NOTE: Eccoci qua! La penultima fic della serie del ‘Milan il ritorno’ sezione ‘stagione 2016/17’. Vediamo che sarà di Juraj e Gianluca. Ho tentennato tantissimo prima di scriverla e l’ho fatto ora perché ho cominciato con la nuova stagione e nuovi inciuci, per cui ho detto che come prima cosa dovevo decidere qualcosa per Juraj. Volevo dar vita ad un sondaggio, ma hanno risposto solo in 2 ed in nome di quelle due votazioni ho deciso di farla finire così. Alla fine era giusto, ovviamente, però essendo che sti due scemi sono andati in due squadre diverse quest’estate, non è stato facile decidere e più che altro trovare l’ispirazione, ma ci siamo! Ormai è scritta. Una manina l’hanno data anche Mati e Suso anche se solo in una breve scena. Ho deciso di lasciare in pace Alessio perché lui e Juraj li avevo già fatti salutare. Dopo c’è la fic di conclusione con Alessio e Sinisa, a proposito, ed infine la sezione 2016/17 è finita davvero. Ho già iniziato la nuova stagione con personaggi e coppie fra vecchi e nuovi. Questa è divisa in 2 parti, oggi metto la prima, fra qualche giorno la seconda.
E niente. Buon nuovo anno! Buona lettura. Baci Akane

UNA VOLTA PER SEMPRE

1. PER NON RIMPIANGERLO


Juraj assaggiò per la prima volta in vita sua il significato profondo della parola emozione, un’arma a doppio taglio.
“Sembra quella volta che ho provato ad entrare nel mirino di Luca e poi mi ha scaricato con un ‘siamo solo amici, sto con Andrea!’ Solo che questa volta sono alla fase successiva, quella in cui ci spero come uno stronzo. Quella volta con Luca non lo volevo come ora, forse perché non ne ero innamorato, mi piaceva ma non provavo dei veri sentimenti. Sarebbero diventati dei sentimenti profondi, ne sono sicuro, però non ero al punto in cui sono ora.”
Juraj aveva il sacro terrore di rivivere quello che aveva vissuto quella volta con Luca, solo che sapeva sarebbe stato peggio, molto peggio. Perché ora lo voleva davvero, ora provava amore.
“Non mi accetterà mai, sto facendo una cagata...” Se lo ripeteva all’infinito mentre passava le ore a ragionarci, non aveva nemmeno idea di cosa dirgli, come e quando.
“Ma mi devo muovere, ormai il campionato sta finendo, iniziano a parlare già di mercato. O lo faccio adesso o mai più!”
Juraj non era tipo da rifletterci su molto, solo che aveva lo stomaco contratto in una morsa di ferro. Preferiva essere picchiato a sangue da qualche bulletto psicopatico del suo quartiere o schivare dei piatti volanti lanciati da suo padre furioso al ritorno stanco a casa dal lavoro.
Quando gli suonò il telefono per un momento gli venne un colpo e lo prese di soprassalto mentre preparava la borsa per l’ultimo allenamento col Milan a Milanello, poi sarebbero volati subito dopo a Cagliari per l’ultima partita della stagione.
Con delusione vide il nome del suo agente, Emil, e rispose svogliato, questi non si stupì molto del tono ed andò subito al punto mentre gli diceva che aveva alcune proposte e che in un incontro preliminare con la società, spiegavano che erano disposti a cederlo al volere del giocatore perché tanto c’era l’idea di rivoluzionare la squadra.
- Pensavo di essere fra quelli da tenere, non possono cambiare tutti... - Rispose stizzito Juraj per essere così poco considerato. Di norma non gli sarebbe importato, ma se sperava di rimanere al Milan con Gianluca, iniziare con queste prospettive non era una grandissima cosa.
- No, ma venderanno molti e se possono fare un po’ di soldi tu sei fra questi perché sei richiesto abbastanza. Hai una buona scelta, se volessi impuntarti e rimanere andrebbe comunque bene. - Spiegò pragmatico il suo agente. Juraj ascoltò issandosi il borsone in spalla ed uscendo di casa.
- Insomma la palla tocca a me! - Rispose con uno di quei modi di dire buffi che aveva imparato da Alessio.
Il suo interlocutore rimase sorpreso della sua metafora, non l’aveva mai sentito usarle, poi dicendogli di farsi l’ultima partita con calma e poi iniziare a pensarci e dirgli qualcosa al più presto, gli augurò un buon finale di stagione.

