CAPITOLO XXII:
ZLATAN E ALEXANDRE

zlato

Si poteva provare tanta ansia?
Zlatan se lo chiese quando si rese conto di essere a casa di Alexandre senza averne nemmeno parlato.
Considerò solo di striscio l’idea di avvertire sua moglie ma non lo fece sapendo che comunque lei lo conosceva e sapeva che talvolta poteva anche non tornare, non significava nulla.
Mandando tutto a quel paese entrò in casa del compagno che non sapeva ancora cosa dire e cosa fare, non sembrava bravo in quelle cose ed anzi in netta difficoltà cominciava a dubitare di essere tagliato per tenere compagnia al ragazzo in quelle condizioni.
Condizioni misteriose dal suo punto di vista dato che non parlava e non faceva espressioni se non una costantemente cupa e dura.
Avrebbe avuto paura se non avessero avuto modo ormai di legarsi com’erano, ma poi si trovò a chiedersi quanto lo fossero visto che continuava a stare chiuso in sé stesso e basta.
Non ci arrivava a lui, non riusciva a capirlo, non sapeva cosa fare e nel momento in cui avrebbe voluto sfogarsi e lasciarsi andare all’ansia, aveva capito solo una cosa, guardando Zlatan sedersi nel divano.
Era lui quello che stava peggio.
Ma come aiutarlo, comunque?
Cosa poteva fare per lui?
Non era bravo in quelle cose o per lo meno lui credeva, non si rendeva conto che alla fine con la sua semplicità infantile ed ingenua azzeccava sempre sulle parole, quelle che contavano davvero. E la sua specialità era proprio che non si credeva bravo in quello.
Cercò di immaginare cosa avrebbe fatto Thiago, lui era uno bravo a consolare e sostenere.
Forse si sarebbe seduto ed avrebbe parlato di qualcosa fino a farlo sfogare.
Non sapeva come fare, gli dispiaceva e basta e mordicchiandosi il labbro alla fine si sedette accanto e con la timidezza dei primi tempi gli prese la sua mano grande fra le sue. Forse era un gesto da bambini ma quando lui era a terra erano queste piccole cose che lo aiutavano.
Zlatan non lo mandò via e si lasciò stringere, così Alex prese coraggio e appoggiò la testa alla sua spalla per indicargli come poteva fare se voleva. Non glielo poteva dire, né forzare, però indicarlo sì.
Zlatan gradì enormemente questi suoi modi di fare semplici e non invasivi, gli stava dimostrando quello che poteva fare senza obbligarlo e al tempo stesso si limitava ad esserci senza usare parole troppo grandi. Era raro che qualcuno sapesse stare con qualcun altro così, senza cose complicate di mezzo o improvvisandosi psicanalisti o preti.
Sospirò, non sapeva tirare fuori il nodo del suo malumore, sapeva solo che c’entrava non tanto con Antonio in sé quanto con ciò che rappresentava, solo che non voleva, non voleva assolutamente andare oltre a ciò, sapeva che se l’avesse definito sarebbe cominciato ad essere un altro, qualcuno che non era mai stato, quello che scappava dalle definizioni e dalle spiegazioni. Non voleva confini, non voleva guinzagli, non voleva sentirsi obbligato a fare nulla, voleva essere libero di fare ciò che voleva, ma cosa lo stava costringendo ora?
Si sentiva solo soffocare e mano a mano che la cosa andava avanti aveva sempre più bisogno di fare qualcosa, peccato che non avesse idea di che cosa fosse.
- Non è niente, ne sono sicuro. - Azzardò Alex sperando solo che parlasse di qualcosa. Quel silenzio sarebbe potuto andare avanti in eterno e ne fu praticamente sicuro dopo i primi quindici minuti di mutismo.
Stare insieme a disposizione e tenersi per mano era bello, specie perché non era cosa da Zlatan, però non era produttivo veramente.
Doveva tirare fuori quell’enorme masso che lo costringeva a terra ma lui non sapeva come fare.
- Certo che non è niente! È solo che non riusciva a parlare e a muoversi perché è uno stronzo che ama fare scherzi! - Ma era ironico e Alex si mortificò.
“Bè, almeno ha detto qualcosa!”
Pensò forzandosi a non ritirarsi col batticuore.
- Bè, ma si risolverà… - Era il modo di parlare per luoghi comuni che le persone come lui odiavano in quel momento.
