*Ecco
un altro capitolo. Infest debutta e con esso comincia la vita da tour,
da rock band. Inizia la fine in un certo senso, perchè è vero che con
il successo che è immediato Jacoby ha un ulteriore declino perchè cade
sempre più a ruota libera. Inizia per festeggiare con l'alcool e da lì
si andrà presto molto più giù. E all'epoca Jerry non aveva idea di
quanto ancora sarebbero andati avanti in quelle condizioni. Buona
lettura. Baci Akane*
18. L’INIZIO DELLA CADUTA
"In uno stato confuso
Questi giorni scorrono
Più veloce che posso, corro attraverso la vita
Ora ho da tenere il controllo
Della mia mente e del mio fisico
Non mi sono riparato
dalle ardue tempeste della vita
Ero congelato, ma ora sono caldo
Sono caldo dentro"
- Born with nothing die with everything -
È il disco che abbiamo
sempre sognato, raduna le nostre più belle canzoni e quelle più
significative e mentre lo registravamo pensavamo tutti che Jacoby fosse
fatto per questo.
Sul palco è anche peggio, nel senso che è mostruoso.
Lo sapevamo, l’abbiamo
visto miliardi di volte, ma è diverso suonare per locali coi tuoi
fedelissimi che ti seguono dalle prime volte. Adesso sono concerti
seri, sono locali grandi, eventi coi fiocchi e ci troviamo sul palco
assieme ad un sacco di band super.
Insomma, ora si fa sul serio, i palchi sono veri, sono tutt’altra cosa e lo vediamo tutti da subito.
Jacoby è nato per questo, non c’è altro nella sua vita che potesse fare meglio di questo.
Forse non ci sono lavori per lui migliori di questo.
È un animale da
palcoscenico, va come un treno senza fermarsi mai, salta, canta, reppa,
grida, interagisce col pubblico, non si ferma un istante. È un treno e
vederlo lì che non sta fermo un secondo mentre suda come un matto è
pazzesco.
Il look da semplici
ragazzi che fanno nu metal, capelli corti e sparati col gel, i suoi
tinti di nero gli evidenziano gli occhi, niente trucco, niente
accessori addosso.
Solo noi, abiti comodi e larghi, capelli normali, i nostri strumenti e via.
Inizialmente eravamo
tutti titubanti, quando ti scritturano ci sono mille paletti e regole,
ci sono un sacco di cose che possono andare male, vogliono imporre quel
che tu devi fare, mettono il naso ovunque, correggono, suggeriscono e
tu pensi ‘ok, sarà una merda’.
Ti prepari al peggio.
Poi arrivi ai live e
capisci che no, cazzo. È molto meglio di quel che avevi pensato. Ed in
un attimo il tutto sale sparato a mille, non lo contieni più, non lo
gestisci e la tua immaginazione non ci arriva. Non arriva a capire fin
dove si può arrivare, sai solo che sta andando tutto oltre ogni
aspettativa e non saprai controllarlo.
Dopo i primi live e le
risposte positive da parte del pubblico, inizialmente siamo sempre
gruppi di supporto ovviamente, ma funzioniamo molto bene, ci ritroviamo
lì a cavalcare l’onda e sperare di riuscire a farlo il più a lungo
possibile.
È come essere sempre ubriachi senza bere.
Per me, almeno, visto
che lui invece beve eccome. Lui e Dave sono sempre ubriachi, Tobin va a
momenti, quando si festeggia non si tira indietro ma non è sempre
attaccato alla bottiglia. Io chiaramente sono sempre sobrio.
Inizia così.
Bevendo.
Scopre una passione per
la vodka bianca tanto che comincia a darsi un soprannome, fra i tanti,
che hanno a che fare con la vodka. Un’altro, il più conosciuto, è Coby
Dick perché si sente enorme.
Se non beve mangia, il che è positivo perché l’aiuta ad asciugare.
È anche vero che sul palco scarica un sacco di energie e forze e di conseguenza tutto quel che beve.
