BENTORNATO 2
criska


Avevo un’opinione molto contro corrente, di lui, prima di andare in squadra insieme.
Lo conoscevo, naturalmente, avevamo giocato uno contro l’altro diverse volte e non avevamo avuto particolari contatti, nulla che mi facesse capire come fosse davvero. Appariva come una persona gentile e perfetta.
Io ho sempre detestato quelli così.
Li reputavo falsi perché nessuno può essere veramente così bravo, buono e gentile!
Con Riky non sapevo come regolarmi e quando ho appreso che avremmo giocato nella stessa squadra al Real Madrid tutti mi invidiarono dicendo che era un ottimo compagno, oltre che giocatore, una persona deliziosa che tutti adoravano.
Più me lo dicevano, più mi convincevo che in realtà dovesse essere il più grande ipocrita di questo mondo!
Un falso buonista del cazzo, insomma!
Poi però l’ho incontrato alla presentazione ufficiale dei nuovi acquisti della società e c’è stata subito quell’intesa che non mi sarei aspettato.
Per la fine della conferenza stampa ci comportavamo come amici di vecchia data e ci era venuto spontaneo, così ho capito che mi sbagliavo su di lui.
Riky era semplicemente totalmente fuori dalla mia portata.
All’epoca.
Cioè ero consapevole che eravamo come il diavolo e l’angelo, però sapevo anche che gli opposti di solito si attraevano e che nel giro di pochi mesi le cose sarebbero potute cambiare.
La mia risolutezza nel farlo diventare completamente alla mia portata ribaltando la situazione iniziale, fu talmente forte che ora alla luce di ciò che siamo posso dire che avevo ragione.
Lui e la sua faccetta dolce, piena di sorrisi radiosi ed espressioni gentili, con quel suo modo di parlare educato da fare invidia ad una suora!
Eppure era anche spiritoso, mi ha strabiliato quando faceva battute e ridevo incredulo.
È stato un incontro davvero rivelatore.
Lui era tutto quello che non ero io, ecco perché decisi che non mi ci sarei più staccato!
Ma soprattutto quello che mi ha conquistato di volta in volta è stata la sua ingenuità.
È un tipo sveglio, allegro e pronto all’umorismo, però tremendamente buono, buono dentro, talmente che vien da chiedersi se sia vero, come facevo io all’inizio. Se lo conosci come si deve capisci subito che è così.
Però c’ha questo lato ingenuo che è quello a renderlo delizioso, come lo definiscono tutti.
Me ne sono accorto nelle interviste che abbiamo fatto appena approdati al Real Madrid. I campionati erano finiti, per cui prima di metterci sotto a lavorare con la squadra, avevamo del tempo e il manager ci aveva messo un sacco di servizi insieme. Talvolta eravamo solo io e lui, altre con tutti i nuovi.
Passando così tanto tempo in sua compagnia ho imparato a conoscerlo sempre più e mi sorprendeva quello che scoprivo di volta in volta.
Lui era quello che salendo i gradini di un altissimo palazzo in cima al quale avremmo dovuto fare un’intervista e delle foto, si fermava a guardare il panorama estasiato.
Cioè, voglio dire, era l’unico.
Quando ho visto che lo faceva la prima volta, mi sono fermato pensando avesse visto chissà cosa, visto che appiccicava la faccia al vetro spesso, poi l’ho sentito dire che era un bel panorama e non credendo si trattasse davvero di quello gli ho carezzato la schiena, mi è venuto istintivo.
Forse per assicurarmi che fosse vero e non un sogno!
E poi arrivati in alto si è sporto per vedere l’altezza spropositata ed io l’ho trattenuto spaventato che svampito com’era potesse anche volare via!
No, non è davvero svampito, poi mi sono corretto. Forse lo sembra in certi momenti, ma è l’ingenuità che lo rende così diverso.
Puro, in un certo senso.
Ammira la bellezza del mondo senza preoccuparsi di poter cadere dal tetto di un grattacielo o corre entusiasta per la discesa della pista di neve per raggiungermi e non si ferma in tempo venendomi addosso e facendomi così quasi cadere!
