LA LIBERTÀ DI AMARE

kjbra

"Non ho mai visto una mentalità del genere nella mia carriera.
E' difficile spiegare com'è Ibra. Il suo modo di lavorare, la sua mentalità, non li ho mai visti nella mia carriera. Una cosa che sappiamo tutti è che il suo obiettivo è vincere. E' solo da guardare Ibra, non saranno tanti i giocatori ad arrivare così a 40 anni”
- Simo su Ibra - Febbraio 2021 - 

1. FEDE E FILOSOFIA

Guida, Incoraggia, Proteggi. 
Zlatan adorava guardare i tatuaggi di Simon ed analizzarli o magari scoprirli nel caso in cui non ne avesse ancora notati qualcuno.
Alcuni di essi gli piacevano molto, altri non particolarmente, ma avendo quella passione in comune, uno sei suoi passatempi era rimirarli. 
Uno dei suoi preferiti erano le tre scritte sul braccio, Guida, Incoraggia e Proteggi. 
Lì c’era racchiuso tutto quello che lui era in realtà, la sua essenza, quella che specialmente in quella nuova stagione al Milan stava venendo fuori e che parzialmente aveva già espresso precedentemente. 
Lui era così, si prendeva a cuore sia la squadra che il suo compito e si sentiva di doverli guidare, proteggere ed incoraggiare e lo faceva in molti modi. 
In questo erano uguali, nonostante avessero molte differenze. 
L’ultima che aveva dimostrato come ci tenesse ai suoi compagni era stata durante gli Europei, quando quell’estate aveva soccorso Eriksen mantenendo il sangue freddo in ogni istante, anche quando era stato comprensibilmente difficile per tutti.
Zlatan al suo posto non sapeva se sarebbe riuscito a fare qualcosa, solitamente nei momenti in cui qualcuno stava male in campo tendeva semplicemente a controllare di cosa si trattava e si faceva da parte lasciando fare ai professionisti, ma era anche vero che per fortuna non aveva mai vissuto una situazione critica di quel tipo. Comunque non gli sarebbe nemmeno mai venuto in mente di creare una barriera umana fra il ferito e le videocamere. Era stata una cosa che l’aveva colpito molto delle immagini trasmesse di quella partita a giugno. Così come che fosse stato l’unico a guardare fisso ogni istante che si consumava davanti agli occhi, mentre gli altri erano tutti di spalle, senza il coraggio di guardare. 
Era stato forte, oltre che freddo e pragmatico, ma lui sapeva che queste erano le basi per quel senso di protezione che aveva coi suoi compagni.
In nazionale era il capitano, al Milan no, ma si comportava come se lo fosse, come faceva anche lui. 
Anche per lui era sacro l’impegno che si prendeva nei confronti degli altri e non si trattava solo dei propri compagni a calcio, ma anche dei figli, naturalmente. O delle altre persone importanti della sua vita. 
Un’altra cosa che aveva scoperto con calma su di lui, sempre studiando il suo corpo ed i suoi tatuaggi, era il fatto che fosse religioso; cristiano evangelista, nella fattispecie, da quel che poi in seguito gli aveva detto. Non solo aveva disegni dedicati alla Madonna, ma anche molte frasi della bibbia. 
Lui al contrario non era credente, o meglio non credeva in Dio, credeva in sé stesso e giocava spesso col pubblico dichiarando che Dio era lui, ma era il suo modo per far capire quanto credesse in sé stesso. 
Era questo il proprio cardine. 
Oltre alla disciplina e al rispetto. 
Non importava quanto stanco fosse, lui ogni giorno seguiva il suo programma d’allenamento che era lo stesso da anni e non sgarrava mai, potesse cascare il mondo. 
Questo era solo un esempio. 
Le dita di Zlatan toccarono i nei, distraendosi dal compito che Simon gli aveva richiesto stendendosi a pancia in giù sul letto. 
- Hai finito di distrarti con qualunque cosa che sta sul mio corpo? Quanto devo stare così? - chiese divertito Simon, le braccia incrociate sotto il mento, il sorrisino di chi in quel momento stava bene. 
- Quanto serve! 
Prima aveva osservato i tatuaggi vecchi che ormai conosceva a memoria, toccandogli le sue tre scritte preferite. Poi si era perso a contargli i nei che erano troppi. 
- Mi sembrava ci fosse un neo in più... - aggiunse poi serio. Simon rise col viso fra gli avambracci incrociati. 
- Sai davvero quanti sono? 
