*Loro sono ancora
nella Paramour Mansion e tutto procede comunque meglio di quando erano
fuori, la disintossicazione di Jacoby va bene fra sbalzi d'umore vari e
tentativi di stare con Jerry che a volte vanno bene, altri male. Mentre
Jerry analizza la situazione cercando di essere obiettivo e distaccato,
e al tempo stesso fa ricerche su quel che passa nella testolina
misteriosa di Jacoby, si rende conto che a volte si è semplicemente
dipendenti dalle dipendenze, non importa quali siano, purchè una ce ne
sia sempre. Ciò che rivela Jacoby sui suoi stati instabili,
dissociazioni, autolesionismo e problemi ad essere padre, sono cose che
ha confidato lui nelle varie interviste che ha fatto. Buona lettura.
Baci Akane*
39. INTERIORIZZARE
"Sono vivo quando sono vulnerabile
Sono fuori controllo, ho perso la mia anima
Non posso essere il tuo angelo
quando vivo come un demone
Non posso essere il tuo amante
quando vivo come un ribelle
Non voglio la tua pietà
e non voglio il tuo aiuto
Non provare e salvami,
prenditi cura di te stesso"
- Alive (And out of control) -
Non lo controllo di
proposito, ma ogni tanto guardo il suo quaderno per capire a che punto
sia la sua mente misteriosa.
Dopo quel che è
successo l’altro giorno ho dovuto perché poi è stato tutto strano, fra
noi, come camminare sui cocci di qualcosa andato in pezzi e non sapevo
se era la nostra relazione oppure lui.
Non mi ha toccato, non
si è avvicinato, era come se ci fossimo lasciati, se quella scenata
fuori era un addio.
Io non ho insistito,
non l’ho cercato, non ho fatto nulla, come sempre.
Però dopo un po’ di
questo strano silenzio e freddo fra di noi, come se fosse schizofrenico
in effetti, leggo il suo quaderno e leggo dei versi scompagnati.
‘Sono vivo quando sono
vulnerabile, sono fuori controllo, ho perso la mia anima, non posso
essere il tuo angelo quando vivo come un demone, non posso essere il
tuo amante quando vivo come un ribelle. Non voglio la tua pietà ed il
tuo aiuto. Non provare a salvarmi, prenditi cura di te stesso.’
Rimango basito e
stordito da questi, fra l’altro bellissimi, versi.
È come se si fosse
pentito di avermi implorato, come se avesse avuto una dissociazione con
sé stesso, quel pomeriggio, e poi se ne fosse reso conto e pentito ed
ora avesse cambiato idea.
Mi chiedo cosa
devo fare ora dopo aver letto questi versi. Aspettavo che si facesse
vivo, che se la sentisse lui di tornare perché è sempre così delicato
tutto quello che lo riguarda e questo è una riprova.
Cosa faccio, vado da
lui e gli chiedo cosa vuole?
È come dice lui, se
vive come un demone non può essere il mio angelo, se vive come un
ribelle non può essere il mio amante. Ma ha implorato il mio aiuto e si
è arrabbiato quando ha detto che fuori di qua io vedrò di me stesso.
Eppure ora non vuole più.
Credo che sia molto più
instabile di quel che pensavo e di quel che immagina lui stesso, sempre
che se ne renda conto.
A volte sembra
estremamente lucido e consapevole, altre non ha la minima idea di sé.
Sono sinceramente
spaventato nel leggere questi versi, fisso il quaderno non sapendo che
fare, tremando dentro di me, come non mi capitava da tanto.
‘Sono stanco del dolore
e della sofferenza, stanco di oggi e di domani, di tutto, della miseria
nella mia fottuta testa di merda. Voglio fermarmi prima di morire, ma
non so se ci riuscirò da solo.’
Le lacrime mi si
affacciano per un momento mentre leggo queste ultime righe.
Gli occhi mi bruciano
mentre leggo e realizzo che qualunque cosa voglia e abbia e faccia, io
non posso davvero lasciarlo in questo stato. Non posso onestamente.
Anche se penso che sia puro suicidio da parte mia, non posso
abbandonarlo anche io. Quanti demoni ha che non mi ha mai detto?
Il pugno allo stomaco
sta per tramutarsi in un pianto che non ho mai fatto, quando sento i
suoi passi raggiungermi. Era in cucina a preparare del caffè in attesa
che gli altri finissero di prepararsi dopo la palestra e la colazione
mattutina, noi due abbiamo fatto prima perchè non ci siamo persi a
parlare, siamo stati come due zombie, estranei a tutto.