Zlatan si staccò e si alzò di scatto.
- Sei andato bene finchè sei stato zitto e vicino a me! - Sbottò nervoso facendogli diventare gli occhi lucidi.
- Ma fasciarsi la testa prima di romperla è… - Tentò di nuovo un paio di quelle cose che forse si dicevano. Sì, ai bambini.
Zlatan tornò a guardarlo male e per non rispondergli e farlo davvero piangere si mise a camminare frenetico per l’ampio salotto di casa sua.
A quell’ora dovevano cercare di dormire ma sicuramente sarebbe stata utopia senza ombra di dubbio.
Alex lo seguiva mortificato con lo sguardo, non sapeva proprio cosa dire… tutto quello che tentava era sbagliato… si morse il labbro e non si mosse, poteva solo stare lì e basta? E in che modo era sufficiente?
Ma non osò parlare e nemmeno fiatare e abbracciandosi le ginocchia vi appoggiò il mento, lo seguì con lo sguardo muoversi su e giù tempestoso e fu con quel movimento perpetuo nel completo silenzio a quell’ora della notte, che si lasciò cogliere dal sonno che comunque gli era stato interrotto improvvisamente poco prima proprio da Zlatan che aveva cercato lui di proposito per un motivo che ora gli era oscuro.
Quando lo vide addormentato sul divano, fu come se qualcuno gli staccasse la spina e sospirando gli si avvicinò piano, si sedette rivolto verso di lui e guardandolo incredulo, pensò:
“Ma ci si può addormentare mentre si cerca di tirare su -con risultati pessimi- qualcuno? Cioè, questo ha una concezione del consolare che è davvero assurda!”
Però almeno era riuscito a calmarlo, si disse poi appoggiandosi con la schiena, nel movimento Alexandre scese di lato contro di lui, appoggiandosi abbandonato nel sonno, quindi Zlatan con un altro sospiro stanco alzò il braccio e se lo sistemò contro di sé circondandolo decisamente più calmo. Almeno se dormiva non piagnucolava e non lo innervosiva e se non doveva svegliarlo cercava di placare il proprio grande enorme e sfavillante nervoso.
Qualcosa di positivo comunque riusciva a tirarglielo fuori, anche se in modo molto anomalo e strano.
Fu a quel punto che riuscì a darsi pace e pensare lucidamente al motivo per cui si sentiva così.
Non che ci avrebbe voluto perdere comunque tempo e sonno, ma fu quando Alex si sistemò inconsciamente addosso a lui per dormire meglio, che se lo disse.
“Ecco perché non voglio affezionarmi a niente e nessuno, perché il novanta percento di quando succede poi mi piantano sempre in asso in qualche modo. Cerco solo di giocare d’anticipo, tutto qua. Fanculo, sto invecchiando, non riesco più a prevederlo e impedirlo!”
Quell’ultimo pensiero gli venne con la propria mano che carezzava leggero il braccio del compagno che accoccolato a sé sembrava sicuro e sereno nel suo mondo dei sogni.
Lo invidiò, ne aveva di preoccupazioni, lo sapeva, però riusciva a viverle sempre in un certo modo… con semplicità e leggerezza. Certo passava picchi di panico allucinanti dove impazziva, però dopo lo sfogo si calmava e riusciva anche ad aspettare per poi tornare al meglio.
Come diavolo faceva?
Forse avrebbe dovuto imparare…
“Mi direbbe che è bello avere un amico ed essere preoccupato per lui e poi che devo stare tranquillo che sicuramente starà bene. Come mi piacerebbe riuscire ad essere così semplice. È forte a modo suo e non l’avrei mai detto.”
Dopo di questo, sentendosi incredibilmente meglio forse solo perché aveva accettato quei pochi legami che si era fatto ora, appoggiando la testa all’indietro contro lo schienale e allungando le gambe sul tavolino davanti, si lasciò addormentare senza dire o fare nient’altro di particolare.
Solo così.
Semplicemente.

Quando il mattino si svegliarono, erano tutti anchilosati ed il primo a svegliarsi fu Zlatan.
Aprendo gli occhi il primo pensiero fu per Antonio su cui aveva fatto pessimi sogni per tutta la notte, il secondo furono maledizioni per il posto in cui aveva dormito, seduto su un divano che per di più non era nemmeno suo.