Non era poi così impossibile lo sapesse, un altro dei passatempi preferiti di Zlatan era effettivamente contargli i nei.
Adorava il suo corpo e non tanto per la forma perfetta e snella, quanto per il colore chiaro dove spiccavano i tantissimi nei ed i molteplici tatuaggi, sparsi prevalentemente su braccia e schiena come li aveva anche lui.
A Zlatan piaceva trovare le cose che avevano in comune, da quando si erano messi insieme aveva trovato quel passatempo, come a sottolineare i legami che avevano per non considerare invece le differenze che tendevano ad allontanarli. 
Da qualche parte nel suo animo sapeva che il rischio che tutto quello finisse era sempre in agguato e non voleva succedesse. 
Non ancora. 
Forse un giorno sarebbe stato il primo a stufarsi, ma decisamente non voleva essere quello scaricato. Non era una cosa che gli piaceva. 
Non che scaricare fosse meglio, ma era il suo modo per tenere alla loro relazione che con tanta fatica, specie di Theo, avevano accettato. 
Qualche mese, in realtà.
Si erano decisi a definirsi ‘coppia’ solo in primavera, ora era maggio e lo ricordava bene perché era stato in occasione del compleanno di Sandro. 
Nel frattempo c’era stata l’estate ed ora erano in pieno autunno, il campionato era ricominciato da un pezzo e le cose fra loro non erano mai andate così bene per così tanto tempo senza nemmeno mezzo litigio. 
Era strano, si sentiva vicino ad un nuovo ostacolo o forse era prevenuto perché trattandosi di uno così complicato come Simon, non poteva certo andare così bene per tanto tempo. 
Simon riemerse dalle sue braccia e dalle risa e gli lanciò un’occhiata obliqua, ancora divertita ed accesa. 
- So che ti piace avermi chiappe al vento, ma curalo e piantala! 
A quell’ennesimo ordine, Zlatan si leccò le labbra e si chinò sulle sue natiche, in particolare su quella di cui doveva prendersi cura. 
- Non così! - lo ammonì il danese.
Zlatan rise ritirando la lingua prendendo la garza e spruzzando lo spray apposta per poi passarlo sul tatuaggio fresco fatto da appena qualche giorno. 
Con delicatezza insospettabile gli tolse la crema che ormai era stata assorbita e le prime tracce di inchiostro che venivano via. 
Fortunatamente non ce n’era molto, non era un tatuaggio pesante e nemmeno troppo grande. 
Dopo averlo medicato seguendo le indicazioni del generale vichingo, gli spalmò la crema facendo attenzione a non metterne troppa. La stese creando un velo molto sottile, sempre come ordinato dal suddetto. 
Infine mise via il set sul comodino e tornò ad ammirare il disegno che si era fatto fare nello stesso punto in cui l’aveva lui. 
Non uguale, sarebbe stato assurdo per Simon. Gli sarebbe seriamente venuto il dubbio che si sentisse male a livello psichiatrico. 
Era solo lo stesso posto in cui l’aveva lui, nulla di più, ma trattandosi appunto di lui era sicuramente un enorme dimostrazione che stava ancora cercando di non sottolineare a parole per non farlo scappare. 
Ma l’aveva pensato subito. 
“Ci tiene davvero a me e a questa relazione, eh?”
Anche Zlatan aveva dei tatuaggi circolari sulle natiche e vedere che Simon se ne era fatto uno circolare a sua volta, anche se solo su una e non su entrambe, era stato emblematico. 
Si era fatto la rosa dei venti. Per un momento aveva pensato si sarebbe fatto un’altra stella, ma poi avrebbe dovuto spiegare a sua moglie chi era quella nuova persona importante che si meritava una delle sue preziose stelle tatuate sul corpo. 
Oltretutto, probabilmente, sarebbe stato davvero troppo dedicargli addirittura una stella.
Però la rosa dei venti a modo suo era una sorta di stella, in qualche modo, e lui voleva vederla così, mentre si mordeva la lingua per impedirsi di chiedergli quanto ci tenesse a lui esattamente. 
Non solo un tatuaggio sullo stesso posto in cui l’aveva lui e di una forma geometrica simile alla propria, sempre circolare. 
Ma addirittura qualcosa che ricordava in qualche maniera il simbolo che nella sua vita aveva attribuito alle persone importanti.
Simon aveva una stella per ognuno dei suoi cari. Figli, moglie, genitori, famiglia.
