*Ecco
un altro capitolo. Il nonno di Jacoby si è ucciso, com'è stato nella
realtà. Il suicidio continua a girare intorno alla sua vita e Jerry ha
una paura infinita che se non riesce a tirargli fuori almeno parte del
mostro che gli si sta creando dentro, lo perderà definitivamente.
Purtroppo lui nelle condizioni in cui è sembra irraggiungibile, così
Jerry tenta il tutto per tutto. Buona lettura. Baci Akane*
29. NELL’OCCHIO DEL CICLONE
"Allora prendimi e fammi entrare
Non distruggermi, non escludermi
Sto bruciando nei cieli
E sto sprofondando negli inferi
La mia anima è in coma"
- Take me -
- Era malato, non ci
potevi fare niente. Te l’aveva detto che se si fosse ritrovato in una
situazione simile non si sarebbe trascinato... - Quella conversazione è
incredibile a ripensarci ora. Ancora non risponde e non dà cenni di
sentire, così cerco qualcosa di più pesante da dire, altrimenti se non
tira fuori niente non so che farà.
- Certo forse doveva
pensarci meglio, magari si sentiva solo, tu eri sempre via, da quanto
non lo sentivi? Quando ci hai parlato l’ultima volta? Immagino tanto...
- So benissimo che lo sentiva spesso e che appena aveva una pausa
veniva.
Finalmente Jacoby
reagisce e mi guarda di scatto con quegli occhi che si rianimano di un
odio che non è diretto a me, ma almeno inizia da qualche parte.
- Oggi, grazie! Ero qua! -
Mi stringo nelle spalle facendo finta di esserne distaccato, sono bravo a fingere.
- Sì ma voglio dire
ormai tu hai tutt’altra vita, non credo lo sentissi come una volta che
eri sempre con lui a sentire i suoi consigli o a sfogarti con lui.
Forse si è sentito solo e sapendo che era malato ha detto ma perché
dovrei continuare da solo? - Non è così, lo so, ma almeno se mi picchia
e inizia a gridare qualcosa andrà meglio dopo. Gli spiegherai che l’hai
fatto per farlo reagire.
Quel che succede dopo è
un repentino crescendo, come quando la tempesta inizia con un forte
vento che diventa sempre più potente e mano a mano che va avanti sai
che si abbatterà su di te una tempesta pazzesca, ma non puoi fare
nulla. E la tempesta si abbatte.
- Ma tu che cazzo ne
sai? Sei tu quello che non parla con me! Pensi che da quando non mi
caghi più io non parli con nessuno? Che non mi apra con nessuno? Tu mi
hai fottuto fuori ed io che cazzo credi, che tenga tutto dentro? Ma tu
lo sai che cazzo ho io qua? - Enfatizza il gesto del toccarsi le tempie
e si stacca dal cavalletto per mettersi davanti a me, io appoggiato al
cavalletto vicino a dove era lui, non mi muovo, rimango fermo e lo
guardo composto, imperturbabile, mentre dentro di me mi sento meglio
perché sta cominciando.
- Quindi parlavi con
lui lo stesso? - Mi guarda come se fossi un altro, uno di quegli
scarafaggi. Non mi riconosce, non si capacita che proprio io dica
questo perché fra tutti io sono quello che meglio sa quanto amava
quest’uomo.
Jacoby così dà un calcio ad una scatola degli attrezzi e con un gran chiasso si sparge tutto in giro.
- VAFFANCULO JERRY! MA
CHE CAZZO NE SAI? TU MI HAI VOLTATO LE SPALLE! TU TE NE SEI CHIAMATO
FUORI, CAZZO! TE NE SEI FOTTUTO DI ME! MI DAI IL CONTENTINO, TI
ASSICURI CHE NON MI UCCIDA MA TANTO TE LO DEVO DIRE, VISTO COME IL
SUICIDIO MI GIRA INTORNO MI SA CHE STAI SPRECANDO IL TUO TEMPO! - Con
questo continua ad inveire e a dare calci in giro a cose, scatole,
attrezzi e qualunque cosa si imbatta in lui, la lettera di suo nonno
fra le mie mani, io appoggiato al cavalletto fermo senza muovermi, non
un solo oggetto mi sfiora e so che non mi toccherà nemmeno con un dito.
Jacoby è furioso e mi
sta usando come valvola di sfogo, come è giusto che sia, come volevo
che facesse, ma so, so perfettamente che nonostante il modo devastante
in cui si sente, non mi farà nulla ed è come se la tempesta che si
abbatte intorno a me in qualche modo non mi tocchi, come se io fossi
nell’occhio del ciclone.
Alzati ed abbraccialo Jerry, calmalo. Prima che prenda qualcosa e se la dia in testa. Fermalo adesso.
Ma lui è sempre qua
davanti a me che si muove come una saetta e grida e calcia e prende
cose e le lancia, è una furia ed io non oso muovermi.