Oddio, non che questo fosse un problema… per assurdo dormire fuori casa lo rilassava perché era come vivere meglio la sua libertà.
Il braccio che cingeva Alex era addormentato e prendendolo con l’altro per riattivarlo fra mille smorfie, lasciò che l’altro gli cadesse col capo sulle gambe. Nel sonno si sistemò meglio e solo in un secondo momento si rese conto di avere nella poltrona accanto il famoso gatto bianco di Alex, Riky.
Guardò così prima il gatto ronfare pacifico poi Alex fare lo stesso e riuscì anche a sorridere un po’ non trovando differenza fra i due. Entrambi, infatti, se svegliati bruscamente sarebbero scappati a gambe levate!
Antonio naturalmente l’avrebbe fatto solo per divertirsi ma lui, al contrario di quel che si poteva pensare di lui, non era sadico.
Per prima cosa a quel punto prese il cellulare dalla tasca e mentre con l’altra mano tornava ad accarezzargli sovrappensiero la schiena, scrisse ad Antonio rendendosi conto che probabilmente era stato scostante dal momento in cui si era sentito male, ma era il suo modo di reagire davanti al dolore e ai problemi delle persone a cui teneva per un motivo o per l’altro.
‘Vedi di rimetterti perché altrimenti vengo lì e ti prendo a calci!’
Un modo alla Zlatan che sapeva l’avrebbe fatto ridere, cosa che gli serviva.
Nel giro di un giorno avrebbe avuto un numero di visite e di auguri impressionante e se lo sarebbe meritato.
Non sapeva molto di lui prima di venire al Milan, non si era mai interessato degli altri giocatori mentre era nelle altre squadra, solo dei propri compagni ed anche lì in via comunque limitata, ma per quello che aveva visto lì in quell’anno insieme, anzi, meno di uno, poteva dire con certezza che l’affetto che tutti gli stavano porgendo se lo meritava. Punto. Il prima non contava, il prima non lo considerava e non voleva nemmeno conoscerlo.
Era ancora convinto di quello.
Solo quando gli arrivò la risposta entro breve poté mettere da parte la propria pesantezza, almeno gran parte di essa.
‘Cambia schema, ormai quelli non funzionano!’
A quello infatti ghignò divertito rispondendo subito:
‘Allora andrò di testa!’
E poi col suo:
‘Vedremo chi la spunta!’
Capì il doppio senso e volendo fargli capire ulteriormente che era dalla sua anche se era impacciato in quelle cose perché lo facevano sentire male, concluse definitivo:
‘La tua mi sembra più dura!’
Come se già li conoscesse i risultati dei suoi esami e con ironia rispondesse proprio ad essi.
Quando mise giù il telefono si trovò un altro grande problema.
La noia.
Insomma, non aveva sonno, quel giorno avrebbero avuto allenamento solo di pomeriggio e un gatto gli dormiva sopra. Un gatto dalle sembianze umane, ma sempre gatto era.
Quando con la mano si infilò sotto la sua maglia per provare a svegliarlo in modo meno brusco di un ‘ehi togliti!’ che aveva sulla punta della lingua, lo sentì mugolare nel sonno ed invece di svegliarsi parve accomodarsi meglio sul divano e sopra di lui. Mosse il capo sulle cosce e infilò la mano sotto la guancia automaticamente, era il suo modo di dormire e probabilmente pensava di avere un cuscino sotto il palmo, non una gamba umana.
Zlatan sorrise malizioso, un po’ più in su e sarebbe stato perfetto…
Provò alzandogli del tutto la maglia per carezzarlo meglio, la pelle del fianco e della schiena era liscia e calda, avrebbe voluto sfiorarla con le labbra ma da quella posizione non aveva scelta. Però forse con quest’altra mossa si sarebbe svegliato…
Infatti scese sulla vita e poi sui fianchi per poi passare avanti, visto che il dietro era contro il divano in una posa tutta avvitata.
Oh, e che problemi c’erano?
Anche l’inguine andava bene!
Si infilò infatti sotto all’elastico dei pantaloni, una tuta comoda, la prima cosa che si era infilato quella sera per uscire, e raggiunse la sua erezione a riposo, per il momento.
