*Ecco un altro capitolo. Siamo a cavallo fra il primo ed il secondo album, quando Jerry decide di sposarsi con Jessica e Jacoby diventa padre per la prima volta, ho sempre pensato che in quel periodo dovesse essere successo qualcosa fra loro anche se poi sono solo mie supposizioni basate su niente. La sola cosa certa è che per moltissimo tempo, dall'inizio della loro carriera, Jacoby ha avuto problemi di svariati genere, fra cui spiccano quelli di abuso d'alcool che poi diventeranno anche droghe. Nelle sue interviste e nei testi si capisce che gran parte dei suoi problemi che sono causati dal suo modo di vivere le sue emozioni, con tutto sé stesso. Buona lettura. Baci Akane*

20. UN ALTRO MONDO




"É malato nella sua pelle
É l’ora di negoziare
Una galassia di emozioni
La tua anima è quel che costa
[...] Disposto a fare un cambiamento
Rinunciando alla carne e alle ossa
Contro il grano
Spingendo tra i limiti di noi stessi
Questo corpo è solo una gabbia
Sei morto e sei nella tomba
Abbiamo perso i nostri pensieri
[...] Sanguina il mio sangue
Pela la mia pelle
Salda il filo
Trasformazione
Prendi il mio corpo e
Liberami da questa gabbia
Non puoi mettere uno spirito nella tomba"
- Singular Indestructible droid -



Trovo la soluzione nel matrimonio.
Decido di sposarmi e pensare a fare seriamente famiglia, inizialmente è un modo per dimostrare a me stesso che Jacoby è un’altra storia, una bella chiusa che non si farà mai.
E poi decido di sposare Jessica quando sono furioso con lui alla fine del tour completo del primo album.
Quando uno deve fare lo stronzo per provocare quello che ha una santa pazienza, alla fine il santo in questione si esaurisce.
Decido di sposare Jessica in una sorta di foga del momento, succede nel 2002, non so bene quale notizia venga prima, se il mio matrimonio o lui che diventa padre per la prima volta.
Per cui le cose prendono una connotazione strana e Jacoby diventa più simbiotico con Dave che con me, io prendo delle distanze evidenti, finisce che sto con loro, sono presente per tutto quel che riguarda il gruppo ed il secondo album che produciamo in una velocità sorprendente, ma diciamo che sono totalmente assente per le altre attività con loro.
Tobin e Dave non hanno colpa, ma sono irritato al novanta percento delle volte da Jacoby ed io quando sono irritato reagisco estraniandomi. Mi possono dire e fare di tutto, io non reagisco, faccio finta di non essere lì, mi faccio altamente i fatti miei, non rispondo, non lo colpisco con un pugno.
E più io faccio così, più lui si infuria ed esagera calcando la mano.
Non ha un freno, non capisce che mi sono allontanato per salvarmi, che non ne potevo più, che dire che ci sarò per sempre è fattibile se dall’altra parte uno collabora.
Ma lui ad ogni fottutissimo show si ubriaca, ci prova con me, io lo rifiuto e quindi va con altre ragazze davanti ai miei occhi. Non so chi potrebbe andare avanti così per sempre. Salvo poi, da sobrio, fare il cucciolo pentito o quel poveraccio che ha solo un sacco di problemi.
È pazzo, mi fa girare la testa e visto che il suo concetto di affrontare i problemi e sistemarsi è molto in là nel tempo, io corro ai ripari.
Ma forse è solo l’ennesimo tentativo di salvarmi, il solito che comunque finisce nel cesso appena lui riesce a fare uno dei suoi miracoli.

Si presenta in studio di registrazione ubriaco fradicio, la fortuna è che al momento ci sono solo io perché arrivo sempre prima, mi piace strimpellare un po’ prima degli altri.
Appena vedo che è bevuto fino all’anima avverto gli altri dicendo che oggi non possiamo incidere, così non viene nessuno.
- Andiamo, ti accompagno a casa. Non puoi guidare così. - Dico paziente e freddo come se non parlassi a quello che speravo diventasse il mio ragazzo in un passato che ora mi sembra remotissimo.
Lui mi guarda corrucciato e con l’aria da pazzo.
- Come se te ne fottesse qualcosa! - Sospiro ed alzo gli occhi al cielo.
- Se ti schianti me ne frega. - Rispondo calmo.
- Sì perché altrimenti chi canta? - Quando dà risposte velenose e stronze ma coerenti, mi chiedo quanto sia davvero ubriaco.
