CAPITOLO XIII:
ZLATAN E ALEXANDRE

zlato

Alexandre ebbe la consapevolezza che quella volta non se la sarebbe cavata nel momento in cui sentì il letto abbassarsi e Zlatan dire quella frase.
Quando alzò lo sguardo terrorizzato per essere giunto comunque alla stessa conclusione solo senza avere avuto il coraggio di ammetterlo a sé stesso, non capì più niente perché Zlatan, così sicuro ed inquisitore, era proprio lì davanti a lui ed improvvisamente non era più né bello né brutto. Era solo lui.
Non avrebbe mentito, non avrebbe detto una bugia, non ne era capace e non avrebbe cominciato ora.
Se glielo avesse chiesto glielo avrebbe detto e sapeva, lo sapeva con certezza, che se si era seduto sul letto accanto a lui era proprio perché l’aveva capito. Non sapeva come, ma l’aveva capito.
Non c’era niente da fare, era perduto.
Non sapeva bene perché, ma era perduto.
Zlatan capì che dentro stava avvenendo l’Apocalisse, ma si disse che quel cosino esagerava sempre tutto e che sarebbe decisamente stato il caso di ridimensionarlo e fargli capire che certe cose non erano tragedie.
Prima di fargli la fatidica domanda, disse una cosa che non avrebbe mai detto a nessuno in nessun caso e si stupì di averlo fatto nel momento in cui lo fece.
- Alex. La persona che io ho amato di più in vita mia è un uomo. - Nel momento in cui lo disse, però, Alex fu come se dimagrisse di venti chili in una volta, come se gli togliessero uno zaino pesantissimo dalla schiena e alzando meglio la testa si fece attento, sempre continuando però ad abbracciarsi le ginocchia al petto.
- Davvero? - Chiese con un filo di voce con quel fare infantile che a Zlatan era sempre stato sui nervi.
Annuì con sicurezza.
Non v’erano dubbi, ma il nome non l’avrebbe di certo mai detto.
Dopo di quello fece la sua domanda, una domanda che ormai era nell’aria e nella mente di entrambi ma che solo Zlatan avrebbe avuto il coraggio di porre.
- Ed avevi in mente un viso preciso mentre lui ti faceva quelle cose? -
Perché solo un sadico glielo avrebbe chiesto lo stesso dopo il discorso di quella sera proprio sul fatto che secondo tutti loro due sarebbero finiti a letto insieme proprio per quella strana tensione che c’era sempre.
Alex avrebbe tanto voluto dire di no o mentire ma, come si era già detto, non ne era capace, specie se con quello sguardo così vicino.
Trattenendo il respiro e ripensando a quel momento, a quando le labbra di Kevin si erano chiuse sul suo collo facendogli sentire la sua lingua e poi la sua erezione che gli si strofinava contro, fu come tornare di nuovo a quell’istante e l’eccitazione salì piano dentro di lui.
Non per il ricordo di quel momento ma per ciò che aveva pensato ed immaginato e che tornava a pensare ed immaginare ora, proprio con lui davanti.
Deglutì e si decise con quella limpidezza che ormai non aveva più nessuno e che colpì Zlatan proprio per questo.
- Bè… ecco… eri tu… - E proprio come un bambino che si dichiarava per la prima volta a qualcuno che gli piaceva enormemente da tanto, nascose il viso di nuovo contro le ginocchia premendo come un forsennato, spaventato e sentendosi male per il non respirare più.
Si poteva morire d’ansia?
Lo credette fermamente fino a che Zlatan non lo toccò. Allora pensò che si poteva morire di spavento.
Zlatan pensò che fossero fuori moda le dichiarazioni di quel tipo e che nessuno fosse più capace di farne, spiazzato, dunque, si chiese come potesse impedirgli di uccidersi.
Ebbe la malaugurata idea di toccarlo e vedendo che si chiudeva ancor di più a riccio si sistemò meglio sul letto piazzandosi sempre di lato a lui ma in modo da guardarlo per bene in viso, gli prese le braccia, gliele sciolse e gli abbassò le ginocchia. Alex non avrebbe mai avuto la forza morale di opporvisi e quando lo guardò non seppe decifrare la sua espressione ma lo imbarazzò.
Quando però disse calmo e sicuro:
- Ehi, non mordo mica… - si limitò a trattenere il fiato. Le mani con cui gli teneva i polsi erano scivolate a prendergli le sue ma una mollò la presa per correre dietro al suo collo. Fu così che, attirandolo a sé, gli dimostrò che non erano cose per cui si doveva morire, quelle, ma tutt’altro.