Ogni tanto ha delle trovate che sembrano degne di me ed invece è lui a farle… in quei momenti mi chiedo se noi due non siamo stati troppo tempo insieme e se non l’abbia influenzato, poi però mi rendo conto che era adorato da tutti già da prima e mi dico che di sicuro non era solo per la sua estrema dolcezza e gentilezza… di sicuro è sempre piaciuto a tutti così tanto perché era capace anche di cose da gente comune, come scherzi, battute e cavolate frivole!
Giocando insieme nel corso di un anno sono diventato sempre più dipendente da lui, sia come persona che come giocatore.
In campo ho cominciato ad amare quando segnava per merito mio e quindi mi cercava saltandomi addosso come un bambino. Dannazione, prendeva la rincorsa e con quella sua espressione felice da settimo cielo saltava sopra di me facendosi prendere come un koala, mi stringeva forte e rideva in quel modo contagioso che ti faceva sperare non smettesse mai.
Per quei slanci candidi ed infantili ma carichi di affetto, ho finalmente smesso di essere un completo individualista in campo ed ho cominciato a fare giocate in combinazione. Per lo più le ho fatte con lui, mi sforzavo quasi più di farlo segnare che di farlo io, visto che a me i goal mi sono sempre venuti naturali; è che preferivo quando mi correva incontro stritolandomi…
Quando poi è stato lontano dal campo per tutti questi mesi mi è mancato.
Dannazione, se mi è mancato.
Non era una questione di sesso, abbiamo continuato la nostra relazione come sempre anche se ci vedevamo inevitabilmente di meno, andavo a trovarlo quanto più potevo e se aveva degli esercizi che potevo fare con lui, a costo di contenermi li facevo con lui per fargli compagnia.
Era proprio il giocare insieme che mi era mancato da morire.
Cercarci, scambiarci la palla, alzare la testa e trovarlo esattamente lì dove deve stare, fare schemi difficili consapevole che lui riesce a starmi dietro, assecondarlo quando è lui ad avere qualche illuminazione dell’ultimo momento.
E poi vederlo segnare o segnare io stesso per merito suo.
Correrci incontro ed accoglierlo mentre mi salta addosso, stringerlo ed averlo tutto per me in mezzo a miliardi di persone che mi invidiano perché vorrebbero loro abbracciare il famoso Bambino D’Oro autore di un fantastico goal o meritevole di aver fatto segnare me.
Sono istanti brevi, prima che ci investano gli altri compagni. Poi finisce, ma quegli istanti… oh, per me erano come il pane e questi mesi di sua assenza ho giocato bene lo stesso ed ogni tanto alzavo gli occhi in tribuna cercandolo e quando lo trovavo mi ripetevo che fra poco tempo sarebbe tornato con me su quel dannato campo a darmi quella calma durante le partite importanti, dove io sotto pressione finivo per non fare un cazzo.
Contro il Barcellona mi è mancato.
Certo, c’è stato prima e dopo, ma sarebbe stato diverso averlo in campo.
Lui non ha mai sofferto la pressione.
Ha sofferto per mille altre cose, infatti sono stato uno dei primi ad accorgermi che era in crisi, dopo il suo trasferimento dal Milan. Sempre il primo a rendermi conto che non era solo una questione di mancanza del vecchio club ma bensì di qualcosa di più grave, per lui. Crisi matrimoniale. Crisi perché la sua natura cominciava a farsi sentire. Cominciava a farsi sentire per il rapporto che aveva instaurato con me e che stava diventando via via più profondo.
È lì che è scoppiato tutto.
Con l’aiuto di José, poi, ha capito, si è arreso ed ha superato ogni cosa. Anche se ha dovuto passare cinque fottutissimi mesi di stop.
In campo però non ha mai subito la pressione, è sempre stato calmo infatti non fa mai falli, quelli che gli fischiano sono puttanate dell’arbitro. È anche quello più sportivo fra noi, nel senso che non sarebbe capace di cattiverie nemmeno se lo pagassero!
