*Ecco
qua. Le follie di Jacoby diventano via via sempre più definite e
frequenti e sebbene non è chiaro fin dove possono arrivare, lo sta
diventando la causa. In qualche modo Jerry capisce di essere un fattore
di stress. Introduciamo meglio Kelly perchè si sa che è una parte
attiva della vita di Jacoby da sempre e per sempre. Un po' di cose le
ho dedotte da sola anche per il fatto che le sue canzoni sono sempre
state autobiografiche e leggendo i testi capisci cosa gli succedeva, un
po' di cose le ho inventate ed un po' sono informazioni vere, come i
crolli che in un certo periodo della sua vita lui aveva. Buona lettura.
Baci Akane*
12. IL FATTORE DI STRESS
"Parlo di pazzia, il mio cuore e l’anima
Piango per la gente che non sa controllarsi
Prendiamoci la nostra sanità,
prendiamo la compassione e
Siamo responsabili per ciascuna azione
Diamine, no; saper come, il modo,
il modo, il modo di saper come
Il modo di saper come
C’è una linea sottile
tra il bene e il male e
Oltrepasso la linea in punta di piedi,
ma mi sentirò instabile
La mia vita è un circo,
ma inciampo sulla corda
Beh, non c’è niente che mi possa salvare,
sto cadendo verso il suolo
Cadendo verso il suolo, tutta in discesa,
nascosto nel fango"
La chiamata di Kelly arriva come un fulmine a ciel sereno.
Quando riconosco la sua
voce tremante e spaventata, salto subito seduto attento e preoccupato
fissando il muro con la cornetta in mano.
- Kelly?! - Esclamo dal divano.
- Jerry... dovresti
venire da Coby... lui... - Tossisce spaventata cercando di schiarire la
voce, credo pianga. - Ha una crisi e... - Altra schiarita di voce. -
Non so, non l’ho mai visto così. Dice di sentire dei ronzii in testa e
si sta facendo male per farli andare via... - Chiudo gli occhi e mi
raggelo, per un momento il mio corpo non si muove, le ossa sono rigide
come cemento.
Che cazzo faccio?
Quello è da internare, come faccio a gestirlo io?
- Ha bevuto? - Chiedo sperando che sia solo un po’ troppo ubriaco.
- No no, è sobrio!
Stavamo litigando ed ha cominciato a fare così, ma non riesco a
fermarlo ed io non sapevo chi chiamare, tu lo conosci meglio degli
altri, no? - Come fa a dirlo? Mica le parla di me?
Per un momento ci penso e grazie a questo pensiero fuori dal coro mi riprendo.
- Arrivo. - Dico solo senza aggiungere altro.
Impreco fra me e me mentre corro in macchina per arrivare da lui il prima possibile.
Quando arrivo Kelly mi apre subito prima che suoni, trema ed è davvero spaventata, gli occhi sono pieni di lacrime.
- Non ha mai fatto
così! - Dice subito. Io do un’occhiata dentro e vedo che sta sbattendo
il lato della testa contro il muro e si infila le dita nell’orecchio
muovendo come se dovesse scrollarsi qualcosa, come quando ti entra
l’acqua.
Alzo gli occhi al cielo.
- Così non ha mai fatto
nemmeno con me. - Dico. - Lui ha una forte fobia degli insetti, in
particolare scarafaggi e qualunque cosa ronzi e faccia rumore. - Lei
annuisce.
- Sì che ha paura degli
insetti l’ho notato, ma non è mai arrivato a... - Ad un certo punto
però lui sembra intenzionato a bucarsi un timpano e così entro di corsa
e lo prendo al volo, devo usare una certa forza per impedirgli di
infilarsi il cacciavite nell’orecchio.
E grido, grido così forte che non penso d’averlo mai fatto nemmeno nel periodo nero a casa mia.
Cazzo, mentre lo faccio sento le corde vocali atrofizzate e so con certezza che non ho mai urlato in vita mia, mai.
E forse è questo che lo
sconvolge e lo distrae. Improvvisamente si ferma, non grida, non cerca
di ferirsi ed è come se mi vedesse per la prima volta.
- Cosa... cosa ci fai qua? - Chiede dimenticandosi di cosa stava facendo.
- Ci sei? - Chiedo io
con urgenza e fermezza. Le mani stringono i suoi polsi e lui lo
realizza, mi guarda e poi vede il cacciavite. Lo lascia subito come se
fosse bollente, poi vedo il terrore nei suoi occhi.
