NOTE:
Eccoci qua! La penultima fic della serie del ‘Milan il ritorno’ sezione
‘stagione 2016/17’. Vediamo che sarà di Juraj e Gianluca. Ho tentennato
tantissimo prima di scriverla e l’ho fatto ora perché ho cominciato con
la nuova stagione e nuovi inciuci, per cui ho detto che come prima cosa
dovevo decidere qualcosa per Juraj. Volevo dar vita ad un sondaggio, ma
hanno risposto solo in 2 ed in nome di quelle due votazioni ho deciso
di farla finire così. Alla fine era giusto, ovviamente, però essendo
che sti due scemi sono andati in due squadre diverse quest’estate, non
è stato facile decidere e più che altro trovare l’ispirazione, ma ci
siamo! Ormai è scritta. Una manina l’hanno data anche Mati e Suso anche
se solo in una breve scena. Ho deciso di lasciare in pace Alessio
perché lui e Juraj li avevo già fatti salutare. Dopo c’è la fic di
conclusione con Alessio e Sinisa, a proposito, ed infine la sezione
2016/17 è finita davvero. Ho già iniziato la nuova stagione con
personaggi e coppie fra vecchi e nuovi. Questa è divisa in 2 parti,
oggi metto la prima, fra qualche giorno la seconda.
E niente. Buon nuovo anno! Buona lettura. Baci Akane
UNA VOLTA PER SEMPRE
1. PER NON RIMPIANGERLO
Juraj assaggiò per la prima volta in vita sua il significato profondo della parola emozione, un’arma a doppio taglio.
“Sembra quella volta che ho
provato ad entrare nel mirino di Luca e poi mi ha scaricato con un
‘siamo solo amici, sto con Andrea!’ Solo che questa volta sono alla
fase successiva, quella in cui ci spero come uno stronzo. Quella volta
con Luca non lo volevo come ora, forse perché non ne ero innamorato, mi
piaceva ma non provavo dei veri sentimenti. Sarebbero diventati dei
sentimenti profondi, ne sono sicuro, però non ero al punto in cui sono
ora.”
Juraj aveva il sacro terrore di
rivivere quello che aveva vissuto quella volta con Luca, solo che
sapeva sarebbe stato peggio, molto peggio. Perché ora lo voleva
davvero, ora provava amore.
“Non mi accetterà mai, sto
facendo una cagata...” Se lo ripeteva all’infinito mentre passava le
ore a ragionarci, non aveva nemmeno idea di cosa dirgli, come e quando.
“Ma mi devo muovere, ormai il campionato sta finendo, iniziano a parlare già di mercato. O lo faccio adesso o mai più!”
Juraj non era tipo da
rifletterci su molto, solo che aveva lo stomaco contratto in una morsa
di ferro. Preferiva essere picchiato a sangue da qualche bulletto
psicopatico del suo quartiere o schivare dei piatti volanti lanciati da
suo padre furioso al ritorno stanco a casa dal lavoro.
Quando gli suonò il telefono
per un momento gli venne un colpo e lo prese di soprassalto mentre
preparava la borsa per l’ultimo allenamento col Milan a Milanello, poi
sarebbero volati subito dopo a Cagliari per l’ultima partita della
stagione.
Con delusione vide il nome del
suo agente, Emil, e rispose svogliato, questi non si stupì molto del
tono ed andò subito al punto mentre gli diceva che aveva alcune
proposte e che in un incontro preliminare con la società, spiegavano
che erano disposti a cederlo al volere del giocatore perché tanto c’era
l’idea di rivoluzionare la squadra.
- Pensavo di essere fra quelli
da tenere, non possono cambiare tutti... - Rispose stizzito Juraj per
essere così poco considerato. Di norma non gli sarebbe importato, ma se
sperava di rimanere al Milan con Gianluca, iniziare con queste
prospettive non era una grandissima cosa.