Lo sguardo teso e duro di Juraj non si ammorbidì quando incontrò quello cupo di Gianluca, quando lo vide con la consapevolezza che sarebbe stato l’ultimo weekend insieme, si sentì anche peggio.
Per qualche ragione sapeva che ‘o ora o mai più’, ma non sapeva da dove iniziare, più i secondi procedevano e peggio era.
E peggio del peggio, non c’era Alessio a dargli sostegno morale o qualche dritta!
Cosa gli avrebbe detto di fare?
Decise innanzitutto di allenarsi, poi avrebbe magari fatto qualcosa quella notte nell’albergo di Cagliari.
“Aspettare non mi aiuterà!” Si disse. Lo sapeva.
“Non ho mai avuto problemi a fare nulla, sono sempre stato bravo ad agire e fare qualunque cosa dovessi! Sono solo un idiota!”
- Dovresti semplicemente aprire il tuo cuore a lui! - Disse dolcemente e sentimentale Mati facendo venire uno di quei colpi da capogiro a Juraj, si girò e lo guardò come si poteva fare con una pulce che parlava la lingua umana, poi realizzò che era una persona fidata e che poteva spiegargli meglio quel concetto che gli sfuggiva, così approfittò al volo e prendendolo a braccetto, se lo trascinò verso gli spogliatoi per lavarsi.
- Cosa significa aprire il cuore? - Mati rise di gusto incredulo che glielo chiedesse sul serio.
- Davvero non sai come si fa? Non l’hai mai fatto? - Juraj fece il broncio mettendo il piccolo cileno sotto sopra per via dei suoi occhi troppo azzurri come sempre.
“Perché non si mette degli occhiali da sole?” Si chiese per farsi coraggio in quell’ultimo consiglio che sentiva di dovergli dare.
- Ok senti... - Disse Mati iniziando a togliersi la divisa sporca e sudata dopo l’allenamento conclusivo dell’anno, Juraj era già nudo vicino a lui ed aspettava di entrare sotto le docce. - Semplicemente vai da lui, lo prendi in un momento dove avete tempo e privacy... - Juraj inarcò le sopracciglia perché non aveva idea di che cosa intendesse e Mati sollevando seccato gli occhi al cielo, disse sbrigativo mentre apriva l’acqua della doccia:
- Juraj, mica glielo puoi dire in partita od in mezzo alla gente! - Così lo slovacco annuì capendo.
- Tipo stasera in camera andrebbe bene? - Mati annuì sollevato che avesse capito.
- Gli dici quello che provi, punto. - Juraj tirò infuori il labbro inferiore mentre si passava le mani sul corpo accompagnando l’acqua sulla pelle chiara solcata dai tatuaggi e da qualche vecchia cicatrice di quando era bambino.
- Come si fa? - Mati alzò gli occhi al cielo di nuovo chiedendosi come potesse essere arrivato a quell’età così privo di senso pratico.
Mati così si voltò verso di lui, aprì le mani e fra di loro e chiamò la sua attenzione, poi fissandolo dritto negli occhi disse:
- Lo guardi negli occhi e gli dici che lo ami, che avevi paura delle relazioni ma che hai capito che comunque i sentimenti non si comandano e che sei innamorato di lui. Poi non so, vedi come reagisce. - Juraj sospirò insofferente. Era facile a dirsi, ma a farsi era tutt’altra cosa.
Quando Gianluca entrò con altri compagni, li vide sotto la doccia insieme, vicini, intenti a parlare di qualcosa di personale. Juraj notò uno strano sguardo e notò che si irrigidiva ed induriva, ma Mati notò anche del dolore nei suoi occhi, una ferita ancora aperta e mai rimarginata, una ferita che mai si sarebbe chiusa.
Il cileno scosse la testa pensando che erano due idioti a non parlarsi, così tornò verso Juraj e avvicinando il viso al suo sussurrò:
- Non aspettare oltre stanotte perché altrimenti lo perdi! - Juraj lo guardò sorpreso negli occhi da vicino per capire come potesse dirlo, ma Mati chiuse il proprio rubinetto ed uscì dalla doccia, guardandolo sfilare via tornò a Gianluca con un’aria strana e tesa che lo evitava di proposito.
“Non si mette bene...” E questo lo capiva anche lui.

Interiormente Juraj non sapeva se sperarci o no, se essere positivo o negativo. Ma nella sua vita non tutte le cose erano andate bene se non magari la questione calcistica.