Accentuò il sorriso e cominciò a muoversi lentamente, anche lì sotto era caldo e morbido, un po’ troppo in effetti, ma non durò molto poiché in breve divenne sempre più consistente e quando i mugolii -simili a miagolii veri e propri- divennero dei gemiti, capì che ormai Alex era sveglio, specie perché per godere meglio aveva stretto la presa della mano fra la sua testa e la coscia e risalita istintivamente, era arrivata quasi al suo, di inguine, dove ormai la nuca era premuta.
Zlatan sussultò, così non andava bene, era come stuzzicarlo ed era pericoloso.
Il colpo di grazia arrivò quando Alex aprì meglio le gambe per permettergli un accesso perfetto ed in quella posizione si eccitò aumentando il ritmo per poter passare in seguito a sé.
Ne ebbe ragione poiché Alex ci mise poco a raggiungere il culmine, non era pronto ad un risveglio simile ed era stato più che spontaneo.
Lo svedese sorrise soddisfatto e tirando via la mano aspettò che l’altro reagisse in qualche modo.
Coi boxer ed i pantaloni sporchi c’era l’eventualità che avesse anche il coraggio di alzarsi per andare a cambiarsi, in quel caso l’avrebbe ucciso.
Per impedirglielo e fargli capire cosa voleva, gli portò al viso la stessa mano che aveva avuto sul suo inguine e infilandogli deciso un dito fra le labbra, l’altro l’assecondò ancora preda del piacere appena raggiunto e con la mente ancora assonnata.
Con soddisfazione lo sentì succhiare e quando Alex ebbe il proprio stesso sapore, si riaccese. Era stordito perché appena svegliato in quel modo sconvolgente, ma capire che Zlatan stava meglio gli diede un ulteriore scarica elettrica e senza capire più niente, come fosse ubriaco per il sonno e l’orgasmo raggiunto in quel modo, si tolse il dito di bocca per girarsi e abbassandogli i pantaloni e l’intimo sotto uno sguardo stupito e apprezzato dell’altro, gli lambì il suo sesso con le labbra. Non doveva proprio cominciare da capo, praticamente non aveva aspettato che quello ed Alex si rivelò più intraprendente, infatti si prese bene con un ritmo che crebbe in fretta quanto l’erezione nella sua bocca. Non pensava a quello che faceva, se l’avrebbe fatto si sarebbe fermato subito e non era il caso, sapeva che Zlatan non l’avrebbe presa bene e non voleva seccarlo, non dopo quella brutta notte.
In fondo era il minimo dopo che gli si era addormentato in qualche modo addosso durante il suo sfogo, o quello che in teoria sarebbe dovuto esserlo.
No, non sapeva cosa era successo, forse ne era uscito da solo e lui, come aveva sempre pensato, era inutile in quel genere di cose, ma forse si era sentito meglio perché si era trovato a pensare lì con lui, non poteva saperlo.
Quello che contava era che stava meglio e da come reagiva questo era innegabile.
Glielo fece proprio assaggiare nell’impeto del momento e nel bisogno di un appagamento completo e profondo, per quanto possibile fosse visto che non era sesso completo.
Zlatan le pensava spicce così come erano, non si fermava a parole di circostanza con sé stesso, a che servivano?
Venne con piacere particolare e nel shockarlo sorrise pure, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto provare anche il piccoletto quell’ebbrezza e così era stata. Se lo prese e se lo sedette sopra mettendoselo a cavalcioni, lasciando stare naturalmente il proprio inguine ormai soddisfatto, quindi lo vide ancora un po’ sconvolto e rosso accoccolarsi sopra nascondendo il viso contro il collo e infilando le braccia sotto le sue, nei fianchi.
Era una posa infantile ma al tempo stesso rilassante anche per sé. Lo cinse con calma dopo essere stato appagato anche così e sospirando se lo tenne stretto. Aveva un modo di consolare tutto suo, però poteva dire che in un modo strano era anche stato efficace.
Certamente se avesse provato i metodi classici e qualche parola di circostanza od una predica l’avrebbe demolito prima!
- Stai meglio? - Chiese piano con un filo di voce e timidezza per quanto accaduto, voleva comunque saperlo e parlando contro il suo collo in quel modo riaccese un appena calmo Zlatan che con una nota di stupire rispose più a sé stesso che a lui.