- No, ma venderanno molti e se
possono fare un po’ di soldi tu sei fra questi perché sei richiesto
abbastanza. Hai una buona scelta, se volessi impuntarti e rimanere
andrebbe comunque bene. - Spiegò pragmatico il suo agente. Juraj
ascoltò issandosi il borsone in spalla ed uscendo di casa.
- Insomma la palla tocca a me! - Rispose con uno di quei modi di dire buffi che aveva imparato da Alessio.
Il suo interlocutore rimase
sorpreso della sua metafora, non l’aveva mai sentito usarle, poi
dicendogli di farsi l’ultima partita con calma e poi iniziare a
pensarci e dirgli qualcosa al più presto, gli augurò un buon finale di
stagione.
Lo sguardo teso e duro di Juraj
non si ammorbidì quando incontrò quello cupo di Gianluca, quando lo
vide con la consapevolezza che sarebbe stato l’ultimo weekend insieme,
si sentì anche peggio.
Per qualche ragione sapeva che ‘o ora o mai più’, ma non sapeva da dove iniziare, più i secondi procedevano e peggio era.
E peggio del peggio, non c’era Alessio a dargli sostegno morale o qualche dritta!
Cosa gli avrebbe detto di fare?
Decise innanzitutto di allenarsi, poi avrebbe magari fatto qualcosa quella notte nell’albergo di Cagliari.
“Aspettare non mi aiuterà!” Si disse. Lo sapeva.
“Non ho mai avuto problemi a fare nulla, sono sempre stato bravo ad agire e fare qualunque cosa dovessi! Sono solo un idiota!”
- Dovresti semplicemente aprire
il tuo cuore a lui! - Disse dolcemente e sentimentale Mati facendo
venire uno di quei colpi da capogiro a Juraj, si girò e lo guardò come
si poteva fare con una pulce che parlava la lingua umana, poi realizzò
che era una persona fidata e che poteva spiegargli meglio quel concetto
che gli sfuggiva, così approfittò al volo e prendendolo a braccetto, se
lo trascinò verso gli spogliatoi per lavarsi.
- Cosa significa aprire il cuore? - Mati rise di gusto incredulo che glielo chiedesse sul serio.
- Davvero non sai come si fa?
Non l’hai mai fatto? - Juraj fece il broncio mettendo il piccolo cileno
sotto sopra per via dei suoi occhi troppo azzurri come sempre.
“Perché non si mette degli
occhiali da sole?” Si chiese per farsi coraggio in quell’ultimo
consiglio che sentiva di dovergli dare.
- Ok senti... - Disse Mati
iniziando a togliersi la divisa sporca e sudata dopo l’allenamento
conclusivo dell’anno, Juraj era già nudo vicino a lui ed aspettava di
entrare sotto le docce. - Semplicemente vai da lui, lo prendi in un
momento dove avete tempo e privacy... - Juraj inarcò le sopracciglia
perché non aveva idea di che cosa intendesse e Mati sollevando seccato
gli occhi al cielo, disse sbrigativo mentre apriva l’acqua della
doccia:
- Juraj, mica glielo puoi dire in partita od in mezzo alla gente! - Così lo slovacco annuì capendo.
- Tipo stasera in camera andrebbe bene? - Mati annuì sollevato che avesse capito.
- Gli dici quello che provi,
punto. - Juraj tirò infuori il labbro inferiore mentre si passava le
mani sul corpo accompagnando l’acqua sulla pelle chiara solcata dai
tatuaggi e da qualche vecchia cicatrice di quando era bambino.
- Come si fa? - Mati alzò gli
occhi al cielo di nuovo chiedendosi come potesse essere arrivato a
quell’età così privo di senso pratico.
Mati così si voltò verso di
lui, aprì le mani e fra di loro e chiamò la sua attenzione, poi
fissandolo dritto negli occhi disse:
- Lo guardi negli occhi e gli
dici che lo ami, che avevi paura delle relazioni ma che hai capito che
comunque i sentimenti non si comandano e che sei innamorato di lui. Poi
non so, vedi come reagisce. - Juraj sospirò insofferente. Era facile a
dirsi, ma a farsi era tutt’altra cosa.
