3. DICHIARAZIONE A TU PER TU
Sinisa alzandosi per andare in
camera, guardò verso Alessio e notando che lo stava fissando in trance,
fece un cenno col capo indicando di seguirlo.
Ad Alessio cominciò a salire il battito cardiaco e fremendo, si alzò fissandolo incredulo.
In corridoio lo trovò avanti di
qualche metro, mentre le voci degli altri nella sala comune erano
sempre più lontane e loro si immettevano via via nel buio del
dormitorio.
- Mister? - Chiamò fingendo che non ci fossero precedenti.
Sinisa arrivò alla propria camera, si girò e aprendo la porta gli indicò ancora una volta col capo di entrare.
Alessio titubò un istante, poi entrò.
- Cosa… - Fece incerto in camera sua, fermo davanti alla porta chiusa.
Sinisa si sedette sul letto, la
luce accesa. Non fece il gesto di spogliarsi sebbene dovesse mettersi
il pigiama e andare a dormire.
A Sinisa piaceva stare coi ragazzi
dopo cena, le serate prima delle partite che passavano a Milanello,
anche quelle in albergo in trasferta. Creava atmosfera con aneddoti o
stupidi scherzi, molti giocatori non aspettavano altro che quello per
partire e tenere banco e lui stava con loro, partecipava e rideva. Era
importante stare con loro, fare vita comunitaria.
Ma era anche importante vedere di quelli che stavano in disparte pensierosi perché non affrontavano i propri problemi.
Alessio rimase impalato a fissarlo imbarazzato e rigido, Sinisa sospirò e non lo obbligò a sedersi, ma cominciò perentorio:
- Dobbiamo parlare, non trovi? - Alessio avvampò, sperava di evitarlo.
- Non succederà più! Mi scuso se
ho esagerato, non so cosa mi è preso, ho perso la testa e… - Sinisa
sospirò spazientito e lo fissò torvo bloccandolo.
- Hai bisogno di crescere, sei
giovane. E si cresce affrontando i problemi o i casini che si
combinano. Hai un problema? Ne parli! Pensi di aver fatto un casino?
Chiarisci! - questa non era una cosa su cui si poteva discutere, in
parte era una lezione di vita, lo stava aiutando a modo suo, anche se
tramite una tortura.
Alessio voleva solo scappare, ma
alla fine si decise e ingoiando a vuoto annuì mordendosi il labbro.
Rimase comunque a distanza, in piedi.
- Ecco… mi ha colto alla
sprovvista… mi sono trovato a parlare di quel problema che avevo che
riguardava proprio lei e non sapevo come dirlo senza espormi e quando
lei ha detto che era capitato anche a lei io… non ho capito nulla e
sono andato completamente in tilt! Se ci avessi pensato non l’avrei mai
fatto! -
Sinisa sospirò spazientito di nuovo.
- Dammi del tu! -
- Eh? -
- Alessio, ti stai dichiarando e
mi dai del lei? - Alessio arrossì ancora di più fissando per terra. Era
nella sua camera, lui seduto sul letto e parlava di dargli del tu.
Forse era un sogno.
- Beh, comunque capisco che ci
sono i ruoli da rispettare e che io per te sono solo un giocatore e che
era inappropriato. Chiedo scusa. Mi tengo la cotta e vado oltre. Ora
che l’ho tirata fuori sto meglio, andrà sicuramente meglio. Non lo
rifarò più. - Sinisa l’ascoltò silenzioso, fissandolo da sotto. Poi
piegò la testa di lato e fu come se avesse una rivelazione, la risposta
ad un problema particolare.
- Peccato. - Alessio alzò di
scatto lo sguardo su di lui, ma lui rimase seduto fermo sul letto a
fissarlo tranquillo, impenetrabile, strano, ammaliante.
- Cosa? -
- Che non intendi rifarlo. Mi è
dispiaciuto un bacio a metà, avrei preferito approfondire. Non è stato
male. - Con questo Sinisa alzò le spalle e fingendosi del tutto
tranquillo si mise in piedi e si sfilò la maglia iniziando a
spogliarsi. Alessio rimase pietrificato a fissarlo, incredulo di aver
sentito quelle parole proprio da lui. Forse stava sognando.
