CAPITOLO XIX:
ALEXANDRE E ZLATAN

zlato

Non avrebbe aperto la porta da solo senza aspettare che gli aprisse, ma siccome non veniva e sapeva che era dentro, si chiese se per caso non stesse male. Quando trovò la porta d’ingresso aperta proprio come quella notte, nell’ultima incursione, si chiese se avesse mai sentito parlare dei ladri e dei malintenzionati, per non parlare degli ammiratori fanatici!
Con l’intenzione di sgridarlo affinchè si premunisse, si fermò facendo una smorfia che era tutto un programma.
Era tutto ancora un cesso, proprio come l’aveva lasciato quella notte.
“Ma gli piace vivere in un porcile? E dire che quando ci sono stato le altre volte era tutto ordinato e perfetto!”
Quando sorvolò sul caos, si concentrò su forme di vita e solo allora notò una cosa anomala. Anomala in quanto qualcosa era effettivamente di troppo…
Sul divano, steso sopra c’era proprio Alex che, a pancia in giù coi gomiti sotto di sé e le mani unite contro la guancia in una posa infantile, dormiva della grossa tanto da non aver sentito il campanello.
Quello che era di troppo però non era lui che dormiva sul divano in mezzo al cesso che aveva intorno e nemmeno i pantaloni del pigiama rosso che indossava senza la maglia. Ciò che era fuori posto, secondo il suo parere, era il gatto norvegese bianco candido; era tutto appallottolato sopra la sua schiena e dormiva proprio come il ragazzo sotto di sé.
Zlatan si avvicinò piano per non svegliarli e rimase ad osservarli.
Erano la bellezza delle undici del mattino, poteva spiegargli che problema avesse?
Non solo si era messo sul divano ma non si era ancora cambiato e nemmeno aveva chiamato qualcuno che pulisse quel porcile!
Ma in che modo viveva, quello?
“Però è proprio carino!”
Pensò carezzando leggero il gatto che sentendolo mosse pigramente le orecchie. Naturalmente non era chiaro se si riferisse al gatto o al ragazzo, ma non gli importava chiarirlo, era solo.
La bestiola ricopriva quasi per intero la sua schiena e non era una di quelle mingherline, però nemmeno troppo ampia e spaziosa. Una via di mezzo giusta. Comunque era un essere enorme per essere un gatto.
Aprì assonnato mezzo occhio e guardò l’ospite, quindi in risposta alla carezza fra le orecchie si mise a fare le fusa. Quando Zlatan scese a carezzargli la schiena per poi arrivare sul fondo, alla base della coda, senza pensarci si mise a grattare.
“Ma come diavolo fa a dormire con una bistecca simile sulla schiena? Peserà almeno dieci chili!”
Naturalmente il pelo faceva la sua scena, era lungo e soprattutto sorprendentemente ben tenuto.
Constatò che gatto e padrone stavano bene insieme, era un animale che si addiceva proprio ad Alex ed era anzi anche più coraggioso di lui, sorprendentemente.
Quando cominciò a grattargli quel punto con maggior impegno, il micio in riflesso cominciò a godere sempre più fino a che fu impossibile per lui trattenersi dall’inarcarsi tutto, alzare il sedere e conficcare le unghie nella carne del suo comodo letto.
Quando lo fece un altro miagolio si alzò da sotto in contrasto coi lamenti del gatto e Zlatan alzò un sopracciglio incuriosito e malizioso al contempo. E quello che verso era?
Continuò a far godere il gatto grattandogli il punto che gli piaceva e quando conficcò meglio gli artigli preso da quello che aveva tutta l’aria di essere un orgasmo, Alex miagolò di nuovo nel dormiveglia accompagnando a ciò un movimento brusco del corpo che fece saltare giù il gatto stizzito.
Zlatan a quel punto osservò scettico il compagno, si era rimesso a dormire nonostante i graffi sulla schiena ed i mugolii che aveva emesso lui stesso, sempre a pancia in giù, quindi osservando i segni degli artigli si chiese se oltre a miagolii lamentosi era in grado di farne anche di piacere, come aveva appena fatto il suo gatto.
