2. COME SONO FINITO QUA
- Non so come abbia
fatto lui a lasciarti né perché l’abbia fatto, ma non penso sia stato
facile. Perché è così facile volerti! - Leo se lo fece sfuggire, scosso
da quanto succedeva ed in questo Alessio si distrasse capendo il
sottinteso.
- Tu... tu provi...
tu... - Appena lo capì fu come se gli riattaccassero una spina, si
separò immediatamente tornando subito in sé, con una capacità di
ripresa micidiale che basì Leo.
Guardandolo in viso e
messo a nudo improvvisamente, arrossì e si strinse nelle spalle
grattandosi imbarazzato la nuca. Sorrise dolcemente e fu lieto di
poterlo lasciare, sciolse le mani da lui, sebbene a malincuore ma anche
contento perché non sapeva quanto sarebbe potuto resistere.
- Non provo niente, è
solo che ho sempre avuto un debole per te da subito. - Ale pensò che
allora ci aveva visto giusto, ma non lo disse riprendendosi piano piano
mentre la propria attenzione si spostava su di lui e non più su di sé e
Sinisa.
- Scusami. - Disse solo
asciugandosi il viso stravolto di lacrime, così bello nonostante fosse
rosso e gli occhi tanto piccoli e gonfi di pianto.
- Non devi, è tutto a
posto. Anche io vengo da una lunghissima storia finita male ed in modo
sfinente, fra l’altro fuori dal matrimonio perciò credimi che ti
capisco. Completamente. - Con questo lo guardò negli occhi dando
conferma che era con un ragazzo, ma Alessio sapeva anche con chi. Gigi
ovviamente. Chi non lo sapeva?
- Perciò è finita? È
per questo che te ne sei andato? - In quel momento Leo capì che Ale
aveva capito e senza fare nomi né dare conferme, continuò pacato e
malinconico.
- Era finita da un po’,
abbiamo provato a farla funzionare ma non ci siamo riusciti. Quando me
ne sono andato sono lentamente rinato ed anche il nostro rapporto a
distanza pare funzioni meglio. Io lo amo e lo amerò per sempre. - Era
strano dirlo ad alta voce. Dire ‘lo amo’. Alessio sorrise con dolore,
rivedendosi.
- E come avete fatto?
Come fai a viverlo e accettarlo e ad essere sereno? - Chiese con
impeto, disperato, sperando che avesse delle risposte, che potesse
aiutarlo.
- È stato difficile ed
a volte mi pento di tutto e vorrei solo tornare e riprovarci, ma poi
non sopporterei un altro suo rifiuto. Siamo in un equilibrio delicato,
un passo falso e si distrugge tutto, il dolore, quello insopportabile
che ti fa fare sciocchezze, torna. - Ale sorrise colpevole sapendo che
si riferiva a lui. Dopotutto niente di speciale ed unico. Tutto
normale, no?
Cose che vivevano
tutti.
Cose che passavano e
superavano tutti.
- Ma io non voglio
superarlo. Non voglio accettarlo. Non voglio un equilibrio. Io voglio
lui perché lui mi ha lasciato per la nostra differenza d’età e perché
saremo sempre clandestini come relazione e vuole proteggermi da questo
tipo di rapporto difficile. Dice che l’età mi pesa e mi peserà sempre
più e non è giusto che io stia con lui e... ventisei anni. Se non
pesano a me perché dovrebbe pensarci lui? Ci penso io! - Alessio aveva
ripreso a buttarsi, ma almeno parlava a ruota libera e più parlava, più
Leo capiva. Ma Ale non se ne rendeva conto. - E siamo lontani, ma tanto
lui vive con la famiglia giù a Roma dove vivono i miei, ci vado
spessissimo lo stesso. E poi i soldi non ci mancano ed ora non lavora,
ma quest’estate ricomincerà, ancora non sappiamo dove, ma
sicuramente... - Leo impallidì mettendosi una mano sulla bocca
spontaneo.
- È Sinisa Mihajlovic?!
- Alessio realizzò solo lì di aver parlato davvero troppo e si
interruppe trattenendo il fiato.