Quando Gianluca entrò con altri
compagni, li vide sotto la doccia insieme, vicini, intenti a parlare di
qualcosa di personale. Juraj notò uno strano sguardo e notò che si
irrigidiva ed induriva, ma Mati notò anche del dolore nei suoi occhi,
una ferita ancora aperta e mai rimarginata, una ferita che mai si
sarebbe chiusa.
Il cileno scosse la testa
pensando che erano due idioti a non parlarsi, così tornò verso Juraj e
avvicinando il viso al suo sussurrò:
- Non aspettare oltre stanotte
perché altrimenti lo perdi! - Juraj lo guardò sorpreso negli occhi da
vicino per capire come potesse dirlo, ma Mati chiuse il proprio
rubinetto ed uscì dalla doccia, guardandolo sfilare via tornò a
Gianluca con un’aria strana e tesa che lo evitava di proposito.
“Non si mette bene...” E questo lo capiva anche lui.
Interiormente Juraj non sapeva
se sperarci o no, se essere positivo o negativo. Ma nella sua vita non
tutte le cose erano andate bene se non magari la questione calcistica.
Alla fine stava arrivando alla
conclusione di quella storia durata un sacco di mesi, fra tira e molla.
Poteva finire bene o male, ma era ora di chiuderla. Non era tipo da
trascinare qualcosa per così tanto. L’aveva fatto per paura di essere
di nuovo rifiutato, di rendersi conto di provare di nuovo dei
sentimenti e di non essere ancora ricambiato.
Ma lui sapeva, sapeva bene che
il problema con Gianluca non era essere rifiutato o ricambiato, ma
semplicemente tutta la sofferenza che gli aveva arrecato negli ultimi
mesi.
“Perché dovrebbe accettarmi
ora? Solo perché arrivo a scaricarmi la coscienza? La gente parla bene
quando non è al posto degli altri a fare certe cose...”
Juraj alla fine si decise a
prendere posizione nella camera con Gianluca, lo raggiunse mentre
saliva in ascensore accompagnato da Gustavo, fece un cenno al difensore
usando un occhiolino convincente dei suoi, infine si ritrovò
nell’abitacolo al posto suo, insieme ad un sorpreso e shoccato Gianluca
che, girandosi, si era ritrovato Juraj invece che il loro compagno.
- Sei pazzo?! - Esclamò spontaneo ed improvviso l’attaccante. Juraj ridacchiò divertito.
- Lo sono? - Gianluca sospirò insofferente.
- Smettila! Non sei stupido! Lo fai per comodità! - Juraj sorpreso del suo attacco esasperato si strinse nelle spalle.
- E cosa c’è di male? -
- Di male c’è che non dai
niente di te e di vero agli altri! - Voleva ribattere sempre con la sua
verve pacata che cosa c’era di male anche in quello, ma dedusse che
l’aria arrabbiata di Gianluca non era molto per le chiacchiere.
- Ho bisogno di parlarti, o ora o mai più. -
Gianluca rise amaro mentre
sgusciava fuori dalle porte che si aprivano giungendo al loro piano,
Juraj lo seguì svelto con il proprio bagaglio a mano.
- Sempre coi tuoi tempi velocissimi! - Juraj capì che era ironico, Alessio gli aveva insegnato un po’ di quelle cose.
- Beh, non è stato facile
perché... - Poi si ricordò dell’avvertimento di Mati di non parlargli
in posti inappropriati. - Insomma, posso stare in camera con te? -
Gianluca non lo voleva in camera, non ne aveva la minima intenzione, si
girò e lo guardò torvo mentre infilava la chiave magnetica nella stanza
per due.
- Due parole veloci e poi te ne
vai in un’altra camera! - Disse deciso Gianluca, Juraj capì che quelle
non erano delle buone premesse, ma ormai era lì per parlare ed avrebbe
parlato. Decise di aspettarsi un rifiuto, ma quanto si è mai pronti per
un vero rifiuto?