Fu il bacio più delicato che diede in vita sua, ma uscendogli spontaneo non se ne preoccupò, semplicemente se lo gustò.
Combaciò delicatamente le labbra con le sue e quando le sentì morbide gliele dischiuse con decisione ma senza metterci forza.
Trovò la sua lingua che timida in realtà l’aspettava impaziente e quando si toccarono sussultò, ma fu lì che riprese a respirare, anche se molto piano per non rovinare nulla di quel momento che reputava quasi magico poiché Zlatan così delicato solo un incantesimo poteva averne merito.
Non si mosse di un millimetro ma in pochi istanti si trovò ad assecondare l’altro con fare impacciato, chiedendosi se quello che stava facendo andasse bene e se dopotutto lo facesse per un motivo particolare o per dimostrargli qualcosa.
Qualunque fosse, si sentì bene e forse… forse tutte le varie insinuazioni che avevano fatto su di loro e che aveva capito solo quella sera, avevano ragione d’essere.
Fu un bacio anomalo per entrambi ma tremendamente piacevole.
Quando si separò da lui, Zlatan con ancora la grande mano fra i ricci morbidi, si premette il viso contro il collo permettendogli così di nascondersi ancora, sapendo che ne aveva bisogno, e volendogli offrire un rifugio migliore delle sue ginocchia.
Alex l’apprezzò tanto che si chiese dove fosse stato fino a quel momento.
Un rifugio decisamente migliore di quelli che aveva trovato fin’ora.
Si sentì morire e rinascere nel capire che era vero quello che aveva pensato, che aveva desiderato Zlatan e che, semplicemente, gli piaceva nonostante l’avesse sempre intimorito.
Un contrasto che non avrebbe mai capito ma che ora era stato vinto e sbaragliato alla grande visto che invece di fargli paura, quel corpo grande da cui era sempre scappato, ora lo riteneva tremendamente sicuro e confortevole.
Zlatan, dal canto suo, non avrebbe mai immaginato di poter essere una cosa simile per qualcuno, specie qualcuno così opposto a sé ed ai propri gusti.
Bè, a volte le cose cambiavano anche senza il proprio controllo.
Semplicemente.
Anche quella era una cosa che era perfettamente in grado di accettare, come tutto ciò che gli succedeva.
Quando si sciolsero, Zlatan capì che Alex era ancora un po’ nel panico e che non si sarebbe comunque lasciato andare tanto facilmente, ma che soprattutto avrebbero dovuto parlare dopo averci pensato singolarmente ognuno per i fatti propri.
Gli prese così il viso fra le mani e guardandolo alla sua stessa altezza poiché seduti ancora sul letto, disse con calma e tipica sicurezza:
- So che hai bisogno di pensare con calma, quindi ti lascio in pace. Parleremo un’altra volta, va bene? -
Ma Alexandre, e lo capì in quel momento, aveva davvero bisogno di qualcosa subito, qualcosa che lo chiarisse e lo indirizzasse poiché il caos che provava non aveva paragoni.
Conferma ne ebbe quando gli prese timidamente il polso e poi il dorso della stessa mano.
Zlatan ne rimase colpito e appoggiando la fronte contro la sua proprio prima di alzarsi, sorrise con certezza.
- E’ stato solo un bacio, non è niente di grave. Va tutto bene. - E avrebbe vomitato per la propria svenevolezza se non fosse stato più impegnato a turbarsi per ciò che quel ragazzino gli tirava fuori con tanta ingenuità.
- Ma domani ci vediamo ancora? - Perché in ogni caso Alex non riusciva a non essere spontaneo ma soprattutto non era in grado di stare solo. Certo, aveva i suoi amici ma ora che aveva scoperto che c’era anche qualcos’altro oltre a quello e che quel qualcosa era decisamente diverso da ciò che aveva con Barbara, non voleva semplicemente staccarsene più.
Zlatan sorrise. Era davvero strano quel ragazzo ma soprattutto avere a che fare con lui, era strano.
Annuendo gli sfiorò le labbra di nuovo prima di alzarsi e con un ‘a domani’, se ne andò.
Poteva finalmente capire perché quelli che stavano di più con lui erano così protettivi nei suoi confronti fino a farlo diventare un principino viziato incapace di fare qualcosa da solo.
In realtà era molto più di così, solo che lui amava semplificare le cose…
In realtà si trattava degli altri. Erano gli altri che lo rendevano dipendente da loro, però in realtà non era veramente incapace di vivere e fare cose da solo.
Bastava vedere quanto attento e cura aveva nel gestire la situazione dei suoi due amici.
