8. DEFINITIVAMENTE
Lo respirava anche
Sinisa, sapeva che ora Alessio era a Roma col Milan per la finale,
sapeva anche in che albergo pernottava. Sapeva di poter girare lì, di
poter anche entrare di nascosto, di poterlo intravedere. Sapeva di
poterlo fare, però si fece violenza e rimase fermo a casa senza nemmeno
uscire, fissando il biglietto della finale che si era preso. Uno solo,
senza accompagnatore.
Se la finale sarebbe
coincisa col venti maggio sarebbe stato perfetto, si disse. Invece
aveva ancora due fastidiose settimane prima di poter avere una
risposta, quella che sperava a dispetto di quello che sapeva era
giusto.
“Un giorno finiremmo
comunque a doverci lasciare, un giorno la nostra differenza d’età gli
peserà. È giovane, adesso per lui è facile voltare pagine. Anche se
questa giovane età gli permette anche di intestardirsi molto di più. Ma
cosa ne sai dell’amore a ventitré anni?”
Sinisa si ripeteva
questo per la maggior parte del tempo, ma quando si ritrovò in tribuna,
ben nascosto in mezzo alla folla, col suo solito cappello e la sciarpa
di Alessio perché quella sera c’era piuttosto fresco, quando lo vide
nel riscaldamento iniziale sentì come un pugno allo stomaco.
Sinisa annusò la sua sciarpa, il suo profumo era ancora lì. Lo vedeva dal vivo, da lontano, e lo ‘annusava’.
Aveva spezzato il
patto, non avrebbero dovuto vedersi per niente, ma vederlo attraverso
uno schermo era la stessa cosa che vederlo a distanza di metri e metri.
Era inutile farne a
meno avendone l’occasione. Era comunque lui che lo vedeva di nascosto,
tanto valeva stare nello stesso stadio.
Si sentiva idiota ed euforico insieme.
Erano quasi vicini. Quasi insieme.
Ed ormai a separarli pochi giorni.
Era stato debole, si
diceva. Aveva ceduto ad Alessio ed era tornato sui suoi passi, gli
aveva permesso di sperare in un loro ritorno insieme, di torturarsi, di
essere stupido.
Ora aveva solo
rimandato l’inevitabile. Ma forse era giusto punirsi per aver agito
egoisticamente prima. Quando l’aveva voluto se l’era preso senza
rifletterci, quello era ciò che ne conseguiva.
Sia Leo che Sinisa ebbero conferma dei loro dubbi e paure.
Alessio non era ancora
l’Alessio di prima, sarebbe tornato, stava tornando, ma aveva quei
momenti in cui recuperando la palla invece di tentare col sangue freddo
di impostare l’azione, la buttava via, spesso fuori dal campo, senza
rifletterci.
Non era per nulla una cosa che il miglior Alessio avrebbe mai fatto.
Era come se giocasse coi nervi tesi tutto il tempo.
Era una finale, era la
Juve, c’erano le solite ingiustizie arbitrali da affrontare, c’era il
solito caos, la solita guerra, ma un lato di loro sapeva benissimo che
dietro tutto questo c’era la consapevolezza di essere lì a Roma, dove
c’era anche Sinisa.
E soprattutto che gli mancava, gli mancava ancora troppo per poter giocare lucidamente come niente.
Impetuoso, impulsivo, istintivo e passionale.
Sinisa si ritrovò con
gli occhi lucidi nel rivedere il suo Alessio lottare, insistere con le
sue tipiche manovre, i suoi tipici modi di fare e di rivoltarsi e di
insultare.
Non era cambiato. Era solo teso e nervoso per mille motivi, fra cui lui. Lo sapeva. Non ci poteva fare nulla.
“Potrei accorciare i tempi, andare da lui dopo la partita e consolarlo e dirgli che se gli va bene, anche a me va bene.”
Ma non sarebbe stato da Sinisa che faceva sempre quel che andava fatto.
O quasi sempre.
In quei giorni aveva
chiesto a Gigio come stava Alessio, Gigio gli aveva risposto che non
stava bene ma che cercava di affrontare la situazione e andare avanti.
Non gli aveva detto se se la faceva con qualcuno, non aveva voluto
saperlo sebbene sarebbe stato meglio.
Fece molta violenza su di sé per non scendere da lui e abbracciarlo, specie dopo quella bruciante sconfitta.
