NOTE: questa fic è un esorcismo per me stessa, vi avverto. Siamo su Thiago e Roby. Thiago dice a Roby della sua partenza e con Roby c’è solo Kevin che deve raccoglierlo. Non l’avrei scritta se non sapevo che mi avrebbe fatto bene, perché io digerisco così, infierendo su me stessa. So che non tutti leggeranno. Presto tornerò come sempre, per ora tiriamo su le palle cadute. La dedico alle mie dolci ragazze che soffrono tanto per la sua partenza ma soprattutto a Thiago e Roby, quelli veri. Purtroppo quel mondo tante gioie dà tante ne toglie, per certi versi. Però grazie Thiago. Grazie per tutto. E so che non ci hai tradito ma che non hai avuto scelta, perché tu non stai con la figlia del presidente e che come tutti gli altri come te, non hai avuto scelta. Ti auguro di diventare il più grande. Ti seguirò lo stesso come ho seguito Riky.
Ciao.
 
PARTENZE DOLOROSE
 

/Summertime sadness - Lana Del Rey/
- Perché dovresti parlarmi di persona ma non puoi aspettare di vedermi? -
Roby aveva una voce talmente ansiosa che Kevin e Sulley -obbligato a stare in camera con loro per evitare spiacevoli ritorni di fiamma- nel sentirlo impallidirono.
Sapevano che parlava con Thiago e sentire certe cose non era mai un buon segno.
Erano stati tranquilli dicendosi che tanto qualunque cosa l’avrebbero saputa di prima mano da lui.
Bene, forse era il momento, si dissero.
Lo guardarono attenti e seri come se ci fosse una spada di Damocle sopra le loro teste pronta a tagliar via tutto.
- Roby, sono in ritiro con il Brasile, non posso muovermi ma non posso non dirtelo prima di chiunque altro. Devo farlo subito, è importante che tu lo sappia da me. -
- Lo dici come se fosse schifoso dirlo al telefono! - L’ansia di Roby saliva di parola in parola ed il suo respiro era sempre più veloce. Kevin e Sulley erano certi che stesse impallidendo nonostante il colore scuro della pelle.
- E’ così infatti… - silenzio. La serietà era troppa, insostenibile, Roby ormai temeva di sapere ma voleva poter rifiutarsi di crederci. Perché doveva essere?
No, era il solito scherzo. Ormai ci era abituato.
Quel presidente era un coglione, gli piaceva fare le coglionate.
- Dai, ormai non ci casco, me l’hai fatta l’altra volta, cosa pensi che sia così idiota? - Sulley e Kevin si guardarono ed il primo andò capendo nel giro di un istante che questa volta era vero e che sarebbe scoppiato a momenti il finimondo.
Andò ad avvertire gli altri camera per camera.
Kevin si alzò pronto alle conseguenze di una reazione che non sarebbe stata facile da arginare.
Lo sapeva bene.
- Roby, non è uno scherzo, vorrei ma… - Roby rise isterico, marcando di proposito sul tono alto.
Kevin non avrebbe mai dimenticato quella risata, l’avrebbe ricordata per sempre come la peggiore della sua vita.
- Smettila, sei proprio bravo! Dovresti fare l’attore! Però potresti sprecarti, se me lo facevi di persona ti credevo, giuro! Perché non me lo diresti comunque mai per telefono! -
Era così convinto che faceva un’impressione dannata. Kevin non aveva mai visto una persona più convinta di così. Lo credeva davvero, non si stava convincendo.
- Roby, ho provato a prendere l’aereo ma non mi fanno andare nemmeno a Parigi… se mi facevano andare là passavo prima da te per… -
Altra risata dannatamente grottesca. Roby camminava su e giù col telefono all’orecchio, era in boxer, aveva caldo e soffocava.
