8. DEFINITIVAMENTE


/Papà Miha e Gigio/

Lo respirava anche Sinisa, sapeva che ora Alessio era a Roma col Milan per la finale, sapeva anche in che albergo pernottava. Sapeva di poter girare lì, di poter anche entrare di nascosto, di poterlo intravedere. Sapeva di poterlo fare, però si fece violenza e rimase fermo a casa senza nemmeno uscire, fissando il biglietto della finale che si era preso. Uno solo, senza accompagnatore.
Se la finale sarebbe coincisa col venti maggio sarebbe stato perfetto, si disse. Invece aveva ancora due fastidiose settimane prima di poter avere una risposta, quella che sperava a dispetto di quello che sapeva era giusto.
“Un giorno finiremmo comunque a doverci lasciare, un giorno la nostra differenza d’età gli peserà. È giovane, adesso per lui è facile voltare pagine. Anche se questa giovane età gli permette anche di intestardirsi molto di più. Ma cosa ne sai dell’amore a ventitré anni?”
Sinisa si ripeteva questo per la maggior parte del tempo, ma quando si ritrovò in tribuna, ben nascosto in mezzo alla folla, col suo solito cappello e la sciarpa di Alessio perché quella sera c’era piuttosto fresco, quando lo vide nel riscaldamento iniziale sentì come un pugno allo stomaco.
Sinisa annusò la sua sciarpa, il suo profumo era ancora lì. Lo vedeva dal vivo, da lontano, e lo ‘annusava’.
Aveva spezzato il patto, non avrebbero dovuto vedersi per niente, ma vederlo attraverso uno schermo era la stessa cosa che vederlo a distanza di metri e metri.
Era inutile farne a meno avendone l’occasione. Era comunque lui che lo vedeva di nascosto, tanto valeva stare nello stesso stadio.
Si sentiva idiota ed euforico insieme.
Erano quasi vicini. Quasi insieme.
Ed ormai a separarli pochi giorni.
Era stato debole, si diceva. Aveva ceduto ad Alessio ed era tornato sui suoi passi, gli aveva permesso di sperare in un loro ritorno insieme, di torturarsi, di essere stupido.
Ora aveva solo rimandato l’inevitabile. Ma forse era giusto punirsi per aver agito egoisticamente prima. Quando l’aveva voluto se l’era preso senza rifletterci, quello era ciò che ne conseguiva.

Sia Leo che Sinisa ebbero conferma dei loro dubbi e paure.
Alessio non era ancora l’Alessio di prima, sarebbe tornato, stava tornando, ma aveva quei momenti in cui recuperando la palla invece di tentare col sangue freddo di impostare l’azione, la buttava via, spesso fuori dal campo, senza rifletterci.
Non era per nulla una cosa che il miglior Alessio avrebbe mai fatto.
Era come se giocasse coi nervi tesi tutto il tempo.
Era una finale, era la Juve, c’erano le solite ingiustizie arbitrali da affrontare, c’era il solito caos, la solita guerra, ma un lato di loro sapeva benissimo che dietro tutto questo c’era la consapevolezza di essere lì a Roma, dove c’era anche Sinisa.
E soprattutto che gli mancava, gli mancava ancora troppo per poter giocare lucidamente come niente.
Impetuoso, impulsivo, istintivo e passionale.
Sinisa si ritrovò con gli occhi lucidi nel rivedere il suo Alessio lottare, insistere con le sue tipiche manovre, i suoi tipici modi di fare e di rivoltarsi e di insultare.
Non era cambiato. Era solo teso e nervoso per mille motivi, fra cui lui. Lo sapeva. Non ci poteva fare nulla.
“Potrei accorciare i tempi, andare da lui dopo la partita e consolarlo e dirgli che se gli va bene, anche a me va bene.”
Ma non sarebbe stato da Sinisa che faceva sempre quel che andava fatto.
O quasi sempre.
In quei giorni aveva chiesto a Gigio come stava Alessio, Gigio gli aveva risposto che non stava bene ma che cercava di affrontare la situazione e andare avanti. Non gli aveva detto se se la faceva con qualcuno, non aveva voluto saperlo sebbene sarebbe stato meglio.
Fece molta violenza su di sé per non scendere da lui e abbracciarlo, specie dopo quella bruciante sconfitta.