Alla fine stava arrivando alla conclusione di quella storia durata un sacco di mesi, fra tira e molla. Poteva finire bene o male, ma era ora di chiuderla. Non era tipo da trascinare qualcosa per così tanto. L’aveva fatto per paura di essere di nuovo rifiutato, di rendersi conto di provare di nuovo dei sentimenti e di non essere ancora ricambiato.
Ma lui sapeva, sapeva bene che il problema con Gianluca non era essere rifiutato o ricambiato, ma semplicemente tutta la sofferenza che gli aveva arrecato negli ultimi mesi.
“Perché dovrebbe accettarmi ora? Solo perché arrivo a scaricarmi la coscienza? La gente parla bene quando non è al posto degli altri a fare certe cose...”
Juraj alla fine si decise a prendere posizione nella camera con Gianluca, lo raggiunse mentre saliva in ascensore accompagnato da Gustavo, fece un cenno al difensore usando un occhiolino convincente dei suoi, infine si ritrovò nell’abitacolo al posto suo, insieme ad un sorpreso e shoccato Gianluca che, girandosi, si era ritrovato Juraj invece che il loro compagno.
- Sei pazzo?! - Esclamò spontaneo ed improvviso l’attaccante. Juraj ridacchiò divertito.
- Lo sono? - Gianluca sospirò insofferente.
- Smettila! Non sei stupido! Lo fai per comodità! - Juraj sorpreso del suo attacco esasperato si strinse nelle spalle.
- E cosa c’è di male? -
- Di male c’è che non dai niente di te e di vero agli altri! - Voleva ribattere sempre con la sua verve pacata che cosa c’era di male anche in quello, ma dedusse che l’aria arrabbiata di Gianluca non era molto per le chiacchiere.
- Ho bisogno di parlarti, o ora o mai più. -
Gianluca rise amaro mentre sgusciava fuori dalle porte che si aprivano giungendo al loro piano, Juraj lo seguì svelto con il proprio bagaglio a mano.
- Sempre coi tuoi tempi velocissimi! - Juraj capì che era ironico, Alessio gli aveva insegnato un po’ di quelle cose.
- Beh, non è stato facile perché... - Poi si ricordò dell’avvertimento di Mati di non parlargli in posti inappropriati. - Insomma, posso stare in camera con te? - Gianluca non lo voleva in camera, non ne aveva la minima intenzione, si girò e lo guardò torvo mentre infilava la chiave magnetica nella stanza per due.
- Due parole veloci e poi te ne vai in un’altra camera! - Disse deciso Gianluca, Juraj capì che quelle non erano delle buone premesse, ma ormai era lì per parlare ed avrebbe parlato. Decise di aspettarsi un rifiuto, ma quanto si è mai pronti per un vero rifiuto?
Juraj annuì infilandosi nella camera, Gianluca aprì la luce e si guardò intorno mettendo giù la propria borsa da viaggio con il necessario per una notte, per un allenamento e per una partita oltre che per lavarsi, poi mise le mani ai fianchi sentendosi profondamente a disagio davanti a lui, fermo a fissarlo appena messo piede nella stanza.
Il suo sguardo penetrante e magnetico di chi cercava di leggere e capire tutto, era lo sguardo peggiore in cui si fosse mai imbattuto. Come osava guardarlo ancora in quel modo dopo che si era chiaramente messo con Mati? Cosa gli voleva dire, che era felice con lui? Per quale motivo? Non gli doveva niente... solo perché erano riusciti a tornare ad un vago rapporto civile ed ogni tanto ridevano di nuovo insieme, non significava che poteva tornare a torturarlo. Perché? Perché non voleva saperne di uscire dalla sua vita, dalla sua testa?
Oh, ma ormai era finita, ormai mancava poco e poi se lo sarebbe tolto a forza da dentro l’anima.
Non sapeva come ci era riuscito ad infilarsi con quei modi impossibili, ma ce l’aveva fatta, non avrebbe mai permesso a niente e nessuno di replicare una cosa simile, mai più.
Non sarebbe entrato nessun altro.
- Beh? - Chiese cercando di risultare duro, non voleva tornare a stare male, aveva fatto fatica a non stare in quel modo nel parlare con lui magari durante le partite o gli allenamenti. Ma forse nella fine di una stagione difficile emotivamente parlando, era giusto stare così.
Juraj si mise le mani in tasca e lo guardò alla luce artificiale della camera, la testa bassa, lo sguardo alto e penetrante sul suo. Cercava di prevedere le sue mosse per non essere impreparato, ma non era bravo, ci provava ma non ci riusciva mai.