- TU MI HAI
ABBANDONATO! MI HAI ABBANDONATO! ED ORA ANCHE LUI! ED IO DA CHI CAZZO
ANDRÒ? DA CHI CAZZO ANDRÒ PER ESORCIZZARE I MIEI DEMONI? ORA SONO SOLO,
NESSUNO MI AMA! A TE NON FOTTE UN CAZZO, GLI ALTRI HANNO TUTTI LE LORO
VITE, MI SONO SEMPRE FATTO ODIARE DA TUTTI, ANCHE DA TE! SONO SOLO,
SOLO! LUI ERA L’UNICO DI CUI IO ERO IL PREFERITO! IL PEGGIORE DI TUTTI
ED IO ERO IL SUO PREFERITO! L’UNICO, L’UNICO CAZZO! - Continua così
fino a che vedo che prende una chiave inglese e non la lancia subito
come le altre, così con una specie di riflesso incondizionato, come se
sapessi che ora sta per darselo in testa, mi alzo ed in una falcata
sono da lui, gli afferro il braccio, gli prendo la chiave, la lancio e
poi lo stringo forte usando tutta la forza che ho, anche se non è molto
confronto alla sua che si dimena e cerca di andarsene e tornare a
distruggere tutto, anche sé stesso.
Dopo un po’ che
lottiamo e che non mollo perché so che andrebbe a picchiarsi la testa
con qualcosa, lui smette di combattere e sembra che gli stacchi la
spina. Così sussurro al suo orecchio, mentre gli carezzo la mano.
- Non è vero che ti
odio. Non sono bravo a dimostrare quel che provo ed ho paura a
lasciarmi andare con te, ma il fatto che non mostri niente non
significa che non provi niente. - Sussurro piano e non so cosa sia che
lo calmi, ma lo sento andare giù, piegare le ginocchia ed io
chiaramente non lo reggo, così lo accompagno giù, lascio che si accasci
per terra e continuo a tenerlo a me.
- Non è vero niente, tu
mi odi, stai con me solo per il gruppo altrimenti mi avresti lasciato.
È come se l’avessi fatto. - Quando parla piano, con la sua splendida
voce roca che mi fa accapponare la pelle, capisco che sta piangendo.
Grazie al cielo che piange. Era quello che volevo. Gli prendo il viso
fra le mani ed ora ho il problema opposto, convincerlo che invece gli
voglio bene.
È mentre lo guardo in
viso che lo capisco, i suoi occhi pieni di lacrime, di un azzurro
trasparente che fa male, l’espressione più triste che gli abbia mai
visto, quel dolore cupo e nero che sale da dentro e si espande come un
cancro.
È in questo momento,
col suo viso fra le mani che capisco che lo amo, lo amo profondamente
ed ora che sta male lo amerò ancora di più, ora che starà male fino a
distruggersi.
- Io ti amo, è solo che
il mio amore ti fa male, per questo lo tengo per me e vivo quel che
possiamo, quel che non ti fa male. Ma tu lo sai, tu lo sai che io ti
amo. - Mi gioco l’unica carta che non mi sono mai giocato ed è qua,
proprio qua che lui torna, che si convince e finalmente dopo non so
quanto tempo di morte negli occhi, vedo una richiesta d’aiuto.
Improvviso, veloce,
impossibile da prevedere lui si avventa sulla mia bocca e mi ruba un
bacio, un bacio che non conclude subito staccandosi.
Le sue labbra subito
aperte sulle mie a cercare di intrecciarsi ed io, preso di sprovvista,
sono totalmente incapace di fermarmi e mentre penso con un angolino
della mia testa che se viene qualcuno siamo fottuti, io non gli lascio
il viso, non mi ritiro, non lo contrasto, ma mi lascio andare, apro le
labbra, lascio che si intreccino alle sue e ce le succhiamo a vicenda.
Fino a che ci veniamo incontro con le lingue e mentre bevo il suo
dolore, mentre lo risucchio in me, cerco di dargli tutto il bene e
l’amore che posso e prego per la prima volta che possa bastargli.
Lui è il preferito di
molti, di un mondo intero di gente che ascolta le sue canzoni e lo
guarda sotto un palco. Come può dire che era solo il suo preferito?
Come può dire che nessuno lo ama?
Ma mentre le lingue si uniscono in un bacio che sembra incapace di cessare, capisco di cosa si tratta.
Ha un così disperato
bisogno d’amore che mi chiedo come, come si faccia ad arrivare a questi
livelli. Per me è incomprensibile. A questo punto mi spinge ed io mi
lascio sopraffare, si mette su di me appoggiandosi sulle mani e sulle
ginocchia, io gli resto sotto in questo pavimento sporco, di questo
capanno mezzo distrutto e buio. Solo noi, solo ora. E questo suo
disperato bisogno d’amore che potrebbe ucciderlo se non lo riceve.
Così lui va con la mano
fra i nostri bacini e fra le mie gambe schiaccia toccandomi l’erezione
che non si fa pregare. Mi eccito subito mentre febbrile apre i jeans
non troppo stretti, non ci mette molto ad infilarsi sotto. Quando la
sua mano tocca la mia pelle delicata, quando prende il mio membro in
mano ed inizia a massaggiare e a stringere il mondo intorno sparisce.
