19. UN ATTENZIONE SPECIALE



Alessio si sentiva strano, stanco. Non aveva fatto ancora molto, che già era lì col fiatone. E poi i brividi di freddo. Quel giorno faceva proprio ma proprio freddo.
In palestra al mattino a fare i soliti esercizi sempre col mister che si teneva a giusta distanza, si ritrovò a farli con la tuta lunga, cosa che di solito non avveniva visto che vestiva con quella corta perché sudava.
A metà si ritrovò sfinito e sudatissimo.
Sinisa finì la propria macchina e si girò a guardarlo per vedere come mai stava fermo, quando lo vide capì subito che aveva qualcosa.
- Ale, hai un’aria orribile! - Alessio aggrottò la fronte indispettito.
- Grazie! - Sinisa non lo calcolò e si avvicinò chinandosi, gli prese il viso fra le mani e sebbene fosse sudato, lo toccò. Guance, fronte e poi collo. Alessio trattenne il fiato e sentì i battiti aumentare immediatamente.
- Cosa… -
Poi Sinisa appoggiò le labbra alla fronte sudaticcia.
- Hai la febbre. - Alessio si era perso la frase, troppo occupato a perdersi nel mare di sensazioni che quel tocco gli stava provocando.
- Cosa? -
Sinisa lo guardò negli occhi.
- Hai la febbre. Misuratela. Vieni. - E così dicendo lo prese per il braccio e l’alzò poco gentilmente trascinandolo nell’infermeria ovviamente vuota poiché fuori orario. Lo fece sedere nella sedia e cercò nei cassetti un termometro che trovò fra imprecazioni dopo aver messo tutto in disordine. Alessio ridacchiò divertito.
- Poi scrivi un biglietto e dì che sei stato tu altrimenti penseranno che è stato un ladro! -
Sinisa sogghignò, poi gli consegnò il termometro elettronico dicendo di metterselo. Alessio eseguì silenzioso e lo vide scrivere davvero il biglietto. Sorrise, poi il termometro suonò e se lo tolse leggendo i gradi, alzò un sopracciglio stupito e Sinisa tese la mano impaziente, così senza dire nulla glielo consegnò.
Sinisa lesse e imprecò.
- Cazzo, lo sapevo! Hai 38! - Alessio sospirò un po’ dispiaciuto, anche se dentro di sé era felice delle sue attenzioni.
- Che palle, proprio ora che a calcio sta andando bene… mi secca fare assenze così! - Sinisa  mise giù il termometro e cercò della tachipirina negli armadi peggiorando di gran lunga la situazione rispetto a prima.
- Dove cazzo è la tachipirina? Possibile che non ne tengano? Sicuramente c’è! - Sembrava intenzionato a buttare tutto sottosopra e Alessio si sentì responsabile, così si alzò e piano lo raggiunse prendendolo e mettendolo tranquillamente in parte.
- Me la cerco io, ok? - Sinisa rimase indispettito a guardarlo, ma lo vide ottenere successo al primo colpo e così gli prese la scatola rosa e bianca di mano, ne tirò fuori una pastiglia e mettendo dell’acqua in un bicchiere di plastica, gli consegnò il tutto.
Alessio la prese senza ribellarsi, trovandolo molto carino in quelle premure.
Usciti dall’infermeria, Sinisa lo prese per il braccio tirandolo sempre poco gentilmente in cucina.
- Devi mangiare qualcosa, non puoi prenderla a stomaco vuoto. - Alessio indicò lo spogliatoio.
- Ma magari prima mi lavo… -
- Ormai sei asciutto, è più importante mangiare! -
- Ma ho lo stomaco chiuso, credo che vomito se mangio! -
- Alessio, non si prendono farmaci a stomaco vuoto. - E con questo Alessio sospirò e si lasciò sedere in una sedia, come se fosse moribondo.
- Non sto per morire. - Disse ridacchiando.
- Lo spero bene, poi che faccio io? - Lo disse senza rifletterci, ma nel suo pensiero si riferiva al calcio. Alessio per un momento rimase senza parole col cuore che iniziò ad andare veloce.
“Davvero l’ha detto?”