Perché lui sapeva cosa si agitava ora in Alessio e sapeva che era uno straccio e che probabilmente non sapeva per cosa stare peggio.
Lo sapeva.
Ma la sofferenza faceva parte della vita.
Probabilmente dopo una serata del genere Alessio era più intenzionato a non tornare insieme.
Perché dopo che il tuo amore ti abbandona nel momento peggiore, il più difficile, come puoi perdonarlo e tornare con lui?
E poi Leo gli stava particolarmente vicino, sicuramente avevano una storia di sesso, sicuramente alla fine era andato con lui per ripicca, perciò la sua vita stava riprendendo. Non sarebbe tornato il venti maggio.
Non sarebbe tornato ed era giusto. Era quello che aveva voluto per il suo bene.
Perciò basta torturarsi.
Doveva prepararsi anche lui alla chiusura, doveva per forza.

Lui era lì, lo sapeva anche senza averlo visto o che qualcuno glielo potesse confermare.
Alessio lo sapeva che Sinisa era lì e che aveva spezzato la loro promessa di non vedersi nemmeno da lontano fino al venti.
Lo sapeva.
E sapeva che non veniva a consolarlo di proposito, per farsi odiare meglio, così poi per ripicca non sarebbe tornato con lui.
Sinisa sapeva cosa fare per farsi detestare.
Alessio rimase ben lontano da tutti evitando contatti di consolazione, parole di circostanza, abbracci fastidiosi.
Leo gli venne vicino, negli spogliatoi, e gli strinse la spalla cercando di capire come potesse stare dopo che il suo gioco in campo aveva parlato piuttosto bene.
Alessio scosse la testa, alzò la mano per dire non ora e con un brusco:
- Ce la faccio. - Si chiuse a tutto.
In quel momento non voleva nulla. In quel momento non voleva proprio nulla.
Solo scappare da lì e andare da Sinisa, abbracciarlo e dirgli che quegli stupidi espedienti non contavano nulla.
Ma con ogni muscolo del corpo teso rimase lì dove era, non si mosse, non proferì parola. Una grande prova, la prova migliore della propria vita.
Era duro ma necessario, avrebbe fatto esattamente tutto quel che lui voleva, tutto. Poi se lo sarebbe ripreso. Perché se una storia finiva, dovevano essere entrambi d’accordo su questo.
E lui non lo era. Punto.


Raggiungere gli obiettivi calcistici aiutò molto l’umore di Alessio a distrarsi meglio, ma molto lo fece anche il dover fare da baby sitter a Gigio ed alla sua depressione sempre più cronica che soprattutto da quando aveva appreso che Manuel si era messo con Patrick, l’aveva praticamente implorato di aiutarlo.
Aiutare gli altri era d’aiuto a sé stesso, una sera si ritrovarono lui, Gigio e Leo tutti insieme in camera a Milanello.
Il giorno dopo sarebbe stata la loro ultima partita della stagione, contro l’Atalanta avevano fatto un pareggio utile a loro per qualificarsi senza dubbio in Europa League, ma l’indomani avrebbero dovuto vincere per evitare i preliminari.
Eppure per loro non era quello il pensiero primario.
Ognuno di loro ne aveva uno e quella sera entrambi non avrebbero dormito molto.
Leo era fuori in terrazzo appoggiato alla balaustra, una mano a reggere la fronte mentre l’altra il telefono all’orecchio. L’espressione seria, in difficoltà, incerta.
- Secondo te ci torna? - Chiese Gigio. Alessio che lo guardava seduto nel proprio letto scosse la testa sicuro.
- Ha lavorato molto per arrivare fin qua, non butterà via tutto questo tempo e tutta questa fatica. - Alessio sembrava sicuro. Gigio sospirò e si stese nel letto di Leo incrociando le mani dietro la nuca.
- Fa bene. Andarsene e staccarsi fisicamente dalla causa del tuo dolore è l’unica strada. Prima o poi se non lo vedi ogni giorno la sofferenza cessa. Dopo è solo una questione di pazienza! - Gigio sembrava sicuro e determinato, Alessio lo guardò meravigliato.
- Anche tu hai deciso, vedo. - Gigio annuì.
