NOTE: ecco qua… chi me la chiese questa? Tante persone… ma una spicca fra tutte, però non conosco il suo nik, su FB si chiama Beatrice. Bè, lei sa. Questa la dedico a lei e a tutte le amanti delle Boammel affinchè sappiate che questa non è la fine ma l’inizio di un nuovo ciclo… e che ce ne saranno altre. Tante altre. Perché la maledetta fottuta distanza non conta! Anche se in realtà CM non è conclusa ed ufficialmente non sapete se li metto insieme o no, mi rendo conto che è il segreto di Pulcinella, per cui visto che il nostro Mark è partito da poco non si poteva evitare di scriverla e pubblicarla lo stesso. Ma sappiate che l’ho fatta a tempo di record. Un paio d’ore.
Buona lettura.
Baci Akane
 
QUEL CHE DICO FACCIO
 



/Lana Del Rey - Born To Die/
Ecco che il sogno diventava incubo e poi realtà, pensò drammaticamente Kevin.
Da quando Mark aveva cominciato a pensarci e poi l'aveva deciso seriamente, gliene aveva parlato subito senza nasconderglielo, incapace comunque di non essere onesto e spontaneo. Non aveva fatto altro che prepararlo a quel momento.
L'aveva saputo prima di chiunque altro, ancora prima della moglie e dei figli... però ora era lì lo stesso a rendersi conto che non si era mai abbastanza pronti per questo genere di cose.
Ore e ore, notti intere a parlare che la distanza fisica non contava, che conoscevano entrambi persone che portavano avanti delle relazioni ben più serie ad una distanza anche oceanica... e che ce la facevano. Con sacrifici, ma ci arrivavano. Soffrendo, tenendo duro... però ce la facevano.
Quando un legame era vero niente poteva spezzarlo.
Kevin però era convinto fossero cose che si dicevano per consolarsi, per rendere una separazione meno dolorosa.
Vedere le lacrime di Mark nell'annunciare alle telecamere l'addio al Milan, lacrime versate dopo solo un anno e mezzo con loro, gli aveva stretto dentro una morsa d'acciaio. Ogni organo in cenere, le intestina legate fra loro e la voglia di vomitare, l'idea che mangiare sarebbe stata una tortura, l'intenzione di piangere fino alla fine dei propri giorni.
Perchè doveva far così fottutamente male?
Ci aveva pensato tanto, non voleva fare la parte dell'innamorato dal cuore infranto, non lo stava lasciando.
Gli aveva detto di considerarla come una delle solite vacanze che si facevano fra una pausa di club e l'altra... come a Natale che si erano separati e Mark era andato con la famiglia in Olanda dai parenti... anche se avevano avuto la prospettiva di rivedersi perchè VIVEVANO nella stessa città. Era diverso, lo sapeva, ma doveva farselo andar bene.
Kevin per non fare la figura dell'innamorato dal cuore spezzato aveva fatto molti stupidi esercizi davanti allo specchio, da solo. Si era guardato e si era insultato con quelle smorfie da gorilla che sapeva fare lui, smorfie che puntualmente da incazzate erano finite per trasformarsi in tristi e pietose.
Aveva sempre finito scuotendo il capo sconsolato ed imprecando in ghanese. Non parlava quasi mai in ghanese, non adorava moltissimo le proprie origini. Non era razzista, non aveva problemi con quella gente o quel Paese, però preferiva l'Europa e la vita che stava facendo ora. Si sentiva più Italiano che Ghanese...
Sospirò.
Avrebbe preferito essere Olandese, ora... almeno avrebbe potuto giocare in Nazionale con Mark. Arjen aveva almeno quello e forse era peggio. Vederlo così poco con la consapevolezza che stava con un altro doveva essere terribile.
Scosse il capo schiaffeggiandosi. Stava cominciando ad avere pensieri troppo brutti, non andava bene. Mark l'avrebbe colpito con un pugno sulla testa, se l'avesse sentito.
Sospirò e si decise ad uscire di casa.
Era il momento di salutarlo.
Gli impegni coi club erano tutti ufficialmente finiti, le feste varie di addio concluse. Ora mancavano le partenze. In realtà a partire effettivamente era solo Mark che andava in Olanda, ma lo faceva così presto per il ritiro con la Nazionale. Anche gli altri pensavano già a quello, non avevano molto tempo per riposarsi, i convocati.
Mark aveva assunto un'impresa di traslochi per fare il proprio, con la famiglia partivano con alcune valigie e lo stretto necessario verso la casa che avevano già in patria, il resto sarebbe arrivato dopo.