Detto fatto, con uno scintillio preoccupante negli occhi che se Alex avesse visto si sarebbe terrorizzato, si inginocchiò accanto al divano e sostituì le zampette dell’animale con la punta delle proprie dita. Risalì leggero e delicato lungo la spina dorsale, definì le scapole accentuate per la posizione ed evitò di traumatizzarlo proseguendo per il suo delizioso fondoschiena, quindi salì sul collo e lì usò le unghie, ma sempre leggero in modo da provocare quell’estasi a cui nessuno era indifferente, quello era il punto debole di tutti.
Infatti, come previsto, il mugolio di Alex ripartì basso e roco. Probabilmente pensava di star sognando…
Sorrise deliziato dalla scena e proseguì infilando le dita fra i suoi ricci riservando il medesimo trattamento sulla nuca, scendendo talvolta sul collo di nuovo.
In breve i mugolii divennero di nuovo qualcosa di simile a miagolii e Zlatan accentuò il sorriso soddisfatto.
“Vediamo di passare ai gemiti!”
Si disse maligno chinandosi sulla schiena col viso. Proprio sui graffi, infatti, tirò fuori la lingua e tracciò le striature rosse togliendogli quei minuscoli gocci di sangue che erano usciti.
I miagolii si trasformarono in sottospecie di lamenti, una via di mezzo fra ciò che Zlatan voleva e ciò che Alex aveva fatto fino a quel momento, per cui senza chiedersi se dormisse ancora e se avesse retto il trauma, scese ancora con la punta della lingua e leggero lungo la spina dorsale come prima aveva fatto.
Mentre con una mano, dunque, continuava il trattamento soft fra i capelli e sul collo, con l’atra si aiutò e gli abbassò i pantaloni del pigiama insieme ai boxer, ottenuto libero accesso anche a quella parte inferiore e posteriore del suo corpo, si staccò dalla sua pelle per esprimere il proprio stato d’animo con un ghigno che la diceva lunga; riprese il trattamento con la lingua integrando le labbra, cominciando a succhiare tanti piccoli punti fino a decidere che l’ora dei gemiti era arrivata.
Aiutandosi con entrambe le mani si fece strada fra i suoi glutei e quando ebbe un accesso fattibile grazie anche ad una gamba piegata, continuò a tormentargli con maggior impegno la sua apertura.
Fu quando si intromise con un dito che Alex finalmente gemette inarcando la schiena in modo da dargli -sia volontariamente che istintivamente- un miglior accesso. Zlatan non avrebbe potuto chiedere di meglio e contento per la sua voce che aveva cominciato oltre che sospirare e miagolare anche a gemere davvero, continuò il suo lavoro che dovette ammettere non era nemmeno lontanamente faticoso come gli allenamenti a cui ogni tanto il mister lo sottoponeva.
Prendendolo per i fianchi e sistemandosi meglio sul divano, lo mise a piacimento in modo da avere la più completa disponibilità della parte su cui si stava concentrando.
Lo contemplò, in quella posizione era davvero oltremodo provocante specie perché la parte superiore del suo corpo aveva ancora le braccia sotto di sé ed i pugni vicino alla bocca. Era un contrasto con la sua parte infantile e quella che voleva passare all’età adulta e avrebbe giurato non potesse fargli un effetto simile, specie considerando i suoi amanti passati.
Demolito da tutto ciò, Zlatan continuò da dove si era interrotto riuscendo ad infilarsi meglio e ad essere più efficace.
Quando sentì due dita dentro di sé, Alex allungò le braccia in avanti e come se fosse un gatto che si stirava, fu come se praticamente gli si consegnasse insieme a quel gemito di piacere. L’espressione abbandonata al desiderio, il labbro che si succhiava, gli occhi chiusi.
Forse era per la mente addormentata che non gli aveva permesso di spaventarsi o pensare e allertarsi, ma -era proprio il caso di dirlo- se la stava godendo come niente altro in vita sua e fu ancor peggio, per Zlatan, vederlo così disposto e avvolto nel piacere. Da lì, in quella posizione, col suo sedere fra le mani, era impossibile non pensare ad andare subito al sodo. Era come se glielo stesse chiedendo e probabilmente Alex non aveva la minima idea di che cosa stava facendo e intendendo con quella posizione, ma era chiaro che voleva di più e che gli piaceva.
Zlatan si tirò su con la schiena e, in ginocchio davanti all’altro che si sentì subito perso, si slacciò i pantaloni intenzionato a non deluderlo. Lungi da lui dall’avere riguardi di alcun genere se l’altro lo voleva in quel modo.