Sapeva che prima o poi glielo avrebbe chiesto, ma per miracolo riuscì a tenersi la bocca chiusa e ce la fece grazie all’altra natica, libera da tatuaggi doloranti sulla quale poté posare un bacio che era un misto fra il tenero ed il giocoso. 
Giocoso visto che dopo la posa delle labbra, aveva lasciato un morso che aveva fatto squittire Simon e torcersi fino a lanciargli uno sguardo congelante. 
- Zlatan, se non la pianti... 
Ma non riuscì a finire la minaccia, perché lui ridendo come un idiota alla sua maniera rumorosa, una risata che non in molti potevano vedere, si appoggiò sulla sua schiena, il viso rivolto alla parte dorsale, mentre la guancia si appollaiava comodamente nella zona lombare. 
Con le dita tornò a segnare i molti nei che c’erano sulla sua pelle lattea, per poi tracciare anche i disegni dell’enorme tatuaggio che si era fatto fare anni addietro. 
Sapeva cosa significavano tutti quelli che non avevano a che fare con la religione, i quali invece erano stati tutti ignorati da lui. 
La scala aveva un bel significato, gli piaceva, e spesso steso nel letto a pancia in giù con lui come ora, mentre contava i suoi nei e osservava i vari disegni, finiva per percorrer con le dita quelle scale che salivano verso un ipotetico paradiso. 
A lui piaceva pensare che quelle scale fossero il destino, non era un significato diverso da quello che gli dava Simon, anche se per lui erano le scale del paradiso. 
Stairway to heaven era una delle canzoni preferite di Simon ed anche se non erano esattamente il suo genere perché preferiva quelli più ‘rumorosi e ritmati’ come li definiva lui, era comunque una bella canzone.
- Come concili quel che fai con me con tutta questa fede che hai? 

A Simon venne un colpo nel sentire quella domanda. 
Stavano insieme da un anno e mezzo, ormai, ed era la prima volta che gli chiedeva qualcosa di così esplicito sulla sua fede applicata a quel che era ora la sua vita con lui. 
L’aveva vivisezionato da tempo, aveva già visto per bene tutti i tatuaggi e sebbene avessero parlato molto, non l’avevano mai fatto sulla fede. Simon aveva capito che era un argomento delicato, sapeva che lo era sempre per tutti, ma siccome lui si paragonava spesso a Dio, scherzando, aveva immaginato che nel suo caso fosse meglio evitare. 
Zlatan non aveva mai nominato Dio se non per nominare sé stesso, così non erano mai andati in argomento. 
Si sentì strano nel sentirglielo chiedere, voleva girarsi e guardarlo in faccia, analizzarlo per capire cosa dirgli e come procedere nel campo più minato di tutti, ma non glielo permise e sospirando, guardò in alto immaginando che un giorno sarebbe successo. Che ne avrebbero parlato e che ovviamente non sarebbe stato in modo normale. 
Si strinse così nelle spalle, sollevandosi sui gomiti. Congiunse le mani davanti a sé e fissando il muro della loro camera di Milanello, rispose nel modo più semplice e vago che gli riuscì: - Sono credente ma non praticante. 
Simon non vide il sopracciglio perplesso di Zlatan. 
- Con tutti i tatuaggi su Dio e sulla bibbia? 
Simon ridacchiò. 
- Sono frasi che rispecchiano la mia filosofia di vita o che parlano di scene bibliche che mi hanno colpito in modo particolare, non sono i dieci comandamenti... 
Cercò di alleggerire la situazione sperando non gli chiedesse di più. Non che avesse paura di parlarne, ma parlare di fede era da sempre l’argomento tabù nelle coppie. Quando lo facevi significava che eri parecchio dentro nella relazione. 
Per lui quel nuovo tatuaggio era stato una cosa che non aveva potuto evitare, si era sentito di farlo, ma era ovvio che fosse per lui.
A marcare quel momento speciale nella sua vita. 
- C’hai la Madonna... - continuò imperterrito. 
Altra alzata di spalle. 
- È una figura che ammiro molto e mi dà estrema pace. Mi piace pensare che mi protegge. 
Parlarne con un risaputo miscredente era imbarazzante per lui, non era facile e non voleva farlo, ma ovviamente era comunque in grado di fare qualcosa che non voleva. 
Zlatan a quel punto si alzò e si appoggiò sui gomiti, rimanendo però obliquo rispetto a lui, con le lunghe gambe che pendevano oltre il bordo del letto, il volto rivolto verso la sua schiena ad ammirare il viso di Maria che era bello grande accanto alla scala. 