Non riesco a capire
quanto devo preoccuparmi, un po’ è normale che chi fa questa vita beva
e lui comunque non sbaglia un colpo sul palco, perciò voglio dire... in
realtà funziona. Non sembra fargli davvero male. Il durare gli fa
espellere l’alcool, il bere gli fa avere energie per andare avanti
senza fermarsi un momento.
Il mangiare disordinato... beh, quello in ogni caso non gli fa bene, ma non certo più male della vodka.
Diciamo che all’inizio è tutto strano e nuovo e siamo tutti a godercela e ognuno pensa un po’ per sé.
Prima eravamo come
‘ehi, qualunque cosa succeda ci siamo qua insieme’, ora è più ‘guarda
che figata, sballiamoci!’. Ognuno coi suoi modi.
Perciò non è che ci
guardiamo a vicenda, siamo più ognuno a sé stesso, ognuno fa quel cazzo
che gli pare, non siamo i baby sitter di nessuno. Quel che conta è
suonare, essere pagati per farlo, farci conoscere.
Per ora c’è questo
album, Infest, con un insetto sulla copertina. Il resto non esiste. Non
c’è in programma un altro album, c’è solo il presente che viviamo a
mille consapevoli che il successo è momentaneo e che si può fare di
meglio, si può avere di più.
Non credo ci sia un momento preciso in cui le cose precipitano, con Jacoby.
Credo che in realtà
come il suo talento fosse scritto nelle stelle, il suo essere cantante
e leder di un gruppo, il suo essere una rock star... beh, lo fosse
anche il suo essere rotto. Rotto dentro. Lo scrive nelle sue canzoni
che si sente rotto, spezzato, irrecuperabile.
Non capisco se il suo
modo di affrontare i suoi demoni sia gridare nelle canzoni che ne ha e
basta. Ci saranno passi successivi?
Però se devo parlare di
un momento particolare per dire come le cose iniziano a precipitare con
lui, credo che sia quando dopo uno show è così ubriaco ed eccitato che
ci prova con me così tanto da ricevere un pugno.
Lì credo che succeda
qualcosa ad entrambi e prima che me ne accorga, quella promessa è bella
che andata nel mare delle belle intenzioni, un mare dove annegano tutte
e si disperdono per sempre.
Lo show è stato
bellissimo e mentre aspettiamo che l’altro gruppo finisca di suonare
per fare la solita festa post concerto, come se ne fanno sempre, noi
iniziamo già a gradire cibo e bere.
C’è un gran via vai di
gente fra staff, tecnici, collaboratori, assistenti, organizzatori e
non so come mai ma le ragazze non mancano mai.
Io ho la mia a casa,
lui ha la sua adorata Kelly a cui non pensa mai ed ora ci pensa anche
meno. Nella mia testa non c’è mai stata la minima intenzione di farmi
mille ragazze così come capita, in quella di Jacoby non so onestamente
cosa ci sia e non mi interessa.
Si interagisce con la
gente, si parla dello show, dei momenti buoni e di quelli pessimi, poi
si scherza, si ride, Jacoby fa spettacolo come sempre, ha battute e
stronzate per tutti e quando arriva anche l’altro gruppo che finisce lo
show, il bere aumenta, così come la festa, i complimenti e tutte queste
cose.
Poi ad un certo punto
capisco che Jacoby è ubriaco perché comincia ad essere appiccicoso, lui
lo è quando parte. Di solito lo è con me, non faccio in tempo a
pensarlo che mi ritrovo lui che mima un amplesso contro la mia gamba
mentre parla con un altro ed io alzo gli occhi al cielo. Io, sobrio e
felice, realizzato per quel che abbiamo fatto stasera.
Mi guardo in giro
sperando che a parte quello con cui parla, che ride, nessuno noti che
mi scopa il fianco, quando però si sposta dietro e mi prende per i
fianchi spingendo contro il mio sedere, a questo punto sguscio via
dicendo che vado a cercare un bagno.