Voleva diventare adulto?
L’avrebbe aiutato ben volentieri.
Alex non sentendo più le mani su di sé -e dentro- si girò col capo torcendo il busto per non muovere la parte inferiore del corpo da cui fino a quel momento aveva ricevuto tanto enorme e fantastico piacere, ma quando vide Zlatan abbassarsi i pantaloni, sgranò gli occhi svegliandosi di botto, capendo chiaramente -stranoamente- le sue intenzioni.
Per un momento tutto si fermò, si fissarono immobili senza toccarsi ed andare avanti, senza parlare e proseguire, come due gatti, uno in amore e l’altro intenzionato a farselo che però si studiavano per capire se fossero all’altezza ed andassero bene.
Fu allora che Zlatan capì che non andava bene così, come normalmente faceva. Si ricordò anche che normalmente si fraintendevano e che probabilmente era troppo presto per uno come lui.
Si disse anche che non ne avevano ancora effettivamente parlato e che non potevano finire sempre per avere contatti del genere -ed ogni volta sempre più intraprendenti- senza poi proferire verbo sensato. A lui non importava, era capace di andare ad istinto senza bisogno di chiarire nulla, ma era cosciente che la maggior parte delle persone avevano bisogno di quelle famose parole e loro non l’avevano ancora fatto.
Oltretutto Alex era indietro rispetto alla stra grande maggioranza degli esseri viventi e sebbene sembrasse un bambino, in realtà non lo era ma tale era la sua esperienza in campo sessuale. Cioè a livello omosessuale.
No, si disse seccato e stordito nonché profondamente in contrasto con sé, non era ancora ora.
“Porca puttana! E come faccio ora?” Parlava della propria eccitazione. Mordendosi il labbro ed alzando gli occhi al cielo fra varie imprecazioni silenziose, si rivestì rassegnato a concludere dopo da solo.
Alex capì che dovevano essersi capiti ancora male e sospirando dispiaciuto si chiese cosa potesse fare per smettere di intendersi sempre male.
Si mise a sedere con le gambe piegate sotto di sé e si girò in modo da guardarlo negli occhi. La posizione era la stessa eppure fatta da Alex sembrava più infantile.
- Parla. Dimmi chiaramente tutto, cosa vuoi, cosa ti passa per la testa, cosa ti prende… devi dirmi tutto così com’è, altrimenti non ci capiremo mai. -
Non sapendo in che altro modo fare decise così e Zlatan, cogliendo istintivamente la palla al balzo, l’accontentò diretto com’era nel suo stile:
- Voglio scoparti, Alex! Sono eccitato, ti voglio e voglio scoparti. Ok? Più chiaro di così non so essere! -
Alex divenne di mille colori insieme, rigido ed in coma prossimo per il fiato che non tornava. Quindi boccheggiante dopo alcuni secondi che le sue parole gli rimbombavano nella testa, disse con un filo di voce, estremamente imbarazzato:
- Ma… ma per me è presto… non credo di essere pronto… - Di peggio non avrebbe potuto dirgli e sospirando insofferente si tirò su per andarsene esasperato. Quando Alex capì che se ne sarebbe andato, lo prese per la mano proprio mentre, in piedi, si stava risistemando i pantaloni dove purtroppo poteva far poco per l’eccitazione che era rimasta.
- No ti prego non andare! - Disse con impeto e spaventato all’idea che se ne andasse davvero.
Zlatan si fermò e lo guardò sospirando di nuovo con la pazienza che ormai era andata a farsi un giro.
Alex si era seduto meglio, aveva messo giù i piedi e si era tirato velocemente su i pantaloni del pigiama che prima gli aveva abbassato. Gli teneva comunque la mano in modo da non farlo andare via, aveva lo sguardo supplichevole e confuso, non sapeva veramente da cosa cominciare, come fare, come comportarsi.
Di peggio non avrebbe potuto vivere, in quel momento.
Voleva stare con Zlatan e… bè, fare tutto, ma al tempo stesso ne era terrorizzato perché con un uomo era la prima volta, fra l’altro non avevano nemmeno ancora chiarito cosa erano, come poteva pensare di darsi a lui per la prima volta senza nemmeno mezza effettiva premessa?
Ma comunque non voleva che se ne andasse.
Come l’aveva fatto sentire lui, non ci era ancora riuscito nessuno ed era incredibile.
