CAPITOLO
XII:
ZLATAN
IBRAHIMOVIC
Tornato
indietro ringhiando contro sé stesso per aver perso -e non poteva
proprio capire come- il cellulare che aveva cercato per mezzora, capì
subito che sarebbe stata un’impresa trovarlo in mezzo a tutto quel
casino. Capendo che prima che tutti se ne fossero andati non sarebbe
stato possibile, si decise a cercare Alexandre per avvertirlo che il
telefono che l’indomani avrebbe trovato era il suo. Chiesto in giro su
dove si trovasse il proprietario di casa, si diresse verso il piano
superiore sperando di trovarlo senza dover bussare ad ogni porta per
curiosare dove si fosse nascosto.
Gran
parte della gente se ne stava andando ma alcuni ancora c’erano, la
musica giganteggiava infastidendolo non poco e quando una freccia
decisamente piccola rispetto a sé stesso gli finì addosso, lo prese
istintivamente per le spalle e tirandoselo via per guardarlo capì
all’istante che doveva essere successo qualcosa.
Stupito
di trovarsi un agitatissimo Alexandre davanti, si chinò per osservarlo
con attenzione, quindi quando ebbe conferma che doveva essergli
accaduto qualcosa di poco piacevole, chiese con nervoso che gli montava
dentro.
E
se a lui montava il nervoso poi erano davvero guai seri!
-
Che diavolo è successo? - Tuonò a pochi centimetri dal suo viso.
Lo
lasciò andare vedendo che era quasi sull‘orlo delle lacrime. Lo
infastidiva di certo che qualcuno l’avesse ridotto così ma sapeva che
l’avrebbe infastidito ancor di più sentirlo piangere. Odiava quando lo
facevano.
Gli
occhi di Alex si riempirono di lacrime pericolosamente e capendo che ad
ogni modo doveva essere stata davvero una brutta cosa, cominciò a
lavorare da solo per capire di cosa potesse trattarsi.
Dannazione,
l’aveva lasciato abbattuto ed intenzionato ad aiutare il suo amico
Roby, mica rabbioso com’era quello l’aveva picchiato?
No,
la differenza di forza era notevole anche se Alex comunque sapeva
difendersi. Comunque avrebbe avuto segni e poi erano troppo amici e
quell’altro era troppo depresso.
Scartò
subito l’eventualità e si ricordò dello sguardo furioso che Kevin gli
aveva lanciato all’inizio della serata, prima di andarsene geloso
marcio di lui ed Alex.
“Ma
non era impegnato a scopare con Thiago?”
Non
volle risposte, non volle nulla, nemmeno fare domande. Voleva solo
calmarsi perché si conosceva e sapeva che quando si sentiva così finiva
per fare qualche cazzata irrimediabile. Troppo irrimediabile.
Non
gli fu possibile poiché proprio dalla porta dietro di sé uscì un Kevin
frustrato e seccato ma ben vestito e sistemato.
Zlatan
ebbe conferma di tutto nel momento in cui gli occhi di Alex si
incrociarono con quello di uno stupito Kevin.
Capì
anche cosa doveva essere successo perché uno sguardo simile da uno
notoriamente pauroso poteva significare solo che l’altro idiota aveva
esagerato proprio sul fronte che rappresentava il suo punto debole.
Ed
era stato chiaro, dopo quella sera, che l’idiota in questione mirava
proprio a lui e che doveva aver comunque esagerato.
Non
attese altre conferme che non gli sarebbero servite nemmeno se avesse
avuto torto.
Lasciò
Alex per prendere Kevin per il colletto della maglia, poi lo spinse
contro il muro dietro. Fu un botto non indifferente quello che gli
diede ma non gli fece male. Non ancora. Bastò lo sguardo, uno sguardo
che definire minaccioso era fargli un complimento.
Non
disse nulla, non fece nulla, nemmeno spinse ulteriormente. Non gli
torse un capello, non lo minacciò.
Rimase
solo a fissarlo con quello sguardo qualche istante, poi lo mollò
allargando le braccia e sussurrando basso e penetrante: - Se lo rifai
ti ammazzo. - fece il gesto col capo per indicargli di andarsene.
Kevin
si defilò senza dire nulla, nemmeno guardò Alex paralizzato dietro a
Zlatan che fissava la scena inebetito.
Non
minacciava in modo fantasioso, era particolarmente diretto anche in
quei casi. Semplice e conciso in modo da non poter essere frainteso.
