*
E rieccoci qua! Il secondo capitolo passa al livello successivo,
Alessio prende atto di quel che prova per Sinisa, ma non è capace di
gestirlo e si riversa nel suo gioco questa sua insicurezza. Sinisa
ovviamente se ne rende subito conto. Allora, gli eventi sono ispirati
all'inizio di stagione bruttino di Alessio. Mi ricordavo di una sua
espulsione ed ho scritto la prima parte del capitolo, poi ho
controllato e ho visto che mi ero confusa, ad essere espulso era Ely,
però ormai il capitolo era fatto così e non ho voluto cambiarlo,
leggendo la scena capirete perchè. Sinisa me lo immagino così, in
privato... visto quanto poi i giocatori alla fin fine migliorano e lo
adorano. Capace di certi gesti ma solo nel privato. Buona lettura. Baci
Akane*
2. UNA VOGLIA INDOMABILE
Alessio sedeva nella panchina con l’asciugamano sulla testa, l’aria di chi non si sarebbe più rialzato.
Sinisa era uscito subito dopo il
fischio finale ed era venuto negli spogliatoi immediatamente ad
aspettare i giocatori che, dopo i saluti di rito, sarebbero arrivati
alla spicciolata.
Quando entrò, vide subito Alessio seduto da solo al proprio posto, l’aria chiaramente di chi non era per niente felice di sé.
Strinse le labbra e sospirò
capendo che ci voleva uno di quei discorsi che si facevano ai giocatori
in bilico di una crisi colossale.
Alessio era troppo emotivamente fragile, colpa anche della giovane età. Doveva imparare a farsi le ossa, essere più forte.
Sospirò e chiuse la porta, quei discorsi non voleva farli con orecchie indiscrete.
Andò così da lui e si sedette
accanto, poi gli tolse l’asciugamano dalla testa e si chinò in avanti
per guardarlo in viso. Si mise nella sua stessa posizione, gomiti sulle
ginocchia, e lo fissò insistente.
- Vuoi sapere quante espulsioni ho
avuto io? Non le ricordo nemmeno! Andiamo, queste cose succedono a
calcio! Non puoi prenderla così! - Alessio sussultò realizzando che era
proprio lui, aveva pensato fosse qualcun altro.
Lo guardò raddrizzandosi sulla
schiena, l’aria colpita, spaventata, quasi. E gli occhi rossi gonfi di
lacrime che gli avevano rigato il giovane viso.
- Pensavo mi avrebbe gridato
contro! Abbiamo perso per colpa della mia espulsione! - Sinisa sospirò,
odiava le lacrime ed odiava quell’aria da cerbiatto su cui non riusciva
ad infierire.
- Abbiamo perso perché abbiamo
fatto cagare! L’espulsione non ha aiutato… - Questo ovviamente fece
tornare le lacrime ad Alessio il quale si girò di nuovo. Sinisa
imprecò.
- Avanti… si cade e ci si rialza.
Cadere aiuta a rialzarsi, perché quando lo fai poi sei più forte! Non
sei forte se non ti devi rialzare! Non è forte chi non ha mai bisogno
di rialzarsi! Alessio, guardami! - Sinisa aveva tirato fuori delle
buone argomentazioni, poi siccome il ragazzo continuava a piangere
l’aveva richiamato con forza. Alessio alzò il capo trattenendo il fiato
cercando di non piangere perché sapeva che non gli piacevano quelli che
lo facevano. Ma gli sembrava di scoppiare.
- Ho sbagliato. Ho sbagliato e
basta. Non sono il difensore che ha visto! Se lo fossi stato sarei
all’altezza delle aspettative e non lo sono! - Sinisa aggrottò la
fronte e lo guardò senza capire.
- Alessio, hai fatto una brutta
partita, non significa che tu non sia all’altezza! E sei giovane!
Migliorerai ancora! Diventerai quello che ho visto in te! - Alessio si
morse il labbro, voleva smettere di piangere, ma le lacrime uscivano da
sole ed era anche peggio sentire che lo incoraggiava. Il suo mister lo
stava consolando, era proprio un bambino.
- Pensa davvero che è solo una
partita? Non la ho delusa? - Sinisa rise in quel suo modo affascinante,
quando lo faceva gli si illuminava il viso e diventava ancor più
intrigante. Per lui era davvero bello e basta. Il tuffo allo stomaco,
il nodo.