Il loro addio personale se lo stavano per dare ora, anche se poi non era un addio e comunque se ne erano dati già una caterva...
L'appuntamento era al Freak Bar, una bettola di locale schifoso sconosciuto a chiunque, popolato da gente che non seguiva niente del mondo e non sapeva chi erano loro due se non la solita coppia gay.
Fortunatamente era aperto anche di mattina per le colazioni, così siccome Mark e la famiglia aveva l'aereo verso mezzogiorno, avevano tempo per stare insieme qualche ora.
Non avevano voluto vedersi in casa di Kevin perchè poi avrebbero finito per fare l'amore nel modo più doloroso possibile, come se fosse l'ultima volta e non era così, non doveva sembrarlo...
Era stato Mark ad insistere per quel posto orribile perchè era il loro, dove la storia aveva avuto inizio.
Lì potevano amoreggiare senza problemi fingendo di essere la coppia ufficiale che non doveva nascondersi a nessuno.
Eppure erano lì per quello.
Lo sguardo di Kevin si posò su quello di Mark già seduto al solito tavolino in fondo nell'angolo, si guardarono da lontano e si dissero la stessa triste cosa.
'E' arrivato il momento'.
“Il fottuto momento di merda!”
Pensò Kevin in aggiunta. Mark si sforzava di non dirsi nulla.
Avevano entrambi un gran nodo, avevano già pianto a volontà e se Kevin si era limitato ai momenti privati ed intimi, Mark l'aveva fatto anche in pubblico senza vergogna.
Come potevano andare avanti come due ragazzine alle prese col primo amore crudelmente separato da uno Stato?
Non lo erano, erano adulti e pieni di soldi che potevano viaggiare quando volevano e vedersi.
Per qualche ora o per qualche giorno, aspettando le varie vacanze o le molte pause che durante l'anno in un campionato o nell'altro si presentavano.
Aspettando che Mark smettesse di giocare, fra due anni, e si mettesse ad allenare scegliendo una squadra italiana, con un po' di fortuna proprio il Milan...
Aspettando di riunirsi a pieno regime e non solo ad intermittenza come sarebbe stato da lì in poi.
Kevin si lasciò stancamente cadere sulla sedia di fronte -che scricchiolò- e sospirò ancora prima di cominciare a parlare, questo fece ridere Mark e di conseguenza rischiarò il suo cielo nero.
Kevin capì quanto indispensabile sarebbe stato ma capì anche quanto l’amasse per essere a quel punto.
- Non penso d’aver mai amato tanto in vita mia! - Esclamò a bruciapelo come se fosse un argomento di conversazione normale. Mark congelò il proprio sorriso cercando di capire che diavolo c’entrasse ora e sbattendo le palpebre lo guardò stralunato.
- Che diavolo ti salta in mente, ora? - Kevin non aveva più tempo da perdere, non voleva sprecarlo in inutili discorsi di circostanza. Ne avevano avuti così tanti che ora gli facevano rabbia… invece di parlare di cose serie!
- Dai, stai per partire, ti vedrò col contagocce, cazzo! - Grugnì per farlo far sul serio.
Mark capiva che aveva uno stato d’animo pesantissimo ma non poteva prendere un aereo in quelle condizioni…
- Su su, non vado a morire! Mi auguro che l’aereo non precipiterà! Ora hai un sacco di tempo perché non hai impegni di nazionale, perché non vieni qualche settimana in Olanda? È sempre meta turistica, non hai nemmeno bisogno di scuse. Dì che vuoi fare una vacanza ad Amsterdam e Rotterdam, le mete più gettonate, e poi con quella che sei in Olanda tiri a Melissa la scusa di venire a trovarmi. Vi ospitiamo tutti i giorni che volete. -
Kevin lo guardò truce come se avesse bestemmiato e Mark capì d’aver detto qualcosa che non andava…
- E certo ed io poi sto con tua moglie ed i tuoi splendidi figli mentre tu sei con Arjen, Robin e compagnia olandese! - L’altro si batté la fronte con la mano, come aveva potuto dimenticarsi degli europei imminenti? Partiva così presto da Milano proprio per questo…
- Giusto, c’è il ritiro della nazionale… bè, ma non subito, ho qualche giorno. Se tu vieni subito… - Melissa non può subito che ha cose per lavoro e… - Mark si illuminò contento:
- Perfetto! Meglio di così che ti serve? Dille che… - Kevin scosse il capo sempre più depresso ed infastidito da quel discorso. Già solo il dover macchinare tanto per poter andare da lui lo mandava in bestia!