Doveva
comunque dire soprattutto che stava cercando di lavorare sulla propria
irascibilità per non finire ulteriormente nei guai, quindi a livello di
alzare le mani si imponeva di evitare, ultimamente.
Quando
si rivolse verso Alex, l’altro era ancora paralizzato e non avendo idea
di cosa dire o fare, aprì la porta da cui era uscito Kevin intuendo che
dovesse essere camera sua e gli fece segno di entrare.
Il
ragazzo si tuffò dentro ben volentieri e rimase senza fiato quando vide
Zlatan entrare dietro di lui e chiudersi la porta.
Per
un momento temette che potesse ripetersi la scena di prima ma poi si
ripeté la sua frase e ci ripensò.
Di
certo si sbagliava.
Istintivamente
se lo disse.
Zlatan
lo vide accoccolarsi sul letto e prendersi le ginocchia contro il petto.
Sembrava
più piccolo di quanto già non lo fosse. Non era affatto il suo genere.
Gli era capitato di intraprendere relazioni con compagni di squadra in
passato ma mai con tipi come Alexandre. Quello che gli era entrato più
dentro era José, per dire… un allenatore che di buono, dolce, gentile e
mite aveva ben poco… bastava dire il suo nome per capire che tipi gli
piacevano.
Si
era sposato per avere una casa dove tornare, visto che non riusciva ad
avere dimora fissa. Per la volontà di mettere un po’ la testa a posto,
per provare a fermarsi, perché era stufo di cambiare sempre tutto e
tutti.
Però
certi istinti non poteva domarli, tanto meno cambiarsi a comando.
Specie
se succedeva che, semplicemente, qualcuno ti entrava dentro contro la
tua volontà.
Si
guardò bene dal sedersi nel letto con lui e si chiese che diavolo si
facesse in quei casi, ma rimase ad osservarlo ancora sul terrorizzato
andate.
Si
chiese se lo spaventasse ancora come qualche settimana fa.
Provò
a scrutare quegli occhi neri e grandi da bambino che probabilmente
ricordava ciò che era appena accaduto e con il nervoso che gli
rimontava dentro di nuovo dandogli una gran voglia di corrergli dietro
e tirargli davvero un pugno, disse solo volendo almeno capire in quanti
pezzi la prossima volta dovesse farlo.
-
Si può sapere quanto oltre si è spinto? -
Chiese
bruscamente. Alex sussultò ed istintivamente gli rispose non osando
contraddirlo.
-
N-non così oltre… -
“Strano!
Ha capito cosa intendevo!”
Pensò
Zlatan calmandosi anche per ciò che aveva detto l’altro.
Però
scuotendo la testa con fare interrogativo, gli fece capire che avrebbe
profondamente apprezzato sapere di cosa poi si era trattato.
-
Quando te ne sei andato Thiago mi ha chiesto dove fosse Roby, così
gliel’ho detto e lui è andato a parlargli. Sono nella camera accanto.
Siccome mi chiedevo se poi si sarebbero scannati, ho deciso di
aspettarli nei paraggi e sono entrato in camera mia. Quando sono
arrivato c’era nel bagno Kevin nudo e bagnato appena uscito dalla
doccia. M… - arrossì non riuscendo a proseguire ma uno sguardo di nuovo
ai suoi occhi penetranti lo fece proseguire con un sospiro ed una voce
più sottile. Si vergognava a parlare di quelle cose. - Mi ha detto che
lui e Thiago avevano consumato proprio qua e che poi si era fatto una
doccia. Poi non so bene come - ed era vero, troppo spaventato per
ricordare di preciso il discorso che avevano fatto - è finito sopra di
me sul letto. Credo volesse… - e per essere chiaro senza dover usare
parole, gli mostrò il collo tirandosi giù la maglia. Zlatan sospirò
pesantemente vedendo il segno del succhiotto. Nulla di preoccupante e
allarmante, ma quello che gli dava fastidio era il fatto in sé, cioè
che Kevin avesse costretto Alex a qualcosa che non voleva. - Cercavo di
spingerlo via ma ha opposto resistenza, così ho dovuto essere più
brutale. -
Zlatan
capì al volo, mentre nascondeva il viso fra le ginocchia che si
stringeva imbarazzato, che non era stato davvero brutale come diceva
quindi non se ne preoccupò.
Sospirando
un po’ ancora arrabbiato ed un po’ sollevato, si sedette su una sedia
che trovò, aveva le ruote e qualche vestito sopra, li spostò e si
trascinò davanti all’altro.