Simon pregò che non gli chiedesse delle altre frasi della bibbia, perché non sapeva come avrebbe potuto spiegare che era sempre da tutta una vita rimasto colpito dall’ultima cena di Gesù ed in special modo dalla paura mista a convinzione di Simon Pietro di essere lui quello che avrebbe tradito il suo Maestro. 
‘Non sono io, vero Signore?’ Era la frase tatuata che solo chi sapeva a cosa si riferiva poteva capire. 
Per fortuna nessuno lo capiva mai. 
Non gli piaceva spiegare il significato dei propri tatuaggi, né parlarne, perché erano troppo personali e lui odiava parlare di sé in quella maniera.
Tuttavia con Zlatan sapeva che avrebbe dovuto farlo, se glielo avesse chiesto, e già l’aveva fatto, ma fortunatamente solo sui tatuaggi non religiosi che paradossalmente erano quelli più personali e privati. 
Privati in un modo che non sapeva definire. 
“Non glielo voglio dire perché arriverebbe subito al punto. Direbbe qualcosa del tipo ‘Ah quindi sei ossessionato dal tradimento! Proprio tu che tradisci tua moglie con me? E come la metti, quindi?’”
Non che poi quella domanda che gli aveva fatto fosse meno critica. 
- Quindi la Madonna ti protegge anche se tradisci tua moglie con me? 
Per fortuna la velocità di pensiero di Simon fu tale da trovare come sempre la mossa o la risposta pronta al momento giusto. Come sempre, grazie al suo sangue freddo ormai famoso a livello mondiale. 
- Elina è la mia seconda moglie e per i cristiani non è possibile avere due mogli. Sono già un ‘fuorilegge’, per questo dico che sono un credente non praticante. 
Zlatan a quel punto ridacchiò spostandosi sul letto fino a raddrizzarsi, usando i gomiti come in un percorso di guerra a terra. Una volta che lo affiancò spalla contro spalla, si girò verso di lui nella stessa posizione a pancia in giù e prima di baciarlo con un’espressione sadica delle sue, disse: - Mi chiedo che razza di fede sia. 
A quel punto Simon si fermò proprio mentre stava per accettare il suo bacio. 
Lo guardò ritirandosi di qualche centimetro all’ultimo, serio. 
- Come prego? 

Zlatan non si mosse, non si ritirò, alzò una spalla rimanendo in attesa del bacio che per lui doveva esserci comunque. 
- È comodo, no? Dire che sei cristiano non praticante è come dire credo in Dio perciò sono a posto, ma non pratico perciò faccio quel cazzo che mi pare. Ma intanto credo ed è quel che conta. A cosa serve, insomma? 
Ma forse aveva parlato più di quel che aveva preventivato nel rimanere proteso per il bacio che non arrivò mai. 
Simon si lasciò cadere sul fianco avendo cura di non appoggiare la natica tatuata, mise il gomito giù e adagiò la testa sul palmo, infine con aria attenta, quasi di sfida, lo fissò concentrandosi. Aveva un mezzo vago sorriso, come di chi si pregustava un dialogo col botto. 
Zlatan realizzò tardi come al solito che aveva appena provocato esattamente quel che per mesi aveva cercato di evitare. Un altro litigio con lui per l’unico argomento di conversazione che avevano sempre accuratamente evitato per un ottimo motivo. Quello. 
Aveva da subito capito, guardando i suoi tatuaggi, che era credente. Ma non ne aveva mai parlato perché si conosceva e sapeva che quando cominciava a parlare di Dio ed affini, non aveva pietà e a quel punto non era nemmeno più provocante, era addirittura lancinante. 
Ce l’aveva troppo con Lui per poterci credere, se fosse realmente esistito ne avrebbe avute di cose da dirgli. 
‘Rispetto, disciplina e fiducia in sé stessi. È questa la mia religione.’ 
L’aveva sempre dichiarato ed era così, ma era assurdo credersi l’uomo di qualcuno con cui non avevi mai parlato di fede. 
Forse, dopotutto, Zlatan era così convinto di questo e voleva così tanto considerarsi realmente il suo uomo a tutti gli effetti, che non poteva evitare quel dialogo. 
In realtà non l’aveva evitato con tutto sé stesso, l’aveva cercato come un matto fino a trovarlo. 
- Da quanto volevi farmi questa domanda? - fece a quel punto Simon sempre con quel sorrisino sardonico sul bellissimo viso. 
Zlatan ne fece uno identico. 
- Non rispondi, eh? 
