla fin fine sull’unica cosa sulla quale
poteva, forse, lavorare con un piccolo aiuto.
Rino
continuava ad avere problemi all’occhio e non voleva disturbarlo,
mentre Antonio, ora che Zlatan era tornato in squadra, aveva
decisamente molti pensieri in meno. Poteva dargliene ben un paio dei
suoi!
Detto
fatto gli scrisse un messaggio di slancio, di nuovo senza pensarci e,
sempre senza pensarci, scrisse la stessa identica cosa dell’altra
volta. Perché sebbene si sforzasse di crescere, fra il dire ed il fare
c’era di mezzo una galassia intera, per lui!
Così
al ‘Che fai? Ti va una cosa a casa mia?’ Alexandre si vide rispondere
subito da Antonio:
‘Ma
lo chiedi anche? Passo a prendere i preservativi che li ho finiti e
vengo!’
Alexandre
arrossì fino alla sottocute leggendo la risposta sul cellulare e
pietrificato si chiese quanto fosse serio e quanto scherzasse. Si
aggrappò disperatamente al fatto che quel fenomeno da circo scherzava
sempre, ma doveva ammettere che scrivere una cosa simile aveva proprio
dell’assurdo.
Poi
ci pensò.
“Cazzo,
allora era a questo che Zlatan ha pensato l’altro giorno! Oh mio Dio!”
Andò
nel panico più totale e solo quando il campanello fu suonato una
cinquantina di volte di seguito, il ragazzo si risvegliò e come uno
zombie andò ad aprire.
Antonio
non si fece invitare ad entrare ed accomodandosi da solo con un’aria
assolutamente divertita e maliziosa, lo fissò finchè l’altro sconvolto
gli chiese sincero:
-
Ma è davvero questo che sembrava il mio messaggio? - L’altro che si
aspettava una domanda simile accompagnata ad una faccia del genere
-decisamente il mister doveva prendere lezione dai suoi ragazzi- rise
di gusto prima di rispondere ironico:
-
Vuoi dire una proposta per fare sesso sfrenato? Sì! -
Alexandre
in seria difficoltà sul lasciarsi andare allo shock o rimanere
presente, disse in stile robotico e rigido come un manichino mentre i
colori alimentavano il suo delizioso viso brasiliano:
- E
perché sfrenato? - Antonio non dovette pensarci.
-
Perché con te chiunque lo vorrebbe fare sfrenato! - Effettivamente nel
maturare fisicamente, oltre ad un corpo atletico e decisamente degno di
nota, anche il suo viso si era definito meglio rendendosi più che
interessante.
Ora
il piccolo faceva la sua gran bella figura e non sembrava un pulcino
appena uscito dall’uovo!
Alexandre
impacciato perfino con lui davanti a tale argomento imbarazzante,
disse:
-
Ma comunque scherzavi, vero? -
Per
Antonio ormai era difficile smettere di ridere e cingendogli il collo
gli stampò un sonoro bacio a schiocco sulla fronte:
-
Se vuoi che fossi serio lo ero! -
Il
brasiliano si rilassò subito capendo che stava solo giocando e
accompagnandolo al suo enorme salotto dove invitava spesso e volentieri
i suoi amici perché solo si angosciava, prese subito quello che sapeva
gli piaceva da bere e glielo versò.
Antonio
accomodato subito nel divano spaziale del ragazzo, cominciò a parlare a
ruota libera come di consueto prendendosi la libertà di dargli un paio
di dritte:
-
Allora, caro il mio fratellino… - esordì infatti spigliato chiamandolo
come di tanto in tanto faceva per istruirlo: - se scrivi cose simili la
gente malata può pensare che sia una proposta oscena. Quella meno
malata può pensare che ti sei bevuto il cervello. In ogni caso tutti
penseranno male, a meno che non ti conoscano e non sappiano che tu,
solitamente, non ragioni perché sei convinto che gli altri ti leggano
nel pensiero! Soluzione: prima di scrivere pensa e sii chiaro. Se vuoi
scopare con qualcuno dì ‘prendi i preservativi’ se invece ci vuoi solo
parlare dì ‘ho bisogno di un confessionale!’ Vedrai che non ti
fraintendono più! -
Sentendolo
dare per scontato il fatto che avrebbe potuto voler fare sesso con
qualcuno, Alexandre rovesciò un po’ di birra nel momento in cui
gliel’aprì ed il compagno ghignò divertito. Era adorabile quando faceva
così!
-
Va… va bene, grazie! - Balbettò Alexandre che comunque preferiva
parlare di altro anche se era con lui.