Alex
apprezzò il fatto che non si avvicinasse troppo, sapeva che gli
incuteva ancora un certo timore ma il brasiliano ora era più
preoccupato per ciò che aveva pensato durante l’accaduto.
Ovvero
che se fosse stato Zlatan al posto di Kevin a fargli quelle cose, non
l’avrebbe mandato via!
-
Ascolta, non è grave, fidati! Cioè non è grave come hai reagito. Se gli
tiravi un pugno magari, ma così sei stato bravo. - Si schifò di sé
stesso nel sentirsi parlare in quel modo rassicurante, ma non gli uscì
niente di meglio così fece attenzione alla sua reazione.
Il
ragazzo riemerse dal suo nascondiglio, era ancora rossissimo ed era
evidente che lo preoccupava qualcos’altro… a quel punto Zlatan non poté
che chiederlo spontaneamente:
- O
c’è dell’altro? -
Oh,
se c’era…
Alex
contemplò l’idea di nasconderglielo e capì che non ne sarebbe mai stato
capace, dunque si fece forza e volendo nascondersi sotto il letto cercò
di essere quanto meno preciso possibile nella speranza che l’altro non
indagasse o non fraintendesse.
-
E’ che… non mi piaceva che me lo facesse lui, però mi piaceva che me lo
facesse un ragazzo… - Si rese conto di non essere abile ad usare le
parole come Thiago, dote che in quel momento gli invidiò enormemente.
Zlatan
si raddrizzò sulla sedia che girò al contrario, si appoggiò allo
schienale con le braccia conserte e curioso come una scimmia rimase
attentissimo. Improvvisamente il discorso si era fatto oltre che
interessante.
Lo
fissò intimandolo silenziosamente a proseguire. Ora era talmente chiaro
cosa fosse successo che se glielo avesse disegnato non sarebbe potuto
essere meglio!
Vide
infatti Alex diventare di qualche migliaio di colore e divertendosi
impietosamente per tutto ciò, sentì un fortissimo istinto di sedersi
nel letto con lui. Si trattenne a fatica.
“Cazzo,
mi sa che quel coglione di Antonio aveva di nuovo ragione!”
-
Credi di essere… cioè di essere… - Non riuscì a dirlo, non era una cosa
che aveva mai seriamente contemplato ma nonostante questo tutti
l’avevano sempre saputo.
Zlatan
decise di venirgli di nuovo in aiuto, dopotutto aveva avuto una serata
difficile…
-
Gay? - Disse infatti.
Alex
tornò a sprofondare il viso sulle ginocchia e trattenendo il respiro
chiuse forte gli occhi. Era così brutto?
Zlatan
capì che sarebbe morto se non l’avesse alleggerito in qualche modo.
-
Se la cosa ti può far sentire meglio, molti di noi sono bisessuali,
cioè se capita capita, insomma, può succedere, non si fanno mica
problemi! - Alcuni sì che se ne facevano, ma non poteva di certo dirlo.
Non
che lo fossero tutti però era più normale di quel che molta gente
pensasse.
Alex
sospirò. Almeno non sarebbe soffocato, pensò l’altro.
-
Io me ne faccio. - mormorò però.
Non
erano cose facili per Zlatan, non si faceva mai menate di alcun tipo,
figurarsi se sapeva affrontare quelle degli altri; perché la gente non
poteva semplicemente fare quello che voleva e basta?
E a
proposito di quello, si alzò dalla sedia e si sedette nel letto con lui.
Doveva
pur dare il buon esempio, no?
Alex
alzò di scatto lo sguardo terrorizzato su di lui, ed ora? Era proprio
quello che si stava chiedendo.
Non
poteva sapere, lo svedese, che gran parte dei suoi problemi stavano nel
fatto che era solo lui che Alex aveva desiderato prima, non un ragazzo
qualsiasi, altrimenti gli sarebbe piaciuto farlo con Kevin.
Bè,
in realtà non era proprio giusto dire che non poteva immaginarlo…
-
Ma Alex… se tu fossi gay, o bi, ti sarebbe piaciuto farlo con Kevin! -
Quando
glielo disse, gli occhi di Alex divennero panico puro.
Era
esattamente quello il punto e Zlatan capì d’averlo centrato proprio in
quel momento, quando da qualche centimetro vide quei suoi famosi occhi
da bambino diventare cristallo per farsi leggere dentro con maggior
facilità.
Come
se già non lo fosse…