Simon non attese la sua risposta e scuotendo il capo impercettibilmente sollevò gli occhi al cielo accondiscendente. 
Era l’unico sulla faccia della Terra che poteva azzardarsi a fare quelle facce con lui e a rimanere vivo. Da lì si capiva cosa provava realmente per lui. 
- Per me Dio è una filosofia, così come la bibbia e tutto il resto. 
- Non capisco la differenza. 
- Dalla filosofia prendi quello che ti serve per stare meglio, le risposte che danno senso alle domande esistenziali. 
- Ma pensi che la Madonna ti protegga... 
- Penso che la Madonna rappresenti la fede più grande che un uomo mortale possa avere in qualcosa. 
- Ma ci credi? Credi che sia esistita? 
Simon alzò di nuovo le spalle piegando le labbra. Annuì. 
- Sì. Ed anche Gesù, se è per questo. 
- Come fai? Non è impossibile che le cose siano andate in quel modo? 
- Non ti è mai capitato niente di impossibile? 
Zlatan stava per rispondere di getto di no, ma si fermò perché non era vero. 
Di cose inspiegabili ed impossibili gli erano ovviamente capitate come a tutti, forse se le era messe via con qualche spiegazione scientifica che non conosceva, come facevano tutti, ma il piccolo dubbio nell’angolo del cervello rimaneva sempre. 
Sarebbe stato ipocrita da parte sua dire no. 
- Credo comunque che sia comodo. È una fede incompleta. Non riesci a seguire la tua filosofia, a parte io che sono il tuo amante, come hai detto tu stesso ti sei risposato. Chissà quante altre cose hai fatto fuori da questa filosofia... 
Non era convinto che fosse così facile. Non potevi prendere ciò che ti faceva comodo per andare avanti nella tua vita e reputarti credente. Che fede assurda era? 
- Non è tutto bianco o nero, Zlatan. Ci sono i grigi, le sfumature ed i colori. Per te è o bianco o nero. O esiste o no. E la religione o la segui o no. Dio o ci credi o no. Ma la verità è che la vita reale non è così netta. Anzi. Non lo è mai. Se la vivi così è perché lo vuoi tu, ma non è così in realtà. 
Zlatan voleva replicare duramente e litigarci, ma si fermò realizzando che non aveva più niente da rispondergli.
Ci doveva pensare meglio, al momento gli aveva dato degli argomenti molto plausibili. 
Si zittì e non disse più niente fissando in basso, fra quel piccolo spazio che si era creato fra i loro corpi ancora a torso nudo. I boxer ed i pantaloni abbassati sotto le natiche di Simon, i suoi ancora sorprendentemente su. 
Mentre rifletteva su cosa rispondere e se avesse ragione, Simon si mosse colmando la distanza fra loro e completò quel che prima aveva sospeso. 
Sentendo le sue labbra sulle proprie, Zlatan si rilassò subito e decise che non aveva più tanta importanza in cosa credeva Simon, ma piuttosto era bello che ora non ci fossero più argomenti tabù fra loro. 
Aprendo la bocca accolse la sua e gli andò incontro con la lingua spingendosi verso di lui nel tentativo di stenderlo e salirgli sopra, ma Simon sorridendo lo bloccò mettendogli una mano sul petto. 
- Sai che non posso stare sulla schiena per un po’... 
La crema era ancora fresca, oltre che il tatuaggio gli doleva. 
Zlatan fece un lamento contrariato prima di cedere. 
- Vuoi dire che devi starmi sopra? 
Simon rise di più e quando lo fece, Zlatan aprì gli occhi per guardarlo meglio. Perché era la sua cura, vederlo ridere. Adesso lo faceva così bene, quel sorriso. Era così completo e luminoso, ben distante da quelli di dovere e circostanza dei primi tempi. 
- Voglio dire che le mie chiappe sono off limits. Dovremo fare altro che non comprenda la violazione del mio didietro ferito. 
Zlatan rise al modo edificante in cui lo disse e decise di premiarlo prendendoselo fra le braccia e trascinandoselo addosso mentre contemporaneamente tornava a baciarlo. 

Simon gli salì sopra: aveva ancora difficoltà in alcuni movimenti e posizioni, perciò non poteva che rimanere dritto se si metteva a pancia in giù, mentre supino era proprio fuori discussione. 
Meno muoveva le cosce e quindi i glutei e meglio stava. 
Le mani di Zlatan vagarono sul suo corpo scendendo dritte proprio lì, ma si fermò prima di toccargli il tatuaggio. 
