18. IL SERGENTE DI FERRO



Il ritiro finì poco dopo con la prima partita di campionato dopo la pausa invernale, era l’epifania ed il Milan perse 1 a 0 contro il Bologna.
Forse fu per colpa della pausa invernale, appunto, ma quella sera le urla di Sinisa furono particolarmente feroci.
Da far tremare le mura e farsela sotto persino per i più adulti ed i più duri.
Sinisa non risparmiò nessuno, gridò contro uno per uno, poi gridò a tutti e poi tornò sui peggiori che rimasero muti ad ingoiarsi le lacrime.
Errore fatale dimenticarsi la sua furia.
Sicuramente non sarebbe successo di nuovo, non tanto facilmente.
- Più schifo non potevate fare! E di partite di merda ne ho viste molte! Come si fa a non tirare fuori un goal, uno che sia uno? Con tutte le occasioni che ci sono state, tutte quelle che si potevano creare… cazzo, era il Bologna, il Bologna! Schifo non si avvicina nemmeno a quello che avete fatto! Credete che sia io quello nella merda? Se mi esonerano perché perdiamo io mi trovo un altro club e ricomincio, ma voi restate in questa stessa merda e chi verrà dopo non avrà una bacchetta per tirarvi fuori e sapete perchè? Perché solo voi potete uscirne, voi e basta! E’ ora che lo capiate! Che non esiste nessuno al mondo in grado di trasformarvi in una squadra vincente, nessun presidente che compra giocatori forti o allenatori geniali con strategie sopraffine! Siete solo voi che potete trasformarmi nella squadra che vince! Perché la vittoria parte dalla testa, dall’atteggiamento, dalla voglia di vincere, non dai goal che piovono dal cielo per miracolo! Siete voi che avete la palla ai piedi, voi che la gestite, voi che la perdete! E’ solo colpa vostra se andate in merda! Non credete che a me freghi qualcosa di essere esonerato, eh? Io ne ho passate di peggio, questo per me è niente! Siete voi a pagare! -
Questa fu la parte conclusiva, quella meno traumatica.

I giorni successivi non si fece che parlare di esonero e di Sinisa a rischio.
Sentendolo, Alessio andò da lui uno dei pomeriggi dopo l’allenamento regolare. Bevanda energetica alla mano per reintegrare i sali, bussò allo studio dove si era chiuso senza andare prima a darsi una rinfrescata in spogliatoio. Alessio era strafondo e sudato e Sinisa quando lo vide si aggrottò.
- Devi lavarti e asciugarti, così ti ammali! - Alessio aveva anche un asciugamano intorno al collo. Annuì ma si avvicinò alla scrivania, poi si sedette nella sedia davanti e titubante, rigirandosi la bottiglia fra le mani, disse piano:
- Sarai davvero esonerato? - Questo colpì Sinisa. Fra tutti solo lui sarebbe potuto venire a chiederglielo e a preoccuparsene. Sorrise addolcito, dimenticando almeno per un secondo tutti i problemi che sembravano esserci in quel momento.
- Non ho ancora parlato col presidente. Le voci sugli esoneri ci sono appena si perde, è normale. - Alessio si strinse le labbra dispiaciuto, questo non lo tranquillizzava. Rimase con gli occhi bassi e Sinisa si alzò dalla scrivania e si mise davanti a lui, appoggiato al bordo. Alessio alzò lo sguardo, finalmente.
- Non devi preoccuparti per me. Voglio che giochi lucidamente. - Alessio annuì.
- Mi dispiace se paghi tu per noi. - Sinisa si strinse nelle spalle.
- Se si perde paga sempre l’allenatore, è una cosa che so. Quello che mi fa infuriare è l’atteggiamento della squadra, bisogna risalire, bisogna lottare. Avete tanto che potete dare, non siete scarsi come sembrate in certe partite. Questo mi dà fastidio. Che non tirate fuori tutto quello che avete! Non è una squadra da prima posizione in campionato, ma nemmeno da ultima! - Alessio l’ascoltò cercando di tranquillizzarsi, non sembrava agitato ma agguerrito e sperò che la squadra prendesse da lui questa caratteristica.
