*E
con questa seconda parte si concludono le storie riguardanti Juraj
Kucka! Non ho più scritto niente dopo e non penso che lo farò anche se
nella vita mai dire mai. Un personaggio dalle mille sfacettature di cui
non sapevo molto su cui ho inventato molto, ma mi piace vederlo così,
quello complesso da un lato e semplice dall'altro in grado di far
girare la testa a chiunque incontra. Piccolo cameo di Suso in questa
parte e poi la conclusione con Gianluca su cui ero indecisa da molto,
alla fine ho deciso così. Ringrazio chi mi ha seguito con le sue
vicende e chi le ha apprezzate, spero sia soddisfatto della mia
soluzione. Dopo di questa a concludere la stagione 2016/17 c'è ancora
una shottina su i miei cari Alessio e Sinisa che arriverà presto,
ovviamente già scritta. Buona lettura. Baci Akane*
2. UNA PORTA APERTA
Juraj non era capace di dimostrare le proprie emozioni, apparentemente
sembrava impavido, duro ed insensibile. Anche quando stava male non
piangeva se non era sotto l’effetto dell’alcool, forse.
Aveva bloccato le proprie emozioni da piccolo quando aveva assistito a
sceneggiate esagerate da parte di suo padre, aveva giurato che lui non
avrebbe mai fatto niente del genere, che era meglio non provare niente,
piuttosto. O comunque non esternarlo mai e poi mai.
Ora provava, era riuscito di nuovo a volere certe cose. Come appunto
innamorarsi. Ma era totalmente incapace di dimostrarlo, questo come il
dolore, come la rabbia, come ogni altra cosa.
- Tutto bene? - Chiese Suso negli spogliatoi mentre si preparavano per
entrare in campo nell’ultima partita di campionato. Juraj trasalì e lo
guardò stupito.
- Sì perché? - Chiese non capendo come si potesse notare qualcosa,
Gianluca li guardò di sottecchi. Non sembrava obiettivamente colpito da
nulla.
Suso alzò le spalle con un sorrisino, lui aveva visto un lato che
effettivamente nessuno di loro aveva visto. La dolcezza nel prendersi
cura di un amico che stava male. Quando durante l’anno aveva avuto un
momento difficile Juraj se ne era accorto e lo aveva aiutato, gli era
stato vicino, se lo era anche portato a letto. A modo suo si era preso
cura di lui e solo perché l’aveva visto sofferente. Non aveva provato a
dire parole di circostanza.
Suso aveva visto che Juraj aveva a cuore gli altri, a modo suo, in un
modo tutto personale, ma notava e reagiva. Non te ne rendevi conto se
non lo vivevi in prima persona.
- Sembri spento... - Juraj alzò le spalle e guardò automaticamente
Gianluca che si affrettò a girare lo sguardo, poi si chinò ad
allacciarsi le scarpe evadendo lo sguardo preoccupato e acuto di Suso.
- Penso che sarà la mia ultima partita qua... - Suso spalancò gli occhi
e lo guardò come se un fulmine avesse appena attraversato il cielo
sereno, Gianluca perse la presa delle scarpe che caddero per terra,
Juraj non se ne accorse mentre Mati sapeva di cosa parlava e preferiva
non intromettersi. Aveva fatto la sua scelta, era legittimo, ma fino
all’ultimo sperava in un lieto fine fra quei due, non sapeva perché,
dopotutto aveva voluto Juraj per sé fino a qualche settimana fa. Ci
aveva provato, insomma, eppure ora era lì a vedere come andava a finire
quella storia.
Forse perché era un inguaribile romantico o perché non era ancora preso da Juraj al punto da sperare il male di un altro.
- Davvero? Te ne vai? - Chiese Suso pensando d’aver capito male. Juraj annuì sorridendo incoraggiante come se nulla fosse.
