3. COME UN BUCO NERO
"Non ci sono soldi
Non c'è possesso
Solo ossessione [...]
Perché tutto è niente
E il vuoto è in tutto
Questa realtà è solo un sogno caotico
Con la carne ed il sangue che chiami anima
Ribaltala a rovescio, è un grande buco nero"
Non avrei potuto
effettivamente rifiutare, una volta che Jacoby ha deciso che mi voleva
nel gruppo non c’è stato scampo per nessuno, ma molto presto con
l’arrivo di una chitarra elettrica anche la loro direzione ha preso una
via diversa da quella che prendevano prima.
E così il trombettista esce dal gruppo.
I pomeriggi con Jacoby
e gli altri sono all’insegna dei suoi deliri, lui parla di continuo e
senza sosta, parla di qualunque cosa gli passi per la testa ed è
delirante perché cambia argomento di continuo, passa da una cosa
all’altra, apre parentesi continue e non ne chiude nemmeno una ed alla
fine sei lì aggrottato a fissarlo e pensi ‘ma di che diavolo parla?’ ed
io guardo Dave e lui fa un cenno con la testa come a dire ‘aspetta che
prima o poi finisce’.
E così rinunciamo insieme a capirlo.
Ben presto capisco che Jacoby è un vortice, non ti permette di avere un’entità propria con lui vicino, ti assorbe.
L’identità musicale del gruppo comunque prende sempre più forma e ben presto passiamo dal fare cover al fare canzoni nostre.
Lui scrive testi ed io
e gli altri ci mettiamo la musica. Il problema non è tanto capire il
senso di quello che scrive, spesso i testi sono sconclusionati come lui
ma alla fine nel campo musicale puoi anche rischiare con dei testi
contorti. Il problema è accontentarlo, perché lui è convinto che
dobbiamo osare di più e metterci a fare qualcosa di diverso dal normale
rock, che dobbiamo seguire un po’ le influenze rap core e vorrebbe
anche metterci qualcosa di più pesante e poi non sa bene nemmeno lui
cosa.
Così alla fine lo
lasciamo fare e siamo noi che lo assecondiamo e che cavalchiamo le sue
onde di ispirazione. Spesso cambia cammin facendo una canzone
progettata in un modo e tu sei lì a guardarti e ti chiedi che devi
fare, ma poi vai avanti e provi a fare quello che ti viene in
corrispondenza a quello.
Sono una persona
abituata a mantenere la calma in ogni situazione, con mio padre ho
imparato questo tipo di arte ed ora mi torna utile con Jacoby.
Però devo dire che mette a dura prova tutti, ha dei modi che ti tolgono il respiro.
La prima volta che
proviamo una canzone nu-metal, come viene definito questo genere dove
infili del rap pesante in mezzo al rock altrettanto pesante, ci viene
un colpo perché non doveva essere così.
Stavamo facendo questa canzone da un po’, l’avevamo più o meno provata e dovevamo farla per bene.
Lui quel giorno arriva
e sembra furioso col mondo intero, non lo può guardare nessuno, ringhia
feroce a tutti e noi capiamo che non è aria. Perciò iniziamo a provare
e lui parte ad un certo punto con quel rap che ha dell’incredibile
perché è la prima volta che lo sentiamo, noi rallentiamo di suonare
senza capire se dobbiamo fermarci o continuare, ma poi io e Dave
decidiamo di andare avanti e alla fine viene fuori qualcosa di
incredibilmente bello, completamente diverso da quello che avevamo
fatto prima.
E lui si mette a ridere e saltare come se prima non fosse stato furioso.
Questo è come è iniziato questa passione per il nu-metal su cui pensiamo di orientarci.
- Era questo che
intendevi con ‘sono pieno di idee?’ - Chiedo dopo un po’ che abbiamo
alcune canzoni in mano e che progettiamo di incidere un EP per conto
nostro ed iniziare a farci conoscere.