- Non voglio odiare nessuno, non lo meritano, non è colpa loro. È successo. Appena li ho visti insieme ho capito che quei due si amavano solo che non lo volevano ammettere. Era una situazione complicata, si conoscevano da quando avevano dieci anni, ora ne hanno venti... - Alessio sorrise stendendosi a sua volta sul proprio letto, ma mettendosi sul fianco.
- Ti ammiro, cerchi di essere lucido e ci riesci anche piuttosto bene. Vedo che eviti Manu, ma al contrario riesci a parlare con Patrick e a scherzare... - Gigio alzò le spalle.
- Devo odiare il termometro perché mi dice che ho la febbre o il virus che mi ha fatto ammalare? - Il ragionamento di Gigio fu sorprendentemente maturo, Alessio rimase ancor più colpito.
- Sì, ma non è facile guardare chi ti ha portato via chi ami e scherzarci insieme! - Gigio scosse il capo e sbuffò.
- È da quando è venuto in prima squadra che per me è tutto difficile, avrei dovuto seguire l’istinto dell’estate scorsa che mi diceva di andare via. Sono rimasto per Manuel. Se non fosse stato per lui sarei andato e mi sarei risparmiato tutto questo. Io lo sapevo da un anno, già. Solo che mi sono arreso a gennaio. - Gigio aveva l’aria di uno che non gli importava e forse era anche quello il problema, non sapeva esprimere le emozioni che però provava eccome. Ed ora si vedeva, visto il rendimento in retromarcia che aveva avuto nelle ultime partite, dall’Arsenal in poi.
- Però ti fa così male vedere Manuel. - Gigio sospirò e chiudendo gli occhi si liberò di quell’ammissione, sapendo che con Alessio poteva farlo.
- Da morire. - Il difensore con aria dispiaciuta osservò il suo profilo accentuato e gli occhi da gatto che tornavano a fissare il soffitto.
- Quindi te ne andrai. - Gigio alzò una spalla un po’ incerto.
- Penso di sì. Ora come ora è il solo pensiero che mi fa andare avanti. Non so se sia la cosa giusta per la mia carriera, ma io non riesco a vederlo ancora. Non ce la faccio. Io lo amavo davvero, capisci? - Alessio capiva, capiva molto bene. - Ed al tuo posto non andrei là domani sera. - Sentenziò duramente. - Perché io che ce l’ho qua ogni giorno invidio Leo che ce l’ha lontano e che è solo grazie a questo che è riuscito a rialzarsi ed anche così è faticoso! - Continuò sicuro e dritto come un treno.
- Eh, lo so... - Sospirò Alessio. - Ma puoi essere vicino anche di un metro ma essere lontanissimo da qualcuno e allo stesso tempo puoi avere uno lontano mille chilometri ma sentirlo vicino come se l’avessi lì. La distanza cambia qualcosa solo se sei tu a volerlo e lo permetti. - Gigio si zittì a questa riflessione provando a capirla, ma per il momento lui vedeva l’occasione di non vedere più Manuel come l’unica oasi di salvezza.
In quello rientrò Leo che chiudendo la porta scorrevole in vetro sospirò scontento, buttandosi poi nel letto di Alessio quasi schiacciandolo. Il compagno si lamentò e si fece indietro, ma Leo si buttò con un braccio su di lui appoggiandosi sul suo fianco in un gesto intimo che Gigio osservò con attenzione. Ad Alessio sembrava andare bene, sembravano stare molto bene insieme.
- Dura? - Chiese Alessio. Leo con aria triste annuì abbandonando il viso contro il fianco del compagno che sorridendo gli carezzò la testa dove i capelli erano rasati abbastanza corti.
- Ha lasciato il calcio, o per lo meno la Juve, non può essere leggera... - Gli fece notare Gigio che era toccato dall’addio di Gigi, il suo idolo di portiere.
- Lo so. Ed è influenzato da questo nel suo implorarmi di vederci e riprovarci. Per lui è troppo da affrontare ed ha bisogno di me, ma poteva pensarci prima di lasciarmi e farmi patire tutto questo. Io ora ce la sto facendo. Cioè mi sento una merda quando lo sento al telefono, ma sto bene appena passano dei giorni. Non voglio tornare indietro. Non posso. - Leo sollevò la testa sfogandosi, ma rimanendo appoggiato su Alessio, i due lo ascoltarono dispiaciuti fino a che non chiese loro un parere.