- Ne ho bisogno. Qua io... mi sembra d’aver sbagliato troppe cose per
poter raddrizzare i miei errori. Voglio ricominciare da capo e fare
tutto come si deve, prenderò spunto dai miei stupidi errori e forse per
una volta mi andrà bene. - Gli sfuggì più di una semplice frase di
circostanza, gli sfuggì in breve tutto il suo ragionamento notturno e
le sue conclusioni. Niente giornate struggenti a piangere ed inveire e
abbruttirsi. Solo una decisione pragmatica e sensata.
Era un altro Juraj rispetto a prima, ma lì non lo sarebbe mai potuto
essere. Oltretutto non avrebbe mai avuto chi ora voleva, perciò l’unica
era chiudere e ricominciare ricordando gli errori e non ripetendoli,
possibilmente.
Suso così gli strinse la mano ed attirò la sua attenzione, quando ebbe
il suo sguardo addosso, disse con un’aria incoraggiante, dolce e sicura
di sé:
- Non è mai tardi per riprendere, correggere o sistemare. Spesso è una
questione di tempi. Non sono maturi. O di posti, non sono giusti. Non
precluderti nulla, me lo prometti? - Juraj pensò che se fossero stati
soli lo avrebbe baciato come un addio decente. Con Suso ci aveva
pensato seriamente, se non avesse avuto Gerard in quel periodo
probabilmente sarebbero finiti insieme perché Juraj stava molto bene
con lui e gli piaceva non solo a letto.
Però alla fine ricambiò la stretta nella mano, sorrise e sospirò
annuendo. I suoi occhi azzurri oggi erano proprio spenti, pensò Suso,
ma sapeva che un giorno si sarebbero riaccesi di nuovo.
Dopo aver capito che se ne sarebbe andato, Gianluca capì che Juraj ci
aveva messo una bella pietra sopra. Aveva anche ascoltato la sua
spiegazione chiaramente rivolta a lui ed era rimasto molto colpito
dalla risposta di Suso. Non era il tempo ed il posto giusti?
“Mica mi seguirà al Genoa? Lo sa che vado là e poi lui viene proprio da
quel club, non penso che...” Eppure... eppure mentre ci ragionava su,
non sentiva forse un piccolo fastidio nel constatare che non si
sarebbero più incrociati?
“Forse è meglio così, è la decisione che avevo preso prima e lui ora
l’ha presa uguale perché ha capito che ho ragione. È meglio così.
Ognuno ricomincerà nel modo migliore. Non dico che non sia cambiato, ma
abbiamo troppa acqua sotto i ponti, ormai. E poi mi ha fatto stare
davvero tanto male. La paura che dopo dei tentativi torni tutto quel
male per un altro fallimento mi blocca.”
Gianluca ci rimuginò per tutta la partita, sia nel primo tempo in panchina che nel secondo in campo proprio accanto a Juraj.
Giocando non ci andò su col pensiero, ma appena sentì il triplice
fischio dell’arbitro che decretava la fine di tutto, tornò a quello.
Non avrebbero mai avuto futuro, prima lo accettava e meglio era. Magari
nei nuovi club avrebbero incontrato le persone giuste, quell’amore
capace di far stare bene.
Era la cosa più sensata e ragionevole.
Continuò a ripeterselo anche quando Juraj prima di andare definitivamente via si fermò a salutarlo.
All’arrivo dell’aereo salutò tutti, li abbracciò, lasciò un bacio
particolarmente dolce a Suso e Mati e ricordò il saluto che aveva dato
ad Alessio un po’ di tempo prima, come se sapesse che non sarebbero
stati ancora insieme.
A Gianluca un cenno ed un sorriso appena accennato di quelli che non puoi nemmeno definire tali.
Non disse nulla, non ne fu proprio capace. Non avrebbe saputo cosa, del resto. Gli aveva già detto quello che doveva.
“In un’altra vita, se esistesse la reincarnazione, magari saremmo capaci di stare insieme. Magari.”
Si disse salendo nella propria auto e sgommando via da Milanello per l’ultima volta.