- Come farai ora? - Sinisa sorrise.
- Sai… ho superato davvero cose peggiori di queste e le ho sempre affrontate in un modo. - Alessio si concentrò su quella risposta e lui, sempre sorridendo, gliela diede. - A testa alta, guardandola dritta negli occhi e abbattendola. Ho combattuto faccia a faccia con tutto quello che mi ha ferito e quasi ucciso. Se ci sono problemi li identifico e li abbatto. Cosa c’è che non va nel Milan nel dettaglio? Quel giocatore era bravo ed ora sembra un brocco? Bene, quel giocatore dovrà tornare ad essere bravo! Se uno non ha talento non glielo chiedo, ma se uno ce l’ha e lo usava, bene. Deve tornare ad usarlo. Come? C’è un sistema per tutto. Bisogna capire perché quel giocatore non fa più bene come prima. Ha un impedimento fisico? L’età? Infortuni che gli han tolto cose che non potrà più avere? O è una cosa mentale? Un dettaglio tecnico? Correzioni a livello d’esecuzione? Si analizza e si trova una soluzione. Sono abituato a rimboccarmi le maniche e a risolvere le cose una per una senza fermarmi a piangermi addosso. -
Alessio rimase colpito, l’avrebbe ascoltato ancora per un’ora.
“Se hai un problema lo analizzi e trovi una soluzione. Molti allenatori quando la squadra è in crisi e ci sono giocatori bloccati, semplicemente imprecano e dicono ‘ma perché non gioca più come prima?’, ma magari si limitano a sostituirli e basta, o a pregare che tornino come prima. Lui no. Lui analizza il motivo per cui uno non va e vede di risolverlo.”
Alessio tradusse fra sé e sé il suo sistema d’affrontare il problema e Sinisa si mise a parlare con lui a livello pratico, portando alcuni esempi, fra cui Honda e Montolivo. Parlò anche di Kucka, in cui vedeva del talento che non poteva portarlo ai massimi livelli per un centrocampista, ma che poteva comunque fare molto meglio di così. Alessio rimase assorbito da lui, dal suo modo di fare e di vedere le cose, dalla capacità di analizzare ed arrivare in fondo al problema. Era eccezionale, penso Alessio inebetito, coinvolto da lui e dalla sua forza mentale.
- Prenderai giocatore per giocatore e a seconda del suo problema specifico lo aiuterai a migliorare? - Sinisa annuì.
- Ma nel frattempo dovete essere uniti, dovete essere una squadra. L’unità è molto importante. Un gruppo che gioca. So che è difficile, siete stati assemblati da pochi mesi. Ma dovete sforzarvi. Fa la differenza quando la squadra è unita. Credimi. - Alessio si sentì responsabile. Sarebbe rimasto a chiedergli di quali altri giocatori pensava di poter far migliorare e Sinisa gli avrebbe risposto, ma decise che gli aveva rubato troppo tempo.
Con un sorriso risollevato e colpito si alzò e sospirò.
- Grazie. Sto meglio. - Sinisa sorrise a sua volta e gli pizzicò la guancia affettuoso.
- Tu, ad esempio, tecnicamente sei perfetto, non hai bisogno di consigli di alcun genere, né correzioni. Il tuo bisogno è totalmente morale. Hai bisogno di rassicurazioni, di calma e tranquillità. Lavori bene così. - Alessio capì ancora meglio in cosa consisteva il metodo Sinisa.
Provato sulla pelle, capì che avrebbe funzionato.
“Prende un giocatore, lo analizza, lo destruttura e lo ristruttura a suo piacimento. Quando ha finito, ha ottenuto quello che voleva. Uno per uno, pezzo per pezzo. Incredibile.”
Fu lì che realizzò che ce l’avrebbe fatta. Che da lì ad un paio di mesi quella squadra avrebbe iniziato a trasformarsi e avrebbe raggiunto obiettivi importanti.

Sinisa cominciò ad imporre allenamenti speciali privati con determinati giocatori a cominciare da quella settimana, dopo la sconfitta col Bologna e la chiacchierata con Alessio.