- Che diavolo... - È come se non fosse in sé in certi momenti. Ma in questo modo non era mai successo, mai.
- Cercavi di toglierti
un insetto dal cervello, suppongo. - Cerco di essere serio, ma sembro
arrabbiato e lui è nella sua versione più vulnerabile.
Cosa cazzo ti passa per la testa quando realizzi che sei seriamente pazzo? Che hai fatto qualcosa di davvero folle?
Essere esagitati e fare
l’idiota o l’avventato di proposito è una cosa, sentire cose che non ci
sono e cercare di ferirti è un’altra.
- Sì, c’erano i
ronzii... - Ricorda tornando vagamente in sé, o meglio una via di mezzo
fra il sé normale e quello di prima. - Però siccome lei non li sentiva
ho capito che erano nella mia testa. Cioè dentro, capisci? Come quando
ero piccolo e dormivo in tenda e la notte mi camminavano gli insetti
addosso ed uno una volta... un moscerino, un non so che diavolo
fosse... mi è entrato nell’orecchio! - E chissà se era vero o se lo
sognava? In quei casi non distingui la realtà dal sogno e ti rimane il
dubbio.
- Forse è ancora lì ed
ogni tanto... sai, cerca di uscire, ma non può perché c’è... beh, come
si chiama? La membrana del timpano? Non è mica facile trovare la via
per uscire... - Oh Dio sta sragionando.
Ha proprio quello sguardo. Lo sguardo di chi non è qua.
Sospiro e non so da
dove tiro fuori la forza. Kelly accanto a me è ammutolita e
terrorizzata ed io scuoto la testa e lo abbraccio calmo capendo che non
posso fare altro.
- Non hai insetti nell’orecchio, ok? -
- Ti dico che lo sentivo... -
- Sì, lo sentivi, ma
non c’era. Perciò se tu senti una cosa che in realtà non c’è, anche se
provi a toglierla e a bucarti un timpano, l’insetto non esce. Perché
non c’è. E ti ritrovi con un orecchio bucato ed il ronzio comunque
ancora in testa. Ok? Non sono insetti. - Non so se faccio bene a
dirglielo, parlo con calma e fermezza e lo abbraccio forte, lui si
aggrappa e mi ascolta, non immagino che espressione debba avere, ma
quella di prima non la scorderò mai. Credo che la sognerò per un bel
po’.
Adesso la certezza è una. Ha bisogno di aiuto. E di quelli veri.
- Sei sicuro? - Chiede
con un tono infantile. Io annuisco continuando a stringerlo a me, è
docile e per fortuna sembra in sé, per quanto tremi ancora.
- Sì. Quindi quando
senti di nuovo quei ronzii come prima cosa evita di farti male, non
picchiarti e non cercare di ferirti e farli uscire. Perché
continueranno lo stesso. - E a questo punto si separa da me, mi tiene
per le braccia e mi guarda spaventato.
- E cosa dovrei fare? -
Vorrei poter alzare gli occhi al cielo ed imprecare e farmi vedere nel
panico perché non ho idea di che cosa fare ed in un momento mi ricordo
di quando Jacoby ha salvato la vita a James ed ha fatto tutto quello
che doveva per salvarlo, nonostante il suo migliore amico si stesse
dissanguando. Devo essere così.
- Ascolta la musica,
alza il volume. Supera con la musica il rumore del ronzio. Canta,
magari. Fai quegli scream pazzeschi che fai solo tu. - non so se possa
funzionare, ma spero vivamente che non succeda di nuovo. Insomma, in
questo modo credo sia stata la prima volta.
Annuisce e spero che comunque non diventi un alcolizzato drogato. Queste sono reazioni normali in realtà.
Cioè soluzioni distruttive contro delle psicosi.
È davvero pazzo da rinchiudere o si può salvare?
Tremo come quando
vedevo mio padre ubriaco litigare violentemente con mia madre, tremo
così. Solo che quella volta ero impotente e stavo zitto, non facevo
niente. Ora ho gridato e mi sento completamente diverso. Ora devo fare
qualcosa, ora non posso permettermi di stare fermo e zitto.
Accompagno Jacoby in
camera e lo metto a dormire, dopo un sovraccarico del genere sarà
sfinito ed infatti si addormenta subito. Io sospiro di sollievo e
scuoto la testa coprendomi il viso per un momento.
Che cazzo devo fare ora?