Alla
fine si sedette anche lui in una poltrona accanto e rivolto al compagno
che sorseggiava la sua birra, cominciò andando subito al punto:
-
Senti un po’… - Fece vago… - ma tu come fai a scherzare con Zlatan? -
Ad
Antonio andò di traverso la birra e questo perché di tutto ciò che
avrebbe immaginato volesse parlargli, Zlatan non era certamente
contemplato!
Tossì
e quasi morì, poi dopo essersi ripreso disse:
-
Bè, è risaputo… - Fece poi di nuovo con quella sua aria poco seria di
chi la stava per sparare grossa. - Io scherzo con cani e porci! - Poi
si corresse spaventato all’idea che Zlatan fosse nascosto da qualche
parte lì dentro e lo ascoltasse: - Non che Zlatan sia un cane od un
porco, lungi da me dal paragonarlo a quelle pulitissime creature
deliziose… al massimo lo paragonerei ad un alligatore… -
Alexandre
rise divertito per l’uscita, lo preferiva di gran lunga quando le
sparava su qualunque cosa non fosse a sfondo sessuale. Quelle cose lo
imbarazzavano ancora.
-
Ok, ma anche con lui… non è mica facile riuscirci… insomma, a parte
questo vedo anche che ci parli spesso pure al di là del calcio… come
fai ad essere suo amico? Come ci sei riuscito? - Era ben preciso quello
che il ragazzino voleva sapere e Antonio dopo aver sorriso con ironia
pensando un paio di cose che non avrebbe condiviso ad alta voce con lui
ma solo col suo fedele compagno di sempre Rino, disse cercando di
indirizzarlo seriamente verso ciò che aveva capito puntava:
-
E’ inquietante, è vero… capisco che tu fifone come sei ti spaventi, ma
non devi… è… per rimanere in tema di cani e porci, è come un cagnone
enorme… sai, tipo un alano, quei quadrupedi che sembrano cavalli e che
invece sono cani! - Alexandre si figurò l’alano con la faccia di Zlatan
e per poco non morì fra le lacrime, Antonio lo lasciò fare per poi
continuare con seria convinzione: - non è aggressivo però spaventa
perché è enorme e sembra possa saltarti addosso, invece è buono, un
classico cane affettuoso e giocherellone come tutti insomma. Però come
tutta la sfavillante razza canina, se gli pesti una zampa morde. Non
c’è un cane che non reagisca male in quel caso. Capito questo, ti puoi
rapportare con lui come vuoi, solo che invece che coccolarti è uno che
ti dà calci in culo, ma non è veramente cattivo! Lo disegnano così! -
Dopo quell’accozzaglia di paragoni e citazioni a destra e a manca a cui
Alex fece fatica a star dietro, capì comunque il senso del lunghissimo
discorso e sospirando pensieroso, disse guardando un punto dritto
davanti a sé dove si immaginava Zlatan:
-
In sostanza non è un pezzo di pane ma nemmeno un sasso! -
Antonio
contento che avesse capito, sorrise soddisfatto sentendosi importante
per essere lui quell’oggi il confidente del principino.
-
Bravo! Puoi rapportarti con lui come vuoi, considera solo che non è uno
che addolcisce la pillola per fartela mandare giù, tutto lì. È un po’
duro e diretto… ruvido, insomma, e se gli pestano i famosi piedoni
diventa una belva, però al di là di questo è una persona come tutti,
che ride se fai battute divertenti e magari ne fa a sua volta se lo
stai ad ascoltare! Tutto lì! -
Alexandre
per un momento rimase incantato, non certo a guardare il viso poco
guardabile del suo amico, ma ad ascoltarlo parlare di Zlatan. Sembrava
lo conoscesse bene e soprattutto avesse legato altrettanto bene con
lui. Si disse che comunque non era una cosa da tutti, tanto meno
facile, e che il barese aveva un certo talento per quel genere di cose,
ovvero fare amicizia. L’aveva visto amalgamarsi con chiunque nella
squadra dopo il primo giorno di allenamento con loro, perfino con lui
che inizialmente era timido con chi non conosceva bene.
Sospirò.
Lui era diverso in ogni caso…
-
La fai facile tu… per me è così difficile anche solo parlarci che… - Ma
lo disse in un modo così smarrito e perso che Antonio per poco non
prese il cellulare per fargli una foto, stamparla, ingrandirla e
appenderla negli spogliatoi del club! Tutti avrebbero dovuto guardarlo
in quel momento.
Poi
si rese conto che quella faccia in realtà era tutta per il signor
alligatore/alano e le idee che gli erano venute in mente prima si
alimentarono di brutto ora. Fu così che si alzò per mettere giù la
birra vuota e soffermandosi vicino all’amico gli spettinò i ricci un
po’ più lunghi del solito, gli stavano a modo di cesto indomabile ma
gli donavano. Tutti adoravano i suoi ricci!