- Sì, che le dico, che voglio vederti dopo che sei appena partito? Che ho già astinenza? E quando mi chiede scherzando se siamo fidanzati io che le dico, sì? - Mark gettò la spugna, non riusciva più a trovare tentativi di tirarlo su. Voleva vederlo quanto più poteva e voleva sinceramente aiutarlo a combinare a salire però se faceva così l’avrebbe ucciso subito affogandolo nel cappuccino!
Esasperato alla fine commentò sbuffando:
- Al diavolo, Kevin! Se non vuoi non troverai mai modi! Guarda che ce ne sono, basta volerlo, cazzo! - Però poi gli era uscita più brusca di quel che avesse voluto e Kevin si inalberò come non aspettasse altro.
- Quali cazzo sono sti modi, dimmeli, porca di quella troia? - sbattendo le mani ed alterando la voce. Mark non si fece pregare e fece altrettanto sul piede di guerra:
- Organizzi una fottuta vacanza in Olanda e dici a Melissa che intanto di avvii perché ti annoi ad aspettarla qua a Milano-Merda-In-Estate e vieni! La prima settimana posso stare con te, io con la scusa di sistemare impegni col nuovo club e per l’imminente partenza per la Nazionale, combino a dileguarmi da casa! Poi quando Melissa sale io devo andare in Nazionale ma ho il ritiro, all’inizio, e sto là in capitale. Tu con lei vai lì come ogni turista sano farebbe e nei fottuti momenti liberi che ci saranno perché con le donne ci sono sempre, vieni lì al ritiro e ti imbuchi come sai fare bene! Questo è un modo! Poi un altro può essere quello di voler vedere qualche partita e casualmente saranno la maggior parte dell’Olanda! Sei un calciatore e sei mio amico, non è strano una cosa simile! E poi quando dovrai festeggiarmi perché li abbiamo vinti noi, i fottuti europei di merda, non ti serve nemmeno di dirglielo perché lo saprà già! Ed io ti aspetterò là! Poi ci saranno le olimpiadi e stronzo che non sei altro vuoi che a lei sportiva com’è non voglia andare a Londra a continuare le sue belle vacanze e fare un po’ vita d’olimpiade nel frattempo? Io posso organizzare la stessa cosa con la mia famiglia e quando loro saranno a vedere qualunque cosa vogliano e Melissa idem, noi ci vediamo per conto nostro! E quando finiscono quelle iniziano i ritiri dei club e fra un buco e l’altro possiamo scappare senza creare inutili sospetti perché c’è il club! Porca puttana Kevin! Se si vuole si combina tutto! -
Kevin, ammutolito e shockato per il lungo sfogo fatto quasi senza respirare ed in tedesco stretto, lo guardò senza saper cosa dire. Ci teneva davvero molto, oltre le aspettative più rosee…
- Ci hai pensato un bel po’ eh? - Questo era chiaro e Mark si sgonfiò rilassandosi di nuovo, prendendosi il viso fra le mani e strofinandoselo.
- Non ci dormo da giorni per pensare a tutti i pieni più dettagliati possibili per vederti quanto più possiamo… -
Kevin si rese conto di essere stato un bambino capriccioso da prendere a pugni e appoggiandosi coi gomiti sul tavolo si allungò in modo da poter appoggiare la fronte sulla sua. Mark si rilassò e tolse le mani dal viso, quindi poterono prendersele senza vergognarsene, senza venir additati da gente che si sentiva superiore per uno qualche stupido motivo perché lì c’era chi forse non sapeva nemmeno di essere al mondo, che per colazione beveva un whiskey!
- Mi dispiace è che… non so più dove sbattere la testa… sto diventando matto all’idea di… - Non riuscì a dirlo e chiuse gli occhi per trattenere le stupide lacrime che stavano per uscire di nuovo. Perché tutte quelle torture? Sembrava andasse davvero in un altro universo e che non si sarebbero più visti… perché così?
- Verrai al ritiro? Avrò molta libertà di movimento, potrò far entrare ed uscire chi voglio, sono il capitano e genero del coach… verrai, Kevin? - Chiese alzando lo sguardo sul suo, cercandolo e fissandolo in quel suo modo magnetico e penetrante che ipnotizzava chiunque lo ricevesse.
Erano lucidi le sue iridi castane, sembravano lava.