Sinisa gli mise una mano sulla nuca, fra i capelli ormai asciutti, e lo carezzò.
- Ne riparleremo a fine stagione
di chi ha deluso chi. Adesso è l’ora di lavorare e non fermarsi mai. -
Alessio annuì. Se non lo voleva uccidere significava che aveva
speranze. Aveva visto mettere fuori squadra gente che non meritava,
sapeva che poteva farlo. Se non lo voleva fare, forse aveva speranza.
- Non la deluderò. - Sinisa sorrise con dolcezza e gli diede un bacio sulla tempia.
Alessio si sentì quasi svenire, le lacrime smisero di scendere e fu come se gli staccassero la spina.
- Se dici a qualcuno che so essere
gentile ti faccio fare tripla sessione di allenamenti! - Con questa
falsa minaccia, si alzò ridendo e fu sollevato di vedere che, seppure
ebete, sorrideva anche lui.
Era un ragazzo giovane e chiuso,
doveva farsi le ossa e capire che poteva essere anche forte.
Sicuramente avrebbe fatto strada, ma aveva bisogno di essere più
incoraggiato. Con la giusta dose di fiducia, avrebbe volato sul serio.
E pur di avere il suo gioiello, avrebbe fatto tutto il necessario.
- Mi voleva parlare? - Chiese
piano Alessio facendo capolino nell’ufficio di Sinisa. Questi alzò la
testa dalle scartoffie e annuì.
- Chiudi la porta. - Si alzò e si sedette nel divano che aveva dove parlava in modo informale con giocatori o colleghi.
Indicò ad Alessio di sedersi con lui, poi gli chiese se voleva bere qualcosa. Alessio, arrossendo, scosse il capo.
Si sedette in punta accanto a lui,
a debita distanza. Si sentiva male a stare lì, male perché aveva il
cuore che andava a mille e non riusciva nemmeno o respirare bene. Da
solo con lui in una stanza.
- Cosa posso fare? - Chiese timidamente torcendosi le mani.
Sinisa alzò un sopracciglio
scettico, poi capendo che non l’avrebbe mai guardato in viso, si
appoggiò dietro, accavallò le gambe e mise un braccio sullo schienale
dietro al giovane.
- Cosa posso fare io, piuttosto. - Alessio sgranò gli occhi e si girò a guardarlo titubante.
- Cosa? -
- Sei strano ultimamente… non stai
sbagliando qualcosa a calcio, però sei insicuro. Lo si vede quando hai
palla. Sai cosa devi fare per difendere, ma quando devi gestire il
possesso e supportare i tuoi compagni, preferisci darla subito, non hai
iniziative, sei molto insicuro. - Alessio rimase colpito dalla sua
analisi e da come l’aveva osservato.
Non sapeva nemmeno cosa dire.
- Credo che ti stia succedendo
qualcosa, è come se non fossi del tutto sereno. Sbaglio? Sai, ti
conosco da un po’ e mi sono fatto un’idea di te. Sei emotivo, quando
hai un problema si vede sul campo. C’è qualcosa che non va? - Alessio
ora voleva morire. Come dirgli che si era preso una cotta colossale per
lui, il suo allenatore?
Inghiottì a vuoto e continuò a fissarsi le mani a disagio.
- Ecco… no, non è che… - Sinisa
mise la mano dallo schienale alla schiena di Alessio, cercando di
incoraggiarlo ed infondergli sicurezza.
- Ti metto tanto a disagio? Mi
conosci più degli altri, sai come sono fatto. Tengo a tutti voi, ho i
miei modi, a volte sembro un bastardo, ma voglio solo che stiate bene
per giocare bene. Perché non lo tiri fuori? Quando avevo problemi
finivo per prendere a pugni qualcuno, non mi faceva bene. Ho imparato
che bisogna parlarne. Esternare. - Alessio voleva dissolversi, non
sapeva come dirglielo e come uscirne. Doveva dirgli comunque qualcosa,
ma non era un idiota, avrebbe capito che erano bugie, tanto non le
sapeva nemmeno dire.
Mordendosi il labbro guardò avanti a sé mentre quel contatto con la sua mano lo stava uccidendo.