- Io non tornerei mai indietro. Sei arrivato troppo lontano per buttare tutto via. Oltretutto lui ora sta male per l’addio al calcio, non poteva essere facile, è normale che ceda e ti cerchi, ma dopo un po’ se ne pentirà. Qualunque motivo abbia avuto per lasciarti l’anno scorso, quando una cosa è rovinata, è rovinata. Non si può raddrizzare. Perdi solo tempo con mille tentativi. -
- Però tu avresti voluto quel tentativo, eh? - Asserì Alessio improvviso tirandosi su a sedere, scrollandosi così Leo che ci rimase male perché prima era comodo. Gigio lo guardò meravigliato della sua frase e del suo tono sostenuto. - Tu parli così perché non hai avuto una seconda occasione di rimettere le cose a posto, perché purtroppo non puoi, perché il tuo ragazzo ama un altro e da lì non si scappa. Ma il nostro è un caso diverso. Loro ci hanno lasciato per dei codici o delle idee strampalate, per delle convinzioni che noi staremmo meglio senza di loro o perché c’è troppa differenza d’età, perché dobbiamo pensare alla carriera, ad essere spensierati, ad avere qualcuno più giusto per noi... ma non perché amavano altri! - poi cercando di calmarsi prese un paio di respiri e guardò Leo impallidito al suo sfogo.
- Non so cosa dovresti fare perché tu ci hai provato molte volte con lui prima di arrivare a questo punto, devi sentire tu se ne varrebbe la pena, se lo ami ancora come prima o se davvero si è tutto affievolito o cosa. Ma so che io, IO, se non mi dessi questa occasione con Sinisa... io sì che me ne pentirei. Perché ho scopato e mi sono distratto ed ho provato tutto quello che potevo e dovevo, ma sinceramente più di avere un paio d’ore di sopportazione dal mio continuo strazio interiore, non ho ottenuto. Posso dire che non piango tutto il giorno e non mi distruggo, ma è anche vero che sapevo che il venti maggio sarebbe arrivato. - Gigio si alzò a sedere di scatto e riprese infervorato la parola, gesticolando.
- Sì, ma tu STAI meglio! Quel che Sinisa voleva dire e dimostrare è questo. Che se aspetti un po’ di tempo e cerchi di voltare pagina prima o poi ci riesci. -
- Prima o poi tutti voltano pagina in un modo o nell’altro se non si torna insieme! Ma se si può tornare insieme non lo faresti? Se avessi l’occasione non la coglieresti? Ha deciso lui che io soffrivo nella nostra situazione, non io. Non abbiamo deciso insieme di lasciarci! - Gigio fece il broncio, non era d’accordo, ma lui viveva una situazione complicata, vedeva tutto negativo e voleva solo chiudere, voltare pagina e non vedere mai più Manuel.
Leo notando che la situazione era in stallo, decise di intervenire da buon mediatore e capitano, così mettendosi seduto come loro, si intromise calmo.
- Beh, tutti e tre abbiamo situazioni diverse, relazioni diverse, necessità diverse e soprattutto carattere. È normale vederla diversamente... - Alessio si strinse nelle spalle tornando a stendersi.
- Sì sì certo... era solo per dire... - Gigio rimase in silenzio un po’, colpito dal modo di Alessio sia di vedere che di fare, tanto che dopo un po’ tornò sull’argomento, ma con aria calma:
- Sai, ammiro il modo in cui combatti per quello che vuoi. Il modo in cui non molli. Ascoltandoti e guardandoti mi viene il dubbio d’aver sbagliato io qualcosa, che forse se avessi fatto qualcosa diversamente... chi lo sa... - Gigio sospirò e guardò altrove, improvvisamente malinconico. Così Alessio si alzò e gli si sedette vicino cingendogli le spalle con un braccio, fraterno e protettivo com’era con lui da un po’ di mesi ormai.
- O forse no, forse quando una cosa è destino è destino. Non crucciarti. Ormai è andata, come hai detto tu lui ama un altro. Punto. Io lotterò perché posso e non mi perdonerei mai se non lo facessi. Ma tu devi pensare solo a stare meglio. Voi due, anzi. - Con questo carezzò Leo con uno sguardo gentile che gli sorrise allo stesso modo, ammirato per la maturità che dimostrava.