Kevin provò ad alleggerire un po’ la tensione…
- E sopportarti con Arjen? - Mark sbuffò. Non ci era riuscito molto bene, quindi sforzandosi di ridere strinse la presa sulle mani e scivolò con la testa di lato, strisciando fino a mettere la guancia sulla sua come fossero due felini che si facevano le coccole…
- Scherzavo, è ovvio che verrò… e verrò anche prima a fare la settimana con te e poi dopo agli europei, in ogni dannata partita, pre e post… e verrò anche alle olimpiadi a Londra e poi scapperò da Milano tante di quelle volte che il Mister mi legherà in catene al campo! -
Questo funzionò meglio perché Mark immaginandoselo -ne sarebbe stato capace volendo- sorrise debolmente. Kevin lo sentì pur non vedendolo e si rilassò anche se il dolore nel proprio volto nessuno l’avrebbe mai testimoniato. Così male non era mai stato.
- Non ho mai amato nemmeno io così, Kevin… - Disse riferendosi alla sua uscita iniziale. Kevin trattenne il fiato ma non le lacrime che scesero. Era sempre l’unico che poi lo capiva veramente, o a lui pareva fosse così…
- So che amavi tua moglie tantissimo… - non voleva testarlo. O forse sì. O forse era l’unico momento per assodarlo una volta per tutte. Però parlarono ancora in quel modo senza alzare le teste da quell’incastro da pantere, tenendo gli occhi chiusi e percependosi quanto più potevano.
- E’ vero, per questo ho detto che non ho mai amato così. In questo modo. È diverso, come amore. È autentico quello di entrambi ma non posso paragonarli anche perché il tuo ad un certo punto ha surclassato quello per lei e… non so come sia successo, quando di preciso o perché… è successo… ed ora non posso pensare di partire senza avere la certezza assoluta che continueremo a portarla avanti e che verrai e ci vedremo ancora. Ti prego. Ti prego, Kevin dimmelo. -
Ma Kevin gli stava già bagnando la pelle della guancia e del collo con le lacrime, in risposta. Lacrime silenziose ed estremamente sentite.
Mark gli lasciò una mano per salire a carezzargli il viso dall’altra parte, gli asciugò le gocce che glielo rigavano e si scostò per guardarlo e dimostrargli che stava facendo la stessa identica cosa, come non avesse fatto altro in quei giorni. Sorrisero in un misto fra il triste ed il divertito…
- Siamo proprio imbecilli… - Commentò Kevin.
- Perché deve essere così difficile? È solo che cambieremo il modo di stare insieme, ma continueremo lo stesso… sembra ci stiamo lasciando… - Kevin si morse il labbro e Mark glielo passò con il pollice finendo per farselo leccare con la punta della lingua.
Gli occhi si agganciarono e fu così che iniziarono a comunicare di nuovo senza parlare, ad una vicinanza ubriacante, senza bisogno di parole.
Kevin si impresse quel suo sguardo intenso e Mark pregò che quello stronzo non ponesse fine alla loro storia perché a distanza sarebbe stata troppo dolorosa.
- Perché viverla qua, ogni giorno, è diverso dal viverla a distanza di un ora e mezza aerea… - Lo disse, era vero.
- Però non impossibile. Non assurdo. - Proseguì testardo Mark.
- Non impossibile. Non assurdo. - Ammise Kevin. Poi aggiunse sorridendo piano, capendo che Mark ci teneva tanto da non partire prima di non essere convinto di rivederlo prestissimo. Era vero, però. Si chiudeva un capitolo molto facile da vivere e se ne apriva un altro più difficile ma forse più bello dato la serietà di sentimenti. - Perché non ho mai amato tanto in vita mia. Per questo lo faremo! -
Mark tornò a piangere nel vedere la sua convinzione e Kevin sorrise lieto di essere riuscito nel proprio intento di farlo partire rassicurato. Poté anche baciarlo perché di sobri al momento non c’erano, solo un barista seduto in uno sgabello dietro al banco che dormiva russando.
Quell’ultimo bacio da ‘milanesi’ fu strano, amaro e salato ma anche promettente.
Sicuramente il prossimo bacio sarebbe stato diverso, più sentito, più vivo, più desiderato, più salvifico.
Sicuramente il prossimo sarebbe stato diverso e magari portatore di gioia e non di tristezza come quello.
Si diedero ossigeno a vicenda e si confusero i sapori mescolandosi mentre le lingue si fondevano insieme alle bocche, incapaci di staccarsi, unendosi più che potevano.