Ed è l’unico che era capace di rassicurarmi dicendomi la banalità di turno -ovvero che la partita non era ancora finita e che potevamo farcela lo stesso- senza farmi imbestialire. Detta da qualcun altro mi fa sempre infuriare!
Dopo la disfatta a Barcellona sono andato su tutte le furie con me stesso, perché ero capace di fare triplette in ogni circostanza tranne che quando serviva davvero.
Ce l’avevo con me a morte. Io, la stella del momento, il capocannoniere di ogni campionato, strapagato per le mie eccelse doti, che amo fare spettacolo con una palla al piede… ecco che nei momenti davvero importanti non faccio un cazzo!
La sfuriata di José prima e le parole di consolazione poi, arrivate insieme a tutti gli altri, non mi sono servite a niente.
È stato Ricardo che in silenzio si è seduto vicino a me infilandosi negli spogliatoi svuotati, dove ero rimasto solo, e non ha detto niente per un bel po’.
Non ha fiatato, non ha parlato, non mi ha guardato, non ha fatto niente di niente.
Io fissavo furente il pavimento, dopo aver buttato all’aria tutto il mio borsone e le scarpe, e volevo prendermi a pugni.
Poi è entrato il mister, di nuovo, vedendo che ancora non uscivo. Si è messo in piedi davanti a me a fissarmi, io non ricambiavo. Aveva le mani in tasca, il respiro tranquillo.
Dopo un po’ di tempo passato a fissarmi a sua volta, mi ha detto:
- Il tuo non è soffrire la pressione, sono le aspettative che tu stesso ti metti da solo che sono troppo alte e severe. Non puoi superarle, non ci riuscirebbe nemmeno Pelè, tanto che sono alte quelle che ti dai. La pressione che ti mettono gli altri tu te la mangi, non è niente confronto a quella che hai tu su te stesso. E devi smetterla. Fai sul campo quello che fai sempre nella tua vita privata: gioca e basta, senza pensarci! -
Rimasi ad assorbire le sue parole convinto che dicesse solo boiate, non lo guardai ma lo sentii andarsene e prima di uscire ordinare perentorio di muovere il culo e darci una mossa.
Fu la mano di Ricky a togliermi quel peso che mi schiacciava, fu quando mi toccò il braccio e mi guardò. Lo sentii proprio il suo sguardo su di me, anche se ancora non osavo ricambiarlo. Labbra strette, occhi verso il pavimento, muscoli tirati.
- E’ come dice lui, ma non è adesso il momento di pensarci e capire se sei d’accordo o no. Lo devi fare fra qualche giorno. -
La sua voce calma e dolce. Balsamo. Lentamente cominciavo a sentirmi meglio.
Forse aveva ragione. Forse il non pensarci in quel dannato momento poteva permettermi di rialzarmi ed uscire da quel maledetto spogliatoio, ma non era da me non avere una risposta definitiva nell’esatto momento in cui mi ponevo un dubbio.
Non pensarci subito sarebbe stato come scappare da un problema che avevo.
Così alzai gli occhi, finalmente e con fatica, incrociai quelli castano scuro di Riky che mi guardava con quel suo fare affettuoso e comprensivo che normalmente poteva darmi fastidio se fosse venuto da qualcun altro, poi dissi con un filo di voce lugubre:
- E’ come dice lui? - Volevo solo capire se ero io il coglione o se era colpa di qualcun altro, chiunque fosse.
Perché se ero io a darmi aspettative troppo alte ero proprio un coglione.
Lui strinse le labbra con dispiacere, infine con la sua solita sincerità e delicatezza, disse:
- Sì… sei troppo severo con te stesso. -
- Mi sopravvaluto? In pratica è questo che ha detto! - E che quell’animale di José non avesse usato direttamente questo linguaggio brutale mi lasciava interdetto.