- Non è solo questo e lo sai. - Cerco di essere paziente mentre in piedi aspetto che si decida ad uscire dalla porta dello studio. Lui mi guarda corrucciato e si siede su una delle sedie girevoli, prende la chitarra che suonavo prima, acustica, e inizia a torturarla. Così mi precipito e gliela prendo di mano, lui scatta subito su e mi guarda furioso alzandosi in piedi.
- Smettila di farmi da baby sitter e starmi dietro! -
- È quello che sto cercando di fare, ma mi sembra che ti stia sul culo la cosa! - Ed eccoci qua al punto.
Quando ho annunciato il mio matrimonio lui è diventato sorprendentemente di pietra, poi ha cominciato a riempire le giornate di battute al veleno sul fatto che mi sposo anche se sappiamo tutti che non ha senso per me farlo. Battute una peggiore dell’altra che nessuno capisce, ovviamente.
Se non io.
Ricordo bene il discorso che gli ho fatto quando è stato lui a decidere di sposarsi.
No, non ne abbiamo parlato, non gliel’ho permesso. L’ho totalmente tagliato fuori. Mi sono semplicemente sposato, stop.
E lui ha tenuto e tenuto fino ad ora, sapevo che sarebbe successo, mi stupisce che avvenga solo ora. Ma ancora una volta mentre ci guardiamo in piedi uno di fronte all’altro, mi chiedo quanto sia davvero ubriaco e quanto finga per avere una scusa per dire tutto quello che ha dentro.
A volte sembra una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e tutti sanno che quando succederà è meglio stargli lontano. Solo che non so, onestamente, se sia meglio che esploda o che non lo faccia.
- Perché non me lo hai detto a parte e prima di ufficializzarlo? - Finalmente lo chiede, è sempre arrabbiato ed io sempre freddo e composto. Più lui grida, più io mi scosto e la cosa lo manda fuori di testa.
- Perché non siamo niente, Jacoby. Solo colleghi. Tu fai le tue cose e prendi le tue decisioni al di là di me da sempre. Non ti devo niente! - Così, con questo gelo, lui si pietrifica e per un momento, un momento leggendario, sbatte gli occhi lucidi e non sa che dire. È come se l’avessi appena ferito a morte e penso che prima di ora lo volessi con tutto me stesso, mentre ora che ce l’ho qua agonizzante me ne sono solo pentito. Ora capisco che non lo volevo, ma ormai è fatta. Sospiro e scuoto la testa sperando che la finisca.
- Andiamo. - Dico poi prendendo le chiavi dalla mano, ma lui me le prende e se le mette nelle mutande per farmi smettere di volercene andare. Mi guarda sfidandomi a prenderle ed io sospiro esasperato sedendomi, capendo che finché non svisceriamo la cosa, non finirà mai.
- Ascolta. - Tento cercando di tirare fuori quella sensibilità che improvvisamente penso di non aver mai avuto. - Tu sei senza controllo, vivi questa vita da star come ti pare, fai quel che vuoi, non pensi a nessuno, né a Kelly, né a me, né ad altri. Ed è giusto che tu faccia quel che vuoi. Ma vai con chiunque, bevi fino a vomitare ogni sera e dici tutto quel che ti passa per la testa, qualunque cosa sia. Non aiuta i rapporti, questo. - Lo guardo cercando di capire quanto capisca di quel che dico e con sorpresa capisco che c’è, è perfettamente qua. Si morde il labbro, comincia a storcersi le dita e penso che stia sentendo tutti i ronzii di questo mondo, ma cerca di non picchiarsi per dimostrarmi che invece sta lavorando su sé stesso.
- Io devo vedere di me, come tu fai quello che vuoi. Non posso obbligarti a non bere e ad andare da uno psicoterapista. Però posso fare la mia vita, prendere la mia strada. Prima o poi doveva succedere. - Lui a questo punto prende un profondo respiro, chiude gli occhi e stringe i pugni, le nocche bianche.
Infine apre gli occhi e mi guarda, l’azzurro è trasparente ed intenso e mi colpisce come due pugni, ma non mi muovo e non respiro. Penserà che non me ne frega niente, in realtà sto malissimo, ma sto facendo quello che va fatto.
- Tu mi avevi promesso che ci saresti sempre stato in ogni caso. - E con questo sussurro pieno di un dolore che mi trapassa in profondità, lui fa scendere quelle lacrime che forse non fa scendere da molto.
Chiudo gli occhi cercando di rimanere saldo e mantenere il punto della situazione, non devo cedere ora, non devo.