- Non… non andare… non sono bravo in queste cose, ho sbagliato sempre tutto nelle mie relazioni ed anche adesso con Barbara è tutto incasinato… non so se sono pronto con te, non so quando lo sarò, non so come comportarmi, non so cosa fare però so che voglio stare con te perché… perché nessuno mi fa sentire come mi fai sentire tu… è… è troppo sciocco e banale? - Chiese facendo lo sguardo confuso e intimidito. Era ancora rosso ed imbarazzato ed ancora non sapeva come comportarsi, cosa dire e cosa fosse giusto, sperava solo di non combinare un completo disastro ma se il loro problema era capirsi allora essere chiari era tutto ciò che gli rimaneva. Anche se l’unica cosa chiara in sé era proprio l’enorme confusione che provava.
Zlatan sospirò ancor più insofferente. Che situazione era?
Come poteva reggerla?
Lui non aveva pazienza, odiava aspettare e soprattutto non sapeva insegnare e cose del genere.
Era sempre stato con gente dalla personalità forte, senza inibizioni e soprattutto decisa, dalle idee chiare. Quel cosino lì era tutto l’opposto e allora perché gli piaceva tanto, ogni volta di più?
Finirono per guardarsi senza saper cosa dire per far andare avanti quella situazione difficile, quello non era il modo di vivere le relazioni per nessuno dei due ma soprattutto l’altro non erano persone con cui erano abituati ad avere a che fare. Cioè a quel livello.
Ma Alex non ci pensava minimamente a lasciarlo andare, gli teneva la meno e senza avere la minima idea di che cosa dire, sperando che a questo punto parlasse lui, se la portò senza pensarci alle labbra. Gli sfiorò il dorso e cominciò ad accarezzarglielo lieve senza una sola specifica intenzione.
Ad esempio quando Zlatan faceva una cosa simile, c’era sempre il secondo fine dietro e non era per nulla velato.
Per Alex invece non c’era nient’altro che quella carezza, con sua enorme ingenuità.
- Non so proprio cosa fare con te, Alex… - Mormorò secco ma non arrabbiato. Si stava ammorbidendo. Le sue labbra che ora lo baciavano con dolcezza, lo stavano sciogliendo.
Alex chiuse gli occhi premendo la fronte sulla mano, smettendo così di baciarla, quindi con un filo di disperazione poiché era semplicemente terrorizzato che tutto quello ora finisse, sussurrò con voce rotta:
- Ti… ti prego, non arrenderti con me… devi… devi indicarmi tutto, devi dirmi tutto, io non so cosa fare, è la prima volta che vivo una cosa del genere e le altre erano con ragazze dove ho sbagliato tutto e facevano sempre tutto loro. Non devi andartene. Devi rimanere e dirmi cosa fare. Devi solo rimanere, ti prego… mi… - Premette ancora di più la fronte contro la sua mano e come se stesse tirando fuori un macigno enorme dalla gola, continuò: - mi piace troppo quando sto con te. Quando mi tocchi in quel modo. Quando mi baci. Mi piace stare con te. E ho paura a fare il resto, ma prima avevo paura anche all’idea di fare quello che poi abbiamo fatto ieri sera, quindi tu devi farlo e basta, perché mi piaci e anche se ne sono terrorizzato, mi piace, mi piaci. Quindi non andartene. Rimani e… - Questo fu quasi un soffio nel più totale imbarazzo, qualcosa che avrebbe sciolto anche l’iceberg del Titanic: - fammi tutto quello che vuoi. -
Chiunque a sentirsi dire un cosa simile sarebbe andato in visibilio, ma per Zlatan fu come il colpo di grazia. Si era sciolto già sulla prima frase, ma sul resto e su quel modo di parlare, non ebbe assolutamente esitazione.
Con un’ondata di calore più forte di quella che prima l’aveva eccitato, si chinò davanti a lui e quando fu alla sua altezza, piegato sulle ginocchia, spostò la mano che si era portato alla fronte e anche con l’altra gli prese il viso, lo fissò da vicino con una delicatezza che non aveva messo mai in nulla in vita sua e dopo di questo mormorò piano con un piccolo sorriso:
- Mi avevi convinto molto prima. - Dopo di quello fece parlare i suoi gesti, cosa che aveva sempre preferito.