- Ti fa tanto male? 
Simon piegò il capo ed annuì. 
- Adesso va meglio, ma mi ha fatto un male cane. Non sapevo quanto fosse sensibile il culo... - ridacchiò malizioso. - Ma tu sai di cosa parlo... - disse riferendosi ai suoi mandala. 
Zlatan tornò a baciarlo prendendolo meglio per i fianchi ed iniziando a strofinarselo addosso per procurarsi piacere col suo inguine contro il proprio, nei quali si liberò della stoffa che ancora osava starci in mezzo. 
Con una certa frustrazione nel non poter fare come voleva, ovvero sopraffarlo e rivoltarlo come un calzino per farlo suo, sospirò insofferente e dopo una lunga serie di baci e strofinamenti, nel non farcela più, lo spinse deciso giù, lo rimise sul fianco e si girò di schiena, nella stessa posizione sul fianco. 
Simon rise e mordendogli la spalla non lo ringraziò per la gentile concessione, sapeva quanto gli costava e se glielo permetteva così senza nemmeno una piccola lotta prima, significava che ne aveva davvero tanto bisogno e sospettava di sapere il perché. 
“Voleva così tanto parlare di religione per unirci ulteriormente? Adesso che non ha più barriere, è felice?”
Ma nonostante cercasse di scherzare mentre lo pensava, sapeva che era vero  e sapeva che ora Zlatan era così felice e bisognoso di fare l’amore con lui anche se al momento era leggermente indisposto, o per lo meno una parte di lui, che decise di darglisi comunque. 
Fare il passivo non era la sua cosa preferita, ma in certi casi la situazione lo richiedeva, dipendeva dai momenti e da cosa succedeva fra loro e soprattutto da quanto lui stesso lo volesse. 
Ora non era così. Non c’era la situazione e Simon non lo voleva realmente a tutti i costi. 
Ma Zlatan voleva davvero tanto fare l’amore con lui, così prendendolo per i fianchi in quella posizione sul lato, dopo averlo stimolato ed essersi lubrificato, Simon scivolò in lui. 
Le dita lo stringevano tenendolo fermo contro di sé mentre spingeva e affondava via via sempre più forte e veloce. 
Zlatan gli venne incontro fino a che, non facendocela più, non lo spinse brutalmente via. 
Simon per un momento pensò che lo avrebbe preso nonostante il divieto per il tatuaggio, ma invece lo sorprese di nuovo e come se stesse per esplodere, si mise a carponi davanti a lui e afferrando con forza il lenzuolo, gli ringhiò di continuare. 
In quella posizione più congeniale ad entrambi, Simon si poté sollevare sulle ginocchia e riprendendolo per i fianchi tornò dentro ricominciando da dove si erano interrotti.
Il mondo sparì, così come ogni concetto filosofico di giusto e sbagliato. Rimasero le sfumature ed i colori di cui avevano parlato. 
Colori meravigliosi che esplosero nel loro piacere quasi in sincronia, perché ormai sapevano come muoversi per ottenere l’orgasmo e sapevano quanto forte andare e come chiamarsi quando l’apice si avvicinava. 
Bastava chiamarsi per nome e sentendolo, sentendo le loro voci invocarsi, si abbandonavano entrambi a quel culmine tanto cercato. 
Crollarono di nuovo sui fianchi, come prima, ma uno di fronte all’altro. Le gambe incrociate fra loro, le braccia di Zlatan a circondare il suo collo, le sue labbra sulla sua fronte e lui a stringerlo a sé così protettivo e dolce. 
Lo era sempre più ogni volta che lo facevano.
Fu lì che Simon se ne rese conto, come fosse ormai impossibile non notarlo, non percepirlo, non sentirlo, specie dopo quella conversazione. 
“Si è innamorato di me. Non mancherà molto che mi dirà che mi ama. Che dirò io a quel punto? Cazzo, adesso sì che è complicato.”
Eh sì, ora lo era. 


Note finali: è vero che Simon ha un tatuaggio sul sedere, ce l’ha rivelato Davide, ma non so da quanto e soprattutto pare sia Johnny Bravo, ma vedendo gli altri tatuaggi che ha e considerando il tipo, non mi sembra conforme a lui così ho voluto fare un’innocente modifica e restituire a Simon un po’ di dignità cambiando il disegno del tatuaggio! XD 
Per il resto è vero che Simon ha moltissimi tatuaggi religiosi, ma si è anche definito ‘superstizioso non praticante’. Su Zlatan è vero che non crede in Dio.