NOTE:
tutto ciò l’ho scritto subito dopo la bruciante sconfitta col
Barcellona, la semifinale di andata perduta 2 a 0 (anche perché su 4
Clasicos ne hanno perso solo uno… ma era quello più importante!). Ho
visto l’intervista di Cris subito dopo la partita ed ho letto la
traduzione del suo nervoso, tremava tutto dalla rabbia e si capiva che
era davvero fuori di sé e le cose che ha detto erano su per giù che non
gli piaceva come la squadra aveva giocato, che quello non era il modo
di giocare che a lui piace. Ha anche detto che c‘era una tattica che
però non è stata rispettata poiché Kakà non è stato messo in campo
quando doveva entrare. Il giorno dopo si sono viste delle foto
inequivocabili dove lui e mister Mou discutevano puntandosi
rispettivamente gli indici contro. Due giorni dopo Cris non è stato
convocato nella partita di Liga con la ‘scusa’ ufficiale che doveva
riposare (ed hanno perso anche quella!!!). Io non ho potuto fare a meno
di fare 1+1+1...
Sostanzialmente
è una fic che ruota attorno al rapporto particolare che Cris ha con
José che è chiaro come il sole che sia molto stretto e molto speciale
visto quanto si adorano e si difendono sempre e che si considerano
rispettivamente i migliori nel proprio ruolo. José chiama Cris ‘la mia
Ferrari’ e gli fa sempre mille complimenti (ricambiati dall’altro…).
Questo però non toglie il fatto che Cris sia perso per Riky (che stanno
risaputamente insieme) e che questo sia (ed anche ciò è lampante) il
suo calmante naturale. Leggere per credere!
Ringrazio
chi leggerà e commenterà.
Buona
lettura.
Baci
Akane
PS:
sotto un paio di foto a testimoniare quanto si vogliono bene giocatore
ed allenatore… e quando poi hanno discusso!
CALMANTE
NATURALE
Era
stato una bomba a orologeria tutto il tempo, sia durante la partita che
dopo; si era trattenuto a stento e per miracolo ma si capiva che la sua
voce nelle interviste tremava per la rabbia, così come il suo corpo si
muoveva a scatti nervosi e manteneva tutti i muscoli tesi.
Ricardo
aveva vegliato da lontano conscio che l’unica era lasciarlo in pace,
però era stato pronto ad intervenire in ogni istante.
Sospirò
di sollievo quando riuscirono a chiudersi in casa.
L’unica
fortuna di quella situazione era che Ricardo era senza famiglia, tutti
in Brasile per la recente nascita, quindi non aveva nessuno a cui
rendere conto, per il momento.
Nell’esatto
istante in cui varcarono la soglia, Cristiano sbatté la porta
violentemente e da lì Ricardo capì che sarebbe arrivata la sfuriata.
Doveva
dire che era il caso lo facesse lì con lui senza altre orecchie
inopportune, però un po’ temeva che esagerasse finendo per buttar giù
tutta la casa e farsi male.
Diede
un calcio rabbioso al portaombrelli pregiato quanto un divano intero e
naturalmente si ruppe vista la notevole forza usata.
Il
brasiliano rimase immobile all’ingresso e lo lasciò avanzare mentre
buttava giù tutto quello che stava sopra al mobile del disimpegno,
cianfrusaglie di bellezza, ricordi dei vari viaggi, posta e porta
oggetti vari.
Si
guardò bene dall’avvicinarlo, dal respirare e dal tentare qualunque
approccio. Lo fissava attento mordicchiandosi le labbra in attesa che
si placasse almeno un po’ e intanto chiedeva mentalmente una mano
all’Altissimo affinché l’aiutasse.
Cristiano
se la prese con un paio di altre cose a portata di piede, poi si girò
verso il compagno ancora immobile all’ingresso e stringendo i pugni
lungo i fianchi, con ogni muscolo tirato, cominciò la sfuriata anche a
voce, più concitato che mai, sull’orlo delle urla isteriche:
- A
me piace, lo sai che mi piace il Mister. L’ho sempre adorato e sono
sempre stato d’accordo con lui su tutto, tutto dannazione. Persino
stasera quando si è fatto espellere per ribellarsi alla corruzione o
presunta tale del Barcellona, ero dalla sua parte. Ma porca puttana,
non puoi improntare una partita del genere, in casa propria, tutta
sulla difesa e pensare che vada anche bene! CAZZO! La strategia! C’era
la strategia! Ci arrivo anche io che c’era! Era buona, piaceva anche a
me! Difenderci nel primo tempo e attaccare nel secondo inserendo te!