Annullando la distanza che rimaneva fra le loro labbra, le unì in un nuovo bacio estremamente dolce e delicato. L’accarezzò calmo e dandogli il tempo di registrare e capire cosa stesse accadendo, gli porse la propria lingua. Quando l’altro l’accolse facendola sua, Zlatan capì che era pronto e senza spegnere quel calore che era di nuovo nato, decise di prenderlo in parola ma sempre ricordandosi che Alex era diverso dagli altri con cui era stato e che poteva averlo ma sforzandosi di usare metodi diversi.
Una sfida anche per sé stesso.
Si mise lentamente in ginocchio e scendendo poi con le mani sulle sue spalle, lo spinse contro lo schienale sempre senza separarsi da lui, non smise di baciarlo nemmeno quando lo tirò appena su per sfilargli del tutto gli indumenti che rimanevano, quindi questa volta uscì dalle sue labbra per percorrere con la lingua il resto della sua pelle. L’assaggiò come aveva fatto un po’ quella notte, questa volta mostrandogli con delicatezza e sensualità cosa significavano i brividi e Alex trattenne il fiato abbandonando le braccia di lato, in modo da dargli completo accesso a sé. Zlatan proseguì sempre più in basso e senza perdersi un solo centimetro e costringendosi a non divorarselo come avrebbe avuto l’istinto di fare, gli allargò le gambe e sparì fra di esse come quella notte.
La sensazione fu diversa per entrambi, non c’era quella stessa passione folle, Alex riusciva a capire precisamente ogni cosa provasse, se la godeva a pieno e aveva una precisa istantanea di ciò che era il piacere.
Fino a che non gli prese di nuovo i capelli fra le mani, gli sciolse la coda e nonostante fossero bagnati per la doccia dopo l’allenamento, li afferrò come amava fare ad ogni occasione di festeggiamenti in campo.
A Zlatan piaceva enormemente quando lo faceva e questo fu l’incitamento ad aumentare il ritmo sul suo inguine, mentre con la mano era passato al proprio.
Quando la sua voce cominciò a gemere capì che era vicino e si separò volendo dargli una lezione completa.
Alex si sentì senza una parte di sé e perso aprì gli occhi che aveva chiuso, Zlatan ricambiò il suo sguardo con uno sicuro e voglioso, quindi il ragazzino si succhiò il labbro istintivamente volendo solo che proseguisse, per quanto folle potesse essere.
Glielo chiese implicitamente quando gli prese la maglia e gliela tolse. Questo fu abbastanza per l’altro che, alzandosi, si tirò via i pantaloni. Quando si ritrovò nudo non avrebbe mai avuto l’intenzione di farglielo fare, ma Alex impressionato tanto quanto eccitato da ciò che vedeva e succedeva, decise che dopo averlo guardato con attenzione -cosa che non aveva mai osato fare negli spogliatoi- avrebbe anche fatto altro. Perché voleva dimostrargli che poteva andare liberamente senza freni, essere sé stesso senza trattenersi per paura di spaventarlo troppo. E che non era proprio così piccolo come sapeva di sembrare talvolta.
Fu così che venne fuori di nuovo quel lato che Zlatan la sera prima aveva intravisto quando era stato alle prese con gli affari incasinati di Roby, Thiago e Kevin.
Alex lo prese prima che si distendesse sopra, l’attirò a sé e mettendogli una mano al fianco con l’altra gli prese la sua erezione, si mosse timidamente come ricordava gli aveva fatto fare Zlatan quella notte, quindi pensando alla dimostrazione di solo un istante prima, lo prese impacciato fra le labbra.
Non era capace e non l’aveva mai fatto, ma questo non lo fermò perché intestardito sull’imparare per essere alla sua altezza, si impegnò tanto che comunque Zlatan dovette ammettere non era poi male…
“Impara in fretta…”
Ammise stupito dopo che aveva finito per accompagnare il suo capo sul proprio inguine insieme ai movimenti stessi del bacino.
Senza rendersene conto, poi, cominciò a dargli indicazioni con la voce, come fosse normale dire come fare certe cose…
- Stringi di più… non avere paura, devi essere deciso… - Ma i sospiri diventavano sempre più forti e parlare fu presto difficile tanto che, sentendosi al limite, dovette staccarselo di dosso per non venirgli nella bocca e così presto.