Perché lui sapeva cosa
si agitava ora in Alessio e sapeva che era uno straccio e che
probabilmente non sapeva per cosa stare peggio.
Lo sapeva.
Ma la sofferenza faceva parte della vita.
Probabilmente dopo una serata del genere Alessio era più intenzionato a non tornare insieme.
Perché dopo che il tuo amore ti abbandona nel momento peggiore, il più difficile, come puoi perdonarlo e tornare con lui?
E poi Leo gli stava
particolarmente vicino, sicuramente avevano una storia di sesso,
sicuramente alla fine era andato con lui per ripicca, perciò la sua
vita stava riprendendo. Non sarebbe tornato il venti maggio.
Non sarebbe tornato ed era giusto. Era quello che aveva voluto per il suo bene.
Perciò basta torturarsi.
Doveva prepararsi anche lui alla chiusura, doveva per forza.
Lui era lì, lo sapeva anche senza averlo visto o che qualcuno glielo potesse confermare.
Alessio lo sapeva che Sinisa era lì e che aveva spezzato la loro promessa di non vedersi nemmeno da lontano fino al venti.
Lo sapeva.
E sapeva che non veniva a consolarlo di proposito, per farsi odiare meglio, così poi per ripicca non sarebbe tornato con lui.
Sinisa sapeva cosa fare per farsi detestare.
Alessio rimase ben lontano da tutti evitando contatti di consolazione, parole di circostanza, abbracci fastidiosi.
Leo gli venne vicino,
negli spogliatoi, e gli strinse la spalla cercando di capire come
potesse stare dopo che il suo gioco in campo aveva parlato piuttosto
bene.
Alessio scosse la testa, alzò la mano per dire non ora e con un brusco:
- Ce la faccio. - Si chiuse a tutto.
In quel momento non voleva nulla. In quel momento non voleva proprio nulla.
Solo scappare da lì e andare da Sinisa, abbracciarlo e dirgli che quegli stupidi espedienti non contavano nulla.
Ma con ogni muscolo del
corpo teso rimase lì dove era, non si mosse, non proferì parola. Una
grande prova, la prova migliore della propria vita.
Era duro ma necessario,
avrebbe fatto esattamente tutto quel che lui voleva, tutto. Poi se lo
sarebbe ripreso. Perché se una storia finiva, dovevano essere entrambi
d’accordo su questo.
E lui non lo era. Punto.
Raggiungere gli
obiettivi calcistici aiutò molto l’umore di Alessio a distrarsi meglio,
ma molto lo fece anche il dover fare da baby sitter a Gigio ed alla sua
depressione sempre più cronica che soprattutto da quando aveva appreso
che Manuel si era messo con Patrick, l’aveva praticamente implorato di
aiutarlo.
Aiutare gli altri era d’aiuto a sé stesso, una sera si ritrovarono lui, Gigio e Leo tutti insieme in camera a Milanello.
Il giorno dopo sarebbe
stata la loro ultima partita della stagione, contro l’Atalanta avevano
fatto un pareggio utile a loro per qualificarsi senza dubbio in Europa
League, ma l’indomani avrebbero dovuto vincere per evitare i
preliminari.
Eppure per loro non era quello il pensiero primario.
Ognuno di loro ne aveva uno e quella sera entrambi non avrebbero dormito molto.
Leo era fuori in
terrazzo appoggiato alla balaustra, una mano a reggere la fronte mentre
l’altra il telefono all’orecchio. L’espressione seria, in difficoltà,
incerta.
- Secondo te ci torna? - Chiese Gigio. Alessio che lo guardava seduto nel proprio letto scosse la testa sicuro.
- Ha lavorato molto per
arrivare fin qua, non butterà via tutto questo tempo e tutta questa
fatica. - Alessio sembrava sicuro. Gigio sospirò e si stese nel letto
di Leo incrociando le mani dietro la nuca.
- Fa bene. Andarsene e
staccarsi fisicamente dalla causa del tuo dolore è l’unica strada.
Prima o poi se non lo vedi ogni giorno la sofferenza cessa. Dopo è solo
una questione di pazienza! - Gigio sembrava sicuro e determinato,
Alessio lo guardò meravigliato.
- Anche tu hai deciso, vedo. - Gigio annuì.