Jacoby fuma e guarda i
cerchi del fumo salire al cielo, è steso per terra e sembra il suo
posto preferito. È anche raro che stia fermo, è sempre scalmanato a
fare qualcosa.
Io sono seduto meno scomposto e decisamente non steso per terra, ma siamo soli per un momento.
E quando noi due siamo
soli, lui è diverso, è tutt’altra persona. Non so perché gli ispiro
questa calma, forse perché lo sono io, però non credo che gli altri lo
vedano spesso così.
- Sì, immagino di sì. -
Il fatto che non ne sia sicuro mi sorprende e lo guardo, lui ha un’aria
lasciva totalmente abbandonata e in pace col mondo, così in pace che la
mano che non ha la sigaretta finisce sotto ai pantaloni e non penso se
ne accorga nemmeno.
Distolgo lo sguardo subito imbarazzato notando che si carezza proprio lì, ma non è facile e l’occhio cade di continuo.
Maledizione, che diavolo fai Jacoby?
- Sei soddisfatto? -
Gli chiedo cercando di distrarmi. Lui sposta gli occhi azzurri sui miei
e mi mette subito a disagio, cerco di non muovermi per non dare l’idea
di uno che sta male dove è, anche se poi è vero.
- Non me lo hanno mai chiesto. - Io lo fisso d’istinto sorpreso.
- Ah no? - Lui abbassa gli angoli della sua bocca fin troppo bella e scuote il capo.
- Di solito mi
chiedono, sai, ‘ehi, com’è?’ Ma se sono soddisfatto è diverso e
specifico. - Ed ecco che attacca a parlare ed in questi momenti non mi
resta che aspettare e ascoltare e sperare che quel che dice abbia
senso.
- E quindi? - Chiedo
dopo un po’ che spiega il modo che hanno gli altri di rapportarsi a
lui. Mi fissa smarrito e gli ricordo la domanda che gli avevo fatto,
lui annuisce.
- Sì, credo di sì. Volevo provare qualcosa di nuovo, che non si sentiva molto. Penso che valga la pena continuare. -
- Lo penso anche io. -
Dico calmo e contenuto. Lui continua a fissarmi ed io sto male col suo
sguardo così fisso su di me, tanto che lo guardo anche io, di nuovo,
perché non ho scelta. E si crea di nuovo qualcosa come ogni tanto
succede.
Lui è così strano, ora, nudo. Non ha maschere, non ha pose.
- Sai, quando ero
piccolo dormivamo nelle tende, mia madre era una hippy e mio padre
rientrato dalla guerra ed era completamente fuori, viveva isolato e
così per un periodo siamo andati in tenda. Ed in quel periodo c’erano
così tanti insetti, la notte, che mi facevano diventare matto e a volte
mi sembrava mi entrassero in testa, sentivo il loro ronzio persino
nelle orecchie tanto che dovevo dormire con dei tappi improvvisati,
perché altrimenti mi svegliavo urlando battendomi le mani sulla testa.
- Rimango spiazzato da questa rivelazione e se non fosse che siamo soli
ed è serio, crederei mi stia prendendo in giro. Non so che diavolo
c’entra questo e non glielo chiedo, lui però conclude sempre così con
questo tono basso ed intimo che mi attrae da morire. - Questo fastidio
è rimasto. A volte mi sembra di sentire dei ronzii nella testa e mi
sembra di avere degli insetti che si sono infilati nelle orecchie. -
Silenzio. Uno sguardo che non riesco a togliere dal suo. - Potrebbe
succedere che mi vedi sbattere la testa o picchiarmi le orecchie come
per farli uscire. A volte li sento e sono forti e non distinguo… sai,
la realtà. Perciò se mi vedi fare piazzate del genere non è che sono
pazzo o sto giocando. È solo che cerco di farli uscire dalla testa e
zittire gli insetti. Per me è come un’infestazione nel cervello. Dopo
un po’ smettono. Volevo dirtelo perché credo che passeremo molto tempo
insieme e credo che qualcuno di voi debba saperlo. - E deduco che Dave,
che lo conosce da un po’ più di me perché sono i fondatori del gruppo,
non lo sappia.