Certo, non si era accorto di essere lui a piacere a Kevin, ma comunque aveva saputo capire e gestire una situazione decisamente delicata e lui stesso non l’avrebbe diretta diversamente. Anzi, lui avrebbe fatto danni al suo posto, schietto com’era!
No, Alex era decisamente più di quel bambino barra principino viziato che sembrava. Erano gli altri a viziarlo per quel qualcosa che attirava in lui.
In realtà, ad essere sinceri, gli ci era voluto quel chiacchierone di Antonio per scoprire che non era proprio quello che sembrava.
A quel proposito si prese il cellulare e scrisse proprio all’amico impegnato con la nazionale.
‘ 3 a 0 per te, stronzo! ‘
Soliti modi discutibili di chiamarsi.

Rimasto solo, Alex faticò a riprendersi, rimase a fissare la porta chiusa e a toccarsi inebetito le labbra con quell’espressione da pesce che in molti avrebbero deriso.
Si tirò comunque su e si diresse al bagno, si sciacquò il viso e fece una serie di sospiri uno più profondo dell’altro, poi la richiuse e si asciugò il viso.
Solo nel silenzio più completo in cui finalmente era, sentì qualcosa provenire dalla stanza accanto ed in quel momento si ricordò di Roby e Thiago ancora di là a parlare.
Parlare.
Si corresse… quello era il rumore della doccia.
- Ma che diavolo… - Si avvicinò istintivamente al muro, dall’altra parte c’era il bagno dell’altra camera e quella era di certo l’acqua che scendeva, non c’erano dubbi. Certo altro non poteva distinguere, non erano muri così sottili, però…
Usciti non erano, altrimenti sarebbero venuti da lui a riferirgli l’esito, lo sapeva, però se erano ancora là insieme e qualcuno si faceva la doccia significava che dovevano aver finito di parlare, di conseguenza perché l’altro non veniva a raccontargli? Sapevano che aspettava e che era preoccupato per loro.
Poi un idea gli si insinuò strisciante, forse l’influenza di Zlatan cominciava a farsi già sentire.
- Oddio mica staranno facendo la doccia insieme? -
Ma a quello, nonostante l’istinto fosse stato quello di andare a controllare, chiuse la luce e la porta del bagno, si cambiò in velocità, chiuse anche la luce della camera e si infilò come un fulmine sotto le coperte.
Qualunque cosa stessero facendo erano affari loro, a quel punto, si ripeteva. E poi lui aveva un sacco di cose a cui pensare.
Era peggio di Beautiful quella storia, dannazione!
Non ci capiva più molto e poi… no, non potevano stare facendo sesso. Era davvero assurdo!
Ma poi si sedette sul materasso e aprendo la luce del comodino cominciò, a gambe e braccia incrociate, a farsi tutti i film possibili sulle altre varie opzioni di quella doccia aperta mentre due amici con svariati problemi avrebbero teoricamente solo dovuto parlare.
Rimase sveglio quasi tutta la notte ma non ne venne a capo e quando stufo di pensare a loro -nel chiedersi anche se quel rubinetto fosse poi spento o acceso- cominciò a pensare a Zlatan, allora il sonno andò completamente a quel paese e spettinandosi gli ingarbugliati ricci pensò che questa volta sarebbe impazzito.
Finchè, per portarsi pace da solo, non prese il cellulare e non fece la prima cosa che gli venne in mente senza pensarci.
‘ Mi stai troppo in testa! ‘
Non immaginò nemmeno per sogno la faccia di Zlatan mentre lo leggeva, certo non avrebbe potuto pensare potesse avere un esito del genere.
Dopo di questo, comunque, Alex decise di ricorrere ai buoni vecchi rimedi della sua cara madre ed alzandosi fu lieto di scoprire che casa sua era deserta, buia ed un pollaio.
Scendendo le scale in silenzio dedusse che Thiago e Roby erano ancora in camera e a quel punto non poté che giungere ad una sola conclusione.
“Si saranno addormentati!”
Ovviamente… e che altro?
In cucina, un autentico letamaio pieno di bottiglie e qualunque altra cosa servita per quella ‘piccola’ serata improvvisata, si mise del latte sul bollitore ed attese mangiandosi, intanto, della sana e genuina nutella a cui sin da piccolo non aveva mai rinunciato quando, di notte, non riusciva a dormire. Insieme al latte caldo, ovviamente.
In quello, mentre si succhiava il dito di crema alla nocciola -lo faceva proprio col dito, ebbene sì, robe da uccidere Zlatan se fosse stato lì-, una figura sopraggiunse dalla porta.