- Non voglio odiare
nessuno, non lo meritano, non è colpa loro. È successo. Appena li ho
visti insieme ho capito che quei due si amavano solo che non lo
volevano ammettere. Era una situazione complicata, si conoscevano da
quando avevano dieci anni, ora ne hanno venti... - Alessio sorrise
stendendosi a sua volta sul proprio letto, ma mettendosi sul fianco.
- Ti ammiro, cerchi di
essere lucido e ci riesci anche piuttosto bene. Vedo che eviti Manu, ma
al contrario riesci a parlare con Patrick e a scherzare... - Gigio alzò
le spalle.
- Devo odiare il
termometro perché mi dice che ho la febbre o il virus che mi ha fatto
ammalare? - Il ragionamento di Gigio fu sorprendentemente maturo,
Alessio rimase ancor più colpito.
- Sì, ma non è facile guardare chi ti ha portato via chi ami e scherzarci insieme! - Gigio scosse il capo e sbuffò.
- È da quando è venuto
in prima squadra che per me è tutto difficile, avrei dovuto seguire
l’istinto dell’estate scorsa che mi diceva di andare via. Sono rimasto
per Manuel. Se non fosse stato per lui sarei andato e mi sarei
risparmiato tutto questo. Io lo sapevo da un anno, già. Solo che mi
sono arreso a gennaio. - Gigio aveva l’aria di uno che non gli
importava e forse era anche quello il problema, non sapeva esprimere le
emozioni che però provava eccome. Ed ora si vedeva, visto il rendimento
in retromarcia che aveva avuto nelle ultime partite, dall’Arsenal in
poi.
- Però ti fa così male
vedere Manuel. - Gigio sospirò e chiudendo gli occhi si liberò di
quell’ammissione, sapendo che con Alessio poteva farlo.
- Da morire. - Il
difensore con aria dispiaciuta osservò il suo profilo accentuato e gli
occhi da gatto che tornavano a fissare il soffitto.
- Quindi te ne andrai. - Gigio alzò una spalla un po’ incerto.
- Penso di sì. Ora come
ora è il solo pensiero che mi fa andare avanti. Non so se sia la cosa
giusta per la mia carriera, ma io non riesco a vederlo ancora. Non ce
la faccio. Io lo amavo davvero, capisci? - Alessio capiva, capiva molto
bene. - Ed al tuo posto non andrei là domani sera. - Sentenziò
duramente. - Perché io che ce l’ho qua ogni giorno invidio Leo che ce
l’ha lontano e che è solo grazie a questo che è riuscito a rialzarsi ed
anche così è faticoso! - Continuò sicuro e dritto come un treno.
- Eh, lo so... -
Sospirò Alessio. - Ma puoi essere vicino anche di un metro ma essere
lontanissimo da qualcuno e allo stesso tempo puoi avere uno lontano
mille chilometri ma sentirlo vicino come se l’avessi lì. La distanza
cambia qualcosa solo se sei tu a volerlo e lo permetti. - Gigio si
zittì a questa riflessione provando a capirla, ma per il momento lui
vedeva l’occasione di non vedere più Manuel come l’unica oasi di
salvezza.
In quello rientrò Leo
che chiudendo la porta scorrevole in vetro sospirò scontento,
buttandosi poi nel letto di Alessio quasi schiacciandolo. Il compagno
si lamentò e si fece indietro, ma Leo si buttò con un braccio su di lui
appoggiandosi sul suo fianco in un gesto intimo che Gigio osservò con
attenzione. Ad Alessio sembrava andare bene, sembravano stare molto
bene insieme.
- Dura? - Chiese
Alessio. Leo con aria triste annuì abbandonando il viso contro il
fianco del compagno che sorridendo gli carezzò la testa dove i capelli
erano rasati abbastanza corti.
- Ha lasciato il
calcio, o per lo meno la Juve, non può essere leggera... - Gli fece
notare Gigio che era toccato dall’addio di Gigi, il suo idolo di
portiere.
- Lo so. Ed è
influenzato da questo nel suo implorarmi di vederci e riprovarci. Per
lui è troppo da affrontare ed ha bisogno di me, ma poteva pensarci
prima di lasciarmi e farmi patire tutto questo. Io ora ce la sto
facendo. Cioè mi sento una merda quando lo sento al telefono, ma sto
bene appena passano dei giorni. Non voglio tornare indietro. Non posso.