- Cazzo. - Imprecò. Leo
alzò le mani vedendolo nel panico, di nuovo a non capire cosa fare,
cosa dire, e cercò di tranquillizzarlo sebbene superare lo shock più
grande degli ultimi anni non fosse facile.
- Non... non lo dirò a
nessuno... è solo che... Ale, ma sei masochista? - Alessio alzò gli
occhi al cielo non sapendo se ridere o arrabbiarsi.
- Perché lo dicono
tutti? - Ma poi gli uscì una specie di lamento simile ad un pianto che
inghiottì e Leo tornò a circondargli le spalle protettivo.
- Per questo. - Gli
indicò col dito il viso pieno di lacrime.
Alessio capì cosa
intendeva ed in effetti non poteva dissentire.
- Ci ha dato proprio
dentro. A quanto pare avete tutti ragione. - Ripensò a chi lo sapeva,
perfino mister Montella lo sapeva e gli aveva esattamente detto se
fosse masochista.
Leo sorrise vedendo che
cercava di alleggerirsi per risalire, così gli carezzò la testa
appoggiandogliela contro la propria spalla, sentendolo meno fuori
controllo di prima.
Lasciarono un po’ di
tempo, Leo ripensò alle motivazioni che gli aveva detto Ale, ma non
sapeva cosa dire. Forse non c’era niente da dire.
- Quanto tempo ci avete
messo a trovare il vostro equilibrio e ad accettarlo? -
- Dovevo accettarlo io,
è una decisione che aveva preso lui. Io ho fatto di tutto, ho tentato
ogni cosa ma non c’è stato verso. Alla fine ho mollato e me ne sono
andato. È stato come quando la palla entra in rete dopo novanta
fottutissimi minuti che tenti il goal e non entra mai. Il goal del
93esimo di testa su calcio d’angolo, prima del fischio finale. -
Alessio sorrise ammirato e colpito dall’analogia che gli faceva capire
molto bene cosa intendeva.
Invidiandolo.
- Non eravate giusti?
Non ne potevi più? - Non capiva bene come fosse stato possibile che nel
mollare si fosse sentito meglio.
Leo si oscurò cercando
di tirare fuori qualcosa di cui non aveva mai parlato a nessuno.
Inghiottì a vuoto e si strinse nelle spalle lasciandolo andare, Alessio
si raddrizzò di nuovo guardandolo paziente.
- Non lo so. Lui diceva
che non voleva tenermi legato a sé per sempre, che il tempo stava
finendo e che io facevo molti sacrifici per lui. Erano idee sue. Non mi
ha mai dato retta. Ho perso mille energie combattendo per questa cosa,
alla fine penso di essere stato solo sfinito. Penso che combatti finché
ne hai, quando non ne hai più lasci andare e stai meglio, ma solo se
prima hai fatto tutto l’impossibile. - Alessio strinse le labbra
capendo bene cosa intendeva, anche se non si immaginava a lasciar
perdere e a stare meglio. Lui l’avrebbe spuntata perché sapeva che
Sinisa l’amava. Non c’erano santi. Punto.
- Una volta qua sei
stato meglio? - Leo piegò la testa di lato.
- Non ho avuto un
inizio facile, no? - Alessio ricordò quanto era stato bloccato e
pensando fosse colpa della pressione che aveva, gli aveva dato dei
consigli che sembrava fossero serviti. Evidentemente era stato altro
dietro.
Evidentemente non
sapevi mai cosa c’era dietro un sorriso od un’espressione. Mai.
- Mi dispiace. Non te
l’ho reso facile. - Leo rise illuminandosi, dandogli una spinta con la
spalla.
- Non dire sciocchezze.
Tu mi hai distratto, mi hai aiutato molto indirettamente. Volevo far
funzionare la cosa perché istintivamente mi piacevi, eri una ventata di
aria pulita, la prima volta che ho pensato di voler fare qualche
tentativo per distrarmi. La prima. - Alessio arrossì ed abbassò lo
sguardo.
- Ti ho reso la vita
dura. - Si sentiva colpevole d’avergli rovinato la risalita, ma non
l’aveva fatto di proposito. Leo continuò ridendo, Alessio si sentiva
meglio sentendolo parlare e ridere, raccontava di qualcosa di difficile
come se fosse stata una passeggiata.