Bei ricordi si sovrapposero a quelli meno belli, infine arrivarono
quelli brutti e con un bel sospiro profondo accese la musica mentre la
sera si sollevava su Milano e accoglieva la sua auto sportiva che
sfrecciava per le strade deserte della periferia.
Si concesse una bella corsa con il volume al massimo in qualcosa di
elettronico che lo stordì impedendogli di pensare ancora e ancora e
ancora a quel rifiuto che gli sarebbe bruciato per un bel po’.
“È ora di chiudere. Non è come dice Suso. Se una cosa non deve andare,
non andrà mai e sono stufo di riprovarci venti volte in modi diversi.
Non va. Punto. Adesso basta.”
Ognuno i propri piani, forse è giusto farseli dopotutto. Farsi piani è come dire di voler vivere ed è positivo.
Ognuno i propri piani, è vero, ma non è detto che poi si realizzino,
magari il bello dei piani è l’imprevedibilità dei loro cambiamenti.
È quando pensi che una cosa debba andare in un modo e poi invece
succede tutt’altro, che scopri la vera sorpresa ed a volte... eh, a
volte non c’è un motivo se dopo tutti i tentativi falliti tu poi riesci
a raggiungere quello scopo solo quando smetti di provarci e di volerlo.
Juraj firmò per una squadra turca ai primi di luglio, mentre Gianluca
valutava le offerte in ballo e cercava di capire se fosse il caso di
andare in prestito oppure di andare via definitivamente, gli arrivò la
notizia che Juraj aveva firmato e non per un prestito od una squadra
italiana.
Quando lo sentì fu travolto da una strana ondata incontenibile e shoccante. Sapeva che voleva andare via, ma fuori Italia?
“Non lo rivedrò più!” Pensò lucidamente mentre sentiva le notizie da
Sky Sport, le stesse che spiegavano come era stato proprio il giocatore
a voler andarsene dalla Serie A.
Il panico lo bloccò, Gianluca sollevò le mani vedendo che gli tremavano
e fissò lo schermo gigante della televisione al LED Full HD con il
video del giocatore nella sua ultima presenza con la maglia del Milan,
un mese prima.
Un mese di silenzio dove non si erano visti e sentiti, dove lui aveva
deciso di non firmare subito per il Genoa pensando a soluzioni meno
definitive per aspettare di vedere... di vedere cosa, poi?
E la sua decisione saggia di cambiare aria definitivamente? Dove era andata?
Perché non aveva firmato?
“Ed ora è lui che se ne va e non ad un paio di chilometri da me. Se ne
va proprio dal continente! È questo che volevo? Cancellarlo dalla mia
vita, non avere più nemmeno quelle poche occasioni di rivederlo?
Prenderà un aereo in giornata e poi via, via per sempre, mentre io sono
tornato sui miei passi incerto su cosa fosse davvero meglio, mentre le
parole di Mati e Suso mi tormentavano. E lui invece ha deciso per me,
ha firmato e se ne andrà e non una parola, non una visita, non un
rimpianto, un’ultima supplica. Niente. Solo via in silenzio e drastico,
com’è nel suo stile. Senza dire più nulla, senza più farsi vedere. Ed
io dovrei accettare così di non rivederlo mai più? Perché se lo lascio
andare oggi così senza dirgli nulla lo sappiamo tutti e due che non lo
rivedrò più. È questo che volevo prima, ma ora?”
Prima di trovare una risposta precisa e sicura, Gianluca stava correndo
con la sua auto verso casa di Juraj nel disperato tentativo di
incontrarlo prima di non poterlo più rivedere.
Il ‘mai più’, improvvisamente, sembrava un’opzione inaccettabile.
Poteva credere che Juraj lo amasse, ma non poteva fidarsi di lui. Eppure ora correva come un matto per vederlo un’ultima volta.
E poi? E poi dirgli cosa?
Quando mise il dito sul campanello vide che gli tremava, si colpì la
mano contro la coscia avvolta dai jeans e sospirando insofferente
guardò il cielo più azzurro e afoso che mai.
