*Ecco un altro capitolo. Cominciano a venire fuori i problemi interiori di Jacoby e con interiori intendo instabilità psicologica. Le sue piccole follie destinate a degenerare. Jerry è solo ai primi approcci e preso in contropiede reagisce come gli viene, realizzando che forse hanno fatto il passo più lungo della gamba e che Jacoby è molto più di quel che aveva percepito inizialmente e che forse è troppo anche per lui. Buona lettura. Baci Akane*

11. UN PASSO INDIETRO




"E il mio cuore sta sanguinando e questo dolore non cesserà
Non sta retrocedendo e il mio corpo è insensibile[...]
Gettato via
Vorrei essere
Gettato via[...]
Non ditemi di
Farlo perchè lo farò (Voci nella mia testa)"
- Thrown away -

Una volta fuori spero che si calmi. Se comincia a picchiarsi perché sente ronzii che non ci sono siamo a posto.
Lo guardo pronto ad intervenire di nuovo, ha la guancia e l’orecchio rossi e lui è sempre nervosissimo, in procinto di esplodere.
- Come va? - Chiedo piano. Lui prende respiro nella brezza fresca serale, anche se fa sempre caldo, ed annuisce.
Siamo qua con le nostre macchine, perciò non abbiamo la strada da fare insieme.
- Due passi? - Chiedo. Devo assicurarmi che stia bene e soprattutto finire il discorso.
Annuisce ancora docile, come se capisse, dentro di sé, che c’è qualcosa che non va in lui. Non credo sia pronto per ammetterlo.
- Jacoby, ci sono problemi con me? - Chiedo dolcemente sperando di non fargli avere un’altra crisi di nervi.
Lui si morde la bocca, piuttosto forte devo dire, ma immagino che se lo tocco sia peggio, così mi tengo a distanza, ma sempre vicino a lui ad osservarlo.
- No. - Dice fra i denti. Sorrido amareggiato.
- Non sei convincente. - Alza gli occhi al cielo.
- Non è che sono pentito o non mi piaci più o non so cosa penso! - Ricomincia a scacciare con la testa a scatti insetti immaginari. - È proprio il contrario! - Intorno a noi poche macchine di sera per le strade di Los Angeles. Un’atmosfera tranquilla che fa al caso nostro.
- Cioè? -
Sospira insofferente.
- Mi è piaciuto troppo! Non ho fatto altro che pensare a quello! A rifarlo, fare di più. Farlo a te! - Silenzio. Ecco lo sparo che risuona e rieccheggia. Mi fermo e così anche lui, si gira, ci guardiamo negli occhi ed i suoi hanno paura. Continua a mandare via moschini che non ci sono.
Rimango calmo.
- E questo ti innervosisce? Ti spaventa? - Alza le spalle e guarda giù vergognandosene.
- Non credo che per te sia lo stesso, non voglio rovinare il nostro rapporto, io voglio che tu stia con me per sempre, tu mi calmi, sei importante e sai tutto di me. Io ho bisogno di te al di là di una scopata o quello che è! - Non si capisce bene nemmeno lui, ma almeno tira tutto fuori e via via che ne parla il ronzio credo si calmi, fa meno scatti, non scaccia più niente. Così mi avvicino di un passo, gli prendo la spalla e stringo facendogli capire che non ci sono problemi per me. In realtà non so bene nemmeno io che rapporto ho con lui e cosa voglio.
- Che ne dici se facciamo un passo indietro? - Lui spalanca gli occhi nel terrore più puro ed in un momento ho la consapevolezza che potrebbero andarsene tutti, ma non io.
- Passo indietro? - Chiede tremante mentre torna a mandar via ronzii che non esistono.
- Non faremo più niente che non sia da amici. Quello che è stato è stato. Era bello. Ci fa capire che siamo due persone aperte. Basta così. Noi siamo amici e saremo sempre amici e non rovineremo mai questo, ok? - I suoi occhi si riempiono di lacrime ed è in un miscuglio esplosivo di emozioni, credo che non sappia se sia meglio così o no, sta per darsi l’ennesimo schiaffo sull’orecchio e così lo abbraccio forte per fermarlo. In questo è come se gli staccassi la spina e lui smette di tentare di picchiarsi, si ferma, si rilassa e mi mette le mani sui fianchi nascondendo il viso contro il mio collo. Non fa niente, non piange, non si ribella, non parla. Per un momento è solo questo. Solo noi.