Juraj annuì infilandosi nella
camera, Gianluca aprì la luce e si guardò intorno mettendo giù la
propria borsa da viaggio con il necessario per una notte, per un
allenamento e per una partita oltre che per lavarsi, poi mise le mani
ai fianchi sentendosi profondamente a disagio davanti a lui, fermo a
fissarlo appena messo piede nella stanza.
Il suo sguardo penetrante e
magnetico di chi cercava di leggere e capire tutto, era lo sguardo
peggiore in cui si fosse mai imbattuto. Come osava guardarlo ancora in
quel modo dopo che si era chiaramente messo con Mati? Cosa gli voleva
dire, che era felice con lui? Per quale motivo? Non gli doveva
niente... solo perché erano riusciti a tornare ad un vago rapporto
civile ed ogni tanto ridevano di nuovo insieme, non significava che
poteva tornare a torturarlo. Perché? Perché non voleva saperne di
uscire dalla sua vita, dalla sua testa?
Oh, ma ormai era finita, ormai mancava poco e poi se lo sarebbe tolto a forza da dentro l’anima.
Non sapeva come ci era riuscito
ad infilarsi con quei modi impossibili, ma ce l’aveva fatta, non
avrebbe mai permesso a niente e nessuno di replicare una cosa simile,
mai più.
Non sarebbe entrato nessun altro.
- Beh? - Chiese cercando di
risultare duro, non voleva tornare a stare male, aveva fatto fatica a
non stare in quel modo nel parlare con lui magari durante le partite o
gli allenamenti. Ma forse nella fine di una stagione difficile
emotivamente parlando, era giusto stare così.
Juraj si mise le mani in tasca
e lo guardò alla luce artificiale della camera, la testa bassa, lo
sguardo alto e penetrante sul suo. Cercava di prevedere le sue mosse
per non essere impreparato, ma non era bravo, ci provava ma non ci
riusciva mai.
- So che arrivo tardi e che
ormai sei andato oltre e non ho il diritto di dirti una cosa simile
ora. - Non ne era certo, ma immaginava fosse così. Gianluca impallidì a
quell’inizio. - Non sono bravo nelle premesse, per questo ci ho messo
tanto. Non sapevo come dirlo, ma se non lo faccio ora lo rimpiangerò
per sempre. - Asserì infine facendosi forza e coraggio, sospirò
insofferente, alzò gli occhi in alto e poi li riposò di nuovo su
Gianluca immobile e pietrificato.
A quel punto, finalmente, la
sua voce liberò le parole magiche che mai in vita sua aveva detto,
nemmeno a sua moglie visto che l’aveva sposata per l’incidente di
percorso e perché è così che fanno gli uomini, sposano le donne e ci
fanno figli. Ma amore? Non era mai stato amore, mai detto ‘ti amo’.
Amava sua figlia, ma era diverso, era un altro tipo di amore ovviamente.
Mosse un passo in avanti togliendo quel po’ di spazio vitale rimasto fra i due, Gianluca non respirava:
- Io ti amo, è questo che ti
volevo dire. So di non meritare nulla perché ho gestito tutto malissimo
e ti ho fatto soffrire ed ho avuto tempi infiniti, ma... - Sospirò e
poi scosse il capo guardando di lato alla ricerca di una conclusione
che non arrivò diversamente da un cupo: - Perdonami. So che non merito
niente. Però sentivo di dovertelo dire. Se... se c’è una piccola
speranza, io ci dovevo provare. - Fu chiaro nel contenuto della sua
dichiarazione. Non voleva solo scoprirsi, perché altrimenti non
l’avrebbe mai fatto.
Lo capì solo mentre lo diceva,
colpito lui stesso dal fatto che in realtà, nonostante le proprie
premesse mentali del non crederci, invece glielo aveva voluto dire
proprio per quello. Perché invece ci credeva e ci sperava.