Lo stesso colore nei suoi occhi lo salutò sorpreso.
Juraj si sarebbe di certo aspettato tutti ma non lui, proprio ora che stava impacchettando le sue cose.
- Cosa... cioè... Gianluca?! - Juraj mostrò sorpresa in una della rare
volte e Gianluca, teso come una corda di violino ed in procinto di
esplodere, disse basso e penetrante, tendendo i muscoli di tutto il
corpo:
- Sei solo? - Juraj annuì confuso trovando logico rispondere ad una domanda anche se non aveva apparentemente senso:
- Ehm... sì io... mia moglie e mia figlia tornano su in Slovacchia, non
mi seguiranno in Turchia, ci vedremo magari nei periodi, ma... - Stava
per spiegare che volevano dare un po’ di stabilità alla piccola che
iniziava le scuole elementari, ma Gianluca lo prese per il colletto
della maglietta senza maniche che mostrava tutti i suoi tatuaggi e
totalmente sconnesso dal proprio cervello solitamente sensato e
ragionevole, lo spinse dentro, sbatté la porta alle proprie spalle,
l’attirò a sé e lo baciò.
Le loro labbra tornarono a ritrovarsi dopo mesi da che non si
sfioravano nemmeno e per Juraj fu lo shock. Non si mosse, non reagì e
non rispose. Non schiuse le labbra e non gli andò incontro con la
lingua, non lo prese per la vita, non lo attirò a sé e non approfittò.
Rimase con la sua bocca premuta sulla propria, ebete, immobile e
shoccato.
Solo dopo Gianluca tornò in sé e respirando affannato per le emozioni
violente che lo attraversavano, si separò sempre tenendolo per il petto
della maglietta.
- Perché addirittura via dall’Italia? Perché così drastico? Non sei
capace di fare le cose per gradi? E poi zitto e senza dire nulla! Un
ultimo tentativo no? Un saluto, un addio come cazzo si deve! Niente!
Prendi e te ne vai a fanculo dalla vita di tutti così! Cazzo Juraj! -
Esplose Gianluca nel panico, Juraj afferrava la metà di quello che
diceva il compagno, immobile e sotto shock non riusciva a capire cosa
si aspettava da lui e perché quella sfuriata dopo il bacio. Capì che
secondo lui aveva di nuovo sbagliato qualcosa e così, stizzito, reagì
più spontaneo di come faceva di solito.
- Come fa a non andare mai bene niente di quello che faccio? Se ci
riprovo no, se smetto di provare no, cosa cazzo vuoi da me? Io ero
disposto a tutto un mese fa, ma tu mi hai mandato a cagare ed allora
basta! Quando si prende una decisione per me è quella e basta, perché
cambiare? Non mi hai dato una ragione per aspettare, non una, Gianluca!
- Gianluca nel fuoco esplosivo in cui si trovava capì che Juraj aveva
ragione, l’aveva voluto lui ed ora di cosa lo accusava? Di essere uno
tutto d’un pezzo che quando diceva una cosa era quella e non faceva
sceneggiate e non la trascinava infinita?
- Magari ci metto un po’ a decidere, è vero. Ma una volta che ho una
risposta definitiva e che si chiude qualcosa, basta! - Rincarò Juraj
prendendo i polsi di Gianluca per toglierseli di dosso.
Gli diede poi la schiena e tornò alle sue scatole ed alle sue valige da riempire come se lui non fosse più lì.
E di nuovo. Come osava ignorarlo, ora?
- Perciò uno ti respinge e tu da che lo ami a che non lo ami più? Uno
schiocco di dita? È questo il tuo amore? - Disse Gianluca amaro non
sapendo cosa dire.
Quando lo sentì fu per Juraj come aprire le dighe contenute a stento per troppo tempo.