Chiudo istintivamente
il quaderno e lo guardo senza sapere che dovrei fare ora. Devo
obbligarlo a dirmi queste cose? Devo dirgli che voglio stargli vicino e
aiutarlo e che non lo abbandonerò? Che la questione del vivere per
conto mio è un’eresia se lo guardo soffrire giorno dopo giorno e
distruggersi?
Ma appena lo vedo
capisco che è diverso da com’era quando è andato di là con la sua
freddezza da schizofrenia.
Poi noto che fra le
mani non ha le tazze del caffè ma la mia macchina fotografica e tremo
per un momento mentre realizzo che l’ho lasciata in giro, come ho
potuto? Sono maniaco con queste cose.
Mi mordo il labbro
mentre dimostro quanto sono nei guai, perché dalla sua faccia deve
avere visto quello che non volevo vedesse.
Si siede vicino a me
silenzioso, mite come un angelo mi mostra le foto.
Molte sue, la maggior
parte. Momenti rubati di quando è assorto a scrivere o a pensare,
quando si isola. Oppure quando dorme, tantissime quando dorme. E quando
canta da solo, o per lo meno quando crede di essere solo.
- È pieno di foto mie.
E sono tutte bellissime. Queste sono la mia essenza, tu sei il solo che
ha fotografato sempre la mia anima. - è smarrito ed io lo sono più di
lui, la sua voce è quasi inudibile. Lo guardo per capire come l’abbia
presa e i suoi occhi lucidi mi paralizzano. Vive tutto in questo modo
meraviglioso.
Gli trema la bocca.
- Mi ami sul serio. -
So che sono bravo a confondere su quel che provo, ma come sempre, alla
fine, lui è l’unico che mi capisce e legge fra le mie righe.
Sorrido e mi arrendo.
- Non ne devi mai
dubitare. Le cose sono difficili per mille ragioni e sentire il mio
amore a volte è impossibile. Ma voglio che tu sappia che quel che vedi
di me non è pietà o odio o egoismo. Io sono terrorizzato dal non
saperti aiutare. Ho paura che nel tentativo di aiutarti, invece ti
affondo. Però non mi importa niente di me se tu vai giù. Tu sei sempre
al centro della mia giornata. - E quella maledetta macchina fotografica
l’ha appena dimostrato.
Le sue lacrime scendono
silenziose, mette giù la macchina ed io gli sfioro la guancia bagnata.
Dio, come faccio a non
amare queste sue emozioni così sconvolgenti?
Sfioro le sue labbra
tremanti e finalmente quando sono sulle mie, si fermano.
Poi, solo poi, realizzo
che in tutto questo tempo di tensione, litigi e nervosi fra di noi, non
ha più sentito ronzii o avuto allucinazioni. O, per lo meno, non ha
provato a ferirsi per fermarle.
È il mio turno di avere
gli occhi che bruciano, finisco per abbracciarlo forte e nascondergli
il viso contro il mio collo. Non dico nulla, non so se lo sa, non so se
si è torturato in tutti questi giorni per ignorare qualcosa che lo
stava distruggendo per colpa mia, però ci è riuscito e sono
maledettamente fiero di lui.
Si può fare, ci può
riuscire.
Sono di nuovo qua, per
l’ennesima volta, a pensarlo. E forse lo penserò ancora mille altre
volte, prima di mettere la parola fine a tutto, però so che in un modo
o nell’altro non mi arrenderò mai.
Fanculo, quanto lo amo
questo pazzo figlio di puttana!
Le giornate ormai sono
incalzanti, abbiamo preso questo buon sano ritmo fra sveglia di buon
mattino, ginnastica, buona sana colazione e poi su al lavoro. Pranzo,
sano anche quello, un po’ di svago, ancora lavoro, svago, cena e poi di
sera si vede un po’ che ci va di fare.
Non stiamo sempre
insieme, tranne Jacoby che mi sta attaccato come una cozza.
Di questo passo però
penso che finiremo presto l’album, un po’ mi dispiace, però lo scopo
del rinchiudersi in una casa per isolarsi da qualsiasi distrazione è
proprio quello.
In realtà ci fa bene a
tutti allontanarci oltre che dai riflettori anche dalle mogli. I figli
ci mancano, anche se a Jacoby non so... lui sembra diventato padre per
caso, sembra come non sapere di esserlo.