Non l’avessi mai fatto.
Lo prende come un invito.
Io davvero necessitavo di un bagno e di staccarmi dalla sanguisuga, lui chiaramente l’ha preso per un invito.
Sto espletando
serenamente i miei bisogni in questo sudicio bagno dietro le quinte del
locale quando la porta si apre, si chiude a chiave e me lo ritrovo
attaccato dietro come prima. Mi sembra come che un bisonte mi investa.
Mollo il mio pene con una mano per appoggiarmi al muro, piscio anche
fuori dal vaso, quello è il meno vista la puzza che c’è qua. E le sue
mani subito sgusciano sui miei pantaloni aperti e comodi, li abbassa in
fretta insieme ai boxer, cioè li abbassa per dietro, quello che
evidentemente gli interessa ed io faccio in tempo a finire di pisciare
che sento che senza dire nulla, assolutamente nulla, cerca di entrare
col suo cazzo che, devo ammettere, è bello duro.
Mi appoggio al muro
davanti con entrambe le mani perché il suddetto bisonte mi sta
spingendo cercando di fare i suoi, va detto, porci comodi.
Sto per cadere e devo usare le mani per tenermi su, ma vorrei usarle per picchiarlo.
- Jacoby... - inizio cercando di fermarlo dal trafficare col suo cazzo strofinato duro nella mia fessura.
Chiudo gli occhi paziente.
- Jacoby, smettila. - Dico più deciso. Non può farlo sul serio, insomma, è ubriaco, siamo in un bagno di merda.
E poi non abbiamo mai
fatto sesso a parte quella volta che somiglia paurosamente a questa.
Solo che ero io l’attivo quella volta.
Che gli salta in mente?
Non ci siamo mai messi
davvero insieme, mai parlato di cosa vogliamo essere e fare. Solo
abbiamo scoperto le nostre carte, ma più che stare insieme, parlare di
tutto, prenderci cura uno dell’altro e baciarci innocentemente, non
abbiamo mai fatto.
Non ci ho mai pensato perché lui è sposato e la cosa mi turba sebbene per lui non sembri essere minimamente un problema.
Ma in ogni caso il fattore sesso non ci è più passato per la testa ed ora lui arriva così.
- Dai... - La sua voce mi disturba, non riesco a respingerlo se parla e lo sa.
- No, non così, non ora. Sei ubriaco e poi che significa, sei sposato! -
Jacoby continua a tentare di entrare ma evidentemente l’essere andato del tutto non aiuta.
- Perché? Ci baciamo,
ci piacciamo, sappiamo che lo vogliamo e che un giorno sarebbe
successo... - anche da ubriaco parla e blatera. Spara cazzate, ma le
spara.
- Sì, ma con la
clausola che tu ti rimettessi in piedi prima, che imparassi a vivere le
tue emozioni in modo umano... ricordi quel discorso? - Spero che
ripetendo le sue parole qualcosa gli risuoni in quella testaccia piena
solo di vodka, ma è una speranza vana.
- Più umano di questo... - Insiste l’idiota.
Sospiro e scuoto la
testa scivolando via, mi tiro su tutto e mi allaccio guardandolo
freddamente, due lame al posto degli occhi mentre lui ha il suo cazzo
duro in mano ed ancora non crede che ho osato andarmene.
- Abbiamo detto di stare insieme, ma con dei freni e dei limiti precisi! -
- Se non si scopa non si sta insieme! - Brontola aggrottato, comincia ad arrabbiarsi ed io scuoto la testa lavandomi le mani.
- Ne riparliamo quando
sei sobrio e cercherò di farti capire meglio il punto della situazione!
- Che in parole povere consiste ‘smetti di bere, affronta le tue paure
e piantala con le allucinazioni’.
Queste dovrebbero essere le clausole per stare con me sul serio.
A questo punto Jacoby mi manda a fanculo con il dito medio e se ne va sbattendo la porta.