Con espressione stupita, lo guardò malizioso e salendo a cavalcioni sopra di lui, sussurrò sulle sue labbra:
- Questo linguaggio lo capisci meglio! - Alex arrossì capendo che era un complimento e che stava andando bene, per contro pensando che dovesse almeno rispondere qualcosa, fece timido:
- E’ che mi trovo bene se mi dici le cose come hai fatto ora… - Zlatan se ne stupì pensando di aver invece esagerato sul finale e di non poter più azzardarsi a farlo, ma trovandosi per l’ennesima volta preso in contropiede, sorrise malizioso contento di quel lato che finalmente veniva fuori più chiaramente.
Diciamo che a certe cose ci arrivava da solo anche se magari dopo la norma e con fatica. Sembrava ne valesse la pena.
Il bacio successivo fu più intenso e caldo, Zlatan giocò con la sua lingua in modo da portarle anche fuori dalle loro bocche che spesso si separavano per poi riunirsi, quindi manovrandolo con facilità si spostò stendendolo sotto di sé scendendo di nuovo fra le gambe ma questa volta non per occuparsi della sua erezione ma della parte che prima aveva stimolato troppo bene con le dita, abbandonandola sul più bello.
Gli alzò le gambe e dicendogli di tenerle piegate contro di sé, sparì proprio come prima. Aiutandosi con le dita oltre che con la bocca e la lingua, tornò a penetrarlo con esse per prepararlo. Fu quanto mai piacevole e poterono goderselo meglio entrambi, visto che quella era già la seconda. Alex cominciò a succhiarsi da solo, senza rendersene conto, l’avambraccio per costringersi a non gridare come uno sciocco ma alla fine gemette quando andò particolarmente in profondità finendo per toccare punti fin troppo sensibili e non sapendo più come muoversi per averne ancora, Zlatan capì che gli sarebbe bastato sfiorarlo per farlo venire. Decise che era ora, per il ragazzino, e con una mano che lo lavorava lì sotto, con l’altra e la bocca tornò sul suo inguine che sembrò attendesse solo quello.
Quando cominciò a succhiare in contemporanea alle dita dentro di sé, Alex afferrò i cuscini inarcando la schiena, non ce la faceva più, era convinto di non aver mai provato un piacere più grande ed aveva ragione perché farlo in quel modo, ricevere quel trattamento, era tutta un’altra cosa rispetto a quello che aveva fatto prima di quel momento.
Si tese così gemendo sempre più forte fino a che non resistendo più si abbandonò al piacere con totalità, senza registrare che l’aveva fatto nella sua bocca e che forse poteva essere una cosa che dava fastidio.
Zlatan non fece una piega e comunque soddisfatto del risultato ottenuto col ragazzino, lo ricoprì lasciando la sua parte inferiore ancora pulsante ed eccitata, quindi strofinandosi addosso per riattivare sé stesso, riprese possesso della sua bocca. Non ci pensò minimamente a lasciarlo andare, ora toccava a lui e se erano indicazioni precise e sfacciate quelle che voleva, quelle avrebbe avuto.
Non era normale per lui farlo in quel modo, fino a quel momento la gente con cui l’aveva fatto era sempre stata esperta, però così era stimolante, forse troppo.
Reggendosi sulle braccia, gli prese le labbra fra i denti per poi ridiscendere sull’orecchio che tormentò un po’ con la lingua, dopo di che, dopo certi movimenti inequivocabili del bacino sul suo che tornò ad indurirsi, disse roco dal desiderio:
- Infila la mano là sotto e prendimelo, toccami un po’ tu… - Alex come di consueto arrossì ma fu lieto della chiarezza, almeno non c’erano dubbi su cosa volesse e come dovesse fare. Esitando un po’ inizialmente, l’accontentò contento che in quella posizione potesse premere il viso contro il suo collo mentre l’altro gli leccava l’orecchio e la parte di pelle appena lì sotto.
Quando riuscì a prenderglielo, Zlatan si tirò su il necessario per consentirgli dei movimenti più soddisfacenti e quando lo sentì muoversi con timidezza, gli morse il lobo aggiungendo fra i sospiri: - Più deciso, stringi, fammi sentire… - Alex, seppure tremendamente in imbarazzo, eseguì come ipnotizzato dalla sua voce che gli diceva cosa fare, per cui quando lo fece capì il motivo: mano a mano che si muoveva sul suo membro con decisione, questi si eccitava sempre di più pulsando proprio sotto le sue dita ed era una sensazione stranissima perché sapeva che era merito suo e sentiva quanto gli piacesse. Fu esaltante tanto che acquistò maggiore confidenza e senza pensarci gli circondò la vita con le gambe indicandogli che gli piaceva anche a lui.