Cosa sa di lui?
Chiunque altro, cosa sa?
Ha detto una cosa
incredibile ed agghiacciante come se mi parlasse di un sogno
ricorrente. Ha vissuto da nomade per un periodo?! I suoi erano uno più
svitato dell’altro? E lui sente gli insetti nelle orecchie?
Forse dovevo davvero rifiutare quella birra, quella sera. Che tecnicamente non ho bevuto, però figurativamente l’ho accettata.
Per un momento lo penso
davvero, me ne pento e mi chiedo se io debba salvaguardare me stesso.
Ma poi appoggia la nuca all’indietro, sul sedile del divano della sala
prove dove stanno per arrivare gli altri, e si mette a canticchiare con
una delicatezza che ancora mi mancava. Canticchia una vecchia canzone
di Bob Dylan che probabilmente ascoltava sua madre in quel periodo,
credo sia Forever young. E capisco che anche volendo, non posso più
andarmene da qua.
Ormai è ben tardi per staccarmi da lui.
Prendo la chitarra
acustica ed inizio a strimpellare alcune note alla leggera e così
insieme diamo vita ancora a qualcosa che sarà ovviamente nostro e che
non dimenticherò, come non dimenticherò i suoi momenti con me, momenti
che gli altri non conoscono.
Jacoby è diverso e mi sta risucchiando.
Rimane il dubbio che
non sia vero quel che ha detto e non so bene come comportarmi, in
realtà nessuno lo conosce bene davvero perché anche Dave che è il co
fondatore del gruppo, lo ha conosciuto a scuola facendo football,
perciò non è che posso chiedere a lui se sia vera la storia del
nomadismo.
Però quando un giorno
siamo qua insieme per provare spunta questo insetto, tipo uno
scarafaggio credo, e gli passa proprio vicino. A quel punto lo vedo che
impallidisce e si blocca, va come in blackout ed io capisco al volo che
questo è il principio di un attacco di panico, da come diventa livido e
stringe i pugni, così prima che gli altri lo notino e lo prendano in
giro peggiorando una situazione che credo sia delicata, pesto l’insetto
e lo uccido.
Appena lo spingo via
Jacoby torna fra noi, prende un respiro profondo, batte le palpebre e
mi guarda come se mi vedesse per la prima volta per oggi. È ancora
sotto shock e sorpreso ed io realizzo che non solo è vero quel che ha
raccontato, ma è anche più grave di quel che sembrava il suo livello di
fobia.
Quanti altri scompensi ha?
Finché si tratta di una
sorta di personalità doppia è un conto, siamo sempre nel campo di
personalità eccentrica, però quando entrano in gioco fobie bisogna
stare attenti.
Se ha davvero vissuto una cosa simile che lo ha segnato a tal punto, in quanti altri modi ha lavorato in lui il suo vissuto?
Ognuno ha il proprio,
anche io ce l’ho e scommetto che anche gli altri, però arrivare a
vivere come nomadi per un periodo, specie quando sei piccolo, io
davvero non so… non so quanto sia normale.
La cosa inizia
seriamente a preoccuparmi, ma poi esco dal garage e penso che sono
idiota a pensarci tanto, lui è solo un compagno di gruppo, non un
compagno di vita. E chissà quanto suoneremo insieme davvero?
Lui ha progetti a vita
per quanto riguarda la musica, ma in realtà suoniamo solo per i locali
ed i festival e non facciamo grandi cose. Adesso produrremo per conto
nostro un EP coi soldi fatti suonando, però di fatto non abbiamo nulla
in mano e pensare a lui in questo modo, preoccuparmi tanto, è ridicolo.
Quando lui mi raggiunge cerco di mettermi addosso una specie di corazza.