Quando si girò per dargli delle fette di pane tostate, realizzò che doveva aver capito male e esitò prima di dargliele.
- Che hai capito? Intendevo che faccio senza il mio difensore migliore! -
Alessio chiuse la bocca dimenticata aperta e prese le fette dalla sua mano.
- Ma certo, ovvio. - Si ingozzò pur non avendo fame, solo per uscire da quell’imbarazzo assurdo.
Sinisa approfittò per mangiare qualcosa anche lui, seduto di fronte. Ovviamente fissandolo che arrossiva ancora di più.
- Almeno adesso hai colore! - Commentò pure sfacciato e crudele. Questo fece ridere Alessio che gli diede un calcio e Sinisa fu felice d’averlo tolto da quel momento difficile.
Mangiarono in silenzio, poi quando finirono Sinisa si alzò per poi dire come se fosse normale.
- Ci stai ancora pensando? Sono passate settimane, avrai trovato la risposta che cercavi… - Alessio ci rimase di stucco nel sentirglielo dire. Cercava una risposta a quesiti che era convinto non gli interessavano.
Avviati verso gli spogliatoi, Alessio cercò di cambiare discorso.
- Ma tu non hai finito palestra… vai io mi arrangio… - Sinisa alzò le spalle.
- Posso anche andare via prima. - Così entrò con lui, chiuse la porta ed iniziò a spogliarsi senza esitare per la doccia. Anche Alessio doveva farla, non era la prima volta che si facevano la doccia insieme, gli allenamenti in palestra di mattina era rimasto un appuntamento fisso che non avevano voluto cambiare, ma l’accezione con cui li avevano fatti era stata completamente diversa. Per lo meno da parte di Sinisa. Alessio l’aveva fissato di continuo e sospirato ad ogni tipo di contatto o sguardo.
Fare la doccia insieme era diverso se non eri in un certo argomento, se prima non c’era stato momento di imbarazzo. Come ora.
Si ritrovarono così nudi insieme sotto la doccia, ognuno la propria. Ma quella volta lo sguardo di Sinisa gli stava fisso addosso.
- Allora? - Chiese tornando al discorso di prima. - Mi hai piantato dicendo che dovevi pensare e chiarirti le idee. Che si scopava solo se capivi il motivo per cui volevi farlo e non avevi di meglio da fare. - Sinisa lo disse un po’ provocatore, diretto come sempre.
Ad Alessio prese un infarto e di colpo si sentì la febbre salire.
- Non lo so. Non lo so bene ancora. Lo controllo. Il mio istinto verso di te. Se voglio baciarti o farti di tutto riesco a trattenermi. Credo che non ci sia il sentimento che credevo. Però non sono ancora sicuro… non so se significa qualcosa che riesco a gestire la cosa. - Sinisa rimase colpito dalla sua lucidità e dal fatto che riuscisse a parlarne, così decise di provocarlo un pochino per metterlo alla prova. E mentre si passava la mano con il sapone sul corpo, indugiò sul proprio inguine, proprio fissandolo negli occhi.
Alessio abbassò i propri per guardare la mano che si strofinava prima tutt’intorno e poi l’erezione stessa e istintivamente andò a fare la stessa cosa. Si rese conto che lo stava facendo e smise, poi si voltò di schiena e si infilò veloce sotto la doccia sciacquandosi. Sinisa ridacchiò silenzioso e non lo provocò più.
Era proprio cresciuto, poteva dire che con lui aveva raggiunto lo scopo iniziale.

Uscirono dalla doccia insieme, ognuno nel proprio spazio, nel proprio pensiero. Alessio avvolto nell’asciugamano si sedette nella panchina trovando faticosa la doccia, sentì d’aver bisogno di un po’ per riprendersi.
“Allora ho davvero la febbre!”
Tendeva a non fidarsi di quelle macchinette elettroniche, per questo non se la misurava.
Sinisa notò che non si asciugava e dopo essersi tolto il telo, dimenticando che non era giusto provocarlo, si avvicinò a lui nudo. Non per sedurlo, ma solo per assicurarsi sulle sue condizioni.