Si insultò per quello, non
bisognava mai sperare, mai credere. Era quello che ti feriva, non il
rifiuto, ma il fatto che prima speravi in un ‘sì’.
Juraj si morse il labbro
trovando complicato guardarlo di nuovo, ma trovò peggio il suo
silenzio, così tornò a posare gli occhi sui suoi.
Gianluca aveva le lacrime.
Cazzo, come faceva a piangere? Come si vivevano le proprie emozioni così? Come ci si conviveva, anzi?
Juraj non aveva mai capito come si facesse, non ce la faceva proprio.
- Cosa... che reazione è
questa? - Chiese spontaneo. Gianluca a quel punto, che si era sforzato
enormemente di trattenere e gestire tutto con compostezza, realizzò di
avere le guance bagnate e che gli occhi bruciavano perché piangeva,
così si mandò al diavolo e liberò tutto.
- Vuoi sapere che reazione è
questa? - Disse basso e penetrante. Juraj impallidì sorpreso del suo
tono particolarmente astioso, ma fu un lampo. Non fece in tempo a dire
nulla, si ritrovò spinto una prima volta mentre la sua voce esplodeva
nella camera.
- Come hai potuto aspettare
tutto questo tempo? Ti sei fatto tutta la squadra durante tutto l’anno
ed anche ora con Mati ci hai dato dentro e tutto per realizzare che
anche tu hai un cuore, ma che odi innamorarti? Sei tu che ti obblighi a
non amare, tu! E poi te ne esci ora, all’ultimo giorno così? Che mi ami
e speri cosa? Che io ti accetti? Vaffanculo Juraj, vaffanculo di cuore,
cazzo! - Gianluca non era mai sbottato così, figurarsi a gridare e
spingerlo, ma lui non si oppose, si fece spintonare muovendosi per la
camera in cerchio fino a che non inciampò in qualcosa che vide
all’ultimo e fra urla, insulti e spinte non poté che sedersi sul letto
sempre fissandolo. Non batteva le palpebre mentre cercava di capire
cosa diceva e il senso finale della sfuriata. Lo stava rifiutando?
Perché non ne era convinto? Cosa sentiva, in mezzo al suo dolore e alle
sue lacrime?
- Gianluca, mi dispiace, io ho
il terrore dei rifiuti... - Gianluca si coprì il viso con le mani
esasperato ed allucinato, mentre le lacrime ancora uscivano, poi le
aprì e si mostrò teatrale.
- Io invece ci godo nei
rifiuti, no? - Juraj ricordò come aveva pianto quella volta quando
l’aveva scaricato per paura di non essere in grado di gestire la
felicità di una persona.
- Io non so fare felice
qualcuno. - Cercò di spiegare pratico e calmo. Gianluca si raddrizzò in
piedi davanti a lui e lo guardò torvo.
- E perciò cosa vuoi da me ora?
Con queste premesse dovrei fidarmi e mettermi con te sapendo che non
sai fare felice qualcuno, che hai paura di soffrire e che quindi
reagisci tradendo? - Juraj capiva che era grottesco chiedere una cosa
simile, ma doveva essere sincero fino in fondo o se ne sarebbe pentito,
ormai che era lì, doveva.
- Voglio amare ed essere amato.
Non volevo questo, volevo innamorarmi di Mati e provare ad avere una
relazione normale, iniziarla nel modo giusto, frequentare solo lui,
conoscersi e poi andare per gradi fino poi alla relazione vera. Senza
scopare prima e parlare poi! - Spiegò mentre Gianluca scuoteva il capo
incredulo che gli stesse raccontando questo.
- E cosa è andato storto? Sei scivolato col cazzo nel suo buco per sbaglio? - Juraj sospirò e scosse la testa.
- Non ci sono andato a letto,
ha capito che amavo te e che non potevo costringermi a cercare una
relazione con un altro. Non ci si obbliga ad amare, si ama e basta. Ed
io amo te. Non so perché e come è successo, non ne ho la minima idea,
ma ora io... se non ci avessi provato, alla fine... l’avrei rimpianto.