Perché cazzo non ti ha messo? Al momento di farti entrare, finito il
riscaldamento, espellono Pepe. Ok cazzo, non è colpa nostra, purtroppo
succede… ma lui era quello che dovevi sostituire per caricare
l’attacco. Uscito lui è andato in palla e ha dimenticato tutto! Niente
attacco, l’attacco non esiste! Mi spiega come cazzo pensa che vinciamo,
così? E passi Messi che segna perché quello segnerebbe anche appeso a
testa in giù… ma noi come abbiamo risposto? Con niente! COME SI FA?
Questo non è il nostro calcio, non è il nostro stile, non è un gioco
che mi piace, non l’abbiamo mai fatto, IO non l’ho mai fatto e
cominciare ora mi ha dato il voltastomaco! Tattiche tattiche e
tattiche! E vanno bene, sorprendiamo gli avversari fingendo di
difenderci e basta, poi arriva la botta alla fine. Ma che arrivi questa
botta! Il patto era che tu entravi e che noi ci svegliavamo e
finalmente giocavamo prendendo di sorpresa gli altri convinti in un
nostro non-gioco. Un paio di palle! Ci hanno mangiati! E se è finita
solo 2 a 0 è grazie al fatto che l’unico a giocare a calcio su 22
giocatori in campo è stato Messi e che Iker comunque a parte quelle
uniche due volte, è rimasto saldo in sé. Come si fa a giocare così? E
poi mi vengono a dire di stare zitto perché altrimenti il mister non mi
fa giocare? Ma cosa cambia? Ti pare che io stasera abbia giocato?
Dovevamo solo difendere, cazzo! -
Finalmente
prese respiro e si fermò. Era tutto rosso dalla rabbia e tremava per
contenere altri scatti che altrimenti gli avrebbero fatto demolire casa.
Per
lui quel gioco era un’umiliazione, una vergogna e non era stata la
sconfitta a farlo uscire così di testa ma il fatto che se la
meritassero. Perdere succede ed è brutto, ma sparire da un campo in
quel modo no. Quello non lo poteva soffrire.
Questa
mentalità dipendeva dal fatto che lui era prettamente un uomo d’attacco
nel senso più letterale del termine. Non giocava aggressivamente, però
era molto deciso e non si faceva mai mettere i piedi in testa. Lui con
una palla al piede si lanciava a rete, non c’era Santo che teneva,
nessun’altra azione era più giusta di un goal. Questo era il suo modo
di giocare e di essere. Impedirgli di farlo significava scatenare la
terza guerra mondiale, soprattutto se poi il risultato era così pietoso.
Ricardo
a quel punto si chiese se dovesse intervenire e quindi cosa potesse
dire e fare.
Lo
conosceva, quando l’aveva osservato dalla panchina aveva immaginato
subito che poi sarebbe uscito di testa, aveva solo sperato che si
trattenesse almeno in campo, così era stato. Ed era riuscito a farlo
anche dopo, davanti agli altri, sebbene al microfono avesse sparato la
sua scontentezza sul loro gioco di quella sera. Sicuramente un’uscita
poco gradita al mister. Iker l’aveva rimproverato dicendo di tenersele
per sé se voleva giocare ancora, lui aveva mandato a fanculo anche lui
nonostante fosse l’unico con cui non ce l’aveva ed era andato dritto a
casa tirandosi per la manica un contrito Ricardo.
Lo
stesso che ora continuava a pregare non avendo la più pallida idea di
che cosa potesse fare per lui.
All’ennesimo
sospiro marcato, Ricardo sentì chiaramente il respiro del suo compagno
tremare e aguzzò lo sguardo sul suo viso.
Inghiottiva
di continuo e contraeva la mascella mordendosi poi il labbro con
eccessiva forza. Vide gli occhi lucidi che finalmente lo puntavano
cercando un modo per calmarsi, quando si incrociarono quel modo fu
evidente e Ricardo capì immediatamente l’unica cosa sensata da fare.
Con
poche falcate fu da lui e l’abbracciò capendo che più che rabbia quella
era la frustrazione, un’emozione che Cristiano odiava profondamente.
Capì
anche che era peggio di quel che avesse pensato e quando lo cinse con
le braccia ferme e protettive, il ragazzo gli si aggrappò come se non
avesse aspettato altro per tutta la sera.
Immerse
il viso contro il suo collo e si premette addosso con disperazione che
lasciò basito il ragazzo che l’accoglieva dispiaciuto. Gli sembrò
d’essere colpito con un pugno in pieno stomaco, tanto era forte il
sentimento d’oppressione che provava Cristiano. Lui era così;
passionale, viveva al mille percento tutte le sue emozioni e le
esagerava sempre, dover sopportare certe cose che per lui erano delle
umiliazioni tremende -e non la sconfitta ma quel modo di giocare per
lui pietoso- era insopportabile.