Se ci era arrivato Leo,
ci poteva arrivare anche lui, si disse.
Ma voleva arrivarci
perché si era ripreso Sinisa.
- Combattere per
qualcos’altro, un bel rapporto con te, un posto sereno in squadra,
ritrovare il mio gioco, sono state le mie terapie. Senza tutto questo
non sarei risalito. Qualche settimana fa gli ho fatto gli auguri e
cercavo qualche foto degna ed ho capito che stavo bene, che finalmente
stavo bene. -
Alessio rimase a bocca
aperta, ammirato e colpito di quanto gli diceva. Davvero sorpreso che
si potesse arrivare a quel livello.
- Sono contento che ci
sei riuscito. - Poi abbassò gli occhi. - Io combatterò, ma non per
superarlo. Combatterò per riprendermelo. A costo di ucciderlo! -
Concluse guardandolo con un sorriso di scuse, come se dovesse
giustificare la propria indelicatezza dopo quella sorta di
dichiarazione. Leo capì e sorrise dandogli un altro colpetto con la
spalla.
- Ed è giusto che tu lo
faccia. Finché ne hai. Quando sarai sfinito da non poterne più, se non
ce l’avrai fatta, io sarò qua. Perché so come ci si sente. - Leo si
rifaceva alla propria esperienza che alla fine era stata negativa in
quanto non era tornato con il suo compagno, ma era positiva perché ne
era uscito ed era risalito.
Non glielo avrebbe
detto, ma a quel punto era pronto a riprovare un’altra storia, non
seria da subito, ma nemmeno per puro divertimento.
Solo un tentativo.
Qualcosa che non aveva avuto fino a che era stato alla Juve, con Gigi
lì.
Se Alessio fosse stato
libero e disponibile l’avrebbe fatto. Lo vide riprendere il cellulare
come se si risvegliasse da un lungo sogno.
“Domani lo rivedrò e
sarà shoccante, ma forse sarà bello perché capirò una volta di più se
davvero l’ho superata o a che punto sono. Un’altra prova da affrontare.
Ma penso di potercela fare.”
Vide Alessio provare a
chiamarlo di nuovo senza successo, lo vide abbattersi e deprimersi e si
chiese se non avesse dovuto accettare di fare sesso con lui per
distrarlo, ma sapeva che poi si sarebbe sentito peggio ed anche in
colpa, in aggiunta a tutto il resto.
E poi non l’avrebbe
fatto con lui, ma l’avrebbe solo usato.
Sapeva di aver fatto la
cosa giusta, ma sperava di avere un’altra occasione, un giorno, e che
quella sarebbe poi stata perfetta, nel momento giusto per le giuste
motivazioni.
Lo sperava davvero.
- Dai, andiamo in cerca
di cibo, ti va? A quest’ora non ci sarà nessuno, corromperò qualche
responsabile che tanto mi conoscono. - Leo aveva pernottato diverse
notti in quell’albergo e conosceva praticamente tutti.
Ale all’idea di
mangiare voleva vomitare, ma si rese conto che per fargli da balia Leo
aveva saltato la cena, così accettò.
- Ti accompagno e
basta, non mangio niente che vomito. - Leo ridacchiò.
- Lo immagino. - Poi
prima di recuperare le chiavi magnetiche lo guardò sospettoso. -
Scapperai mica? - Alessio finalmente rise, seppure risultò quasi
grottesco per gli occhi piccoli e gonfi di un pianto uscito fino a poco
prima.
- Non ti metterei mai
nei guai dopo quel che hai fatto per me. - Leo prese le chiavi e
infilatosi le ciabatte, lo guardò senza capire.
- E che ho fatto? - Ale
si strinse nelle spalle vergognandosene.
- Mi hai sopportato
nella versione peggiore di me. Penso di averti terrorizzato. - Leo
ridendo uscì facendosi seguire da lui a cui non avrebbe mai staccato
gli occhi di dosso. Pensava quasi quasi di mettergli un guinzaglio.
“Giuro che se mi scappa
davvero lo ammazzo io, dopo!”