- So che arrivo tardi e che ormai sei andato oltre e non ho il diritto di dirti una cosa simile ora. - Non ne era certo, ma immaginava fosse così. Gianluca impallidì a quell’inizio. - Non sono bravo nelle premesse, per questo ci ho messo tanto. Non sapevo come dirlo, ma se non lo faccio ora lo rimpiangerò per sempre. - Asserì infine facendosi forza e coraggio, sospirò insofferente, alzò gli occhi in alto e poi li riposò di nuovo su Gianluca immobile e pietrificato.
A quel punto, finalmente, la sua voce liberò le parole magiche che mai in vita sua aveva detto, nemmeno a sua moglie visto che l’aveva sposata per l’incidente di percorso e perché è così che fanno gli uomini, sposano le donne e ci fanno figli. Ma amore? Non era mai stato amore, mai detto ‘ti amo’.
Amava sua figlia, ma era diverso, era un altro tipo di amore ovviamente.
Mosse un passo in avanti togliendo quel po’ di spazio vitale rimasto fra i due, Gianluca non respirava:
- Io ti amo, è questo che ti volevo dire. So di non meritare nulla perché ho gestito tutto malissimo e ti ho fatto soffrire ed ho avuto tempi infiniti, ma... - Sospirò e poi scosse il capo guardando di lato alla ricerca di una conclusione che non arrivò diversamente da un cupo: - Perdonami. So che non merito niente. Però sentivo di dovertelo dire. Se... se c’è una piccola speranza, io ci dovevo provare. - Fu chiaro nel contenuto della sua dichiarazione. Non voleva solo scoprirsi, perché altrimenti non l’avrebbe mai fatto.
Lo capì solo mentre lo diceva, colpito lui stesso dal fatto che in realtà, nonostante le proprie premesse mentali del non crederci, invece glielo aveva voluto dire proprio per quello. Perché invece ci credeva e ci sperava.
Si insultò per quello, non bisognava mai sperare, mai credere. Era quello che ti feriva, non il rifiuto, ma il fatto che prima speravi in un ‘sì’.
Juraj si morse il labbro trovando complicato guardarlo di nuovo, ma trovò peggio il suo silenzio, così tornò a posare gli occhi sui suoi.
Gianluca aveva le lacrime.
Cazzo, come faceva a piangere? Come si vivevano le proprie emozioni così? Come ci si conviveva, anzi?
Juraj non aveva mai capito come si facesse, non ce la faceva proprio.
- Cosa... che reazione è questa? - Chiese spontaneo. Gianluca a quel punto, che si era sforzato enormemente di trattenere e gestire tutto con compostezza, realizzò di avere le guance bagnate e che gli occhi bruciavano perché piangeva, così si mandò al diavolo e liberò tutto.
- Vuoi sapere che reazione è questa? - Disse basso e penetrante. Juraj impallidì sorpreso del suo tono particolarmente astioso, ma fu un lampo. Non fece in tempo a dire nulla, si ritrovò spinto una prima volta mentre la sua voce esplodeva nella camera.
- Come hai potuto aspettare tutto questo tempo? Ti sei fatto tutta la squadra durante tutto l’anno ed anche ora con Mati ci hai dato dentro e tutto per realizzare che anche tu hai un cuore, ma che odi innamorarti? Sei tu che ti obblighi a non amare, tu! E poi te ne esci ora, all’ultimo giorno così? Che mi ami e speri cosa? Che io ti accetti? Vaffanculo Juraj, vaffanculo di cuore, cazzo! - Gianluca non era mai sbottato così, figurarsi a gridare e spingerlo, ma lui non si oppose, si fece spintonare muovendosi per la camera in cerchio fino a che non inciampò in qualcosa che vide all’ultimo e fra urla, insulti e spinte non poté che sedersi sul letto sempre fissandolo. Non batteva le palpebre mentre cercava di capire cosa diceva e il senso finale della sfuriata. Lo stava rifiutando? Perché non ne era convinto? Cosa sentiva, in mezzo al suo dolore e alle sue lacrime?
- Gianluca, mi dispiace, io ho il terrore dei rifiuti... - Gianluca si coprì il viso con le mani esasperato ed allucinato, mentre le lacrime ancora uscivano, poi le aprì e si mostrò teatrale.
- Io invece ci godo nei rifiuti, no? - Juraj ricordò come aveva pianto quella volta quando l’aveva scaricato per paura di non essere in grado di gestire la felicità di una persona.