Riky con disappunto mi si avvicinò ulteriormente fino ad accomodarsi contro di me:
- Puoi vederla come vuoi, per me è solo che devi conoscerti meglio. Pretendere il massimo da sé stessi è giusto, ma non deve essere l’eccesso altrimenti non si ottiene nulla. Se non sei capace di chiedere a te stesso il giusto, non chiederti nulla, gioca e basta. -
Le stesse parole del mister pronunciate con più dolcezza… con l’incentivo delle sue labbra che a conclusione di discorso mi avevano sfiorato delicatamente le mie imbronciate. Staccandosi mi aveva tornato a guardare da vicino e sorridendo lieve mi aveva toccato in mezzo alle sopracciglia corrucciate schiacciando con un dito:
- E distendi questa ruga che non sei bello! - Capii l’ironia e l’apprezzai, di norma facevo io la parte sdrammatizzante. Accennai ad un vago sorriso di risposta, in realtà un’espressione più sollevata anche se comunque tetra.
Tornò a baciarmi e pian piano i colori intorno a me si rischiararono.
Avevo cominciato ad accettare il discorso, convinto che comunque si trattasse solo di sopravvalutazione. Qualunque nome avesse, era sempre la stessa cosa che dovevo fare. Smetterla di pensare, cosa che di norma mi veniva egregiamente!
Dopo di che riuscii ad alzarmi, lui mi aiutò a raccogliere tutte le mie cose ed uscimmo da quel fottutissimo spogliatoio dove spero di non dover più entrare se non da vincente!
Poche settimane dopo è tornato ad allenarsi con me, sollievo allo stato puro.
Ma oggi, dopo la sua prima partita da mesi di stop, anche se solo di quindici minuti, mi è sembrato di tornare a giocare anche a me dopo gli stessi mesi di stop, anche se non avevo mai smesso in realtà.
È vero che il mio gioco, quando è in campo anche lui, è diverso e meno individualista, più luminoso, forse. Anche il mister l’ha detto, a modo suo naturalmente.
- E siccome alla fine giocherà anche Riky potremo ammirare un Cris inedito! -
Dio, quanto mi era mancato giocare con lui.
Giocare così, in uno stadio, davanti a migliaia di persone che lo acclamavano ed avere le sue attenzioni per me, aiutarlo nel ristabilire la sua presenza in campo, guardare ogni minima espressione nella paura di poterci vedere qualche smorfia di dolore.
Ed invece no, solo una luce luminosa che da quando siamo venuti al Real non aveva ancora avuto. La stessa, od una molto simile, che aveva prima di trasferirsi.
Lo vedevo giocare al Milan e pensavo che era il sole di quella squadra.
Oggi ho pensato che lo stesse finalmente diventando anche di questa, anche se è ancora presto per affermarlo con certezza.
Forse sono solo io che sono un fesso innamorato come una triglia, come sostiene José -anche se su questo dobbiamo ancora discutere!-
Ad ogni modo al suo ringraziamento avrei voluto chiedergli di cosa e poi dire: ‘cazzo, sono io a doverti ringraziare!’ tornando mi ha ridato quell’ispirazione speciale che avevo sempre e solo con lui, quel tocco diverso. Un tocco che è diverso solo dentro di me, forse, e che nessuno percepisce come tale ma che comunque c’è. Almeno per me.
L’ho sparata da idiota:
- Mi mancava da morire il sesso dopo una partita! - Poi aggiungo: - Inteso, con te! - Ma in realtà mi mancava proprio il giocare con lui e lo stare in camera assieme.
- E a me mancavano le tue cavolate nei momenti più inopportuni! - Ridacchio alla sua risposta pronta e spiritosa. Lo adoro anche quando è all’altezza in questo senso.
Ora eccoci qua, è tutto come prima, anzi meglio. A posto. Così non rimane che questo…
- Bentornato. -
Sussurro mentre ci addormentiamo.
Mi ringrazia ancora e sistemandosi sopra di me mentre lo cingo protettivo, mi beo della sensazione del secolo.
Ora sì che sto bene, vaffanculo al resto!

FINE