Si raddrizzò irrigidendo la schiena, poi si girò verso di lui e con due lame di ghiaccio disse basso e penetrante:
- Vuoi sapere com’è il mio amore? Lo vuoi sapere davvero? E perché lo
hai rifiutato se lo volevi sapere? Non ho deciso io di chi innamorarmi,
non volevo innamorarmi di te perché ti avevo fatto soffrire, ma è
successo e dannazione ho fatto un ultimo disperato tentativo e dopo che
ho visto che non avrei dovuto mi sono preso il mio fottutissimo amore e
me lo sono mangiato! Se volevi stare con me dovevi dirmelo, dovevi
dirmi quella sera ‘ok, dammi un po’ di tempo per rifletterci’ invece tu
mi hai chiuso fuori e te la prendi perché ho dignità? Se vuoi una cosa,
se vuoi una cosa sul serio e davvero, Gianluca, una volta per tutte
lotta per averla e non mollare finché ce l’hai e non pretendere che gli
altri facciano quello che vuoi senza nemmeno chiederlo! Uno ottiene
quello che chiede, non piangere se ad un rifiuto uno se ne va! - Juraj
non avrebbe mai voluto parlarne ancora, guardarlo negli occhi e tornare
a provare le stesse identiche cose dell’ultima volta.
Era stanco, era dannatamente stanco della gente che non prendeva delle
decisioni sul serio e che pretendeva che un no fosse un sì e che gli
altri lo capissero! Ed era stanco di dover essere lui quello che doveva
cambiare, farsi capire, aprirsi e comunicare!
Era lui a dover migliorare, lui a dover fare diversamente le cose!
Sempre lui!
E lui che sbagliava!
Lui che rincorreva!
Lui che non ne prendeva una giusta!
Juraj scosse il capo mentre la furia usciva dal suo viso livido di una
rabbia gelida, niente gesti, niente urla, niente smorfie, ma si capiva
da come lo fissava che era fuori di sé.
- Perché... - Disse poi chiudendo gli occhi stretti come i pugni lungo
i fianchi. - Perché diavolo non sono gli altri che provano a capirmi
invece che io che provo a cambiare per loro? - Con questo sussurro a
denti stretti esasperato, sfinito e furioso, Juraj scosse il capo e se
ne andò nella camera sbattendo la porta, voleva scalciare e spaccare
tutto ma non poteva perché sarebbe stato come suo padre ed aveva
giurato di non esserlo, ma cazzo, MA CAZZO, come si poteva sopportare
tutto quello?
Juraj, pugni stretti, unghie nei palmi e muscoli tesi fino allo spasmo,
alla fine gettò la testa all’indietro e gridò forte come un tuono che
cade proprio ad un metro da te. Gridò a lungo e con rabbia,
frustrazione e dolore tirando fuori tutto quello che aveva ingoiato e
che si era fatto andare giù a forza, ogni boccone amaro, ogni promessa,
ogni decisione e tentativo.
Gridò in modo viscerale fino a che le braccia di Gianluca non lo avvolsero forti e dolci da dietro.
- Perdonami. - Mormorò piano al suo orecchio mentre glielo baciava
dolcemente, dopo che l’urlo cessò lasciando uno strappo profondo nella
stanza ed in entrambi. - Ma prima di ritrovarmi qua a fare tutto
questo, non sapevo di volerlo davvero. Ero convinto che fosse meglio
chiudere e voltare pagina, poi ho sentito che te ne andavi dall’Italia
ed ho pensato che non ti avrei più rivisto e sono andato nel panico, ho
solo pensato che non potevo farti partire così, senza più rivederti. -
Juraj strinse gli occhi rilassando i muscoli e aprendo i pugni, lento
nel silenzio che seguì voltò il capo verso di lui, i loro occhi si
incontrarono e nessuno dei due si mosse nemmeno di un passo, le bocche
si sfioravano, ma non si toccavano. Gianluca si perse nei suoi occhi,
due cieli in tempesta.