- Cazzo Thiago, non esiste che me lo diresti per telefono, lo capisci? Non una cosa simile! E poi dai, tu al PSG? Real Madrid, Barcellona, ma PSG?! Sei proprio un comico, hai sbagliato mestiere! - Kevin si mordeva la bocca, non sapeva come fare nemmeno lui. Si ostinava a non crederci, sarebbe potuto andare avanti una vita. Come fargli capire che era vero?
Quando Mark gli aveva parlato della sua idea di andarsene dal Milan era stato tragico ma ci aveva creduto subito. Mark non scherzava mai su certe cose.
- Roby, ti prego, non fare così… non so come dirtelo… Galliani e Berlusconi mi hanno spiegato che la situazione economica del club è davvero più tragica di quello che tutti sanno… che se non sistemiamo in qualche modo, almeno un po’, dovranno davvero svendere tutto il club e che non escludono che comunque dovranno farlo lo stesso… è peggio di quel che uno pensa… lo sai, è la storia che le società non possono andare in rosso ma almeno in pari e noi non siamo in rosso ma molto peggio! Se non si fa qualcosa e non si sistema il piano economico è la fine per tutti, non solo per qualcuno! Sai cosa significa quando una società dichiara bancarotta o fallimento? È successo a certe società di calcio e non è bello! - lo sapevano tutti cosa succedeva ma nonostante questo, Roby era lì a ridere. Però gli occhi avevano una strana luce. Una luce davvero brutta.
Una luce che faceva rabbrividire Kevin.
- Te la sei preparata proprio bene, non c’è che dire! Bè, mi hai rotto, quando ti stufi dimmi che facciamo sesso per telefono! - Era già dura dover digerire il fatto che erano lontani per colpa della nazionale, non poteva mettersi a torturarlo in quel modo… non era giusto… ora si stava davvero seccando.
Silenzio. Thiago non sapeva proprio più come fare e Kevin lo capì.
Il silenzio si protese per minuti, minuti interminabili, minuti pesanti, minuti inaccessibili. Ticchettii di un orologio appeso ad un muro scandivano ogni singolo istante che scorreva.
Ed il respiro di Roby che diventava sempre più fermo. Più fermo. Più fermo. Fino a che si fermò del tutto.
Kevin gli andò dietro ma gli lasciò spazio.
Roby si voltò verso il muro.
Che espressione aveva?
Non respirava.
Ed era da minuti interminabili al telefono con Thiago. In silenzio.
Alla fine la sua voce fu peggio di uno sparo.
No, Kevin non l’avrebbe mai dimenticata e si chiese se quando ne avesse parlato con Mark lui avesse avuto lo stesso tono.
- Ti sacrificano per fare cassa e non ti lasciano scelta. Ti hanno detto che tu non ti scopi la figlia del presidente e che come Riky, Andry ed un sacco di gente prima di te è così che andrà e che ora tocca a te e che tocca veramente? Ti hanno detto che l’altra volta era una manovra per alzarti il prezzo ora e l’ingaggio in modo da farti avere di più e da prendersi pure loro di più? Ti hanno detto che… - Aveva parlato basso, roco e tagliente, quasi con cattiveria. Tanti spari che perforarono i timpani nonostante non urlasse.
Poi la fine.
- Mi hanno detto che devo andare al PSG e che non ho scelta. -
Ma forse Roby non respirava da troppo tempo e quando sentì un’inclinazione precisa nella voce seria di Thiago, l’inclinazione di chi stava piangendo, gli venne il flash della telefonata di Riky di tre anni fa quando, in lacrime e disperato, gli aveva detto che doveva andarsene dal Milan.
Forse non respirava da troppo, forse sapere che Thiago piangeva confermandogli una volta per tutte la notizia, forse la notizia stessa, forse il ricordo di come si era sentito Riky quella volta e la consapevolezza che per Thiago sarebbe stato uguale… forse anche qualcos’altro.