-
Dai, su, vedrai che ci riuscirai a legare con lui! -
-
E’ che il mister cerca di evitare di metterci insieme perché mi vede
intimidito da lui e così il risultato è che anche quando sto bene non
gioco quanto vorrei. - Non avrebbe mai ammesso che ogni tanto si
sentiva la riserva di Zlatan, però era così. Non sempre ma succedeva.
Antonio
tornò a sedersi sul divano e appoggiato coi gomiti alle ginocchia,
continuò quel discorso stranamente serio, cancellando ogni vaga traccia
di ironia e malizia.
-
E’ solo una questione sportiva? Cioè ti impensierisce il non legare con
lui per via del calcio? È tutto qua? - Mostrò del vago scetticismo,
come se in realtà sapesse meglio di lui la risposta, e Alexandre si
strinse nelle spalle di nuovo smarrito. Non sapeva bene…
-
Boh… no, penso di no… sai, l’altro giorno avevo una crisi di nervi e
non potendomi sfogare fisicamente né chiamare nessuno perché eravate
tutti o con problemi più gravi dei miei o comunque impegnati altrove,
mi è venuto su di scrivere a lui pensando che magari poteva essere
un’occasione per avvicinarci un po’. Ma ero preso da un attacco di
panico, penso che sarei entrato nella gabbia dei leoni senza rendermene
conto. Gli… - a questo arrossì. - gli ho scritto lo stesso messaggio
che ho scritto a te… - Antonio sgranò gli occhi sorpreso ma non lo
interruppe. - Lui è venuto veramente, ma io poi mi ero calmato così ero
tornato quello timido di sempre. E… bè… c’è… c’è stato… non so,
qualcosa che… boh, forse ho avuto le visioni ma mi è sembrato che
volesse starmi a sentire, che fosse incuriosito. -
-
Ma non ti ha frainteso con quel messaggio? - chiese Antonio sentendosi
uno psicanalista esperto.
-
Sì, infatti, non è stato spietato come te però mi ha detto che aveva
capito altre cose e che l’avevo stupito, per questo era venuto. Era
convinto mi fossi bevuto il cervello! - Asserì poi sorridendo alla
citazione che aveva fatto Antonio all’inizio. Anch’egli la ricordò e
ridacchiò, poi tornando serio lo fece continuare curioso.
- E
poi? -
Alexandre
sospirò in difficoltà, si sentiva accaldato ricordando l’imbarazzo
dell’altro giorno e intenerì Antonio che provò l’irrefrenabile istinto
di strizzarselo tutto come un peluche.
- E
poi quando mi sono reso conto dell’equivoco, anche se non mi era chiaro
di preciso COSA poi avesse pensato, mi sono vergognato come non so cosa
e lui ha cercato di tirarmi su. -
Antonio
sbattè le mani sulle cosce:
-
COSA?! - Quello era shock e l’altro lo guardò stupito della sua
reazione a quella notizia.
-
Sì, penso che fosse infastidito dalla mia reazione. Mi ha definito
principino viziato circondato dai cavalier serventi che penso foste voi
compagni di squadra. - Antonio tornò a ghignare, era una cosa da
Zlatan. - Ma avevamo stabilito che non era proprio quello che intendeva
dire, proprio come me col messaggio, e così ho detto che avevo bisogno
di parlare con qualcuno. - Lì il brasiliano strinse gli occhi
ricordando il momento preciso e cercando attento di tirare fuori le
medesime sensazioni di quello strano momento, proseguì con un Antonio
completamente catturato dalla confidenza, estremamente curioso: - Ecco,
lì c’è stato… non so, come se volesse ascoltarmi, alla fine. O se fosse
curioso di sapere perché avevo scelto lui. Ecco. Forse più che altro
questo. -
- E
come diavolo è andata, poi? - Chiese ansioso trattenendo il fiato.
-
Ah niente, è arrivata Barbara e lui se ne è andato! -
Antonio
si stese teatralmente sul divano alzando le gambe e coprendosi il viso
gridando.
-
MA CHE CAZZO, ALEX! -
Il
ragazzo rimase ammutolito a guardare l’amico reagire in modo tanto
strano ed innocentemente chiese:
-
Che c’è? -
Antonio
si rialzò e gattonando a terra lo raggiunse, gli afferrò le gambe e
avvicinando il viso al suo si mostrò più seccato e minaccioso che mai:
-
Porca puttana, Alex! Ora torni a scrivergli e gli dici esattamente che
vuoi finire il discorso dell’altra volta! Ed evita ‘la cosa a casa mia’
se non è scopare ciò che intendi! Quando viene, e fidati che verrà
visto come vi siete interrotti, bè, quello sarà il momento di
approfondire e scoprirvi esseri umani e non alieni proveniente uno da
Marte e l’altro da Venere! - Non aggiunse che era Alexandre quello che
secondo lui veniva da Venere e l’altro da Marte. Era superfluo!