- Sì… devo dire sì. Non bene ma meglio. - Che poi non gli chiedesse i particolari del suo stato d’animo e dei suoi pensieri gliene fu grato perché probabilmente non avrebbe nemmeno risposto ed anzi si sarebbe ritirato.
Alex quasi seguisse un’intuizione dell’ultimo si limitò a rassicurarsi con quella risposta, decidendo che per quella volta era più che sufficiente.
Di passi in avanti ne avevano fatti molti, sia come persone e quindi singolarmente che come coppia.
Coppia.
Arrossì pensandolo.
Potevano considerarsi così?
Si guardò bene dal chiederglielo, certamente quello non era il momento più adatto.
- Tu e Riky siete proprio uguali. -
Disse guardando il gatto che schizzava via, anche se a scoppio ritardato rispetto ai primi movimenti dei due.
- Chi? - Chiese Alex spaventato tirandosi su dalla sua sicura e piacevole posizione sul collo.
- Il gatto! - Rispose subito Zlatan immaginando che avesse capito male.
- Oh… - Sospirò infatti l’altro sorridendo divertito… - no, perché è praticamente impossibile essere come Riky la persona… -
Zlatan si fece curioso.
- Kakà? - Alex annuì e l’altro proseguì intuendo la motivazione per cui lo diceva: - Lo vedi così irraggiungibile? -
- Non a livello calcistico, sono consapevole delle mie doti. - E voleva ben vedere, con tutto quello che valeva… - Intendo a livello umano… lui è… lontano… - Concluse non sapendo in che altro modo metterlo.
Zlatan corrugò la fronte, non poteva capirlo perché non conosceva bene Kakà ma la sola idea che lui lo considerasse così tanto non poté che infastidirlo e corrugando la fronte, disse diretto e sincero:
- E’ così perfetto? - Lo chiese con fastidio e scherno e Alex decise di provare a spiegarsi meglio, ricordandosi che doveva essere preciso e semplice per non venire frainteso, cosa che stava per succedere di nuovo…
- No, non perfetto… però io lo vedo, sempre a livello di persona, qualche gradino più in su di me perché lui ha, sai, quella specie di alone di bontà che lo circonda. Non so se sia dovuto alla sua grande fede ma si distingue sempre in una squadra. Sorride in ogni caso. L’ho sempre preso ad esempio, quando giocava qua era il mio punto di riferimento, cercavo di somigliargli quanto più potevo ed abbiamo legato molto. Quando se ne è andato è stato un duro colpo per me ma ci sentiamo ogni tanto. Bè, ho chiamato il mio gatto così per lui! - Sperava di essere stato abbastanza chiaro e Zlatan faticò a mantenere la gelosia sotto controllo. Sì perché non era stupido, sapeva usare i nomi giusti. Gli dava fastidio anche il sentimento in sé, ma nel provarlo non era idiota da fingere non ci fosse. Non perdeva tempo in quel modo!
- Ora si spiegano tante cose! - Fece spontaneo.
- Del tipo? - Questo l’aveva incuriosito e cominciando a giocherellare con il colletto della sua maglia glielo chiese fissandolo negli occhi sperando che glielo dicesse, ma l’altro decise che era meglio sorridere ed essere enigmatico, per non fargli capire volutamente tutto.
- So ben io! - Era vero che aveva qualcuno dei suoi famosi comportamenti. Kakà infatti era famoso per essere oltre che geneticamente buono e gentile, anche molto ingenuo ed era una cosa praticamente risaputa. Alex doveva aver preso ad esempio anche quel suo lato solo che poi l’aveva esasperato perché lui era un principino viziato e la combinazione era stata poi devastante!
Non capendo, il brasiliano arricciò la bocca scontento e questo fece sorridere il compagno sotto che affondando una mano nella nuca, fra i suoi ricci, e per farlo tacere prima ancora che cominciasse una tiritera noiosa sul capirsi, gli tappò la bocca con la propria.
Quando cominciò il bacio, Alex si dimenticò subito del resto e rilassandosi si chiese solo, lontanamente, se anche Riky là a Madrid stesse vivendo una cosa simile.
Dopo di questo però si dimenticò di tutto abbandonandosi al bacio più strano e diverso che si erano dati da quando tutto quello era cominciato.
Quasi che ci fosse una specie di ringraziamento dietro…
Fu solo un impressione che si tenne per sé, ma che si tenne comunque stretto, beandosene con delizia.