Sinisa si accorse che era ancora lì quando fece per togliersi i pantaloni e si fermò guardandolo scettico.
- Va bene, ho capito cosa hai
detto. Rispetto la tua decisione. Sono contento che l’hai tirato fuori,
queste cose fanno male se le nascondi e le opprimi. Non vado di certo a
dirlo in giro. - Alessio ne fu contento, ma d’altro canto voleva
chiedere un chiarimento sulla frase di prima. Però lo vide togliersi
anche i pantaloni e per lui fu il massimo.
- B-buonanotte! - Detto questo, scappò fuori a gambe levate, come se l’avessero torturato.
Sinisa rimase a ridacchiare mentre si metteva a letto, scuotendo la testa.
“Chissà quanto ride Dejan quando glielo racconto!”
Del resto Sinisa era sadico, non
poteva farci nulla. Gli dispiaceva traumatizzare il suo difensore
migliore, si impegnava per non farlo, ma gli piaceva torturare la
gente. Se avesse potuto senza conseguenze sul calcio, avrebbe
inchiodato Alessio al letto.
“Beh, c’è anche da dire che è davvero giovane… forse questo dovrebbe fermarmi. Forse.”
Forse.
Sinisa si sistemò a pancia in su con la mano dietro alla nuca.
- Allora, come ti sta andando? -
La risata di Dejan risuonò nell’aria mentre si metteva a pancia in giù.
Appoggiò il mento sull’avambraccio e guardando il compagno steso sul
letto accanto a lui, disse:
- Adesso fai conversazione? - Sinisa alzò un sopracciglio guardando verso di lui, scettico.
- E quando dovrei farlo? -
- Beh, non so… le persone normali
si incontrano, mangiano qualcosa insieme e conversano. Poi,
eventualmente, si buttano sul letto! - Rispose provocante e divertito
mentre con un dito correva sul suo petto a stuzzicargli un capezzolo.
- Preferivi parlare invece che
scopare? - Chiese incredulo. Dejan continuò a ridere e si protese verso
di lui, sul suo braccio che mordicchiò finendo di ridere, poi si mise
comodo con la guancia rispondendo alla domanda.
- Bene, comunque. Mi sto occupando
di quella puttanella di Maurito. - Sinisa inarcò un sopracciglio e
cercò di guardarlo in viso, senza successo per la posizione. Si
accontentò della sua testa dove i capelli neri e corti erano appena
attraversati da un lieve grigiore.
- Icardi? - Dejan annuì e si tirò su sul gomito, guardandolo finalmente in viso da vicino.
- Roberto non sapeva che fare con
lui, diceva che si meritava di stare fuori per un po’ di partite, ma
non poteva permetterselo. Così gli ho detto ‘ehi, ci penso io!’ Così lo
sto ricalibrando! - fu il turno di Sinisa di scoppiare a ridere, perché
sapeva benissimo cosa intendeva Dejan con ‘ricalibrare’!
- Per cui lo sodomizzi?! E rende bene lo stesso? - Dejan alzò una spalla con aria un po’ perplessa.
- Ci vuole un po’ di tempo, ma alla lunga penso che funzionerà! - Sinisa continuò a ridere.
- Per cui ti diverti… - Dejan ammiccò con un ghigno.
- Beh, devo dire che non è male. E
mi sa che ha preso gusto da subito nel prenderlo! - Commentò sadico
senza bisogno di specificare a cosa si riferiva.
I due risero insieme per un po’, poi Sinisa ci pensò bene piegando la testa di lato.
- Mmm… però mi hai dato un’idea niente male… -
- Nel senso? Hai qualcuno da ricalibrare? - Sinisa rise.
- No, ma ho qualcuno a cui serve coraggio… - Dejan scoppiò ilare.
- E scoparlo gli dà coraggio? - Sinisa gli diede una gomitata.
- Mica lo sodomizzo come fai tu con Icardi! Io mi prenderei cura di lui come si deve… - Dejan lo fissò scettico.
- E ne saresti capace? - Sinisa alzò le spalle. - Tu dolce ed incoraggiante mentre ti scopi qualcuno? -
Sinisa lo guardò sornione e suadente.