- Ed ora cosa vuoi una volta per tutte? - Gianluca non ne aveva ancora idea, ma non voleva non rivederlo più.
- Una porta aperta e la possibilità di risentirti e rivederti se lo
vogliamo e se ci riusciamo. Chiedo solo... chiedo solo di non essere
tagliato via per sempre, di essere considerato, di darmi quel tempo che
per tutto il male che mi avevi fatto sentire, non ho avuto il coraggio
di chiedere. Perché se chiedo che tu cambi, devo permetterti di
mostrarmi che sei cambiato... - Citò Mati e poi sorridendo fra gli
occhi pieni di lacrime. - E poi magari non era il tempo ed il luogo
gusti, questi... - Ed ora citò Suso, Juraj riconobbe quella frase e
chiuse gli occhi cercando di capire cosa fosse davvero meglio fare ora.
Aveva faticato molto a prendere quella decisione, ora che era lì doveva
riaprire tutto e vedere piano piano come poteva andare avanti in quel
nuovo assetto?
Rischiare che comunque finisse male e di stare di nuovo male?
“Perché ora sto bene, forse? Quanto mi è costato firmare per andarmene così lontano?”
- Sette ore e mezzo di volo. - Disse piano Juraj senza muoversi, le
braccia sempre lungo i fianchi mentre quelle di Gianluca ancora lo
tenevano da dietro, dolcemente, il suo petto contro la schiena.
- Magari sono quelle che ci vogliono per capire cosa vogliamo fare,
cosa siamo disposti a fare, come andare avanti... - Juraj scosse il
capo.
- Io lo so già. Ero disposto a cambiare per te. - Gianluca voleva dire
‘alla buon ora, potevi aspettare di più’, ma decise di non esagerare e
così gli sfiorò la bocca attento.
- Allora forse devo essere io disposto a rischiare... -
- Lo sei? - Chiese Juraj lasciando che le sue labbra sfiorassero le proprie.
- Vorrei la possibilità di esserlo, so che ti chiedo tanto una porta aperta e di accettarmi, ma... -
- E tu accetterai me? - Gianluca sorridendo annuì lasciando scivolare le lacrime giù sulle guance.
- Quando si soffre tanto non è facile fidarsi di nuovo, ma voglio
provarci perché è vero, ho chiesto un tuo cambiamento e se tu ora sei
disposto a darmelo, io devo essere disposto a vederlo. - Suggellarono
questa specie di patto di strada aperta in via di prova, con un bacio.
Le loro labbra si unirono e si aprirono meglio, le lingue si vennero
lentamente incontro e si assaggiarono mentre le scariche elettriche
attraversavano i loro corpi.
Si abbandonarono ad un bacio vero che prima avevano solo assaggiato, un bacio che non si davano da molto.
A volte il rischio valeva la pena.
Juraj si girò fra le braccia di Gianluca e gli prese il viso fra le
mani, si staccò per un momento dalle sue labbra per guardarlo e
concludere:
- I mesi volano, si cambia squadra di continuo. Se riusciamo a farla
funzionare, niente mi vieterà di tornare da te usando il calcio. -
Juraj non era ottimista ma semplicemente realista e a Gianluca in quel momento piacque.
Sentire quella risposta ed avere quella opportunità era improvvisamente
tutto quello che aveva sempre voluto e che avrebbe dovuto chiedere
quella volta.
- I mesi volano, è vero. - Mormorò piano Gianluca con un dolce sorriso.
Quel sorriso scaldò l’anima di Juraj, tenuta dietro ad una prigione di
ghiaccio volontariamente per non soffrire più.
Quella prigione iniziò a sciogliersi, ma ora Juraj conosceva i rischi e li poteva correre.
In risposta prese il colletto della maglietta da dietro la nuca, l’alzò
e se la sfilò via rimanendo a torso nudo, Gianluca lo lasciò spogliarsi
per poi posargli le dita sul petto, quella sensazione sulla pelle gli
era mancata da morire e gli era mancata anche il resto.