Quando torno di là
Kelly sta nascondendo tutti gli oggetti con cui potrebbe ferirsi, fa
sparire anche i coltelli, le forbici ed i cacciaviti. Sorrido
spontaneo, perché quando vedrà che sono spariti i coltelli andrà a
prenderne altri. Per mangiare e cucinare servono. Ma non glielo dico
che è inutile. Specie perché se deve trovare un modo per ferirsi lo
troverà. La speranza è che le mie parole dette in un momento così
instabile gli risuonino quando lui tornerà in quel momento instabile.
Sperando non succeda più o che comunque non sia, che ne so, a lavoro o
a scuola.
- Non ha mai fatto
così. È capitato che sentisse ronzii e cercasse di scacciarli, il
massimo è stato darsi degli schiaffi. L’ho fermato e l’ho distratto,
l’ho portato via dal posto in cui era e si è calmato. - Mi guardo bene
dal dirle che stavamo discutendo di noi e di una cosa altamente
stressante per lui.
Lei è ancora
spaventata, ora James è via per un po’ e quindi lei è venuta
momentaneamente qua con lui perché sa che odia stare solo in casa.
Mi sa che scapperà a gambe levate.
- Cosa posso fare se succede di nuovo? - Alzo le spalle e scuoto la testa.
- Non ne ho idea, devi parlarne con uno psichiatra, col dottore, non so... io non... non so come si fanno queste cose. -
- Sembravi come fare, però. - Sorrido amaro.
- È questo che
sembrava? - Lei annuisce impressionata ed io alzo le mani, le faccio
vedere che tremano ancora. - Sono solo bravo a nascondere. - Credo che
questo l’aiuta, infatti si siede su una sedia del tavolo della cucina e
sospirando si passa le mani fra i capelli corti e neri.
- Stavamo litigando, ma litighiamo spesso. Con lui è impossibile il contrario. -
- Di cosa discutevate se posso? - perché mi intrometto? Lei cerca di fare mente locale e poi risponde.
- In realtà... - si fa
seria. - in realtà di te. - Mi raggelo e la guardo serio. Lei annuisce.
- Sì, parlavamo di te. Ho suggerito che ti chiedesse di trasferirsi qua
perché sembra che James non tornerà a stare qua. Ha altri progetti
sempre per la sua salute. E se ti devo dire la verità non mi piace che
quei due convivano e passino tanto tempo da soli. So che parlano sempre
di cose che riguardano il suicidio, di depressione e cose così. Non
vorrei che lo influenzasse negativamente. -
Come darle torto? Sorrido incoraggiante.
- E gli ho chiesto che
magari poteva chiedere a te se veniva a stare con lui. Siete molto
amici, lo conosci bene, sei una persona positiva per lui così agitato.
- Alzo il sopracciglio perplesso. Ok, ora capisco la crisi.
Ma addirittura una crisi psicotica? È questo l’effetto che gli faccio?
Forse invece che
aiutarlo devo andarmene dall’altra parte del mondo, cancellarmi dalla
sua esistenza. Magari così poi si riprende!
Lo penso seriamente, per un momento.
Che sono io la causa. Io la sua fonte di stress.
- Credo che abbia a che
fare con lo stress. Ingigantisce le sue fobie. Ognuno reagisce in un
modo allo stress, lui che è così... - Cerco un termine che non mi
viene. - instabile... - Lei annuisce. - per lui evidentemente lo stress
si riflette sulle sue debolezze e quindi quella fobia dei ronzii. - So
che fa impressione e mentre lo dico mi sembra pazzesco, ma quel che
abbiamo appena visto è impossibile, eppure...
Lei in silenzio ascolta tutto.
- Però è la prima volta
che è così violenta la crisi. Non ha mai fatto così, mai. - Non so se
questo la può tranquillizzare, rimane incerta a fissarmi e concludiamo
che io, al posto di lei, andrei da un dottore a chiedere un parere.
Mi guardo dal dirle di
scappare e non infilarsi in una storia così impossibile, perché se lei
va via lui poi torna a buttarsi su di me e rischia di tornare dalla
padella alla brace. La nostra relazione lo destabilizzava troppo quando
era eccessivamente forte. Da quando ha fatto un passo indietro con me
sta molto meglio. A parte ora che ha provato ad immaginarsi a vivere
con me.
Vorrei sapere che diavolo pensiamo di fare noi.
Sfondare con la band? E stare insieme quanto tempo?
Amareggiato me ne vado rendendomi conto che questo è il preludio di un addio che mi sembra maledettamente inevitabile.