*Ecco finalmente un altro capitolo. Siamo nel periodo in cui Jerry è convinto di aiutare Jacoby standogli lontano e quindi ci prova seriamente, ma resta comunque innamorato di lui oltre che il suo chitarrista e la vita da tour non è facile per uno che vuole allontanarsi da qualcuno. Specie se quel qualcuno è così instabile e non vuole saperne di curarsi. Nel capitolo ho inserito un episodio reale di cui ho visto il video, è stato un vero e proprio crollo psicotico. Da un punto di vista medico, è possibile che persone instabili in periodi di stress ed in abuso di sostanze e alcool, abbiano episodi psicotici, ma questo non significa che loro lo siano e che si ammalino sul serio. Buona lettura. Baci Akane*

21. COMPLETAMENTE FUORI CONTROLLO




"Mi sembra sempre di cadere

Sono stanco di correre
É l’ora di affrontare i miei demoni
Confessione di depressione
Questa vita mi da ripensamenti
Le mie emozioni stanno tempestando
E piovono giù come pioggia
Il dolore colpisce come un fulmine
La disperazione sta diventando mio amico
Spingo me stesso
in un punto di auto-distruzione"
- Black Clouds -

- Quello lo mangi? - Chiede con la bocca piena indicando il resto del mio piatto. Io scuoto la testa schifato, sono pieno che a momenti vomito, così si prende il mio senza nemmeno chiedere e lo sostituisce col suo vuoto.
A questo punto vomito davvero, distolgo lo sguardo per evitare.
Come diavolo  fa?
- Davvero amico, come fai? - Chiede Tobin che non si capacita di quanto riesca ad ingurgitare Jacoby.
- Cofa? - Chiede con il boccone ancora dentro. Io evito di guardarlo.
- Ho smesso di chiedermelo... - Risponde Dave il quale si becca uno sputazzo di Jacoby che gli ride in faccia.
- Senti chi parla! - Traduco io placido al suo posto, sapendo per cos’era lo sputo. E con questo parte a tossire ridendo, finisco che gli batto la schiena per farlo risalire nel mondo dei vivi e dopo un boccale di birra conclude con uno di quei rutti da capogiro che fanno tremare i vetri.
- Cristo Santo Jacoby! - Esclamo. Gli altri ridono ed in risposta quello mi bacia la guancia per ringraziarmi dell’aiuto a non morire, schifato mi pulisco perché non si era pulito la bocca e gli altri rimangono a ridere mentre ci guardano.
- In effetti è l’unico che non ha problemi col cibo... - Dice Dave indicando me mentre parla con Tobin.
- È uno scheletro! Devo mangiare per lui! - si intromette subito Jacoby.
- Scheletro non direi. Sono giusto. - Concludo alzandomi dal tavolo prima di assistere ad un altro spettacolo dello scemo.
Passando dietro il suddetto scemo, mi dà uno schiaffo nel sedere.
- Giusto, ben detto! Sei perfetto! - A volte credo sia schizofrenico e il fatto che gli altri ridano alle sue stupidaggini dandogli corda, fanno sì che non smetta mai di spararle.
Come se ne avesse bisogno.