- Leo sollevò la testa sfogandosi, ma rimanendo appoggiato su Alessio,
i due lo ascoltarono dispiaciuti fino a che non chiese loro un parere.
- Io non tornerei mai
indietro. Sei arrivato troppo lontano per buttare tutto via. Oltretutto
lui ora sta male per l’addio al calcio, non poteva essere facile, è
normale che ceda e ti cerchi, ma dopo un po’ se ne pentirà. Qualunque
motivo abbia avuto per lasciarti l’anno scorso, quando una cosa è
rovinata, è rovinata. Non si può raddrizzare. Perdi solo tempo con
mille tentativi. -
- Però tu avresti
voluto quel tentativo, eh? - Asserì Alessio improvviso tirandosi su a
sedere, scrollandosi così Leo che ci rimase male perché prima era
comodo. Gigio lo guardò meravigliato della sua frase e del suo tono
sostenuto. - Tu parli così perché non hai avuto una seconda occasione
di rimettere le cose a posto, perché purtroppo non puoi, perché il tuo
ragazzo ama un altro e da lì non si scappa. Ma il nostro è un caso
diverso. Loro ci hanno lasciato per dei codici o delle idee
strampalate, per delle convinzioni che noi staremmo meglio senza di
loro o perché c’è troppa differenza d’età, perché dobbiamo pensare alla
carriera, ad essere spensierati, ad avere qualcuno più giusto per
noi... ma non perché amavano altri! - poi cercando di calmarsi prese un
paio di respiri e guardò Leo impallidito al suo sfogo.
- Non so cosa dovresti
fare perché tu ci hai provato molte volte con lui prima di arrivare a
questo punto, devi sentire tu se ne varrebbe la pena, se lo ami ancora
come prima o se davvero si è tutto affievolito o cosa. Ma so che io,
IO, se non mi dessi questa occasione con Sinisa... io sì che me ne
pentirei. Perché ho scopato e mi sono distratto ed ho provato tutto
quello che potevo e dovevo, ma sinceramente più di avere un paio d’ore
di sopportazione dal mio continuo strazio interiore, non ho ottenuto.
Posso dire che non piango tutto il giorno e non mi distruggo, ma è
anche vero che sapevo che il venti maggio sarebbe arrivato. - Gigio si
alzò a sedere di scatto e riprese infervorato la parola, gesticolando.
- Sì, ma tu STAI
meglio! Quel che Sinisa voleva dire e dimostrare è questo. Che se
aspetti un po’ di tempo e cerchi di voltare pagina prima o poi ci
riesci. -
- Prima o poi tutti
voltano pagina in un modo o nell’altro se non si torna insieme! Ma se
si può tornare insieme non lo faresti? Se avessi l’occasione non la
coglieresti? Ha deciso lui che io soffrivo nella nostra situazione, non
io. Non abbiamo deciso insieme di lasciarci! - Gigio fece il broncio,
non era d’accordo, ma lui viveva una situazione complicata, vedeva
tutto negativo e voleva solo chiudere, voltare pagina e non vedere mai
più Manuel.
Leo notando che la
situazione era in stallo, decise di intervenire da buon mediatore e
capitano, così mettendosi seduto come loro, si intromise calmo.
- Beh, tutti e tre
abbiamo situazioni diverse, relazioni diverse, necessità diverse e
soprattutto carattere. È normale vederla diversamente... - Alessio si
strinse nelle spalle tornando a stendersi.
- Sì sì certo... era
solo per dire... - Gigio rimase in silenzio un po’, colpito dal modo di
Alessio sia di vedere che di fare, tanto che dopo un po’ tornò
sull’argomento, ma con aria calma:
- Sai, ammiro il modo
in cui combatti per quello che vuoi. Il modo in cui non molli.
Ascoltandoti e guardandoti mi viene il dubbio d’aver sbagliato io
qualcosa, che forse se avessi fatto qualcosa diversamente... chi lo
sa... - Gigio sospirò e guardò altrove, improvvisamente malinconico.
Così Alessio si alzò e gli si sedette vicino cingendogli le spalle con
un braccio, fraterno e protettivo com’era con lui da un po’ di mesi
ormai.
- O forse no, forse
quando una cosa è destino è destino. Non crucciarti. Ormai è andata,
come hai detto tu lui ama un altro. Punto. Io lotterò perché posso e
non mi perdonerei mai se non lo facessi. Ma tu devi pensare solo a
stare meglio. Voi due, anzi. - Con questo carezzò Leo con uno sguardo
gentile che gli sorrise allo stesso modo, ammirato per la maturità che
dimostrava.