Il primo a subire il misterioso allenamento speciale fu Riccardo, una volta che cominciò a giocare meglio, fu il turno di Keisuke. Con lui fece quasi miracoli visto da quanto non giocava così bene. Gli si chiedevano goal, era vero, però anche assist, copertura sulla fascia e partecipazioni attive agli attacchi, per non parlare della riuscita dei passaggi.
Lentamente tornò a fare tutto, fino al culmine di un goal da fuori area straordinario che fece tirare fuori a Sinisa uno dei più bei sorrisi della stagione.
Dopo aver riesumato Keisuke, Sinisa passò un po’ obbligatoriamente a Zapata. Cristian aveva un problema di tipo mentale, cioè il suo livello era quello, da lì non si migliorava molto. Però il suo problema era tutto mentale. O meglio, di concentrazione.
Così un giorno che si trovò ad utilizzarlo all’ultimo, lo prese in parte e gli disse:
- Tu sei un bravo giocatore. Solo che hai problemi di concentrazione. Ma se sei concentrato non ce n’è per nessuno! Hai un fisico forte, sei molto veloce e dannazione, hai tutto quello che serve ad un difensore per difendere bene. Per cui ora hai un paio d’ore per concentrarti e ricordati tutto quello che serve ad un difensore per difendere bene. Per quando scenderai in campo, tu lo farai in quel modo. - Cristian scese in campo e difese così bene da impedire ad un certo Gonzalo Higuain capocannoniere da 25 goal a metà stagione, di segnare.
In realtà fu la trasformazione più veloce.
Poi Sinisa si impegnò con Juraj. Per lui il discorso era puramente tecnico, dovette insegnargli certi movimenti e trucchi dalla A alla Z, ma alla fine ne valse la pena. Piano piano, di partita in partita, riuscì a giocare sempre meglio, pur con i suoi soliti limiti di giocatore incompleto. Alla fine di una qualunque sua azione tendeva sempre a rovinare tutto, ma nessuno era perfetto.
Alessio rideva immaginando i commenti di Sinisa.
“Non gli si può certo chiedere di fare tutto bene! Già che parta ed esegua bene per tre quarti un’azione è una grande conquista! Non facciamo gli schizzinosi!”

Il Milan ebbe ancora pochi scivoloni dopo il Bologna, poi iniziò a vincere e pareggiare e non solo, anche a giocare meglio, sempre meglio, con sempre più convinzione, voglia di vincere, di dimostrare, di reagire tutte le volte che si prendevano goal.
L’atteggiamento fu il cambiamento più evidente, il non agitarsi, l’aver voglia di giocare, il non arrendersi fino all’ultimo minuto.
Alla domanda su cosa intendeva fare con Balo, Sinisa aveva scosso il capo.
- Non sono Dio. - Come per dire che solo Dio poteva fare qualcosa con lui.
Ma tale risposta arrivò dopo una delle peggiori sfuriate del mister, una di quelle da tremare e temere per la propria incolumità.
Quel giorno se non mise le mani addosso a Balo, fu un miracolo.
Il signorino aveva avuto il malaugurato atteggiamento passivo nei 5 minuti concessi a fine partita. Esattamente i minuti in cui avevano preso un goal e per poco anche il secondo che sarebbe valso il pareggio al posto della vittoria.
Momento di sofferenza dove gli avversari attaccavano, Balo fermo davanti ad aspettare una palla che non sarebbe mai arrivata.
A fine partita Sinisa schizzò furioso verso di lui. Riccardo a bordo campo lo vide sfilare ringhiando il suo nome, impensierito su come comportarsi, il collaboratore del mister fu più veloce a rincorrerlo e a convincerlo a non andargli contro in quel momento, ma farlo nello spogliatoio.
Lì non ebbe pietà.
Gli disse di tutto a tali livelli che gli altri ammutolirono spaventati. A due centimetri dal suo viso, lui impassibile e serio a fissarlo e ascoltarlo mentre gli gridava contro.