Ed è meravigliosamente bello.
La notte, un cielo che non si vede bene, qualche macchina che sfreccia, dei locali aperti. E noi in questo marciapiede ad abbracciarci. Gli carezzo la nuca dove i capelli biondi sono corti e a spazzola in certi punti.
- È tutto come prima? - Chiede ansioso. Annuisco.
- Tutto come prima. - Aumenta la stretta e mi sento il suo salvagente e so, in cuor mio, che qualunque cosa succeda fra noi o a noi, non potrò mai lasciarlo solo.
Quando ci separiamo lui sorride colpevole e imbarazzato, io sono più tranquillo, gli do uno schiaffo sulla nuca e torniamo indietro alle macchine mentre l’argomento si sposta sulle tracce e sull’EP che registriamo e tutto, lentamente, scompare. Il mare, il bacio, la masturbazione, i nostri orgasmi.
I suoi scatti autolesionisti. I ronzii che non ci sono. È di nuovo lui, entusiasta, strano, ma sempre nei limiti del gestibile.
Mentre parla all’infinito e noto che è come sempre, mi sento sia tranquillo che dispiaciuto, per un momento ci avevo sperato. L’avevo voluto. Essere il suo ragazzo. Ma poi ho capito.
Essere il suo ragazzo sarebbe la cosa più impossibile e difficile della vita di chiunque. Non credo ci possa essere una persona in grado di sopportarlo per sempre.
Lui prende tutto, tutto. Eppure non puoi staccarti da lui. Lui prende e tu glielo lasci fino a che sei tu a non farcela più e a non resistere.
Ragionevolmente è molto meglio così. Un passo indietro.

Poco dopo arriva Kelly, più che arrivare lei c’è sempre stata, non era la sua effettiva ragazza, ma sono amici dai tempi del liceo, credo abbia avuto diverse cose con lei, ma non se l’è mai portata in giro presentandola come ‘la sua ragazza’. Ora lo fa.
È una bella ragazza, semplice, calma e paziente ed anche se Jacoby è un idiota al 90 percento delle volte, lei lo sopporta.
È anche sexy, fanno una bella coppia, ma non me l’aveva mai presentata seriamente fino ad ora, proprio ora che io e lui abbiamo avuto questa strana cosa. Ora che abbiamo fatto questo passo indietro.
Non abbiamo più fatto nulla io e lui, nessun cenno, mai.
Credo che se la sia messa via e questa Kelly gli ha dato quello che cercava da me, che evidentemente gli mancava. O forse è un ripiego, ma ha deciso di accettarlo per il bisogno di mantenere un po’ le distanze con me su quel piano. Non ne possiamo di certo parlare, io posso solo immaginare e lui non mi ha mai detto nulla di questa Kelly, quel po’ che so viene da Dave, non che poi lui sappia di più, ma erano al liceo insieme.
Sono geloso, non lo nascondo, ma è successo tutto per il suo bene, devo solo accettarlo e sono una persona che non si distrugge per cambiare le cose.
Se Jacoby sta bene, sto bene anche io.
Abbiamo registrato il primo EP con 7 tracce, facciamo live per i locali e ognuno di noi studia al college senza pensare minimamente che questo un giorno possa diventare la nostra vita.
Da quando sta seriamente con Kelly passa meno tempo con me, si limita principalmente a quando siamo con tutti gli altri e a quando siamo con la band.
So perché fa così. È una reazione a quella sera. Ci penso di continuo, l’ho gestita male, se avessi saputo l’avrei messo a posto subito senza lasciargli fare nulla. L’ho messo in crisi.
Non mi va a genio, ma è sicuramente la cosa migliore.
Per cui mi viene un colpo quando, dopo un’uscita tutti insieme nella quale lui si è presentato da solo e senza di lei, finisce che rimaniamo io e lui seduti sui gradini della piazza dove siamo venuti a vedere uno di quegli eventi che sono interessanti.
L’evento era ok, è finito e gli altri sono andati a prendere da bere ad un chiosco che hanno montato per l’occasione, noi siamo rimasti dove eravamo, sui gradini a guardare il piacevole caos che si srotola intorno a noi.
Non mi sono mosso per primo di proposito, per vedere che avrebbe fatto lui e sorprendentemente è rimasto chiedendo una birra.
Così siamo seduti qua sulla pietra fredda, ben vestiti e coperti perché non fa certo caldo in questo periodo e guardiamo distrattamente la gente che va e viene davanti a noi in questa grande piazza dove ci troviamo spesso tutti.