Jerry, resta dove sei.
- Non è una tragedia se mi sposo, Jacoby. - Lui scivola giù sulle ginocchia e si copre il viso piangendo e singhiozzando, è come se la famosa bomba fosse tutt’altro che ira funesta e ossa rotte.
È lui che si scioglie in un mare di lacrime e lo fa con tutto quel mare di emozioni che lo devastano ogni giorno. Come fa ad essere così emotivo?
Mi sconvolge.
- No, non lo è. Quello che è una tragedia è il motivo per cui lo fai, l’intenzione che c’è dietro! Tu vuoi allontanarti da me e per te sposarti è un paletto, non vuoi tornare indietro, non lo farai mai. Stai cercando di tagliarmi fuori, mi vuoi abbandonare. -
Non cedere Jerry, non puoi metterti con uno così, impazzirai molto prima di lui.
Rimani dove sei.
È la cosa più difficile della mia vita, ma non mi muovo da questa sedia e lo guardo mentre si scioglie in un pianto che mi stringe dannatamente, dopo un po’ che il suo pianto riempie la stanza, mormoro piano.
- Non ti abbandono. Voglio solo prendermi cura di me. - Lui scuote la testa.
- Vuoi mettermi al di là di un muro che non intendi attraversare più. - Questa la deve scrivere. Verrebbe una gran bella canzone.
Mi lecco le labbra, finalmente alza la testa e mi guarda per sapere la mia risposta, il suo viso ha un che di infantile in questo momento, forse perché è sconvolto dalle lacrime, gli cola il naso ed è rossissimo. Ma gli occhi sono più belli che mai. E più tristi di sempre.
Così prendo un fazzoletto, glielo spalmo sulla faccia trascinandomi con la sedia dove è lui. Jacoby si lascia fare, si pulisce e questa sorta di tregua mi fa capire che possiamo trovarci. Che può esserci una via di mezzo, anche se non so se sarà una grande idea.
- Non ti potrei mai voltare le spalle, capito? - Lui scuote la testa sconsolato, rimanendo inginocchiato davanti a me. Io così gli pulisco anche le guance. - Ci sarò comunque. Cercherò di sopportarti, di controllare che non esageri, che non ti perdi del tutto. Ti darò i miei non richiesti consigli, ascolterò i tuoi sproloqui e ti aiuterò a vomitare ogni santa sera. Solo che... io devo provare a vedere di me, a costruire qualcosa per me. Perché fra noi non funzionerà mai, ci abbiamo provato e sappiamo che non andrà. Per qualche ragione ti devasto. Questa distanza ci farà bene. Una distanza definitiva, come dici tu. Tu troverai la serenità, non devi cambiare a tutti i costi per me, puoi rimanere come sei, con i tuoi problemi e le tue paure. Io ci sarò, solo come amico. Non sarò qua ad aspettare che tu risalga. Non serve che risali. - chissà se è chiaro il concetto. Chissà se capisce cosa voglio dire.
Rimango un po’ in silenzio, in attesa. Sarò tuo amico per sempre e cercherò di aiutarti comunque, ma non voglio che cerchi di aggiustarti per me, perciò leva via quell’ansia che ti distrugge di più giorno dopo giorno. Una volta lo motivava e lo aiutava a migliorare, ora non riesce a gestire le troppe emozioni. Su e giù da un palco più spesso di quel che potrebbe sopportare, affrontare sé stesso nelle canzoni ogni volta che canta e poi farne di nuove, denudarsi. Ci sono troppe cose per lui.
Io non posso essere l’ennesima che contribuisce a farlo impazzire. Mi chiamo fuori. Ci sarò sempre, ma non in attesa che si aggiusti. Non mi interessa se si aggiusta.
Lui scuote la testa ancora, ma non capisco cosa significa, il suo sguardo è troppo triste ora. Abbandona il capo sulle mie gambe, i pantaloni comodi come ormai siamo abituati a portare, mi abbraccia la vita e sta così. Non piange, ma non mi lascia. Si abbandona e basta.
Ed io come faccio a voltargli le spalle?
Finisce che gli carezzo la nuca dai capelli corti e nonostante questa scelta che porterò fino in fondo, di cui sono convinto, so che non riuscirò davvero mai a fregarmene sul serio. Che tornerò sempre, che ci sarò sempre per lui.
Però devo cercare comunque di salvarmi.
Jacoby è proprio di un altro mondo, un mondo meraviglioso, ma un altro.