*Dave è salvo, ma si deve prendere una pausa forzata per riprendersi e siccome sono in pieno tour, momentaneamente ingaggiano Tony, un batterista loro fan. Quanto successo a Jacoby lo frena e lo fa riflettere, specie con Jerry che prega di non vederlo mai nelle condizioni del loro amico. Guardando le loro intervista ho notato che Jacoby tendeva ovviamente a prendere il sopravvento nelle risposte, salvo poi ricordarsi di dover far parlare anche Jerry e scaricargli a freddo qualche risposta a caso. La cosa carina è che Jerry dopo aver messo in fila qualche parola finiva per guardare Jacoby come in segno di aiuto, al che lui tornava a parlare. Una combinazione perfetta. Buona lettura. Baci Akane*
49. FRA OPPOSTI E CONTRARI
"Sono vivo quando sono vulnerabile
Sono fuori controllo, ho perso la mia anima
Non posso essere il tuo angelo
quando vivo come un demone
Non posso essere il tuo amante
quando vivo come un ribelle
Non voglio la tua pietà
e non voglio il tuo aiuto
Non provare e salvami,
prenditi cura di te stesso"
Jacoby piange come un bambino aggrappato al suo corpo massiccio, la sua manona gli batte sulla nuca col cappuccio ancora alzato, un sorriso tirato e stanco ma sorpreso.
La reazione di Jacoby è tanto bella quanto devastante.
- Ti ha salvato lui. - Dico piano ricordando quei momenti tragici. - È venuto a cercarti, ti ha trovato così, ha chiamato il 911 ed ha fornito dei dettagli molto precisi ed utili e poi ti ha messo in posizione affinché non rischiassi di soffocare. Se non respiravi ti avrebbe rianimato. - Dave sposta lo sguardo su di me sorpreso nel sentire queste parole e Jacoby riemerge dal suo corpo.
- Sì beh, però prima di tutto sono andato in un fottuto panico del cazzo, solo quando mi hai gridato sono tornato in me... - A questo Dave torna a guardarmi ancor più shoccato.
- Hai gridato?! - E Jacoby ride. Grazie al cielo che ride ancora.
- Dovevi vederlo! Sembrava un orgasmo mancato! - Ovviamente lui i paragoni li fa sempre con il sesso. Alzo gli occhi al cielo e tutti ridiamo, è bello vederlo ridere perché ha ancora quell’aria terrorizzata ed è un modo per farsi coraggio.
- Te la sei vista brutta, amico... - Fa presente Tobin, con noi a ridere sollevato di come sono andate le cose. Dave annuisce.
- Scusatemi... - Jacoby scuote la testa e si raddrizza a sedere.
- Adesso pensa solo a rimetterti! Al tour pensiamo noi, troveremo una soluzione momentanea, non so qualcosa ci inventeremo! Quando sarai di nuovo in piedi tornerai con noi! Sarai più forte di prima! - Jacoby parla sempre e per tutti, ma siamo sempre d’accordo.
Io e Tobin annuiamo, mentre da fuori entra il nostro manager e l’assistente e ci spiegano un po’ come stanno le cose da un punto di vista medico e che la prognosi è un po’ lunga più che altro per una disintossicazione completa.
In camera mi si accoccola addosso come se fosse più un figlio spaventato che un compagno od amante.
Lo circondo con un braccio e gli bacio la fronte tenendolo a me. La sua testa sul mio petto, ascolta i battiti calmi del mio cuore e lo sento rilassare i muscoli ed in nervi contro di me.
- Starà bene, ma se l’è vista brutta... - Annuisce.
- Spero che ne esca sul serio. Un’overdose è l’ultimo richiamo... - Chiudo gli occhi e prendo coraggio.
- Vogliamo parlare di cure? - Jacoby alza la testa improvviso verso di me, torvo.
- In che senso? -
- Lo sai. - E lo sa, i suoi occhi dicono che sa. - Cosa vuoi fare per te stesso? Non è un ultimo campanello anche per te? Non devi seguire la sua strada, intesi? - Scuote la testa.
- No, non voglio... - Ma non so se lo dice per convincere me o perché lo pensa davvero.
- Jacoby, non voglio che tu muoia. - Lo dico chiaro e tondo, piano e calmo. Lui sta zitto, mi guarda un po’ poi in risposta mi bacia e basta. Le labbra morbide si intrecciano alle mie che apro subito e l’accolgo. Le lingue si trovano all’interno delle nostre bocche ed è tutto bello così.