- Beh in effetti sei
stato abbastanza terrificante. Pensavo che la cosa dell’anima romana
fosse una cavolata ma... sei shock puro quando perdi la testa! -
Alessio forzò un vago sorriso che a Leo bastò, mettendosi a parlare
d’altro e raccontargli le cazzate che aveva fatto in quell’albergo le
volte precedenti.
Leo sospirò vedendolo
finalmente addormentato, era rimasto sveglio a leggere un po’ tenendo
la luce del comodino accesa di proposito per controllare che si
mettesse a dormire e non piangesse o non scappasse, per sicurezza aveva
bloccato le porte e nascosto di nuovo le chiavi.
Ora aveva un’aria da
angelo, ma prima era sembrato davvero un demonio.
Quasi impossibile che
quello fuori di sé di prima fosse sempre Alessio, mai immaginato un
lato simile in uno apparentemente così equilibrato e normale.
“Questo ti fa perdere
ancora di più la testa.” Pensò sporgendosi sul gomito per controllare
meglio il suo sonno che era cupo e tormentato, ma profondo.
Gli scostò un po’ i
capelli dalla fronte e nel gesto delicato la fronte aggrottata si
distese. Sentendolo nel sonno mentre probabilmente sognava il suo
Sinisa, Alessio si girò verso di lui e lo abbracciò.
Leo si dovette mettere
comodo supino e lasciare che si accoccolasse su di lui, ricambiò
l’abbraccio sentendosi meschino nell’approfittare di una sua debolezza,
per di più mentre dormiva.
Alessio sognava di
essere di nuovo col suo uomo con cui aveva fatto pace mentre lui si
lasciava abbracciare.
“Sinisa...” Pensò
shoccato chiudendo la luce. “È davvero masochista. Guarda come l’ha
ridotto! E di sicuro mettersi con lui fino ad avere una vera relazione
non deve essere stato facile.” Alessio durante la ricerca del cibo gli
aveva raccontato della gelosia di Sinisa e della successiva convinzione
che Leo fosse perfetto per lui e che voleva si buttasse su di lui, che
con lui sarebbe stato più facile e libero, più felice.
Leo sapeva che in una
relazione così non era facile lasciarsi, non lo era in nessuna che
fosse stata reale. Perciò anche se lentamente aveva sperato di poter
avere un rapporto oltre l’amicizia con Ale perché sarebbe stato
perfetto, proprio come diceva Sinisa di lui, sapeva che come minimo ci
sarebbe voluto molto tempo.
“Per quel che so di
Miha, dubito che tornerà sui suoi passi anche se l’ha fatto per
Alessio, per liberarlo da questa relazione complicata. Capisco che un
giorno Ale si sarebbe logorato sempre più, è un atto del tutto
comprensibile da parte di Mjha. E pieno d’amore a modo suo. Anche se
potessi ora come ora non voglio intromettermi, diventerei un chiodo
scaccia chiodo, perché poi una delle fasi sarà anche questa. Se fra noi
succederà qualcosa come ho sempre sperato, deve essere perché è uscito
da quella storia e sta meglio e si sente pronto a riprovarci con
qualcun altro, proprio come me ora.”
Leo aveva le idee
chiare e pensandolo si addormentò sperando che il tempo volasse in
fretta.
Fu la mano e una voce
femminile che chiamava dolcemente il suo nome a svegliarlo di
soprassalto.
Quando aprì gli occhi
realizzò di essere a casa nel suo letto e che la mano era di sua moglie
Arianna che lo carezzava dolcemente, assonnata.
- Tesoro, piangevi e ti
agitavi. Hai sognato di nuovo la Serbia? - Quando Sinisa sognava la sua
terra e la guerra, spesso si svegliava piangendo.
Non era stato là quando
era scoppiata, non aveva subito le bombe sventolargli sopra la testa,
ma l’aveva vissuta da lontano perché la sua famiglia era rimasta là di
proposito, proprio nel centro della guerra, a casa sua. E poi sognava
quando era potuto tornare là a vedere il devasto. Quello lo faceva
piangere ancora di più, ogni volta a distanza di anni.