Fu
talmente perentorio e deciso che Alexandre spaventato da quell’ordine
ravvicinato e spaventoso, prese subito il cellulare e glielo scrisse
dicendo solamente ‘Ti va due parole da me?’ per essere chiari ed
espliciti. Poi messo giù il telefonino tornò a fissare l’amico ancora
inginocchiato a due centimetri dal suo viso.
-
Perché, scusa? -
Antonio
schiacciò allora il viso contro le sue gambe e cominciò a ridere
convulsamente convinto che creatura più divertente Dio non l’avesse
creata. Ci mise un minuto intero a ridere senza interrompersi ed ogni
volta che cercava di smettere, riprendeva.
Alla
fine fra le lacrime ed i singhiozzi, riuscì a dire:
-
Devi finire il discorso, no? Vuoi legare con lui? Vuoi riuscire a
giocare con lui? Vuoi diventargli ‘amico’? -
-
Perché dici amico in quel modo? - Chiese svelto sospettoso coi suoi
grandi occhi neri che tanto piacevano a tutti.
-
Oh cazzo, ad un certo punto della pubertà l’ingenuità si sostituisce
con la malizia, cos’è stato che ti ha fatto saltare quel punto, a te? -
Esclamò Antonio fra il divertito e l’allucinato…
Domanda
legittima!
Alexandre
rimase basito non sapendo cosa dire, così l’amico ebbe pietà e
prendendogli il viso fra le mani disse serio e deciso:
-
Ascoltami bene, Alexandre. Qualunque motivo tu abbia dentro di te per
voler legare con Zlatan, questo è il momento di farlo! Avete innescato
qualcosa quel giorno e qualunque cosa fosse devi approfondire e capire
di cosa si trattasse. E poi, dannazione, parlaci! Digli quello che ti
passa per la testa, tutte le tue menate, chi se ne frega! È l’unico
modo per legare e conoscere una persona… come pensi che abbia fatto io?
Ci ho parlato! Gli ho detto le prime cazzate che mi passavano per la
testa e sebbene le mie fossero effettivamente cazzate, tanto è bastato!
Non importa di cosa gli parli, fallo! Non è un assassino, al massimo ti
manda a cagare e che mai può succedere? Comunque nessuno oserebbe
alzare un dito sul principino! -
-
Sarei io il principino? - Chiese l’ovvio a cui Antonio non si degnò di
rispondere.
-
Capito? Fallo per il motivo che vuoi, digli quello che vuoi, ma fallo.
Non far cadere l’occasione così, se davvero vuoi legare una volta per
tutte con lui. Te lo sei inciso bene nella memoria? -
Il
ragazzo seduto sulla poltrona con ancora il viso sorpreso fra le sue
mani annuì stranito, poi incerto aggiunse con un filo di voce ed ancora
quegli occhi grandi che lo fissavano:
-
Ma… ma se mi chiede perché ho chiesto a lui? -
Antonio
lo mollò e si alzò, non era una cosa importante quella e sminuendolo
con un gesto della mano, prese le sue cose per togliere in fretta il
disturbo. Zlatan non ci avrebbe messo molto ad arrivare.
-
Ti verrà qualcosa! - Che voleva dire ‘sii sincero’ con un ulteriore
sottinteso, ovvero ‘così succederà qualcosa di divertente!’.
Vide
poi Alexandre schizzare in piedi di nuovo nel panico.
-
Ma tu te ne vai? Non stai con noi? Antonio? - chiese ansioso seguendolo
come un furetto impazzito. L’amico si fermò sulla porta prima di andare
via, si girò, gli mise una mano sulla spalla, lo guardò e capì che non
ci sarebbe stato bisogno di dirgli di riferirgli l’esito dell’incontro
che tanto l’avrebbe fatto lo stesso.
Così
sorridendo più contento che mai, disse stringendo la presa
rassicurante:
-
Andrà tutto bene! -
Detto
questo, non gli lasciò tempo di dire nulla poiché volò di corsa via da
lì, consapevole che ormai sarebbe stato questione di poco prima di
veder comparire lo svedese dalla via.
Alexandre
rimasto solo sulla porta di casa a guardare il proprio cancello aperto,
ancora sotto shock, si chiese vagamente se tutto quello fosse solo un
sogno.
Quando
vide entrare una macchina ormai familiare, capì che non era per niente
un sogno e divenne un autentico fascio di nervi.
A
saperne il motivo, magari…