Stai sulle tue Jerry, non permettergli di risucchiarti fino a questo punto.
Cosa importa se ha problemi molto più seri di quello che sembra?
Io devo diplomarmi e pensare al mio futuro. Stop.
Mi butta il braccio intorno al collo, come fa sempre, poi strilla entusiasta:
- Che ne dici di fare
qualcosa insieme? Mi andrebbe… - Ma non lo faccio finire che
freddamente, ma gentile, rispondo che ho da fare anche se non è vero.
- Con la tua ragazza? - Chiede impicciandosi.
- No ci siamo lasciati.
- Dico sempre sulle mie. Muoio dalla voglia di passare una serata con
lui senza gli altri, ma so che non è una buona idea.
Lui risucchia,
risucchia tutti nel suo vortice e non è un vortice sano, ora lo so. Io
non sono un salvatore, non ho una bacchetta magica, non posso risanare
chi sta male, non so come si fa. Per qualche ragione mi spaventa.
- Ah davvero? - Dice lasciandomi il collo ma camminando con me.
- Sì, lei era più interessata a te che a me… - Così mi guarda sorpreso e shoccato insieme.
- Sul serio?! - Ed io non capisco questo suo stupore che mi irrita.
- Perché sei stupito? -
- Sei un bel ragazzo e soprattutto sano! Sei un bello e bravo ragazzo! Chi preferirebbe un pazzo cinghiale cesso come me? -
Così sono io ora a guardarlo shoccato ed il mio leggendario autocontrollo va a quel paese.
- Scherzi?! Tu sei il
classico ragazzo che attira tutti! Ragazzi e ragazze non importa, tu li
attiri tutti! E poi non sei un cesso, sei un bel tipo anche tu! - Però
dentro di me sono felice che mi reputi un bel ragazzo. Quanto sono
scemo. Lui ridacchia.
- Ma tu sei più bello!
- Poi si accende una sigaretta e mi guarda serio e corrucciato. -
Davvero attiro così tante gente? - Continuo a fissarlo come se fosse
scemo. Non sta fingendo, lui davvero non ne ha idea. - E come faccio? È
impossibile starmi vicino, non so come fate voi ragazzi! - Sospiro e
chiudo gli occhi scuotendo la testa.
- E questa da dove ti
esce? Lo vedi quanto ti adorano quando canti nei locali? Pensi che a
quella gente piacciano le canzoni? - Lui è sempre più shoccato
nell’apprendere qualcosa che non aveva, evidentemente, mai capito.
- E cosa allora? - A
questo punto rido alla sua sincera ingenuità e scuoto la testa
continuando a camminare verso casa con il tramonto che incendia il
cielo, è una bella giornata ed è già caldo e il colore arancione
riflette su Jacoby dandogli un’aria più affascinante, quasi dolce in
qualche modo.
- Tu, Jacoby! Tu! - Esclamo ovvio.
- Io?! - Ancora non ci crede ed io continuo ridendo.
- Sei una calamita. Sei
carismatico e questo tuo modo di fare senza freni e senza controllo, il
calore che emani quando sei in mezzo alla gente o anche quando ti
infuri per cose che sai solo tu ed esageri… questi tuoi modi sono
quello che attirano tanto gli altri. Per questo ho lasciato la mia
ragazza. Avrebbe finito per andare a letto con te e questo avrebbe
rovinato tutto fra noi. - In un primo momento lui mi spinge offeso
facendomi finire quasi sotto una macchina.
- Ehi, per chi mi
prendi? Non scoperei mai la ragazza di un amico! Specie tua! - Questo
mi conforta e mi fa fare un piccolo salto di gioia, ma non perché posso
stare tranquillo con la mia ragazza che ormai non ho più, bensì perché
mi ritiene così importante. Poi aggiunge un po’ più calmo e meno
arrabbiato. - E quindi hai preferito me alla tua ragazza. Insomma, sono
più importante di una figa bagnata? - La sua finezza è leggenda, mi
metto a ridere per mascherare l’imbarazzo.