Aprendosi, premendosi, respirandosi e immergendosi ancora di più.
Quando si separarono, con gli occhi chiusi e le labbra ancora appoggiate l’una all’altra, Mark mormorò piano:
- E’ un arrivederci, lo capisci? Perché ti amo e ti avrò ad ogni costo, che tu lo voglia o no. E quando finirò col calcio giocato, passerò ad allenare e tornerò in Italia. Lo capisci che tornerò in questo Stato e che devi tenere duro a viaggiare solo per due anni? -
Kevin di nuovo realizzò quanto ci aveva pensato nei dettagli fino a perderci la testa, oltre che il sonno e la sanità mentale, e sorrise colpito, grato che fosse così razionale ed organizzato, perché in quel modo gli dava conferma che se così diceva, così sarebbe stato.
Sollevato e leggero poté rispondere sicuro che ce l’avrebbe fatta:
- Ti amo e ti aspetterò qua in Italia fra due anni. E nel frattempo ti inseguirò come una sanguisuga in ogni parte del mondo, a costa di farmi rinchiudere per stalking! - Mark ridacchiò e nel rischiararsi provò pace.
- Lo sai che se dico qualcosa non è tanto per dire. Che quel che dico faccio. -
- Lo so. Per questo la porterò avanti. Non l’avrei fatto per nessun altro, giuro. Solo perché so che tu sei così, tutto d’un pezzo. Perché le tue non sono solo parole vuote. -
Rimasero a contemplarsi fino a che, riuscendo a scherzare di nuovo, non trovarono la forza di alzarsi e separarsi per potersi rivedere in aeroporto insieme agli altri.
 
Quando furono lì, Mark era con la moglie Andra ed i tre figli, due maschi ed una femmina e Kevin insieme agli inseparabili Alex, Thiago, Roby, Zlatan e Antonio -Zlatan si era portato Antonio fondamentalmente per far ridere sapendo che l’atmosfera sarebbe stata triste- , tutti si stupirono di vedere sia Kevin che Mark trattenere stoicamente le rispettive lacrime, poi Thiago capì che dovevano averne appena versate in abbondanza.
I soliti convenevoli, Alex e Roby appesi al collo di Mark a cui poi si era aggiunto Antonio obbligando con poca gentilezza anche Thiago e Zlatan in un ultimo mega abbraccio. Ultimo per modo di dire, non andava a morire, Mark, potevano rivedersi quando volevano.
Zlatan si sentì stupido ma poi strinse gli occhi un po’ troppe volte per essere uno che si sentiva stupido.
Alex pianse a dirotto senza vergogna anche per gli altri che volevano fare gli uomini duri, Roby ad un certo punto decise di dargli man forte giusto per non lasciare solo il suo amico e ad Antonio vennero gli occhi lucidi. Thiago fu il razionale di turno, qualcuno doveva farlo.
- Verremo di sicuro a romperti le scatole più volte di quel che pensi. Non solo lui, cioè… - Previdente come sempre, conosceva i suoi polli… Mark sorrise immaginandosi i soliti bordelli, poi ripensò a tutto quello che avevano passato in un anno e mezzo, a tutte le assurdità a cui aveva acconsentito e alle risate fatte e fra queste, una piccola lacrima brillò di nuovo. I figli gli si strinsero intorno incitati dalla madre consapevole che gli costava fatica quella scelta, quindi riuscirono ad andarsene.
Solo quando Mark ebbe passato il chek-in si voltò verso di loro, poi mentre la moglie ed i figli si avviavano fischiò verso Kevin e senza il minimo preavviso gli tirò qualcosa che il ghanese prese al volo.
Poi da lontano il suo sorriso contagioso e sereno, il suo occhiolino complice ed infine le sue spalle.
Quando ebbe passato la loro visuale, Alex, Roby ed Antonio gli si fecero intorno ma non per consolarlo, solo per vedere cosa gli aveva tirato.
- Cos’è? - chiesero curiosi come suocere.
Kevin guardò non sapendone nulla e quando vide di nuovo il nodo salì traditore. Un nodo bello grande…
Era un ciondolo in acciaio con la piastrina che i militari portavano una volta.
- Ma non è stato nell’esercito… o si? - Fece Roby. Kevin guardò bene.
- E’ di suo nonno… -
- Il che vuol dire… - Iniziò Alex.
- Che suo nonno l’ha data a suo padre e suo padre a lui… - Continuò Thiago ammirato almeno quanto gli altri per quel gesto significativo.