- Hai ancora voglia di
farti male? - Chiedo mentre facciamo due passi fuori nel grande
giardino della mansione. Dopo cena lo faccio sempre, a me piace molto
camminare e mi manca farlo fuori come si deve. Lui ovviamente mi segue
a ruota. Questo stile di vita sano gli fa molto bene perché fisicamente
si sta rimettendo bene, ora ha un fisico praticamente giusto. Le
giornate si allungano sempre più, le ombre si distendono con calma e
pigrizia intorno al piccolo parco ben fatto che circonda la proprietà.
Anche la temperatura è
sempre meno fresca di sera ed ormai non accendiamo più il caminetto di
sera anche se a Jacoby piace molto.
Adesso siamo ancora in
maniche corte anche se forse era meglio avere una felpa.
- Lo scopo di questo
ritiro è rimetterci in piedi, no? Per cui è studiato fottutamente bene.
Un ambiente sano, giornate sane, assolutamente nessuna fonte di
stress... come faccio ad avere bisogno di farmi male? - Alzo le spalle
calmo.
- Non lo so, quando
sono venuto a prenderti avevi la lametta in mano. - Sono cose da
psicoterapia, ma con lui devi essere abile a parlarne quando c'è una
certa atmosfera, perché tanto non ne parlerà mai con un terapista vero.
- Sì, beh... la morte
del nonno in quel modo mi ha sconvolto, ha tirato fuori dei fantasmi
che dovevano rimanere a dormire e... - tossisce, si schiarisce la voce
bassa e profonda. È a disagio a parlarne, ma ci prova perché sono io
che gliel’ho chiesto. - e poi mi sono isolato, non sopportavo nessuno,
non volevo nessuno, mi sono messo lì al buio senza stimoli esterni. Né
positivi né negativi. Sai qua ci sono solo stimoli positivi, è studiato
bene come ti dicevo... a casa io ero chiuso al buio, niente luce,
niente aria, niente persone che mi andassero bene, silenzio. Io ed i
miei fantasmi. E mi sentivo strappare via dalla mia coscienza. Era come
se... - rallenta, le mani nelle tasche perché tremano, si morde la
bocca, guarda in basso e poi scuote la testa. Scruto il suo profilo, la
sua bocca ben disegnata, quel po’ di pizzo sul mento. Gli occhi
smarriti, angosciati al ricordo.
- Come se tu non fossi
più reale? - Annuisce con l’aria colpevole, si morde il labbro così
continuo io per lui mentre gli alberi ci inghiottono per questo parco
ben costruito. - Tagliarti era un modo per sentire le sensazioni
fisiche, per capire se avevi ancora un corpo... - Alza la spalla e si
ferma vicino al laghetto artificiale zen, un po’ abbandonato a sé
stesso. Al centro di questo progetto di giardino fra questo sentiero in
mezzo ad alcuni alberi e panchine, c’è un laghetto zen, però ci sono
dei pesci rossi enormi che sembrano delle carpe e basta. Si accuccia ed
inizia a toccare l’acqua anche se non sembra molto pulita. Io arriccio
il naso e rimango in piedi accanto a lui controllando che non si butti
di faccia. Spero non prenda il tetano. Lo disinfetterò quando torniamo
dentro.
- Credo di aver
sofferto di dissociazione. Non ne sono sicuro. - silenzio. Chiudo gli
occhi. Spero davvero che si decida a curarsi, non può arrivare a quei
limiti.
- Bevevo molto, eh? Per
questo Kelly mi allontanava praticamente del tutto dai bambini. - A
questo punto mi abbasso con lui e approfitto sempre scrutando il suo
profilo, si sente in colpa quando parla di queste cose, ma penso che a
questo punto tanto vale farlo fino in fondo.
- E con loro come va?
Come senti questa cosa dell’essere padre? - un po’ mi interrogo come
dovrei sentirmi io in effetti.
Ora che sono padre ho
molte più responsabilità, devo far funzionare le cose a casa, devo far
sentire tutte amate, devo esserci.
Alza le spalle e gioca
con l’acqua sporca di questo laghetto, il giardino disseminato di
piccoli suggestivi lampioni crea una bella atmosfera anche qua,
appoggia il mento al ginocchio rimanendo rannicchiato sul bordo.