Finché non mi separo e gli metto un dito sulle labbra ancora umide di me:
- Io non ti lascerò mai solo, però tu devi considerare l’idea di farti vedere da un terapista serio, non puoi risolvere i tuoi problemi da solo. - Parlo dei suoi problemi con la sua testa, perché gira tutto intorno a questo.
Non è un vero tossico perché in realtà non arriva ad una dipendenza seria, solo che quando ha i periodi in cui si fa è senza controllo. Però è come se capisse il proprio limite e si fermasse in tempo. Forse mentre si butta su alcool e droghe cerca di non deludermi, sa che così mi delude e non vuole ed allora ad un certo punto smette.
Voglio sperare di essere abbastanza importante.
Jacoby fa un sorriso malinconico poi appoggia la testa sul mio petto di nuovo, chiudo la luce del comodino e lascio che il buio ci avvolga dolcemente in questo silenzio che dura qualche minuto, poi quando un sonno inquieto inizia a farsi strada, mormora:
- È che ho paura di essere pazzo e basta. Oppure di impazzire. Ho paura della follia. Ho il terrore che se vado da un esperto mi chiude in un manicomio e butta la chiave e mi impasticca fino a rincoglionirmi, fino a non saper più mettere insieme due note. E forse sai cosa? Non è nemmeno questo il punto. Non è che ho paura di essere rinchiuso e determinato come pazzo. Ho semplicemente il terrore di sentirmi dire ‘lei è pazzo’. Ho paura di accettare la mia follia. - Me lo disse anni fa ancora che la sua maggiore paura è quella di impazzire o di realizzare di esserlo.
- Hai paura di affrontare la tua ipotetica follia. - Traduco sintetico cercando di essere più delicato che sorpreso.
Lui annuisce.
- E non so come potrei reagire se qualcuno trasformasse in realtà le mie peggiori fobie. -
- Per questo sei tormentato dal tema del doppio? Bene male, amore odio, giusto sbagliato? - Tutti i suoi tatuaggi sono a tema doppio e mano a mano che i mesi passano, si riempie di disegni così. Annuisce.
- Esterno quel che ho dentro. In me ci sono entrambi, sono costantemente strappato fra due stati opposti e contrari. Sono luce e buio. Buono e male. Amore e odio. E forse proprio da questo deriva la mia follia. Dovrebbe essere sinonimo di equilibrio quando in te albergano entrambe le facce della vita. Eppure per me questo è sinonimo di follia. È solo che non riesco a liberarmi di una parte o dell’altra. Per questo a volte sono calmo e normale e l’attimo dopo faccio delle cagate cosmiche! - La mano sulla sua nuca a fermarlo un secondo.
- Tu non sei fuori controllo, vivi le tue emozioni al massimo... è un po’ diverso dal passare da uno stato all’altro senza controllo... - Scuote la testa, ma mentre parla non mi guarda più, tiene rigorosamente la testa sul mio petto.
- Non faccio così perché voglio. Io SONO così. È diverso. -
- Anche la follia ha una faccia opposta... il sano. - Fa un broncio che percepisco attraverso la sua bocca che sfiora il mio petto, non alza comunque la testa, la guancia aderisce sulla mia pelle.
- Ho paura di guardarmi fino a quel punto. Perché a volte la mia testa mi dice cose che so non dovrebbe dirmi ed io faccio cose che so che non dovrei e non so come estirpare tutto questo da me, così se non ci sei tu a calmarmi, mi stordisco. -
- Ma anche stare con me non ti fa bene perché il doverti per forza controllare davanti agli altri, e siamo sempre circondati da mille persone, per non parlare delle nostre famiglie, ti fa impazzire! - Gli ricordo il motivo per cui io e lui abbiamo deciso di frenarci ed al contrario di viverci quando siamo isolati dal mondo.
Sospira, preme il viso contro il mio petto e non respira per un momento.
- Se solo fossimo solo noi due... sarebbe tutto più semplice... -
Continuo a carezzarlo sulla nuca.
- Ma non canteresti. La musica ti porta a... tutto quel casino che ti confonde e ti fa passare da un’emozione all’altra in mezzo a tutta quella gente, però la musica è anche quella che ti salva. Tu sei nato per cantare, Jacoby... rinunceresti alla musica per una vita solitaria, tranquilla e normale con me? -
Alza la testa, finalmente torna a guardarmi pensieroso, colpito dalla riflessione che gli ho suggerito. Ci pensa mentre mi scruta gli occhi nella penombra della camera, si pensa lontano dalla musica ma al mio fianco. Poi scuote la testa.
- Penso che poi impazzirei lo stesso. Sono troppo iperattivo... - Annuisco sorridendo divertito.