Sinisa annuì e
asciugandosi sbrigativo la faccia scese velocemente dal letto andando
al bagno.
Aveva sognato Alessio,
ma non glielo avrebbe di certo detto.
Lo specchio rimandava
la propria immagine, uno straccio ambulante. Occhi segnati da occhiaie,
l’aveva appena fatto e già soffriva.
Come si poteva star
male così per aver rotto con un ragazzo di ventitré anni con cui era
iniziata come divertimento e basta?
Quando era arrivato a
quel punto?
Sinisa guardò l’ora e
valutò l’opzione di chiamare Dejan e andare da lui il giorno dopo, poi
Alessio tornò di nuovo a prendere ogni spazio e arricciando il naso
scosse il capo, si lavò il viso e imprecò.
Essere lasciati era uno
schifo, ma lasciare era anche peggio, specie se non volevi farlo.
Sinisa tornò silenzioso
in camera, si coricò accanto alla moglie che dormiva ancora e rimase
sveglio per il resto della notte a ripensare ad Alessio, al motivo per
cui l’aveva lasciato, le parole usate e tutte le altre cose non dette
ma che lui sicuramente sapeva.
Pensò anche a come
stava, immaginando ogni sua possibile reazione, sapendo che gli aveva
di sicuro intasato il telefono che aveva finto d’aver perso. Avrebbe
dovuto cambiare numero? Sapeva che avrebbe fatto di tutto per
convincerlo, probabilmente stava facendo il matto fino a piangere, ma
qualche compagno, Leo magari, l’avrebbe frenato dal fare qualche
sciocchezza.
Dejan per sé poteva
anche essere una buona idea, ma c’era un problema sostanziale a tale
soluzione.
Dejan non era Alessio.
“Come cazzo sono
arrivato a questo?”
Il mattino dopo tutti
gli chiesero come stava, Alessio non aveva idea di che cosa avessero
detto in giro Gigio e Susuo, perciò spaesato disse un generico ‘meglio’
poco convincente. Alle insistenze dei suoi compagni preoccupati, iniziò
presto ad inserirsi Leo e a parlare al suo posto, tenendo banco e
distraendoli tutti, avendo soprattutto cura di non far arrivare alcuna
voce al mister.
Ale fu sentitamente
grato a Leo e si limitò a spiegare un po’ meglio e piano a Gigio e Suso
cosa era successo. Non che fosse facile parlarne, anche solo dirlo o
farlo intendere era una specie di tortura.
Dirlo fu come renderlo
più reale, come accettarlo.
- E sei qua?! - Chiese
sorpreso Suso che aveva visto il suo lato da romano impazzito. Alessio
lo fissò male mentre Leo interveniva spontaneo:
- Ehi ehi, sai quanto
ho penato a tenerlo qua? Pensi che sia stato facile? Era impazzito! -
Sibilò battendo le mani sul tavolo con aria infervorata. Alessio fece
un espressione colpevole e dispiaciuta, ma Leo gli mise la mano sulla
gamba sotto il tavolo per tranquillizzarlo, capendo che si era
mortificato. Ale gli lasciò uno sguardo fugace di gratitudine,
sentendosi meglio vedendo che scherzava per stemperare.
- Siete durati molto
più di quel che pensassi. - Disse Gigio che, al contrario di Suso,
sapeva anche il nome della controparte. Ovviamente non sapeva essere
delicato e diplomatico, ma lui non se la stava passando meglio perciò
gli era concesso. Alessio fece un’espressione un po’ strana, ma non
commentò mentre Suso si incuriosiva sull’identità di questo misterioso
amante.
- Penso che sia il
periodo, c’è aria di rottura! - Continuò Gigio drammatico calcando
ancora la mano senza pensarci meglio.
- Beh parlate per voi.
Per quanto difficile, con Gerard sta andando bene. - Gongolò Suso
scostandosi da quei depressi disfattisti. Alla sua frase Gigio ed Ale
si guardarono e mandandolo a cagare ognuno col proprio dialetto, si
alzarono contemporaneamente andandosene dalla mensa. Nessuno dei due
aveva mangiato molto, il necessario per non svenire.