- Non lo so, non la
sento molto... sono poco a casa e quando ci sono c’è sempre qualche
fottuto problema del cazzo! Credo di essere un fottuto estraneo per
loro e forse... - Esita, la voce si abbassa molto, smette di giocare e
tira un sasso nell’acqua che fa il classico rumore schizzando un po’,
per poi sparire. - forse ho paura di essere un padre terribile e far
loro più male che bene, così cerco di non contaminarli. E se la follia
è contagiosa? Hanno un padre rock star fuori di testa, alcolizzato e
mezzo drogato e... - Sospiro alzando gli occhi al cielo, quando parte
col vittimismo vorrei ucciderlo, così con fermezza lo blocco.
- Tu non sei né pazzo
né alcolizzato né mezzo drogato. Hai sintomi psicotici dovuti a
problemi passati che non vuoi affrontare e che ti portano a bere e a
fumare canne, ma non sei alcolizzato, drogato o pazzo. Se tu affronti
quei problemi, qualunque essi siano, ne esci. - Chiudo categorico, mi
irrita molto quando fa questi discorsi e lui salta su corrucciato.
- Bevo davvero molto
per non essere alcolizzato, sai? - Sospiro ancora, chiudo gli occhi e
apro la mano fra noi con il gesto di ‘senti, ascolta e basta'.
- Hai crisi
d’astinenza? Senti la smodata voglia di bere, vai fuori di testa qua
che non c’è niente di alcolico? - Silenzio. - Diventi nervoso, batti il
piede, sei aggressivo, intrattabile senza motivo? - Abbassa gli occhi
arrendendosi.
- No, ma bevevo molto,
come posso... - Alzo le spalle.
- Dave ha un problema.
Lo vedi che ha gli sbalzi d’umore, diventa nervoso, intrattabile e si
mette a fare palestra o si tiene occupato con qualcosa perché
altrimenti dà di matto. Quelli sono principi di crisi d’astinenza. -
Ancora silenzio da parte sua. Non sa che dire.
- Io ho vissuto con un
alcolizzato e penso anche tu. - suo padre non deve essere stato molto
sano in effetti. - Sappiamo bene cosa significa esserlo. Quando hai i
periodi che bevi tanto e nessuno ti si può avvicinare, o esageri e fai
cose incontrollate perché sei ubriaco... quello è una cosa. Ok.
Però se quando non bevi non senti quell’incombente necessità di farlo e
non vai fuori di testa se non bevi, non tremi, non ripeti le cose come
in un loop, non dimentichi tutto sistematicamente... significa che bevi
tanto, ti ubriachi parecchio, ma non hai una dipendenza da alcool. Non
so come mai, evidentemente non bevi tanto come credi oppure gli altri
problemi che hai sono peggio di questo e... - Jacoby ride amaro.
- La metti giù in modo
gentile. - Lo guardo senza capire e così spiega tornando ai sassi nel
laghetto. - I miei demoni sono peggiori del bere, mi stai dicendo
questo. - Ora è il mio turno di stare zitto. - Ed hai ragione. - così
vorrei che me ne parlasse ma non è così che funziona, così poi un sms
di Tobin ci richiama a casa dicendo che Dave vuole fare qualcosa o
diventa matto, così guardo Jacoby con aria da ‘visto, che ti dicevo?
Questo è avere l’astinenza’.
Jacoby fa
un’espressione dispiaciuta per il modo in cui è ridotto Dave, fra tutti
forse al momento è quello messo peggio perché ne ha una, ma lo
distrugge davvero parecchio. La sua separazione è pesante e la sta
buttando troppo sull’auto distruzione, questo è un cane che si mangia
la coda.
Jacoby è ben più
complesso, ma in quanto a resistere beh, mi tolgo il cappello. Non so
come fa.
E, come se mi avesse al
solito letto nel pensiero, mi prende la mano quando sto per alzarmi, mi
tiene giù e mi chiede:
- Vuoi sapere come ci
riesco? A non sprofondare nell’alcool fino a quel punto? - Lo guardo in
attesa e lui si avvicina al mio viso. - Perché mi butto su un’altra
dipendenza che scaccia l’altra. Tu. - Così mi bacia ed io, inebetito,
rispondo andandogli incontro con la lingua.
Adesso toglili questa
dipendenza, Jerry, e vedi che succede al tuo Jacoby che in qualche modo
rimane ancora in piedi, anche se con cambi di personalità in stile
Gollum. È come se io fossi il suo anello e lui fosse Gollum. Quello è
morto tentando di averlo. Jacoby non affronterà mai i suoi problemi
reali, piuttosto si riempie di dipendenze in modo che una annulli
l’altra quando la cosa diventa troppo ingestibile. Ma una costante c’è
sempre, in effetti. Io.