So che non è giusto per te, non dovresti mai metterti con me perché
sono una persona terribile, non so comunicare, non so condividere le
mie emozioni, non so nemmeno provarle! E figurati fare felice qualcuno.
Ma io... io invece vorrei stare con te. Punto. Sono qua solo per
questo. - Gianluca si fermò e si zittì, il respiro calmo
improvvisamente mentre le lacrime cristallizzate brillavano sul suo
viso sofferente.
Immobile come una statua lasciò
correre dei lunghissimi secondi che incisero un silenzio pesante, alla
fine dopo un tempo infinito si decise a rispondere piano, in un
sussurro graffiante.
- Io ho già accettato la
proposta di un’altra squadra, sarà ufficiale quando inizia il mercato
ma sono già in parola col Genoa. Una volta finito qua, non voglio
vederti nemmeno un secondo di più. - Qualcosa lì si spezzò
definitivamente in Juraj, qualcosa che fece un rumore sordo, ma lui di
dolori nella vita ne aveva già vissuti. Non era tanto diverso dagli
altri, no?
Aveva sbagliato a volerci riprovare, non avrebbe dovuto, ma avrebbe rimpianto quel tentativo mancato.
Poteva amare anche lui, alla fine. Alla fine aveva scoperto qualcosa di sé che non pensava possibile.
Ed ora, dopo averlo scoperto,
decise che non ne valeva la pena. Come aveva potuto volerlo? Aveva
fatto bene prima a fare in modo di stare lontano dall’amore.
Juraj ci mise un maio di
istanti lunghissimi prima di trovare la forza di alzarsi, ma quando lo
fece non appariva spezzato, addolorato o in crisi.
Sembrava una statua di ghiaccio, anzi, di pietra.
Il viso indurito, gli occhi
gelidi si posarono su quelli pieni di lacrime di Gianluca, rimase in
piedi davanti a lui a fissarlo fermo per un paio di secondi, non lo
toccò e non si avvicinò oltre.
- Hai fatto la scelta giusta
per te. Non avrei mai dovuto provarci con uno così diverso da me. Ti
auguro ogni bene. - Con questo e niente altro, duro, serio e basso, se
ne andò dalla camera portandosi dietro il suo bagaglio a mano e
ritrovandosi in giro per l’albergo a vagare senza sapere dove diavolo
andare a dormire e cosa diavolo fare.
Non era tardi e c’era ancora la
cena a cui non si sarebbe presentato, ma ormai erano sicuramente tutti
sistemati. Non sapeva cosa fare e dove andare.
Quando soffriva la sua reazione
era la chiusura ed il gelo, nemmeno sforzandosi avrebbe pianto e fatto
sceneggiate, però ora non voleva vedere nessuno, non voleva stare con
nessuno.
Si sedette nella sala d’attesa
dell’albergo per il momento vuota, come se lì potesse aspettare per
sempre che quel senso che lo schiacciava passasse.
Prese il cellulare e scrisse al
suo agente che voleva andare via dall’Italia, poi iniziò a scorrere
nella rubrica alla disperata ricerca di qualcuno in grado di dirgli
cosa fare.
Dire di aspettarsi un rifiuto era una cosa, viverlo davvero era un’altra.
Juraj cercò di ricordare come
era andata quella volta con Luca, ma in quel momento non gli veniva
niente in mente, niente. Era nel vuoto e nel buio più totali.
“Sperare va bene per gli
stupidi! Quante cose mi sono andate storte? Ancora che spero nelle
cose? La speranza mi ha ridotto così! Se non ci speravo davvero non
sarei mai andato là a ricevere un rifiuto. Che poi è giusto, è
obiettivamente giusto essere rifiutati da lui perché davvero gli ho
fatto male. Alessio aveva ragione a dire che ho sbagliato a portarmi a
letto proprio lui!”