- Allora, come va all’università? - Chiedo dopo poco, cercando di approfittare. Lui sussulta e si rilassa subito con un sorriso calmo e tranquillo, quello che non ha avuto per tutta la serata perché ha fatto il matto.
- Bene. È interessante! Certe lezioni sembrano fatte per me! - Ridacchio.
- Ti fai psicanalizzare? - Si è iscritto a psicologia per questo, del resto. Lui ride illuminandosi in quel suo tipico modo che mi fa sempre diventare matto. Spontaneo. Ma è così solo quando è con me. Riconosco il mio Jacoby e il calore, la gioia, l’euforia tornano in me.
- Sto cercando di analizzarmi da solo, ma è fottutamente difficile! Però per quando mi laureo ci riuscirò! - La fa facile come sempre, ma sappiamo entrambi che non lo è.
- E la lezione del suicidio come è andata? - Non so nemmeno se l’ha avuta. Era andato principalmente per questo. Lui mi guarda sorpreso e fa l’aria triste. A James non va molto bene, è un cammino davvero lungo, però ce la sta facendo. Non ha avuto ricadute.
- Bene, bene. -
- Non ci hai capito niente, eh? - E lui ridendo annuisce abbracciandosi le ginocchia.
- Un cazzo! - Rido anche io per la sua spontaneità e perché lo conosco così bene che posso parlare per lui, nonostante questa specie di distacco, questo passo indietro.
È sempre così bello stare con lui da solo.
- Forse non c’è niente da capire, non credi? - Sospira e si appoggia coi gomiti all’indietro, allunga le gambe e mi guarda la nuca pensieroso.
- Non saprei. Credo che la mente a volte giochi brutti scherzi. Vorrei solo capire come superarli. - Lo guardo da oltre la mia spalla con aria comprensiva, di chi sa a cosa si riferisce.
- Ci sono ancora i ronzii? - Non ne abbiamo mai, mai parlato. Cioè la prima volta che mi ha accennato al problema di sentire ronzii e poi quella volta che li ha sentiti davanti a me. Stop. Però glielo chiedo come se ne parlassimo sempre. Lui si tende un attimo, ma visto che sono io non si oppone.
- No. Con Kelly va bene, sai... la conosco da molto, abbiamo avuto un paio di mezze storie fra alti e bassi... poi dopo l’estate del diploma, dopo che non la vedevo da un po’, l’ho rivista ed è stato come un flash. Era cambiata in un paio di mesi che non la vedevo e poi non so... mi è apparsa diversa. Matura. E così non me la sono fatta sfuggire. Credo che sia l’unica donna in grado di gestirmi e sopportarmi. Ovviamente è presto, ma per ora va bene! -
All’inizio va sempre bene, bisogna vedere dopo...
Ma non glielo dico. Annuisco mentre la gelosia mi invade violenta, non mi piace come mi sento, evito il suo sguardo e mi torturo ancora un po’.
- E dov’è stasera? - Non parlo mai di lei e lui non lo fa con me.
- Aveva una roba sua. - Evasivo.
- Avete litigato? - Poi mi giro corrucciato: - Litigate mai? - Lui si corruga a sua volta senza capire la domanda, poi sorride divertito.
- Ehi amico, mi conosci... - A questo annuisco.
- Allora immagino di sì! - E così torniamo a ridere. Mi appoggio anche io coi gomiti come lui ed evitiamo di guardarci.
- E tu con la tua? - Alzo le spalle e piego le labbra all’ingiù.
- Anche lei aveva le sue cose da fare... - E torniamo a ridere perché sappiamo cosa significa quando si dice così.
- Litigato anche tu, eh? - Arriccio il naso.
- Con me non si litiga... - E lui annuisce vigorosamente.
- Oh lo so! - Rido ancora, sto così bene ora con lui che spero non smetta mai, che gli altri non arrivino e che tutto si fermi così. Se solo lui fosse così stabile sempre...
- Non so quanto durerà... - E così gli faccio capire che non è niente di speciale.
- Io spero che Kelly mi sopporti il più a lungo possibile, invece. Perché dove la trovo un’altra che mi ama? - Vorrei dirgli che forse basta si giri a guardare al suo fianco ma mi mordo la lingua. 
Questa cosa la possiamo controllare, ma so che è appena iniziata ed in fondo ne sono maledettamente felice.