Con lui è un’altalena continua, si passa dall’essere i suoi migliori amici all’essere i suoi peggiori nemici, robe che nemmeno uno schizofrenico può.
Il problema è che con me non ci litighi, ma quando lui è su di giri io glielo faccio notare con il mio solito gelo e questo lo manda in bestia, non so bene perché.
Nuovo tour, siamo ancora in gioco. Prima di uno degli show è già che chiede della vodka e ho la brutta idea di fargli notare che non è il caso che vada sul palco già bevuto.
- Che cazzo te ne frega a te? - Così senza aizzarmi come fa lui, rispondo freddamente:
- Sarebbe divertente se Kelly venisse con noi, una volta. - Poi me ne vado. E qua apriti cielo.
Jacoby mi segue spintonando un sacco di gente sul suo cammino fino a prendermi il braccio e tirarmi per girarmi, mi fa anche un po’ male ma io non faccio una piega, come se non fossi davanti ad un pazzo.
- E questo cosa sarebbe? -
Io guardo chi c’è qua intorno e aspettando che si dileguino in vista di ‘mamma e papà che discutono’, rispondo sempre con la stessa verve lenta.
- Faresti ancora l’idiota se lei fosse qua? - Lui mi guarda con dei fucili al posto degli occhi, non so bene perché se la prenda se la nomino. Forse è un suo punto debole.
- Faccio quel cazzo che mi pare! -
- Lo vedo! -
- Cosa te ne fotte? -
- Niente, solo non capivo perché l’hai sposata e continuo a non capirlo ora! - Lui spalanca le braccia.
- Vuoi chiedermi perché trombo con le altre? - Lui grida e spero che nessuno ci senta, io sussurro composto.
- Lo so perché lo fai, non devi di certo dirmelo. - E sappiamo entrambi a cosa mi riferisco, ma lui fa finta di non capire, fa la parte dell’idiota, appunto.
- Scopo perché mi manca! - Così rido amaro.
- Ti manca un buco. E siccome non hai quello che vuoi, prendi quello che puoi! - Ed in un istante faccio un riassunto preciso senza fare nomi e cognomi. Perché entrambi sappiamo che non è il buco di sua moglie che gli manca, non ha mai pensato a lei, nemmeno un istante. Mai. Nemmeno ora che è padre.
Per questo non capisco perché diavolo l’ha sposata.
Jacoby mi spinge furioso, è acceso come se gli avessero buttato una tanica di benzina addosso e comincia a scacciare i ronzii. Ecco, ora sali sul palco così, come un pazzo.
Vaffanculo Jacoby Shaddix!
- Mi manca tutto, non solo un buco. E quindi riempio con quello che ho! - Sospiro stanco e lo spingo senza usare particolare forza e foga.
- No caro, non lo fai per questo. E quando ti deciderai ad ammettere perché ti distruggi forse, e dico forse, potrai cominciare a risalire. - Lui si aggrotta, indietreggia come se scottassi e mi guarda senza capire.
- Che dici? - Io faccio un passo avanti, mi sistemo la camicia nera e rispondo serio come una pietra.
- Stai andando giù, Jacoby. E siamo solo all’inizio. - Con questa lapidaria previsione, faccio per andarmene ma lui ribatte shoccato.
- Ma di cosa parli? Io mi diverto, che c’è di male in questo? È la vita che volevamo... fare musica, fare festa, non pensare più a tirare avanti, ai doveri. Fare solo quel cazzo che vogliamo perché possiamo, non c’è niente dietro. Non capisco che cazzo dici! - Tenta sia pure con un’evidente incertezza.
Così sospiro, mi fermo, chiudo gli occhi ed infine tornando a guardarlo come una statua di pietra, rispondo ancora.
- Depressione, Jacoby. E la combatti con aggressività ed esagerando ogni atteggiamento possibile. Facendo il buffone, facendo il coglione oltre ogni limite, bevendo fino a non averne più, scopando come una troia! - Trattiene il fiato, si irrigidisce, la gola legata da un nodo. Non risponde più, non dice più niente, così me ne vado e capisco che ho fatto una gran stronzata dicendogli una cosa simile prima di un live. Che cazzo va a fare ora?
Oh cazzo!