- È proprio così! Ma poi sei anche dipendente dalla musica, ti fa bene... dai, l’atto del cantare ed esprimere le tue miliardi di emozioni violente... non tutto quel che c’è prima e dopo, ma il cantare sul palco per te è vitale... - Mi ascolta attentamente, riflettendo e facendo sue le parole.
Il suo viso rilassato, serio, pensieroso. Sempre così bello, sempre così meraviglioso ai miei occhi. Ogni inclinazione spaventata e triste.
Forse la chiave è questa tristezza.
Devo scavare in questa angoscia che ha ogni istante.
- Non c’è un modo per essere equilibrati facendo musica e stando con te senza alcun fottuto problema di merda che mi tiri pazzo? -
Ridacchio.
- Avere la moglie ubriaca e la botte piena dici? - Alza le spalle ed inarca gli occhi in modo buffo che mi fa sempre ridere.
- No? - In risposta rido e gli bacio la bocca.
- La vita è un compromesso, bisogna solo trovare quello che fa al caso nostro. Ma non sei solo a cercarlo. Troveremo un equilibrio, vedrai. Qualcosa che non ti faccia male. - O, per lo meno, lo spero.
Perché il problema non è stare insieme, il problema è stare insieme in mezzo agli altri, non riesce a conciliare tutto, per lui è troppo pensare gestire e ricordare ogni cosa. Perchè fondamentalmente è istinto puro e credo di amarlo tanto anche per questo.
Però è proprio quello che gli fa male.
- Non ci arrenderemo ancora. - Quando lo dice mi tranquillizza un po’, però spero di trovare la chiave di sbloccamento, è come se sentissi dentro di me che c’è qualcosa in lui che lo riduce così. Qualcosa di particolare che, se risolta, il resto va a posto. E non capisco proprio di cosa si tratti.
I mesi passano. Nell’immediato troviamo una soluzione sostituendo Dave alla batteria, è una cosa momentanea ma è per non perdere tutto il tour. Voglio dire, di noi il solo insostituibile è Jacoby e quello pur di non mollare un colpo sale sul paco col mal di gola che non riesce a tirare certe note, ma non molla proprio.
Tony è un buon sostituto, è un batterista professionista e nostro ammiratore, perciò conosce bene le nostre canzoni e non ci fa mancare nulla.
Certo è strano muoversi senza Dave, compagno di giochi per Jacoby, ma devo dire che un po’ gli fa bene. Era un po’ deviante Dave in questi mesi, era totalmente autodistruttivo per i propri problemi personali e questo risucchiava Jacoby. Ora è più calmo, un po’ per la paura che si è preso, un po’ perché effettivamente non ha un buco nero a tirarlo giù con sé.
Tony ama divertirsi, fa tardi, si sveglia tardi, però non essendoci quel gran rapporto con lui Jacoby preferisce stare con me o Kelly quando viene nel tour.
Non è che non beva o non si faccia la canna, però è molto più limitato di prima e si limita ai momenti in cui proprio è particolarmente nervoso.
Un giorno siamo qua per un’intervista io e lui, ci stiamo preparando per le videocamere ed io gli dico come sempre:
- Mi raccomando, non passarmi troppo la parola, sai che odio parlare... - è una raccomandazione che non avrei bisogno di fargli, però gliela faccio lo stesso. Lui ride e spontaneo si avvicina a me, mi mette una mano sul sedere e dimenticandosi che non siamo chiusi in una camera privata, sta per baciarmi, ma io gli metto una mano sul petto e lo allontano con l’aria da ‘sei fuori?’. Lui si riscuote e si rabbuia ricordandosi che non può fare sempre tutto quel che vuole e che gli viene.
Poco dopo arriva il tecnico della videocamera e ci mette i microfoni, di solito inizia a scherzare subito ma in questo caso fa lo scorbutico tanto che mi scuso con il ragazzo.
Poco dopo vedo che schiaccia l’orecchio contro la spalla, come a scacciare dei ronzii. Tutte le volte che si sforza di fare qualcosa che va contro la sua natura, ha una reazione psichiatrica!
È stancante.
Gli tocco la testa con quella di sistemargli delle ciocche, in realtà cerco la sua cicatrice, la tocco bene e lui sorpreso si gira e mi guarda come se fossi io quello matto.
Basta uno scambio di sguardi, il mio chiaramente è sempre serio e tranquillo, lui però capisce, non so come faccia.
Sorride ed annuisce e quando arriva l’intervistatore è allegro e spensierato come sempre.
Equilibrio con Jacoby? È praticamente impossibile. È più un camminare in equilibrio su un filo d’acrobata!