- Stai peggio? - Gli toccò il viso bagnato e gocciolante, ma era caldo per via della doccia. - Mi sembri più caldo, però… - Disse.
- Ho fatto la doccia, è normale… - Commentò Alessio che si sentiva male ad essere toccato da lui dopo quanto successo, specie perché era nudo. Cercava di fissare da tutt’altra parte, ma non ci riuscì quando Sinisa pensò bene di attaccare di nuovo la bocca alla fronte. Non contento andò alla tempia e scese sulla guancia, chinandosi davanti a lui, piegandosi sulle ginocchia.
Le parti intime completamente libere fra le gambe aperte e piegate. Alessio era proprio lì che aveva fatto cadere gli occhi.
Cominciò a trovare difficoltoso il respiro, così come il famoso controllo.
- Così non va bene. - Mormorò piano.
- Cosa? - Chiese sulla sua pelle calda e umida, senza staccarsi. Le mani a tenerlo fermo.
- Mi provochi troppo. Ho detto che riesco a controllarmi, ma ti desidero lo stesso. - Sinisa sorrise nascondendogli il volto contro il proprio collo, parlando a diretto contatto col suo. La bocca sull’incavo, la mano sulla nuca dai capelli bagnati e spettinati. Le mani di Alessio sul suo petto, ma non a respingerlo, a sentire meglio il suo contatto che gli piaceva.
- Volevo capire in cosa consiste la differenza fra il farlo perché lo vuoi ed il farlo perché non resisti. - Alessio chiuse gli occhi, abbandonandosi alla sensazione incredibile delle sue labbra che si muovevano sul collo.
- E se ti passo la febbre? - Sinisa rise.
- Sono molto più forte. - Alessio pensò che fosse il solito arrogante, poi realizzò che era così come diceva lui.
“Posso anche non farlo. Sento che potrei dirgli no e respingerlo. Ci riuscirei. Però voglio farlo. Lo faccio perché voglio, non perché devo. È diverso. È bello lo stesso, ma c’è una libertà che mi rende capace di gestire la cosa, me stesso, il rapporto. Non mi sto lasciando più vivere e trascinare. La posso gestire.”
E per mettersi davvero alla prova e testare questa teoria, gli prese il viso fra le mani, se lo separò di dosso e lo baciò di nuovo.
Le emozioni tornarono prepotenti così come il piacere ed il calore. E probabilmente la febbre salì. O forse la scarica ormonale lo guarì momentaneamente.
Ad Alessio non fu chiaro, si sentiva in mille modi diversi, ma le loro lingue di nuovo intrecciate fra loro erano il massimo, quel giocare insieme, quell’avere a che fare uno con la bocca dell’altro, esplorarsi, i sapori.
Pensò di scendere con la mano a masturbarlo, ma decise che non era il momento, che non era il caso perché doveva mettersi alla prova.
Si staccò da lui, lo spinse lieve ma deciso e Sinisa l’accontentò. Rimase giù davanti a lui con un sorriso soddisfatto ed orgoglioso.
- Sei arrivato dove volevo io. - Alessio si strofinò le labbra e con un moto di timidezza innata, disse:
- Non ancora. Non ho ancora parlato ad Alessandro. - Sinisa sorrise e gli carezzò dolcemente il viso.
- So che lo farai. - Ora ci credeva anche Alessio.

Sinisa non fece giocare Alessio nella partita settimanale nonostante la febbre gli fosse passata due giorni dopo, non voleva fargli avere una ricaduta e comunque sapeva che non avrebbe avuto la stessa prestanza del solito. Per non rischiare né lui né la partita, decise di tenerlo fuori.
Il discorso a Cristian Zapata fu molto convincente, tanto che giocò davvero bene.
Ottimo traguardo, nel complesso, specie vista la partita finita bene, l’ennesima.
Del resto un pari col Napoli non era certo male.
Sinisa comunque scrisse e chiamò Alessio entrambi i giorni che rimase a casa, per vedere se stava bene, quanta febbre aveva e se aveva bisogno di qualcosa.
“Magari lo fa con tutti ed io non lo so…”
Si disse fra sé e sé cercando di capire se dovesse considerarsi speciale o meno.