Pensando ad Alessio finì col
suo numero sul display e soppesò l’idea di chiamarlo per dirgli cosa
fare ora, ma non era lì e a distanza non era la stessa cosa.
“Ho bisogno di scopare, è
questo che devo fare! Questo mi fa voltare pagina, ho sempre fatto
così, smettere è stato stupido! Cosa cercavo, amore? Ebbene l’ho
trovato, bella fregatura. Se non fai la cosa giusta al momento giusto
sei fottuto, ma indovina un po’? Non faccio mai un cazzo di giusto!”
Juraj decise di chiedere una
camera per conto suo e non dire niente a nessuno, ma proprio quando
stava arrivando alla reception, la voce confortevole di Mati lo
raggiunse. Vedere il suo sorriso dolce lo rilassò e lo riportò al
presente togliendo quella patina gelata che lo stava circondando da
quando Gianluca l’aveva rifiutato.
Mati non fece niente e dopo un primo rifiuto, Juraj si lasciò cadere sul letto con l’avambraccio a coprirgli gli occhi.
Voleva fare sesso e glielo
negava, aveva chiesto qualcosa di alcolico e glielo negava, voleva
stare solo e gli negava anche quello.
Stare male era una bella fregatura.
- Ricorderò per sempre questa
sensazione peggiore dell’altra volta e non mi legherò mai più. Se avrò
bisogno di amore pagherò una puttana che finga di amarmi, perché
nemmeno mia moglie è capace di farlo! - Mati lo lasciò sragionare, ma
non lo lasciò solo un istante, non gli si avvicinò e non lo toccò, però
non lo abbandonò. Non fece paternali, non diede consigli, non provò a
fare il rimpiazzo.
Semplicemente, silenzioso,
rimase lì con lui tutta la notte fino a che non si addormentò
lamentandosi di quanto i sentimenti fossero inutili e basta.
Il mattino uscì presto dalla
camera. Non pensava toccasse a lui perché l’aveva spinto a dichiararsi
e l’aveva fermato quando aveva cercato di buttarsi su di lui quella
sera di qualche settimana prima.
Semplicemente sentiva che doveva farlo, anzi, lui voleva.
Silenzioso si mosse nei
corridoi deserti dell’albergo, fra poco si sarebbero riempiti di
persone al loro risveglio assonnato, Mati accelerò il passo e bussò
alla camera di Gianluca sperando che fosse sveglio nonostante l’ora.
Bussò due volte, poi finalmente
si ritrovò il viso segnato e gonfio di pianto del suo compagno,
sorpreso nel vedere lì proprio lui.
- Che succede? - Chiese roco e
preoccupato. - Si è sentito male? - La prima cosa che gli venne in
mente, Mati sorrise sapendo cosa stava passando e perché l’aveva
rifiutato. Spirito di auto conservazione, non poteva nemmeno biasimarlo
dopo come era andata la prima volta fra loro.
Mati non entrò, alzò le mani in segno di stop e con un’aria calma e dolce tipica sua, disse nel modo più semplice possibile:
- Non so cosa avete passato e
cosa stai vivendo tu ora. So che probabilmente la tua reazione di
chiudere, cancellare e ricominciare è legittima, ti stai proteggendo
dopo aver già sofferto per colpa sua. Però non si può chiedere che le
persone cambino e poi, quando ci provano e ci riescono, non dargli
l’occasione di dimostrare che ci sono riuscite o che lo stanno facendo.
Non ha senso chiedere un cambiamento che poi non ti importa di vedere.
Non ho conosciuto il Juraj di prima, ma ho conosciuto questo. E questo
Juraj è davvero innamorato. -
Gianluca che aveva pianto tutta
la notte non disse nulla, non trovò niente da dire. Rimase a guardarlo
assimilando le sue parole come se fosse impossibile averle sentite
davvero, Mati sorrise ancora e poi lo salutò dicendo ‘volevo dirti solo
questo’.