“Mi sa che sa benissimo cosa deve fare, non ha bisogno di consigli.”
E con malinconia realizzò che l’indomani sera, Alessio sarebbe volato a Roma.
Un po’ ci aveva
sperato, ma ormai aveva imparato che nella vita dovevi distinguere i
momenti in cui dovevi lottare da quelli in cui dovevi accettare e
quello era uno di quelli da accettare.
Domenica 20 Maggio
2018, alle ore 19 e 50, Alessio già fremeva e non per la splendida
partita vinta contro la Fiorentina che gli dava l’accesso all’Europa
League senza i preliminari, ma perché finalmente l’ora si avvicinava.
Ancora poco e sarebbe stato là da lui.
Niente l’avrebbe tenuto più lontano da lui.
Il campionato era
finalmente completamente finito, l’obiettivo minimo era stato raggiunto
e si sarebbero fatte mille valutazioni, ma l’unica che interessava a
lui era quella con Sinisa, Sinisa che ora sapeva lo aspettava già nel
loro appartamento.
Non contemplò lì per lì
l’ipotesi che non ci potesse essere, che potesse venire meno a quella
promessa, che potesse averglielo detto solo per farlo andare via.
Il braccio forte di Gigio lo riportò brevemente alla realtà del campo che stava ancora calpestando.
- Dai un bacio a papà!
- Gli disse il portiere allegramente. Alessio venne attraversato da una
bella scarica elettrica mentre ricambiava l’abbraccio sentendosi sua
madre, cosa strana per un ragazzo di pochi anni più grande di lui.
Forse certe cose
facevano crescere molto, forse a ventitré anni potevi avere la testa di
un trentenne e se soffrivi e superavi la sofferenza, ne arrivavi anche
a trentacinque, magari.
- Anche una bella limonata! Magari una ventina! - Rispose poi rendendosi conto che comunque quella risposta era poco da mamma.
- Se è da parte mia
risparmia la limonata, ti prego! - Replicò prontamente Gigio. I due
risero insieme, abbracciandosi a lungo, per poi andare dagli altri a
festeggiare la riuscita dell’obiettivo finale che di volta in volta era
sempre cambiato.
Leo si avvicinò ad Ale vedendo che si era salutato con Gigio.
- Allora, hai deciso
definitivamente? - Alessio lo guardò stupito che gli facesse quella
domanda e Leo rise. - Lo prenderò per un sì! Comunque voglio che
ricordi una cosa. - Disse poi facendosi serio mentre si allontanavano
insieme, Leo con il braccio intorno alle spalle di Alessio. - Se
dovesse regalarti una brutta sorpresa, chiamami che mi precipito da te.
Non esitare, ok? - Alessio si irrigidì alla sua frase, realizzando per
la prima volta che forse l’esito di quella giornata poteva anche non
dipendere solo da lui.
La scarica tornò ad
attraversarlo, ma questa non fu d’eccitazione, ma bensì di paura. Per
un momento si sentì come se il mondo gli crollasse addosso
all’eventualità che tutto potesse ancora andare male, che il calvario
non fosse davvero finito.
Lo guardò oscurato, fermandosi dal camminare verso gli spogliatoi dove la festa avrebbe continuato ancora un po’.
- E adesso come faccio
ad andarci? Finirò morto prima del mio arrivo a casa! - Leo si accorse
d’aver detto qualcosa su cui Ale non aveva minimamente pensato e rimase
colpito dal suo enorme ottimismo, ma forse lui ci sperava ancora,
nonostante tutto.
Ci sperava che alla
fine Alessio scegliesse di rimanere lì e provare a vedere come andava
la loro pseudo storia, o forse che alla fine Sinisa mantenesse la
propria linea di guerriero tutto d’un pezzo.
Ma vedendo la paura per
quell’eventualità che gli aveva appena presentato, capì che comunque
quel ragazzo non sarebbe mai stato di nessun altro che Sinisa per
molto, molto tempo. A prescindere dall’esito di quella giornata.
“Hai perso Leo, mettitela via e piantala o non ti rialzerai più se continui a cadere.”
Con questo pensiero fulmineo e doloroso insieme, sorrise e strinse la mano sulla sua spalla.