Fu il colpo di grazia per Zlatan, le sue gambe, il suo braccio intorno al collo e la mano che lo massaggiava senza freni.
Tale da lasciargli un ultimo impetuoso bacio che gli tolse il fiato prima di alzarsi e mormorare con fermezza, mentre l’aiutava rigirandoselo come fosse un fuscello:
- Girati di schiena e piegati come ti eri messo prima. - Alex capì e contento di non fare la parte dell’imbranato -e grazie: con lui che gli diceva tutto come poteva?- seguì l’indicazione.
Lo svedese si riempì di nuovo gli occhi di quel corpo in quella posizione che per lui era deleteria, gli piaceva da matti, chiunque si porgesse in quel modo lo mandava fuori di testa ma se questi lo faceva con un tale candore, bè, era tremendo.
Tremendo perché non poteva più trattenersi in alcun modo in quei casi.
Fu così che dopo aver rimesso dita di nuovo per tornare a stimolare la già pronta apertura, si chinò su di lui, gli baciò il collo da dietro e prendendolo per i fianchi scivolò dentro.
Non fu facile per Alex, era la prima volta e pose resistenza istintivamente, però l’altro con pazienza insospettabile riuscì a farsi strada e a rendere l’atto meno doloroso, lasciandogli tempo per abituarsi ed evitando di essere brutale come aveva avuto l’istinto di fare.
I movimenti aumentarono e meno a mano che proseguiva, Alex gli concedeva più libertà fino a che i colpi furono impetuosi ed intensi, senza freni, senza remore, fino a che finirono di nuovo insieme altrove e Zlatan impazzì in mille ondate di calore impensabili.
Quando raggiunse l’orgasmo se ne sconvolse più che in tutte le altre volte che gli era successo, poiché l’aveva fatto in modo diverso e diversamente l’aveva vissuta. Incredulo, si ritrovò a scoprire sé stesso e nuovi lati senza averlo messo minimamente in conto.
Fu la volta più strana e quando si stese sopra per riprendersi un istante, sentiva ogni parte di sé pulsare ancora alla follia, il sangue scorreva velocissimo ed il cuore pompava come volesse uscirgli dalla gola. Era sudato e sconvolto ma profondamente appagato.
Dopo qualche istante si alzò e sussurrandogli di spostarsi, si mise steso di schiena sistemandoselo sopra, contro il petto. Alex fu lieto di abbarbicarsi sopra sentendosi come un gatto.
Rimasero così a coccolarsi un po’ fino a che, Zlatan, sentendosi come prima probabilmente doveva essersi sentito Alex ad avere il felino sulla schiena, con le dita fra i ricci ingarbugliati, disse:
- Ma allora hai un gatto! - Cosa che chissà perché era tanto importante sapere!
Alex ci mise un po’ a registrare la domanda e a capire che diavolo centrasse. Appurato che non c’entrava proprio nulla, disse:
- Hai visto Riky? -
- Si chiama Riky? - Alex annuì, poi sorpreso aggiunse:
- E’ praticamente impossibile che esca se c’è gente. Il fatto che sia rimasto quando sei arrivato è proprio un evento! - Zlatan non si stupì affatto che il suo gatto fosse come il padrone e puntò infatti l’attenzione sul nome che lo reputava più curioso.
- Ma scusa… Riky perché? - Non era normale chiedere il motivo del nome di un gatto se questo era abbastanza normale e non assurdo, ma lui aveva già colto qualcosa che Alex infatti gli confermò candido.
- Come Kakà. Il mio migliore amico. Anche se se ne è andato rimane lo stesso un mio grande amico, però appunto per sentirlo più vicino e perché ci vediamo meno e mi manca, ho chiamato il gatto come lui. L’ho preso proprio quando se ne è andato. -
Zlatan ridacchiò, era una cosa tanto assurda e comica quanto tenera. Chiamare il proprio gatto come il migliore amico solo perché lontano era quasi come ricordarlo perché morto, ma non volle dirglielo perché aveva capito l’ingenuità con cui l’aveva fatto e lo ritenne dolcissimo.