- E che questa è… - Ma Roby non riuscì a dirlo perché Antonio ci pensò al suo posto con entusiasmo tipico suo:
- Che ti ha giurato amore eterno! È una promessa! Oddio ma che dolce! -
- Una promessa?! - Alex, tardo come sempre, chiese delucidazioni che gli diede Zlatan pronto all’evenienza.
- La promessa che si rivedranno e che è una cosa seria, che si mette in gioco nonostante la distanza! -
- Bè, se uno così si mette in gioco puoi star certo che è per la vita! - Puntualizzò Thiago sapendo che ce n’era bisogno. Ad Alex brillarono di nuovo gli occhi per la dolcezza di quel gesto.
- E’ come se fosse un pegno matrimoniale! - Esagerò come sempre Antonio. Forse avrebbe potuto evitarlo perché a quel punto Kevin, tutto rigido e silenzioso, finì per crollare dopo aver tenuto tanto duro e buttando le braccia al collo del più vicino, si mise a piangere come una fontana con Alex che piangeva anche lui allo stesso modo. Un po’ per Kevin, un po’ per la bellezza del gesto di Mark. Poi di nuovo Roby e Antonio imposero l’abbraccio collettivo.
Questa volta Zlatan si sentì effettivamente stupido, in maniera completa, ma non mollò la presa. Lì dentro c’era il suo Alex che frignava!
Quando riuscì a resuscitare, Kevin lo chiamò mentre l’accompagnavano a casa -erano venuti tutti insieme su insistenza di Alex.-
- Stronzo non puoi farmi una sorpresa del genere! Avrei ricambiato se lo sapevo! -
Mark sorrise dall’altra parte.
- E’ per questo che te l’ho dato all’ultimo… non volevo obbligarti. Questo è un pegno da parte mia per dirti che è una cosa seria e che mi impegno con tutto me stesso a farla funzionare ad ogni costo. Sempre. - E forse aveva scelto quel modo perché dal vivo, guardandolo, non sarebbe mai riuscito a dirglielo. Ultimamente si era scoperto fin troppo sentimentale, il duro generale famoso per le sue risse in campo!
Kevin rallentò, gli occhi bruciavano di nuovo. Lui invece si sentiva una donna incinta!
Alex notandolo gli prese teneramente la mano mentre Zlatan guidava a rotta di collo per arrivare presto. Alex ovviamente gli ordinò di andare a casa propria e non a quella di Kevin.
- Ma voglio farla anche io… - Disse con un filo di voce roca e tirata. Sospirarono.
- Allora mi sa proprio che dovrai venire su prima di quel che pensavi! - Kevin riuscì a sorridere ma strinse la presa nella mano di Alex mentre davanti Antonio cercava canzoni romantiche e smielate per alimentare un’atmosfera già smielata di suo. Con Zlatan che cercava del sano rock e sbuffava.
- Aspettami, prenotami un albergo lì vicino! -
- Già fatto! -
- Eh? - Fece Kevin pensando d’aver capito male.
- Sì, quando ho preso casa ho detto al proprietario di un albergo perfetto che non è troppo vicino casa mia ma nemmeno troppo lontano, comunque in un posto intimo e privato. Gli ho detto di tenere sempre la camera numero 27 libera a nome mio. -
Kevin non dovette chiedere perché quella, si limitò a tirare su col naso e a nascondere il viso contro la spalla di Alex che in risposta se l’abbraccio dolcemente protettivo. Beccandosi le maledizioni di Zlatan che a sua volta si prendeva le risate e le prese in giro di Antonio.
Il 27 era il numero della sua maglia.
- Grazie. - Non riuscì a dire altro, come nemmeno a pensare a che diavolo regalargli in pegno per scambiare quella svenevole promessa, però riuscì ad immaginarsi in quella maledetta camera numero 27 tante di quelle volte da trovare del sollievo. Il resto lo trovò con l’abbraccio e le carezze dolci di Alex che non l’avrebbe mai lasciato solo.
E su uno sfondo di ‘I will always love you’ della meravigliosa Whitney Houston, con uno stonato Antonio che cantava a squarciagola deformando l’inglese in barese fino a risultare grottesco, la macchina sfrecciò verso un nuovo capitolo delle vite di quei ragazzi che da lì in poi avrebbero vissuto un nuovo ciclo. Un ciclo che sarebbe entrato comunque nella storia, come aveva fatto quello precedente appena chiuso.
 
Il giorno dopo ovviamente Kevin era già sull’aereo verso Eindhoven, la nuova città di Mark.