Non posso fermarlo, non voglio fermarlo. La sua lingua sulla mia, la
sua mano nel mio piacere e questa voglia matta trattenuta per troppo
tempo. Scende fuori dalla mia bocca, scivola sul mio collo e quello che
mi fa sentire è anche peggio, mi prende l’orecchio e lo tira fra i
denti, lo lecca ed io sospiro chiudendo gli occhi, le mie mani sulla
sua nuca a guidarlo su di me, a chiamare il suo nome.
Voglio che lo senta,
voglio che lo senta senza alcun dubbio, che lo senta proprio ora. Lo
deve contrastare, deve contrastare la sua enorme disperazione.
- Amami ora, ti
prego... amami adesso e non solo a parole... fa in modo che io mi
ricordi per sempre che mi ami. - Sussurra roco, eccitante. Già di norma
basta poco per farmelo venire duro, se parla con questa voce da orgasmo
chi si ferma? - Scopami, ti prego, ti prego, Jerry... scopami... -
Non lo deve ripetere
ancora, lo spingo togliendomelo da sopra, lui che non aspettava altro
si sposta e si gira mettendosi a carponi davanti a me, si apre i
pantaloni e si abbassa tutto, io mi tiro su in ginocchio, mi sistemo
dietro di lui, uso la saliva per lubrificarci velocemente e dopo poco
lo prendo per i fianchi e con una spinta decisa gli sono dentro.
Una spinta forte e lui
trattiene il fiato, io mi fermo, tutto sparisce, mi sembra come di
essere tirato brutalmente via, fuori dal mio stesso corpo.
Poi torno e succede con
i brividi che iniziano a correre sul mio corpo, brividi di piacere
immenso sempre più grande e mano a mano che arrivano, io mi muovo
perché muovendomi migliorano, sono più forti, più belli e tutto si
mescola qua intorno.
Questa sensazione non
la provavo da una vita, da quella volta in quel sudicio bagno. Questa,
io dentro di lui, lui completamente mio. Le sue mani strette a pugno
che si reggono davanti a me, il viso appoggiato per terra in questo
schifo, tutto il suo corpo proteso verso di me ed io che spingo sempre
più forte e sempre più in profondità.
Io che me lo prendo, lo
faccio mio e sono io quello che impazzisce quando inizia a gemere e lo
fa forte, sempre più forte. Perché io non sopravvivo alla sua voce. Non
posso.
Ogni volta, ogni
maledetta volta... i gemiti mi danno alla testa e non so nemmeno se si
sta masturbando, se gli sta piacendo, se è venuto o lo sta facendo, ma
mi scollego completamente ed ho il mio orgasmo, un meraviglioso
orgasmo, questa volta in lui.
Mi riprendo con i miei
ansimi sul suo collo, mi accorgo di essergli crollato sopra, da dietro,
e lui ci regge mezzo accasciato per terra. I nostri corpi ancora uniti
in un unica cosa.
Sono ancora dentro di
lui. Gira la testa verso di me, io mi muovo e gli vado incontro,
apriamo le bocche che si intrecciano ancora una volta e questo bacio sa
di dolce e di amaro insieme e forse sarà l’ultimo, ma questo è quello
che spero tutte le volte che lo bacio.
Però ora che era da tanto che non succedeva, è sconvolgente. Sconvolgentemente meraviglioso.
La voce non mi esce, la
lingua è annodata, non sono in grado di parlare, non ne sono capace,
però lo fa lui appoggiando la fronte alla sua.
- So che non le pensavi
quelle cose, volevi solo che buttassi tutto fuori. - Annuisco. Ma tanto
con lui non serve che parli mai. Sorrido. Non te lo posso dire più che
ti amo e non possiamo più farlo perché tu, ora più che mai, sei
completamente instabile. Però ti starò vicino e farò tutto quello che
posso, pur consapevole che non sarà di certo un gran bene per me.
- Siamo incasinati da
morire, ma tu sai che anche se non dimostro quello che provo, sai che
invece lo provo. - Lui sorride mentre si stende sotto di me mettendosi
a pancia in su, io mi tengo sulle ginocchia e mi sistemo allacciandomi
tutto.
- No invece che non lo
so, però cercherò di ricordarlo. - Lo sa invece, è solo che ama le
parole ed ama sentirle ed usarle. Tutto il mio opposto.
Ridacchio a questo e
sperando di aver messo una fasciatura e non solo un cerotto, mi chino
di nuovo su di lui appoggiandomi con una mano al pavimento dove è
steso, gli bacio le labbra e gli carezzo il viso con l’altra mano,
dolcemente.
- Lo sai ora. Sai che
lo provo, lo provo eccome. Solo che non sono capace di mostrarlo. Tutto
qua. - E poi comunque sarebbe un disastro se la vivessimo davvero,
perciò un conto è un scivolone ogni tanto quando proprio non ce la
facciamo, un altro è viverla a pieno. Lui non ne è in grado e non lo
sarà mai. A meno che non lo tengo sotto sedativi continui, ma quello
non sarebbe più il mio Jacoby.