- Dai, andrà tutto bene. Vengo giù con te e poi io mi faccio un giro? - Alessio si corrugò vistosamente.
- Se andrà tutto bene
perché dovresti fare un giro solo? Fattene venti! - Leo scoppiò a
ridere e lo abbracciò stampandogli un bel bacio sulla guancia, mentre
una scarica di desiderio l’attraversava. Se la impresse per bene nella
memoria insieme alle volte che erano andati a letto insieme. Non
avrebbe dovuto permetterlo, ma erano stati momenti di debolezza, ne
aveva avuto bisogno e poi alla fine semplicemente non era più riuscito
a smettere.
“Sono in tempo.” Si
ripeteva ossessivamente. “Sono in tempo per non soffrire troppo.”
Perché ormai dentro di sé sapeva, sapeva bene che Alessio quella sera
sarebbe stato la persona più felice del mondo.
Leo non sapeva niente
di Sinisa, né di quanto lo amasse, ma sapeva che se arrivavi a
conoscere così bene Alessio era impossibile non amarlo davvero.
- Andrà tutto bene. - Ripeté al suo orecchio, piano e delicato. Alessio si rilassò fra le sue braccia.
- Grazie. - Disse poi
allo stesso modo, stringendolo di rimando. - Per tutto. - E quello
sapeva tanto di un punto fra due che quando si sarebbero visti, non
avrebbero più fatto quel che avevano fatto prima. Un saluto, un addio
in un certo senso, anche se non reale perché nessuno dei due contava di
andarsene presto dal Milan. Non in quel preciso momento.
- No, grazie a te.
Penso che la forza finale per rialzarmi e decidere che fare con Gigi,
l’ho avuta grazie a te. - Alessio non ebbe la forza di dirgli nulla, a
quel punto. Non voleva vederci altro, non voleva capire cosa c’era
dietro i gesti di Leo. Aveva avuto bisogno di quello e se lo era preso
andando dritto come un treno, senza pensare a nulla.
Forse aveva fatto
l’ennesimo sbaglio, forse l’aveva fatto soffrire o forse era solo
arrogante, ma a quel punto farsi domande e trovare risposte non sarebbe
servito a nulla.
I due si sciolsero
consapevoli che senza uno l’altro non sarebbe arrivato a quel punto, a
quel giorno. E quella alla fine era la sola risposta che contava.
Era quasi nell’aria,
come quella volta che era venuto a Roma per la partita. Sinisa l’aveva
sentito, ma in realtà era stato lui stesso ad essere più elettrico.
Per tutto il giorno si
chiese cosa lui stesso dovesse fare. Andare nel loro appartamento ad
aspettarlo o non presentarsi in una negazione finale e definitiva?
Quello era il solo momento utile per chiudere davvero.
Era convinto delle proprie motivazioni, anche se l’aveva ucciso prendere quella scelta.
Ora era il momento di decidere per sé stesso.
Aveva nelle mani il
potere finale, quello che metteva il punto esatto, il punto dopo cui
non c’era un altro capitolo, il libro si chiudeva e basta.
Non presentandosi quella sera, nonostante la promessa fatta un mese e mezzo prima, avrebbe segnato una fine reale.
Non sarebbe stato
corretto, ma l’avrebbe fatto per lui. Alessio l’avrebbe capito ed
odiato insieme, sarebbe tornato a casa sua, dai suoi genitori, dai suoi
cani, avrebbe stretto Rocco perché il bulldog gli ricordava il suo
uomo, e avrebbe pianto.
Un’estate intera per accettarlo e mettersi in pace.
Era obiettivamente la scelta migliore.
Alessio doveva vivere
la vita di uno spensierato ventitreenne, innamorarsi un giorno di uno
della sua età, non dover fare i salti mortali e vivere tutto di
nascosto, dentro quattro mura super segrete. Alessio meritava molto,
molto di più.
Un giorno l’avrebbe
lasciato lo stesso sentendo la differenza d’età. Un giorno sarebbe
finita comunque. Non poteva rivivere tutto quello lo stesso, no, non
poteva.
Doveva fare quel che era giusto per tutti. Doveva.
Era ora sul serio.
“Cresci Sinisa. Sii uomo e fa quello che devi fare. Ora e subito.”
Ora e subito.
Ore 22.10. L’aereo serale Linate - Fiumicino stava atterrando a Roma