- Tu cosa credi di essere, speciale? Tu hai finito con me!  Ti avevo avvertito che se non facevi squadra non avresti giocato, ti ho dato una seconda occasione, non ne avrai una terza! Bisogna correre in difesa, tutti, specie negli ultimi minuti quando la squadra che perde cerca disperatamente un goal! Tu corri perché io ti dico di correre! Non sei nessuno, non sarai mai nessuno! E non credere di essere perseguitato dal mondo che ti odia, perché sei tu che comportandoti così odi te stesso! La tua gloriosa carriera finita nel cesso perché sei una testa di cazzo che pensa che le palle gli debbano arrivare! Sei un perdente dentro che odia il 90 % di quello che fa! Sei una piaga per tutti! -
Con questo lo lasciò senza avvertimenti nuovi, perché per lui il discorso era chiuso. Mario era finito. Stop.
Riccardo e Alessio, così come gli altri intorno, si rilassarono vedendolo allontanarsi. Felici che non fossero andati alle mani. Ma quando Mario decise di rispondere, i cuori per un momento si fermarono.
- Se soffri la pressione perché hai paura che ti esonerino per ogni stronzata, non è colpa mia! - Tutti lo guardarono dicendosi se non fosse impazzito. Nessuno fiatò.
Il silenzio calato fu innaturale, nemmeno un respiro.
Quando Sinisa Mihajlovic era così arrabbiato, non si rispondeva. Mai.
Mario l’aveva fatto e non solo, l’aveva accusato di qualcosa.
Sinisa si girò lento, lo guardò con quello sguardo da pazzo furioso che aveva avuto per tutto il tempo, solo con una punta di luce omicida in più.
- Cosa? - Chiese sottile.
- Soffri la pressione e te la prendi con me! - Lo ripeté pure convinto, Riccardo lo tirò per il braccio per zittirlo, ma fu tardi. Sinisa gli fu davanti in un lampo e lo spinse così forte da farlo finire seduto, poi puntandolo col dito e chino su di lui, gridò.
- Pressione? Questa è pressione per te? Questo non è un cazzo! La vera pressione è sapere che il tuo paese è stato bombardato e non sapere se i tuoi sono vivi! Non avere notizie loro, avere le comunicazioni saltate, avere il divieto di viaggiare per andare a vedere di loro! Quella è pressione! Questo non è un cazzo! E tu osi anche piangerti addosso dicendo che ce l’hanno tutti con te? Sei ridicolo! Non sei nessuno, non sei nei pensieri nemmeno di un bambino! Ormai sei una barzelletta ed è solo colpa tua! Cambia atteggiamento, sii umile. Corri come corrono gli altri, impegnati, sii presente nelle azioni in attacco, corri in difesa a coprire, costruisci il gioco, passa la palla come si deve! Vedrai come tornerai ad essere un eroe! Vedrai la differenza da ora! -
Fu la mano di Alessio sul suo braccio, riconobbe la presenza, il suo tocco diverso, gentile.
Sinisa si fermò perché ci stava andando giù pesante, gli occhi di Mario ora brillavano con delle lacrime che non voleva versare, ma che erano pronte.
Così tornando in sé si alzò e se ne andò via.
Con un Alessio sotto shock almeno quanto gli altri.

Alessio cercò di non farsi notare, aspettò che scoppiasse il caos prima di sgusciare silenzioso fuori. Il cuore in gola e la paura di non trovarlo. Guardò prima a destra e poi a sinistra e lo vide entrare in un bagno.
Con uno scattò gli fu dietro e poi dopo un bussare  sbrigativo, disse solo il proprio nome.
La serratura scattò e lui poté entrare.
Rimase davanti alla porta di nuovo chiusa alle proprie spalle e lo guardò muoversi per il bagno vuoto, grandi passi veloci, aria furiosa, testa ripetutamente scossa.
- Colpa mia, colpa mia che l’ho fatto giocare! Non succederà più! Ecco! Pressione! Io pressione! Questa non è niente! Gliela darò io la pressione! - Alessio pensò che non sarebbe voluto essere al posto di Mario, tuttavia cercò un modo per calmarlo.
Non trovandolo, aspettò che si calmasse da solo.
Sinisa continuò a camminare ed imprecare ancora per un po’, poi ad un certo punto si fermò, respirò a fondo con gli occhi chiusi, poi li riaprì e disse piano:
- Ok, sono calmo. -
Alessio fece un sorrisino imbarazzato e dispiaciuto.