Il live in effetti è non dico un disastro perché lui è troppo bravo per fare disastri con un microfono in mano, e per questo lo odio ancora di più, ma ha una crisi in pieno concerto.
Non gli era mai capitata in una situazione del genere e gli altri mi guardano mentre comincia a dar giù la testa contro cose e pareti e a picchiarsi col microfono, come per zittire il ronzio, come per farlo cessare.
È proprio senza controllo, l’apoteosi della sua follia e mi guardano senza sapere cosa fare, se devono solo stare al gioco, se sta facendo qualche scenata oppure se è davvero una crisi psicotica.
Io mi stringo nelle spalle e fingo di non sapere nulla, aspetto e continua a buttarsi contro cassoni e impalcature che compongono il palco, così inizio il giro di chitarra elettrica per la canzone che c’è ora in scaletta.
Sentendola, come per magia, si accuccia sul palco e smette di sbattersi ovunque. Ci guardiamo perplessi, continuiamo i giri strumentali introduttivi e lui, sudato ammollo e sconvolto, con l’aria da posseduto, borbotta qualcosa sul fatto che la musica è la sola cosa che lo può salvare, la sola cosa che conta. La musica e basta.
E così inizia a cantare e riprende a girare.
Dentro di me mi sono sentito morire per un momento.
Poteva essere un disastro e non so cosa abbiano pensato gli altri.
Credo che sia il caso di prendere le distanze, non posso vomitargli addosso le sue follie, le sue sconfitte, i suoi mille problemi.
È vero che non li sta affrontando davvero, però è vero che facendogli pressione proprio nei concerti, non risolverò niente.
Né prima, né dopo.
Ha bisogno di aiuto ed io non sono in grado di darglielo, quel che posso fare per lui è smettere di pressarlo in qualsiasi modo possibile.
Ha bisogno di un amico, Jerry. Ricordalo bene per sempre. Un. Amico.
Non un amante.
Io non sono disposto a fare il suo amante perché voglio che si metta in sesto, che non rischi di auto lesionarsi mentre siamo insieme, perché litighiamo o cosa.
Non voglio che stando con me possa peggiorare.
Per cui non ha bisogno di un amante, ma di un amico. Qualcuno che si prenda cura di lui, che lo faccia vomitare, che lo tiri su quando non riesce ad alzarsi.
Se avessi la forza lo pianterei in asso, ma ormai le nostre vite sono indissolubilmente legate e non solo per via del primo album che sta vendendo un casino. È che semplicemente, ormai, non sono più in grado di fregarmene.
Mi è entrato troppo dentro.
Perciò ok, accettiamo la realtà.
Io e lui siamo come due forze opposte che se entrano in collisione si scatena uno scenario apocalittico. Attratti, ma che non possono toccarsi.
Il polo nord ed il polo sud.
Io il nord, lui il sud.
A volte ci provo, a volte ho la tentazione di stare con lui, ma poi lo vedo e non è in sé, non lo sarà mai, non con me.
Gli scateno troppe emozioni e lui è totalmente incapace di vivere in modo normale e sereno qualsiasi emozione forte. Questo è quanto.
Stop.