Si tolse a sua volta la propria maglietta e tornò a baciarlo, mentre le
loro bocche si fondevano in un bacio di pace, i loro corpi ritrovavano
il piacere nell’accarezzarsi e nel toccarsi a vicenda, nel sentirsi,
nel perdersi uno nell’altro.
Juraj si liberò anche del resto di ciò che indossava, stessa cosa fece
con Gianluca che lo aiutò ritrovandosi presto steso sul suo letto fra
un sacco di vestiti tirati fuori per essere piegati e messi via.
La sensazione del suo corpo che gli si stendeva addosso, le loro
erezioni a contatto che giocavano una contro l’altra crescendo, le mani
sulla sua schiena, la bocca sul suo collo e poi giù sul resto del
corpo.
Gianluca lo accompagnò nel viaggio su di sé mentre i brividi lo
investivano e gli tornava quella voglia di piangere per quanto aveva
desiderato poter rifarlo, averlo ancora in quel modo e quella volta non
solo con la promessa di un po’ di sesso e basta.
Quando raggiunse la sua erezione e se ne appropriò, Gianluca si trovò a
spingere nella sua bocca attirandolo contro di sé con le mani nella sua
nuca dove i capelli biondi erano leggermente più lunghi del solito,
solo di pochi millimetri, quelli che bastavano per poter affondare le
dita.
Sentì la propria eccitazione salire vertiginosamente tanto che si sentì
subito vicino all’orgasmo e lo spinse via per interromperlo affinchè
non fosse troppo presto, lo mise supino scivolando sul suo corpo per
ricambiare il favore. Si appropriò del suo corpo con piacere e fame,
non solo la sua bocca addosso ma anche il suo corpo gli era mancato.
Ogni singola parte di Juraj, da matti, da impazzire.
Per lui riprendersi Gianluca fu come tornare in quel piccolo angolo di
paradiso perduto. Dopo aver creduto di essere stato cacciato dall’Eden
per sempre, ci stava rimettendo piede e mentre la sua bocca si prendeva
dolcemente cura di lui, sentiva di non poter resistere ancora per molto.
Poter entrare di nuovo in lui, stringere le sue gambe intorno ai
fianchi, chinarsi su di lui, aggrapparsi alle lenzuola sotto il suo
corpo e spingere, affondare ripetutamente fino ad essere di nuovo il
padrone del suo corpo e non solo di quello.
Si perse nella sua bocca mentre lo sentiva venire con trasporto e pensò
che fare l’amore era davvero tutt’altra cosa. Ci aveva fantasticato per
molto ed ora era lì che lo stava vivendo e provando ed era
meraviglioso, semplicemente impossibile immaginare davvero com’era
perdersi in chi amavi.
Accolsero i loro orgasmi come se fossero i primi, Gianluca tornò a
sentire l’emozione salirgli fino agli occhi e quando si ritrovò Juraj
crollargli addosso nascondendo il viso contro il suo collo, lo avvolse
con le braccia forte e dolcemente, baciandogli la tempia.
Non glielo disse in quell’occasione, ma glielo avrebbe detto più
avanti. Che lo amava e sperava tornasse in Italia al più presto.
E pur non dicendoglielo, Juraj lo sentì e se lo tenne stretto senza
sciogliersi proprio perché si stava godendo quel sentimento tanto
ricercato e negato, da cui era scappato per paura di stare troppo male
dopo.
“Forse starò comunque male, ma in questo momento, in questo preciso
momento, ne vale la pena. Poi, come sarà fra qualche mese, lo vedrò.”
Juraj si sollevò sulle braccia riesumandosi da quell’atto sconvolgente
che l’aveva profondamente scosso, lo guardò negli occhi così da sopra e
vicino, fece un sorriso un po’ particolare ed infine regalando a
Gianluca due cieli di nuovo finalmente limpidi, sussurrò:
- Confermo che ti amo. - Gianluca sorrise e regalò a Juraj un altro motivo per insistere.