- Io non so fare felice qualcuno. - Cercò di spiegare pratico e calmo. Gianluca si raddrizzò in piedi davanti a lui e lo guardò torvo.
- E perciò cosa vuoi da me ora? Con queste premesse dovrei fidarmi e mettermi con te sapendo che non sai fare felice qualcuno, che hai paura di soffrire e che quindi reagisci tradendo? - Juraj capiva che era grottesco chiedere una cosa simile, ma doveva essere sincero fino in fondo o se ne sarebbe pentito, ormai che era lì, doveva.
- Voglio amare ed essere amato. Non volevo questo, volevo innamorarmi di Mati e provare ad avere una relazione normale, iniziarla nel modo giusto, frequentare solo lui, conoscersi e poi andare per gradi fino poi alla relazione vera. Senza scopare prima e parlare poi! - Spiegò mentre Gianluca scuoteva il capo incredulo che gli stesse raccontando questo.
- E cosa è andato storto? Sei scivolato col cazzo nel suo buco per sbaglio? - Juraj sospirò e scosse la testa.
- Non ci sono andato a letto, ha capito che amavo te e che non potevo costringermi a cercare una relazione con un altro. Non ci si obbliga ad amare, si ama e basta. Ed io amo te. Non so perché e come è successo, non ne ho la minima idea, ma ora io... se non ci avessi provato, alla fine... l’avrei rimpianto. So che non è giusto per te, non dovresti mai metterti con me perché sono una persona terribile, non so comunicare, non so condividere le mie emozioni, non so nemmeno provarle! E figurati fare felice qualcuno. Ma io... io invece vorrei stare con te. Punto. Sono qua solo per questo. - Gianluca si fermò e si zittì, il respiro calmo improvvisamente mentre le lacrime cristallizzate brillavano sul suo viso sofferente.
Immobile come una statua lasciò correre dei lunghissimi secondi che incisero un silenzio pesante, alla fine dopo un tempo infinito si decise a rispondere piano, in un sussurro graffiante.
- Io ho già accettato la proposta di un’altra squadra, sarà ufficiale quando inizia il mercato ma sono già in parola col Genoa. Una volta finito qua, non voglio vederti nemmeno un secondo di più. - Qualcosa lì si spezzò definitivamente in Juraj, qualcosa che fece un rumore sordo, ma lui di dolori nella vita ne aveva già vissuti. Non era tanto diverso dagli altri, no?
Aveva sbagliato a volerci riprovare, non avrebbe dovuto, ma avrebbe rimpianto quel tentativo mancato.
Poteva amare anche lui, alla fine. Alla fine aveva scoperto qualcosa di sé che non pensava possibile.
Ed ora, dopo averlo scoperto, decise che non ne valeva la pena. Come aveva potuto volerlo? Aveva fatto bene prima a fare in modo di stare lontano dall’amore.
Juraj ci mise un maio di istanti lunghissimi prima di trovare la forza di alzarsi, ma quando lo fece non appariva spezzato, addolorato o in crisi.
Sembrava una statua di ghiaccio, anzi, di pietra.
Il viso indurito, gli occhi gelidi si posarono su quelli pieni di lacrime di Gianluca, rimase in piedi davanti a lui a fissarlo fermo per un paio di secondi, non lo toccò e non si avvicinò oltre.
- Hai fatto la scelta giusta per te. Non avrei mai dovuto provarci con uno così diverso da me. Ti auguro ogni bene. - Con questo e niente altro, duro, serio e basso, se ne andò dalla camera portandosi dietro il suo bagaglio a mano e ritrovandosi in giro per l’albergo a vagare senza sapere dove diavolo andare a dormire e cosa diavolo fare.
Non era tardi e c’era ancora la cena a cui non si sarebbe presentato, ma ormai erano sicuramente tutti sistemati. Non sapeva cosa fare e dove andare.
Quando soffriva la sua reazione era la chiusura ed il gelo, nemmeno sforzandosi avrebbe pianto e fatto sceneggiate, però ora non voleva vedere nessuno, non voleva stare con nessuno.
Si sedette nella sala d’attesa dell’albergo per il momento vuota, come se lì potesse aspettare per sempre che quel senso che lo schiacciava passasse.
Prese il cellulare e scrisse al suo agente che voleva andare via dall’Italia, poi iniziò a scorrere nella rubrica alla disperata ricerca di qualcuno in grado di dirgli cosa fare.