Ma il telefono gli cadde di mano e le ginocchia gli si piegarono di schianto, ebbe un mancamento talmente improvviso che Kevin, pronto a tutto, arrivò un istante dopo il tonfo sordo delle sue gambe a terra.
Lo prese per le spalle, lo tirò indietro e lo fece stendere, poi seduto con lui prese il telefono e mentre si stringeva il suo capo contro il petto e se lo cullava con una forza strabiliante ed un’intensità che solo lui avrebbe potuto avere, parlò al telefono al suo posto.
- Thiago? -
- Kevin? Roby che ha? - Non avrebbe mai dimenticato nemmeno la sua, di voce.
Thiago in lacrime e seriamente preoccupato per qualcosa, per qualcuno, per Roby.
Solo Alex l’aveva sentito così, forse. Kevin rabbrividì e capì quanto tutto quello fosse dannatamente vero.
- Ha avuto un mancamento ma sta bene… credo… credo sia sotto shock… è qua… dav… davvero non puoi venire? -
Thiago sospirò soffocando un singhiozzo.
- No, non posso. Non mi fanno muovere. Dio, come vorrei essere lì, vorrei solo essere lì… Kevin, stringilo per me, toglili il respiro, non lasciarlo solo stanotte e nemmeno ogni altra notte. Ti prego. Non lasciarlo mai. Stagli… stagli vicino. Io ci sarò tutte le volte che potrò ma tu… Dio, che schifo, porca puttana maledetta! - Thiago non usava mai un linguaggio scurrile, odiava dire le parolacce e non avere contegno.
Kevin rabbrividì di nuovo e ricordando l’addio a Mark gli tornarono lacrime amare. Lacrime davvero inconsolabili.
Ricordava quanto male era stato e ricordava che era stato consolato da tutti a turno, Alex, Roby, Thiago… persino Zlatan aveva fatto del suo…
Strinse Roby e gli lasciò un bacio sulla fronte rendendosi conto di essere troppo tenero per i suoi canoni ma di non saper davvero che altro fare.
Perché fare quello che si sognava di fare, giocare a calcio, ed avere tanti soldi poi non significava quella stessa felicità che aveva la gente normale, quella senza soldi e senza dei sogni grandiosi realizzati?
Perché per loro quel tipo di felicità era preclusa?
Certo, ne avevano di altra, vivevano in un altro mondo, in un altro modo, avevano tutto il possibile. E potevano vivere relazioni che la gente comune non poteva capire e concepire. Però poi dovevano sempre essere pronti a questi addii.
Non era una fine definitiva però era la fine di un ciclo. Era che non sarebbe più stato come prima.
Era che comunque era brutto vedersi di straforo, quando potevano, prendendo un aereo invece che una macchina e mettendoci dieci minuti.
Era che non era proprio come vivere la vita con chi amavi, come volevi, vivendoci insieme, facendo la vita di coppia veramente… non era quel tipo di felicità quella che loro potevano avere.
E nonostante il giocare a calcio ed il realizzarsi, nonostante i soldi e tutto il fare quello che volevano, quella normalità, la felicità normale a loro mancava e sarebbe sempre mancata.
- Mi dispiace che ti mandino via. Ci vedremo un casino lo stesso, non vai a morire, però ci mancherai. E mi dispiace. - e nessuno, nessuno meglio di lui poteva sapere cosa significava.
Lui con Mark era stato il primo a provarlo.
Non aveva risparmiato nessuno, quell’anno… Maxi, Mark, Thiago… e poi?
E poi chi altri?
Pensò a Zlatan ed Alex. Non voleva pensarci.
Scacciò tutto e rimise il telefono sull’orecchio di Roby che stringeva ancora a sé in quel modo da principe a principessa.
Thiago parlò, non seppe mai cosa gli disse ma fece piangere Roby come non mai e aggrappato alla sua maglia ed al telefono rimase a piangere per un’ora senza dire niente, solo ascoltando il suo compagno parlare e piangere a sua volta, probabilmente.