“Mi sa che sa benissimo cosa deve fare, non ha bisogno di consigli.”
E con malinconia realizzò che l’indomani sera, Alessio sarebbe volato a Roma.
Un po’ ci aveva sperato, ma ormai aveva imparato che nella vita dovevi distinguere i momenti in cui dovevi lottare da quelli in cui dovevi accettare e quello era uno di quelli da accettare.

Domenica 20 Maggio 2018, alle ore 19 e 50, Alessio già fremeva e non per la splendida partita vinta contro la Fiorentina che gli dava l’accesso all’Europa League senza i preliminari, ma perché finalmente l’ora si avvicinava.
Ancora poco e sarebbe stato là da lui.
Niente l’avrebbe tenuto più lontano da lui.
Il campionato era finalmente completamente finito, l’obiettivo minimo era stato raggiunto e si sarebbero fatte mille valutazioni, ma l’unica che interessava a lui era quella con Sinisa, Sinisa che ora sapeva lo aspettava già nel loro appartamento.
Non contemplò lì per lì l’ipotesi che non ci potesse essere, che potesse venire meno a quella promessa, che potesse averglielo detto solo per farlo andare via.
Il braccio forte di Gigio lo riportò brevemente alla realtà del campo che stava ancora calpestando.
- Dai un bacio a papà! - Gli disse il portiere allegramente. Alessio venne attraversato da una bella scarica elettrica mentre ricambiava l’abbraccio sentendosi sua madre, cosa strana per un ragazzo di pochi anni più grande di lui.
Forse certe cose facevano crescere molto, forse a ventitré anni potevi avere la testa di un trentenne e se soffrivi e superavi la sofferenza, ne arrivavi anche a trentacinque, magari.
- Anche una bella limonata! Magari una ventina! - Rispose poi rendendosi conto che comunque quella risposta era poco da mamma.
- Se è da parte mia risparmia la limonata, ti prego! - Replicò prontamente Gigio. I due risero insieme, abbracciandosi a lungo, per poi andare dagli altri a festeggiare la riuscita dell’obiettivo finale che di volta in volta era sempre cambiato.
Leo si avvicinò ad Ale vedendo che si era salutato con Gigio.
- Allora, hai deciso definitivamente? - Alessio lo guardò stupito che gli facesse quella domanda e Leo rise. - Lo prenderò per un sì! Comunque voglio che ricordi una cosa. - Disse poi facendosi serio mentre si allontanavano insieme, Leo con il braccio intorno alle spalle di Alessio. - Se dovesse regalarti una brutta sorpresa, chiamami che mi precipito da te. Non esitare, ok? - Alessio si irrigidì alla sua frase, realizzando per la prima volta che forse l’esito di quella giornata poteva anche non dipendere solo da lui.
La scarica tornò ad attraversarlo, ma questa non fu d’eccitazione, ma bensì di paura. Per un momento si sentì come se il mondo gli crollasse addosso all’eventualità che tutto potesse ancora andare male, che il calvario non fosse davvero finito.
Lo guardò oscurato, fermandosi dal camminare verso gli spogliatoi dove la festa avrebbe continuato ancora un po’.
- E adesso come faccio ad andarci? Finirò morto prima del mio arrivo a casa! - Leo si accorse d’aver detto qualcosa su cui Ale non aveva minimamente pensato e rimase colpito dal suo enorme ottimismo, ma forse lui ci sperava ancora, nonostante tutto.
Ci sperava che alla fine Alessio scegliesse di rimanere lì e provare a vedere come andava la loro pseudo storia, o forse che alla fine Sinisa mantenesse la propria linea di guerriero tutto d’un pezzo.
Ma vedendo la paura per quell’eventualità che gli aveva appena presentato, capì che comunque quel ragazzo non sarebbe mai stato di nessun altro che Sinisa per molto, molto tempo. A prescindere dall’esito di quella giornata.
“Hai perso Leo, mettitela via e piantala o non ti rialzerai più se continui a cadere.”
Con questo pensiero fulmineo e doloroso insieme, sorrise e strinse la mano sulla sua spalla.