Dire di aspettarsi un rifiuto era una cosa, viverlo davvero era un’altra.
Juraj cercò di ricordare come era andata quella volta con Luca, ma in quel momento non gli veniva niente in mente, niente. Era nel vuoto e nel buio più totali.
“Sperare va bene per gli stupidi! Quante cose mi sono andate storte? Ancora che spero nelle cose? La speranza mi ha ridotto così! Se non ci speravo davvero non sarei mai andato là a ricevere un rifiuto. Che poi è giusto, è obiettivamente giusto essere rifiutati da lui perché davvero gli ho fatto male. Alessio aveva ragione a dire che ho sbagliato a portarmi a letto proprio lui!”
Pensando ad Alessio finì col suo numero sul display e soppesò l’idea di chiamarlo per dirgli cosa fare ora, ma non era lì e a distanza non era la stessa cosa.
“Ho bisogno di scopare, è questo che devo fare! Questo mi fa voltare pagina, ho sempre fatto così, smettere è stato stupido! Cosa cercavo, amore? Ebbene l’ho trovato, bella fregatura. Se non fai la cosa giusta al momento giusto sei fottuto, ma indovina un po’? Non faccio mai un cazzo di giusto!”
Juraj decise di chiedere una camera per conto suo e non dire niente a nessuno, ma proprio quando stava arrivando alla reception, la voce confortevole di Mati lo raggiunse. Vedere il suo sorriso dolce lo rilassò e lo riportò al presente togliendo quella patina gelata che lo stava circondando da quando Gianluca l’aveva rifiutato.

Mati non fece niente e dopo un primo rifiuto, Juraj si lasciò cadere sul letto con l’avambraccio a coprirgli gli occhi.
Voleva fare sesso e glielo negava, aveva chiesto qualcosa di alcolico e glielo negava, voleva stare solo e gli negava anche quello.
Stare male era una bella fregatura.
- Ricorderò per sempre questa sensazione peggiore dell’altra volta e non mi legherò mai più. Se avrò bisogno di amore pagherò una puttana che finga di amarmi, perché nemmeno mia moglie è capace di farlo! - Mati lo lasciò sragionare, ma non lo lasciò solo un istante, non gli si avvicinò e non lo toccò, però non lo abbandonò. Non fece paternali, non diede consigli, non provò a fare il rimpiazzo.
Semplicemente, silenzioso, rimase lì con lui tutta la notte fino a che non si addormentò lamentandosi di quanto i sentimenti fossero inutili e basta.

Il mattino uscì presto dalla camera. Non pensava toccasse a lui perché l’aveva spinto a dichiararsi e l’aveva fermato quando aveva cercato di buttarsi su di lui quella sera di qualche settimana prima.
Semplicemente sentiva che doveva farlo, anzi, lui voleva.
Silenzioso si mosse nei corridoi deserti dell’albergo, fra poco si sarebbero riempiti di persone al loro risveglio assonnato, Mati accelerò il passo e bussò alla camera di Gianluca sperando che fosse sveglio nonostante l’ora.
Bussò due volte, poi finalmente si ritrovò il viso segnato e gonfio di pianto del suo compagno, sorpreso nel vedere lì proprio lui.
- Che succede? - Chiese roco e preoccupato. - Si è sentito male? - La prima cosa che gli venne in mente, Mati sorrise sapendo cosa stava passando e perché l’aveva rifiutato. Spirito di auto conservazione, non poteva nemmeno biasimarlo dopo come era andata la prima volta fra loro.
Mati non entrò, alzò le mani in segno di stop e con un’aria calma e dolce tipica sua, disse nel modo più semplice possibile:
- Non so cosa avete passato e cosa stai vivendo tu ora. So che probabilmente la tua reazione di chiudere, cancellare e ricominciare è legittima, ti stai proteggendo dopo aver già sofferto per colpa sua. Però non si può chiedere che le persone cambino e poi, quando ci provano e ci riescono, non dargli l’occasione di dimostrare che ci sono riuscite o che lo stanno facendo. Non ha senso chiedere un cambiamento che poi non ti importa di vedere. Non ho conosciuto il Juraj di prima, ma ho conosciuto questo. E questo Juraj è davvero innamorato. -
Gianluca che aveva pianto tutta la notte non disse nulla, non trovò niente da dire. Rimase a guardarlo assimilando le sue parole come se fosse impossibile averle sentite davvero, Mati sorrise ancora e poi lo salutò dicendo ‘volevo dirti solo questo’.