Sinisa continuò ad insistere con
delicatezza ma fermezza ed andò avanti per un bel po’, fino a che, alla
fine, Alessio non decise per una mezza verità.
- Sono gay. L’ho appena scoperto!
E mi piace una persona a cui non posso dirlo… è… è impegnato e…
sicuramente non prenderebbe bene la cosa… - Mezza verità. Sparata come
un fucile.
Sinisa trattenne il fiato e rimase
male. Poi piegò la testa e ritirò la mano mettendosi in punta sul
divano, come lui, per poterlo guardare in viso. Alessio manteneva il
viso basso, così gli mise il dito nel mento e gli girò il viso.
- Quando ho scoperto che il modo
in cui mi piaceva un mio compagno di squadra era diverso dall’amicizia,
non è stato facile. Però era chiaro. Volevo scoparlo, non giocarci a
calcio. - Per Alessio fu una scarica d’adrenalina pura. Shock.
Lo guardò di scatto, incentivato dal suo dito sul mento.
- Lei è… - Non riusciva a dirlo. Quello cambiava molte cose. - Ma è sposato… - La cosa più logica da dire. Sinisa rise.
- Sai quanti sono sposati eppure
sono gay? Ed hanno anche relazioni. Sono cose che succedono. Il
matrimonio è una cosa, è un dovere. Sei un uomo, ti sposi, fai figli.
E’ così che va. Però il piacere è un altro. E se ti piace scopare con
un uomo lo fai. Punto. - Per lui era così ed era semplice.
- Quindi non è fedele? Lo fa
tutt’ora? - Sinisa annuì. Finalmente si stava aprendo, aveva anche il
coraggio di fargli domande dirette.
Abbassò la mano interrompendo il contatto col suo mento e Alessio gli guardò quella stessa mano con gola.
- Faccio quello che mi va, è puro
piacere personale. Resto suo marito, assolvo ai miei doveri, non le
faccio mancare nulla. Anche ai miei figli, soprattutto. Ma sono due
cose diverse. - Erano discorsi che aveva già sentito da chi lo faceva
ed erano tipicamente maschili. Però sapere che proprio lui era così,
era una sorpresa insperata.
Ed in un attimo trovò tutto quel coraggio che nemmeno immaginava di avere.
- Quindi… quindi se le va, lo fa…
- Disse timidamente, chiedendosi se poteva davvero avere il coraggio.
No, doveva darsi una regolata, essere gentili e fargli capire che
quelle cose erano normali era un conto, voler stare con lui era ben
altro.
- Certo. Tu sei sicuro che la
persona che ti piace sia così tassativa? Che ti rifiuterebbe e la
prenderebbe male? Guarda che spesso giudichi male, non conosci davvero
qualcuno finché non ti ritrovi in una certa situazione… - Alessio se ne
stava rendendo conto.
- Beh, no, non ne sono sicuro… a
questo punto non sono più sicuro di nulla… - Sinisa sorrise
incoraggiante, in privato riusciva a tirare fuori lati di sé che non
mostrava a nessuno, perché ci teneva ai suoi giocatori.
- Allora devi solo provare, se ti
rifiuta ti aiuto io! Lo minaccio di morte, vedrai che non ti sputtana!
- Alessio rise rosso in viso e Sinisa gli mise un braccio intorno alle
spalle per rinforzare il suo incoraggiamento, Alessio partì di nuovo
con un’ondata di calore incontrollata. Se glielo stava dicendo non
c’era ragione per non provare.
L’avrebbe presa bene, al massimo
l’avrebbe messo al proprio posto, ma giocare ancora con quello stato
d’animo l’avrebbe solo ucciso.
E così pensando, si giocò il tutto per tutto, si protese verso di lui e posò timidamente le proprie labbra sulle sue.
Gliele sfiorò, gliele carezzò, le
aprì succhiandogliele. Poi avvampando si separò, si alzò e se ne andò
di corsa nel panico, senza saper che dire, che fare e come proseguire
da lì in poi.
Sinisa rimase così solo nel divano
del proprio studio a fissare il posto vuoto di Alessio, sconvolto e con
un sopracciglio alzato, molto alzato.
Sicuramente fra i mille scenari immaginati, quello non aveva mai fatto capolino.
Mai.
- Cazzo. - E questa fu l’unica conclusione!