Fu il turno di Alex di fare la domanda che invece gli gironzolava per la testa da quando si erano baciati la sera prima e cambiando completamente discorso, chiese con un filo di voce e ancora in estasi per l’amore che avevano appena fatto:
- S-senti ma… cosa siamo ora? - Forse era una domanda sciocca ed ovvia, da adolescenti, magari, ma lui aveva bisogno di saperlo con chiarezza.
Zlatan sorrise consapevole che se ne sarebbe uscito con una domanda simile, quindi stringendoselo ancor di più a sé, rispose diretto e semplice come ormai avrebbero dovuto sempre essere entrambi per capirsi.
- Quello che vogliamo. Due che scopano quando vogliono, che stanno insieme quando vogliono, che fanno quello che gli pare. Due che si piacciono, no? - Lo disse di proposito come l’avrebbe detto lui sapendo che così gli sarebbe stato facile capire. Si erano praticamente implicitamente promessi di parlare con chiarezza e non cercare sottintesi vari…
Alex però aveva un altro macigno da togliersi e con fatica lo fece…
- Anche se sei sposato ed io fidanzato? - Era una domanda tanto ovvia quanto pressante, per lui, e Zlatan capì anche questo, quindi piegando la testa di lato per baciargli il capo, rispose senza esitazione.
- E’ diverso quello che ho con lei. Lei è la casa e la famiglia, il posto dove torno ogni giorno e dove andrò sempre se mai mi tornerà a saltare il matto e vorrò di nuovo scappare. È una sorta di ancora e di futuro. Quello che faccio al di fuori è un altro discorso perché io non riesco a costringermi ad un qualcosa di predefinito, non riesco a stare dentro le righe, a seguire le regole, mi stanno strette, mi sento male. Ho bisogno semplicemente di vivere il momento così come mi viene altrimenti impazzisco se penso che ci sono cose che devo fare assolutamente. Lei mi consoce, sa che sono fatto così e mi lascia molto libero, sa che torno sempre. Però tu non devi diventare ossessivo e pressante, devi prendere quello che arriva perché io sono così, questo lo devi capire. Non faccio promesse mai a nessuno in nessun caso. - Alex si stupì di sentirlo parlare di sé così tanto e capì che anche solo per questo significava molto, si emozionò e accettò. Sapeva che sarebbe stato difficilissimo e strano ma pensò anche un’altra cosa che disse come gli venne, capendo che non poteva più dare per scontate le cose pensando che lo capissero al volo.
- Però ne varrà la pena. - Disse solo quello senza rendersi comunque conto di aver dato lo stesso per scontato un pezzo, cioè il resto del suo pensiero e del perché ne valeva comunque la pena.
Zlatan sperò di intuirlo…
- Anche se sarà un gran casino stare con me così? - D’altronde per cos’altro?
Alex annuì ed in risposta gli baciò lieve il petto dove poggiava il capo.
Sospirarono continuando a pensare ognuno al discorso appena fatto e a quanto vissuto in quelle ore, poi dopo un tempo considerevole, Zlatan se ne uscì così…
- Ma scusa un po’… hai intenzione di vivere in un porcile da ora in poi o pensi di rimediare a qualcosa? Così come, non so, sparo eh? Anche magari cambiarti? È mezzogiorno! - Alex spiazzato da tale uscita inopportuna ed insolita nonché impicciona, rispose stizzito come se fosse ovvio:
- Non voglio avere la governante intorno quando sono in casa, quindi la faccio venire quando esco. E poi mi sarei già lavato e cambiato volentieri, se stanotte non fossi stato praticamente sveglio per chissà chi e questa mattina non fossi stato traumatizzato dopo nemmeno un’ora di sonno da quei fenomeni dei miei migliori amici! Sono crollato senza la forza di alzarmi da dove mi avevano lasciato! - Vedendolo offeso per essersi dovuto giustificare in casa sua, Zlatan ridacchiò dicendo il proprio pensiero senza tenerselo per sé:
- Sei proprio un principino viziato! - Cosa sacrosanta!
- Ma non è vero! -
- E pure permaloso! - Ma la sua risata gliela fece passare liscia, anche se il discorso nei piani di Alex sarebbe solo stato rimandato.
Zlatan, dal canto suo, avrebbe presto imparato che certe battaglie con lui erano perse in partenza. L’avevano capito i suoi amici, ci sarebbe arrivato anche lui.