A fine show lui è ancora fuori di sé, ha tirato avanti un concerto solo focalizzandosi sulla musica e sulla chitarra, però non è ancora uscito da quel tunnel.
Il nostro responsabile si avvicina per capire cos’abbia, cosa gli prenda. Gli altri si guardano bene dall’avvicinarsi, io cerco di stare calmo. Il fatto che sappia cos’ha non significa che ho la minima idea di come curarlo.
- Ma cosa ti senti? Forse hai mal di testa? - Tenta di calmarlo e capire perché continua a darsi colpi sulla testa e si vede che è completamente fuori di sé, ha gli occhi spiritati e spalancati e continua a sudare, sembra un’anima in pena.
- No no... è un ronzio... - risponde continuando a darsi dei colpi.
- Un ronzio?! - Credo sia la prima volta che gli capita di uno che sente ronzii.
- Sì e non smette... - di solito lo abbraccio, lo distraggo con qualcosa, ma adesso non so come fare, ci sono troppi a guardarlo ed è teso come una corda di violino.
- Ma cosa significa che senti un ronzio? Erano rotte le cuffie? - Non capisce proprio, è un completo imbecille questo tizio, sto per mandarlo a quel paese che Jacoby da sotto il nostro naso prende una cucitrice da muro e se la pianta velocissimo sulla testa. Da lì la fa scattare e prima che tutti se ne accorgano, lui sanguina.
- Oh merda! - Esclamano più o meno tutti paralizzati, increduli che l’abbia fatto.
Finalmente lui si calma, probabilmente il dolore non gli fa sentire più il ronzio e sembra contento, è come se non sentisse male, anche con tutti i colpi che si è dato non so come fa a non provare niente.
Però si accascia su un divano, nella stanza dove siamo radunati noi della band, dove teoricamente si poteva mangiare, bere e rilassarci dopo lo show.
Ha l’aria da strafatto, beata, ma forse è più sotto shock o semplicemente contento che il maledetto ronzio non ci sia più. Non ha bisogno di dirlo perché io lo capisca.
Sono il primo a reagire, non so come faccio, ma arrivo da lui, gli prendo la cucitrice e la lancio per terra, fa un gran frastuono, poi prendo una manciata di tovaglioli dal tavolo vicino al divano e glieli piazzo sulla testa da dove esce sangue, fortuna che non è una spara chiodi. Si è ficcato un punto di metallo di non so quanti centimetri nel cranio, sanguina un po’, ma non credo sia grave. Poteva esserlo se se lo sparava nell’orecchio o nell’occhio od in qualche altra parte più delicata. O se, appunto, era una spara chiodi.
Cazzo.
Mentre tengo premuto, respiro e tagliente come un coltello guardo il responsabile che penso andrà in pensione anticipata.
- Dobbiamo andare al pronto soccorso. - Forse è troppo ovvio, per questo sta impalato come un idiota. - Cristo Santo, ti prego. - Alzo appena la voce e sto per tirargli tutta la tavolata addosso, per fortuna entrano altri addetti e vedendo la scena capiscono che Jacoby deve essersi fatto male, così viene preso e portato in ospedale.
Io guardo Dave e Tobin sperando vogliano andare loro, ma troppo sotto shock va a finire che naturalmente ci vado io.
Voglio sparire, stargli lontano.
Non capiscono? Nessuno capisce che sono stato io a fargli questo, io!
Se non gli avessi detto quelle cose, se l’avessi ignorato come sempre non sarebbe uscito di testa. Sono sempre io la causa della sua pressione, io che lo destabilizzo, io che gli procuro quelle emozioni che non è capace di sopportare, io.
E forse è proprio per questo che è giusto che sia io a curarlo e a stargli dietro.
Non so perché non possiamo stare insieme, ma è paradossale che non possiamo nemmeno stare separati.

Mentre dorme nel letto dove starà per tutta la notte in osservazione, in virtù delle allucinazioni accusate poco prima della cucitrice, guardo la sua mano stretta alla mia.
L’hanno stordito con dei tranquillanti ed antidolorifici. Con tutti i colpi presi era pieno di male, avrà un sacco di lividi.
Poi gli hanno fatto un’anestesia locale e gli hanno tolto il punto e messo uno chirurgico.
Rimarrà una cicatrice che coprirà coi capelli.
Questo grosso imbecille.
Quando si è svegliato nel letto, in camera, si è agitato e si è calmato solo quando mi ha visto. Allora ha teso la mano e non ho potuto che prendergliela e stringerla e dirgli che sono qua e non me ne vado.
Perché è qua che rimarrò per sempre.
Allora tutto il suo corpo è tornato a rilassarsi, anche la sua espressione triste ed agitata si è distesa e si è addormentato di nuovo, come se gli avessero staccato la spina.
Lo guardo dormire che sembra un bambino, vorrei abbracciarlo e rassicurarlo e dirgli che andrà tutto bene, ma le parole del dottore mi risuonano nella mente lapidarie.
‘Ha avuto un episodio psicotico. Può capitare che persone emotivamente instabili, se in certe condizioni psicofisiche e sotto grande stress, abusando di alcool o droghe, abbiano crisi psicotiche senza essere schizofreniche. Però ha bisogno di terapie e di una vita sana e regolare. Dovrebbe evitare fonti di stress, vita sregolata e soprattutto niente alcool e droghe.’
Rido per non piangere, mentre l’altra voce è il nostro manager che ci dice che il nostro album, Infest, è uno dei più venduti fra i debuttanti e nel nostro genere in assoluto.
Numeri pazzeschi ci obbligano a pensare subito ad un secondo album e mentre lo guardo dormire con le mani allacciate, ho paura.
Questa cosa sta diventando più grande di quel che avevo immaginato. E già avevo immaginato male.
Come lo aiuto?