Ogni tanto mormorava un flebile ‘non è giusto’ e a Kevin venne un bisogno snodato di sentire la voce di Mark.
Prendendo il cellulare gli scrisse un messaggio con gli occhi che bruciavano ed un nodo enorme.
‘Alla fine non ti tradirò con Thiago come eri convinto…’
Mark capì subito e non tardò a chiamarlo.
Parlarono anche loro, mentre Roby rannicchiato contro di sé continuava a piangere e sentire Thiago fare altrettanto.
Parlarono a lungo, parlarono del calcio, dei meccanismi di mercato e delle società che non potevano andare in rosso, poi parlarono anche di Berlusconi che non sapeva fare compravendite perché spendeva troppo quando non poteva ed invece poi doveva correre ai ripari nel modo sbagliato, sacrificando gente.
Parlarono ed al temine Kevin si sentì meglio, leggerlo, con spalle di nuovo larghe e pronto a sollevare Roby.
Si sentì di nuovo a posto.
- Stagli vicino. - All’idea di mettere giù però Kevin disse istintivo.
- Puoi venire? - Non gliel’avrebbe mai chiesto in situazioni normali perché non era tipo da mostrarsi debole, era una cosa che detestava ma con Mark proprio non ci riusciva.
- Domani mattina sono lì, ho già visto che c’è un volo stanotte. - Kevin sorrise. Lo sapeva, non sarebbe servito chiederlo, Mark gli leggeva sempre dentro. Sempre. E non lo deludeva mai.
- Ti aspetto. -
Dopo di questo mise giù.
Anche Roby l’aveva fatto ed ora piangeva completamente abbracciato al suo torace, come fosse un salvagente e stesse affogando.
Non l’aveva mai visto così. Alex sì.
Alex l’aveva ben visto.
Alex sapeva.
Pensò a lui, a Zlatan, a Thiago e si chiese se anche loro due stessero facendo la stessa cosa. Sicuramente sì, si disse. E Zlatan forse stava lottando per rimanere a Milano in qualche modo o stava meditando una vendetta atroce ai danni della dirigenza rossonera.
Sorrise sperando che fosse una vendetta bella pesante.
Poi si alzò e si portò dietro Roby dimostrando una forza pazzesca.
Lo trascinò sul letto e se lo stese accanto, si mise comodo sul fianco, lo cinse dolcemente e se lo tenne a sé così.
Lo sentì piangere tutta la notte, non dissero niente.
Kevin sapeva cosa stava passando, l’aveva vissuto con Mark prima e con tutti loro poi. Sapeva. Era ora di ricambiare tutti i favori.
Poi gli venne in mente quello che Thiago gli doveva e che non avrebbe mai riscattato.
Sorrise amaro.
Non bisognava farsi sfuggire le occasioni della vita.
Una volta di più l’aveva imparato.
- Passerà… - Non disse che avrebbe imparato anche lui a godere delle ore e dei minuti come non mai, ad apprezzare l’aereo, i viaggi, gli alberghi, il telefono e le fughe. Non gli disse che avrebbe imparato a vivere come faceva ora lui.
L’avrebbe imparato piano piano.
Ogni cosa a suo tempo.
Ora era il tempo di piangere e disperarsi, poi sarebbe tornato su a sorridere come sempre, e lottare, e fare fuoco e fiamme.
Ma ora bisognava piangere perché, seppure diverse da quelle della gente comune e normale, per loro quelle erano ingiustizie e come tali le vivevano.
- Non è morto… ma fa così male l’idea che per vederlo dovrò prendere un aereo invece che una macchina… - Kevin rafforzò la presa.
Avrebbe imparato ad amare quegli aerei e quegli alberghi. Avrebbe imparato.
Kevin rimase in silenzio, le sue lacrime furono il suono peggiore mai sentito.
 
FINE