- Potrei sorprenderti… - Dejan si
lasciò baciare da lui con un sorriso beato e stuzzicato, mentre nelle
parti basse aveva già voglia di ricominciare. Sinisa prese la mano di
Dejan dal proprio petto, intrecciando le dita.
- Quindi tu usi il rinforzo
positivo ed io quello negativo, eh? E vediamo a fine stagione chi avrà
la meglio… - Sinisa rise sapendo che se gli avesse detto che aveva
dubbi perché il ragazzo aveva venti anni, Dejan si sarebbe messo a
ridere e gli avrebbe chiesto dove era il problema.
Così, come sempre quando si vedevano, dopo il primo round cominciò il secondo.
Lavorare entrambi a Milano, solo
in squadre opposte, era bello e stimolante, potevano vedersi anche ogni
giorno, se volevano. Oltretutto competere agonisticamente era
importante, perché loro due erano molto competitivi, specie fra di
loro.
Sinisa e Dejan stavano insieme da
molti anni, da quando ancora giocavano a calcio. Per loro era l’unico
amore, poi c’era la famiglia ed i figli e quello era diverso. Potevano
benissimo far convivere i diversi affetti e le diverse situazioni.
Specie le parentesi extra da passatempo fine a sé stesso.
Alessio sospirò melodrammatico
durante gli allenamenti, non era una partitella, ma si stavano
esercitando su alcuni movimenti sotto porta e a turno dovevano avanzare
eseguendo determinate mosse.
Alessio era in fila in attesa del
proprio turno, ma totalmente assente ed immerso nei propri pensieri.
Ovviamente tutti riguardanti il mister.
Per cui non vide per nulla arrivare la pallonata del suddetto poco delicato mister colpirgli la faccia.
La palla lo tramortì e lui indietreggiò vacante di qualche metro, senza cadere e nemmeno prendersi il viso con le mani.
- Cazzo, Alessio! - Grugnì Sinisa
correndo da lui mentre gli altri ridevano. Quando Alessio tornò al
presente, lo vide che rideva anche lui ed arrossì, poi si bloccò del
tutto realizzando che gli stava carezzando la nuca per vedere se stava
bene. - Ci sei? - Chiese un pochino preoccupato.
Alessio sgranò gli occhi ed annuì.
- Sì sì… ero sovrappensiero…. -
Sinise gli prese il lato del viso con la mano e gli tirò giù la pelle
dallo zigomo per allargargli l’occhio e controllare che stesse davvero
bene. Alessio stava per svenire, a quel punto non sarebbe di certo
stato bene.
- E’ il momento di esserlo? Ti
tiro una palla e tu sei sovrappensiero? Hai istinti suicidi? Sei
depresso? - Il mister scherzava per riportarlo alla realtà e vedere se
fosse reattivo, ma lui era sempre un po’ perso e in trance.
- No… no… cioè… ecco… - Sinisa sospirò e scosse il capo.
- Vai a sciacquarti l’occhio, è
rosso e gonfio… - Con questo gli diede una pacca sul sedere e lo avviò.
Alessio rimase rosso ed in trance per il resto dell’allenamento, ma
Sinisa decise di lasciarlo perdere.
Poteva giocare ancora un po’ con lui prima di ‘dargli la dose di coraggio’. Così era più divertente!
L’abbraccio al mister dopo il goal
non era una norma, ma ultimamente lui stava molto vicino ai ragazzi, ci
teneva ed era partecipe, incoraggiante, li difendeva quando andava
fatto e li sgridava se serviva.
Per cui la squadra cominciava a
formarsi, a crearsi. L’unione non era stata una priorità fino a quel
momento, era stato lui ad introdurre il concetto dell’unità come bene
primario per andare meglio a calcio ed aveva introdotto cene e serate
tutti insieme di tanto in tanto, magari a casa di qualcuno.
Insieme a quest’atmosfera d’unità, cominciarono gli abbracci al mister dopo i goal o dopo le vittorie.
E con essi, tutte le volte, Sinisa non risparmiava la pacca sul sedere di Alessio, oppure una carezza sulla nuca.
Alessio non voleva vederci nulla, sapeva che erano cose che riservava a tutti, però gli piaceva quando gliele faceva.
Se le teneva strette.