Una volta solo sospiro,
mi appoggio al lavandino e guardo la mia immagine riflessa. Un viso
pulito, semplice, lineamenti regolari e piacevoli, un po’ di pozzetto
sul mento, i capelli ancora sparati come prima, corti. E l’aria di chi
ha appena perso qualcosa.
Perché lo so.
Prima era in precario
equilibrio ed eravamo solo io, lui, le nostre famiglie, i nostri amici,
i nostri concerti sempre per gente conosciuta che ci seguiva. Erano
vite sicure, che conoscevamo. E lui era precario. Si giostrava fra la
moglie che per lui rappresenta il porto sicuro che c’è nonostante
tutto, e me. La persona che desidera davvero, che ama.
Mi ama? È capace di amare quello?
Riusciva a gestire le sue emozioni, era migliorato. Cercava affetto che potevo dargli, gestivamo bene le cose.
Ora il successo sta rovinando tutto.
È sempre stato precario su tutto. Il bere, la depressione, le emozioni, l’estremismo. Ora quante tentazioni ha?
E so, so benissimo che finché faremo questa vita, lui sarà così sempre.
Scuoto la testa consapevole che si sia rovinato tutto. Tutto.
Quando esco lo vedo che
si trascina una di quelle ragazze in un altro angolo, la sua mano sul
suo culo, lei tutta appiccicata a lui. Entrambi ubriachi.
Ed ecco la fine di cui parlavo.
Se gli permettevo di scoparmi cosa sarebbe successo a noi? Non lo saprò mai.
Mi fermo mentre mi
raggelo, le gambe non si muovono, giro lo sguardo shoccato e lui mi
lascia il suo pieno di odio e di vendetta, quel fuoco nei suoi occhi
che adoro.
Mi fa il dito medio di nuovo ed entra in una di quelle stanze dove so cosa faranno e non intendo certo fermarli.
Che faccia quel cazzo che gli pare, se è questa la strada che vuole prendere che la prenda.
Dannazione.
Lui cerca dei buchi per non pensare ai propri, quelli che ha dentro da quando era piccolo e che crescendo si sono ingranditi.
Cerca dei buchi per non guardarsi, non affrontarsi.
I piccoli passi fatti
vanno nel cesso, così non ne uscirà mai e già so che da qui al farsene
di altri, di buchi, il passo non sarà tanto lungo.
Dio Cristo Jacoby.
Quante dipendenze ti dovranno distruggere prima di iniziare a volerti bene?
Anche se prima avessi potuto fare qualcosa per te, ora ho la certezza che non posso più fare niente.
Da qui in poi il
rapporto è un gran casino perché io sono furioso con lui e quando lo
sono divento gelido, lui lo è a sua volta con me perché mi sono negato
e quando lui è furioso, invece, diventa il figlio di puttana più
stronzo di questo secolo.
Ma non è che ci odiamo
e ci facciamo questa sorta di guerra, io non faccio guerre se non
fredde, al contrario di lui che la fa su tutti i fronti, esagerando
come sempre.
Non è così semplice. Non si tratta di un rapporto rovinato in un istante in modo indelebile.
È molto più complicato,
perché quando torna sobrio e supera i postumi e i giorni passano,
quando i momenti finiscono e non gli servono buchi da riempire, non ha
bisogno di dipendenze per distruggersi e smettere di sentire quanto
male fanno le emozioni... in quei momenti rivedo il mio Jacoby, quello
di cui mi sono innamorato. Ed ogni volta che lo rivedo sono io quello
che si distrugge con la propria dipendenza che non è sesso, droga ed
alcool.
È lui, lui è la mia dipendenza. Lui, maledizione.
E sebbene so che dovrei
chiudere con lui e limitarmi a suonarci insieme e a fare canzoni, non
riesco a non parlargli, non guardarlo, non abbracciarlo. Non riesco a
chiuderlo fuori come ho fatto con tutto quello che non mi è mai andato
bene.
Non ci riesco.
Con lui non posso.
Porca puttana.