- Mi dispiace. Mario è una bella sfida, eh? - Sinisa stava per rispondere sbrigativo, ma si fermò e lo guardò corrugato ripensandoci con attenzione, come se qualcosa gli fosse venuto in mente solo ora.
- Già… probabilmente nessuno ci ha nemmeno mai perso tempo seriamente… - Alessio capì subito che stava pensando di tornare sui suoi passi, ma non per scusarsi bensì per vincere la famosa sfida.
- Non so, non lo conosco molto… - Sinisa annuì pensieroso.
- Gli allenatori con lui mollano subito, c’è chi ha il coraggio di tenerlo in panchina, chi lo tiene in campo cercando di prendere quel po’ che si degna di dare. Ma fondamentalmente nessuno ci ha mai provato davvero. -
- Cosa vuoi dire? -
Sinisa si appoggiò al lavandino con il fondoschiena e incrociò le braccia al petto.
- Il suo problema è l’atteggiamento in campo, non il talento. Quello lo ha, ma non lo usa. Perché ha questo atteggiamento? - Alessio si strinse nelle spalle senza averne proprio idea.
- Atteggiamento svogliato? - Sinisa piegò la testa poco convinto.
- Risulta svogliato, ma non è questo. - Alessio alzò un sopracciglio senza capire e Sinisa scosse il capo sospirando.
- Ha qualcosa. Questo… questo è un atteggiamento da vittima. Non è mai colpa mia, è sempre colpa di qualcun altro. Perché sempre io? Perché ce l’hanno tutti con me? - Sinisa si zittì rimanendo a pensarci. Alessio non lo interruppe, ma poi scosse il capo e con un sospiro tornò presente.
- Ci devo ragionare un po’! - Il giovane rimase sorpreso e curioso al tempo stesso.
Forse era questo, si disse. Nessuno si era mai fermato a cercare di capire il motivo di quegli atteggiamenti sbagliati di Mario.
- Ci riuscirai. - Concluse Alessio sorpreso di questa sua stessa sicurezza. - Se non ci riesci tu, non può nessuno. - Aggiunse poi ancor più scosso. Sinisa si fermò meravigliato di quelle parole, rimase davanti a lui, piegò la testa di lato e sorrise dolcemente.
- Grazie. - Poi gli carezzò la testa bagnata per la doccia appena fatta, scese sulla guancia e seguì il suo indomabile impulso di baciargliela.
Alessio trattenne il fiato e si sentì il cuore accelerare come un matto, stava per prenderlo per le spalle e girare la testa verso la sua bocca, ma si trattenne e si limitò a chiudere gli occhi catturando quel brevissimo istante piacevole.
“Le sfumature di Sinisa Mihajlovic.”
Pensò fra sé e sé, ricordando quello che aveva detto nella sfuriata sulla pressione.
Quando Sinisa si staccò rimanendogli vicino e davanti, con la mano sulla sua spalla, non poté trattenersi.
- Mi dispiace per quello che hai passato. - Sinisa capì a cosa si riferiva, spense un po’ il sorriso, ma strinse la presa sulla spalla e fece un cenno del capo.
- Andiamo? -
Così non rispose, non aggiunse nulla e non approfondì, come spesso faceva se si trovava a tirare fuori piccole parti intime di sé.
Alessio lo capì e l’accettò annuendo con un sorriso sereno. Quindi si spostò e aprì la porta uscendo.
Dentro di sé una sensazione di confusione profonda, le settimane erano passate senza che loro ci ricascassero, ma a volte c’erano stati momenti simili, dove Sinisa era stato particolarmente dolce o premuroso, a modo suo.
Momenti che gli avevano fatto battere il cuore.
Però poteva controllare la situazione.
Nel bene e nel male, poteva riuscirci.
“Per cui se cederò e lo bacerò di nuovo, sarà perché voglio, non perché non posso evitarlo.”
Alessio sapeva che era diverso.
Subire il fascino di qualcuno, desiderarlo, stare bene con lui era una cosa, amarlo era un’altra.