- Dai, andrà tutto bene. Vengo giù con te e poi io mi faccio un giro? - Alessio si corrugò vistosamente.
- Se andrà tutto bene perché dovresti fare un giro solo? Fattene venti! - Leo scoppiò a ridere e lo abbracciò stampandogli un bel bacio sulla guancia, mentre una scarica di desiderio l’attraversava. Se la impresse per bene nella memoria insieme alle volte che erano andati a letto insieme. Non avrebbe dovuto permetterlo, ma erano stati momenti di debolezza, ne aveva avuto bisogno e poi alla fine semplicemente non era più riuscito a smettere.
“Sono in tempo.” Si ripeteva ossessivamente. “Sono in tempo per non soffrire troppo.” Perché ormai dentro di sé sapeva, sapeva bene che Alessio quella sera sarebbe stato la persona più felice del mondo.
Leo non sapeva niente di Sinisa, né di quanto lo amasse, ma sapeva che se arrivavi a conoscere così bene Alessio era impossibile non amarlo davvero.
- Andrà tutto bene. - Ripeté al suo orecchio, piano e delicato. Alessio si rilassò fra le sue braccia.
- Grazie. - Disse poi allo stesso modo, stringendolo di rimando. - Per tutto. - E quello sapeva tanto di un punto fra due che quando si sarebbero visti, non avrebbero più fatto quel che avevano fatto prima. Un saluto, un addio in un certo senso, anche se non reale perché nessuno dei due contava di andarsene presto dal Milan. Non in quel preciso momento.
- No, grazie a te. Penso che la forza finale per rialzarmi e decidere che fare con Gigi, l’ho avuta grazie a te. - Alessio non ebbe la forza di dirgli nulla, a quel punto. Non voleva vederci altro, non voleva capire cosa c’era dietro i gesti di Leo. Aveva avuto bisogno di quello e se lo era preso andando dritto come un treno, senza pensare a nulla.
Forse aveva fatto l’ennesimo sbaglio, forse l’aveva fatto soffrire o forse era solo arrogante, ma a quel punto farsi domande e trovare risposte non sarebbe servito a nulla.
I due si sciolsero consapevoli che senza uno l’altro non sarebbe arrivato a quel punto, a quel giorno. E quella alla fine era la sola risposta che contava.

Era quasi nell’aria, come quella volta che era venuto a Roma per la partita. Sinisa l’aveva sentito, ma in realtà era stato lui stesso ad essere più elettrico.
Per tutto il giorno si chiese cosa lui stesso dovesse fare. Andare nel loro appartamento ad aspettarlo o non presentarsi in una negazione finale e definitiva?
Quello era il solo momento utile per chiudere davvero.
Era convinto delle proprie motivazioni, anche se l’aveva ucciso prendere quella scelta.
Ora era il momento di decidere per sé stesso.
Aveva nelle mani il potere finale, quello che metteva il punto esatto, il punto dopo cui non c’era un altro capitolo, il libro si chiudeva e basta.
Non presentandosi quella sera, nonostante la promessa fatta un mese e mezzo prima, avrebbe segnato una fine reale.
Non sarebbe stato corretto, ma l’avrebbe fatto per lui. Alessio l’avrebbe capito ed odiato insieme, sarebbe tornato a casa sua, dai suoi genitori, dai suoi cani, avrebbe stretto Rocco perché il bulldog gli ricordava il suo uomo, e avrebbe pianto.
Un’estate intera per accettarlo e mettersi in pace.
Era obiettivamente la scelta migliore.
Alessio doveva vivere la vita di uno spensierato ventitreenne, innamorarsi un giorno di uno della sua età, non dover fare i salti mortali e vivere tutto di nascosto, dentro quattro mura super segrete. Alessio meritava molto, molto di più.
Un giorno l’avrebbe lasciato lo stesso sentendo la differenza d’età. Un giorno sarebbe finita comunque. Non poteva rivivere tutto quello lo stesso, no, non poteva.
Doveva fare quel che era giusto per tutti. Doveva.
Era ora sul serio.
“Cresci Sinisa. Sii uomo e fa quello che devi fare. Ora e subito.”
Ora e subito.

Ore 22.10. L’aereo serale Linate - Fiumicino stava atterrando a Roma