- Non era poi così
eccezionale da farmi scegliere lei a te. - È una scelta un po’ strana
da parte mia, me ne rendo conto. Perché quando l’ho lasciata non
avevamo nemmeno in mente di fare un EP e provare a farci conoscere
seriamente, avevamo iniziato a suonare insieme e basta, nemmeno si
parlava di fare canzoni proprie.
Ed io l’ho lasciata
subito, come se fosse già il compagno di band a vita. E ancora non lo
è, però ora diciamo che ci sono più idee e progetti di prima.
- Però sei il primo che
sceglie me a qualcun altro di importante. - Dice con voce bassa e tesa,
lo guardo bene e noto che i suoi occhi azzurri tradiscono un’emozione
che non gli ho mai visto. Rallento arrivando a casa e prima di entrare
mi fermo, dovrei invitarlo a cenare con me ma ora come ora sento
chiaramente che non è una buona idea. Quanto devo approfondire il mio
rapporto con lui?
Per lui sembra che io
sia già un gradino sopra gli altri, ma in realtà non posso sapere se
anche con loro si è confidato in questo modo. Però non so, ho la
sensazione che con me sia diverso o forse è questo che voglio vedere,
perché mi piace. Mi piace lui e mi piace essere speciale per lui.
- Sappi che in tanti,
ora come ora, mi invidiano. - Dico poi calmo con la chitarra in spalla,
il sole ormai dietro la città non si vede più, i colori si scuriscono
via via e lui ha sempre questo luccichio negli occhi. Poi sorride
commosso.
- Però sono contento
che io lo sia per te. E grazie per prima, sai… se mi veniva una crisi
di panico davanti a tutti poteva essere un casino… - Pensavo non
l’avesse nemmeno notato, sembrava in crisi in un mondo tutto suo.
Sorrido colpito da
questi suoi modi docili ed ancora una volta mi ritrovo ebete assorbito
da queste sue personalità una più bella dell’altra.
- Mi è venuto
spontaneo. Tutti hanno fobie, quelle per gli insetti è rognosa. Per me
non sono problemi. - Lui sorride ancora un po’ imbarazzato.
- Però non ti metti a tremare davanti ad uno scarafaggio. -
- Veramente eri rigido
come un cadavere, però pure io ho la fobia dell’alcool e delle droghe,
perciò stai tranquillo, ti capisco! - Così si rianima e si mette a
ridere buttando il mozzicone finito, mi spinge, poi mi abbraccia forte
e mi dà anche un bacio sulla guancia schiacciando forte la bocca. Non
ha paura dei contatti, anzi, forse lo rassicurano. Forse lo fanno
sentire vivo, nel mondo reale.
E a me piace quando lo fa con me. Di solito odio i contatti, sono una persona schiva, ma con lui non riesco ad odiarlo.
Alla fine riesco ad
entrare e lui non chiede di mangiare con me. Al sicuro dentro la mia
camera prendo un respiro e mi affaccio alla finestra, guardo fuori e lo
vedo che si incammina verso casa sua facendo un percorso immaginario,
ogni tanto scaccia qualche moscerino e lo fa con gesti secchi ed
isterici.
Per quanto riuscirò a
schermarmi? Non mi sembra di starci riuscendo bene. È una calamita, è
un buco nero, ed il peggio è che non voglio davvero che smetta di
esserlo. Questo forse mi rende più malato di lui.
**
È vero che: Jacoby ha vissuto da nomade da piccolo per un periodo, sua
madre hippy e suo padre reduce dalla guerra, non gli hanno permesso di
vivere una vita 'normale' da bambino.
La cosa delle fobie degli insetti è una mia deduzione perchè ai primi
anni di tour faceva gesti particolari sul palco mentre perdeva il
controllo e sembrava come se cercasse di far smettere dei rumori che
sentiva solo lui.