L’aggravante,
però, in quel caso era una specifica che Ricardo capì immediatamente.
L’espresse cominciando ad accarezzarlo con dolcezza sulla schiena tesa:
-
Non è tanto come è andata e come avete giocato quanto il fatto che il
mister l’abbia permesso quando invece poteva cambiare le cose. E
poteva. Bastavano poche indicazioni, i cambi giusti al momento giusto,
una formazione più mirata, una tattica differente… bastava poco, no? Ma
lui l’ha permesso, lui l’ha voluta. Lo ritieni responsabile e non lo
sopporti perché lui è il tuo pilota, no? - Andò dritto nel segno usando
le metafore che si erano indirettamente scelti. Spesso José aveva
definito Cristiano la sua Ferrari indicando quale fosse per lui il suo
livello. Considerava infatti la Ferrari la miglior macchina al mondo,
la più potente e veloce. Di conseguenza José doveva essere il miglior
pilota che la Ferrari avesse mai avuto. Il compagno smise di respirare
in maniera marcata e nevrotica, quindi rallentò istantaneamente e come
se gli tagliassero i fili si sciolse lasciando andare la rabbia, la
tensione e la frustrazione. Allora Ricardo sorrise lieto di essere
riuscito a far qualcosa per lui, quindi continuò a carezzarlo con
quella tenerezza che lo caratterizzava in ogni momento, gli sembrava
quasi di star consolando suo figlio ed in quello accentuò il sorriso
consapevole che per fortuna l’altro non lo stava vedendo.
-
Perché sorridi? - Come non detto… il brasiliano non se ne stupì più di
tanto.
-
Mi sembra di avere a che fare con mio figlio… - A quello Cristiano
reagì istintivamente dandogli un pizzicotto al fianco, ma gli rimase
stretto senza la minima intenzione di lasciarlo andare.
Il
suo calmante naturale era l’unico in grado di restituirgli la serenità
necessaria per affrontare quel momento difficile e non fare una strage.
Poi
cominciò a riflettere lucidamente:
-
Dici che il mister mi lascerà fuori sabato sera? - Parlava della
partita per la Liga che avevano in prossimità, prima del ritorno di
Champions col Barcellona.
Era
già pentito di averla sparata in quel modo, anche se non era stata
impostata come una critica diretta a Mourinho alla fine era quello il
risultato.
Ricardo
dovette essere onesto.
-
Se fossi uno che scommette direi di sì. Ma tu facci pace lo stesso e
accetta la punizione. -
-
Ma non abbiamo litigato… - Si lamentò sempre senza staccare il viso dal
suo collo, quella posizione gli era congeniale per respirare con calma
e pensare con sensatezza.
-
E’ come se lo aveste fatto e lui si aspetta delle scuse. Ti lascerà in
ogni caso fuori, sabato sera, ma intanto non lasciare che i vostri
rapporti si rovinino. Avete sempre avuto una relazione fantastica,
stravedete l’uno per l’altro, non permettere che cambi ora per una
sciocca partita. Tutti hanno avuto le loro colpe, nessuno escluso.
C’era tanto di quel nervoso da poter andare sulla luna senza razzi… -
Cristiano
apprezzò il tentativo finale di alleggerimento della situazione e
dovette ammettere che aveva ragione. Successivamente si concentrò su
José, argomento che gli premeva molto di più del Barcellona e di
qualunque altro titolo in gioco.
Alzò
finalmente la testa per guardare il compagno in viso, voleva essere
sicuro che non gli dicesse una cosa per l’altra ed i suoi occhi non gli
potevano mentire.
Si
scaldò del suo sguardo sincero e gentile di natura, quindi chiese quasi
con fare infantile:
-
Dici che non mi pianterà il muso? -
-
No, a parte che ti terrà fuori sabato perché quando lui prende una
decisione è quella, andrà subito a posto. - Cristiano abbozzò un
faticoso sorriso timido, di sicuro un’espressione non da lui di cui
Ricardo si beò perché era davvero graziosa sul suo broncio naturale.
- A
me lui piace, per me è l’allenatore migliore al mondo e lo dico sempre.
Però è vero che stasera ha sbagliato formazione e tattica. O meglio, se
avesse rispettato la sua idea originale e ti avesse messo quando era
stato deciso, le cose sarebbero andate meglio. -
A
Ricardo piacque sentirlo così risentito anche per quello che lo
riguardava, ma dovette placarlo anche in tal senso:
-
Io sono lusingato che tu pensi che bastava mettesse me in campo, però
sono solo una persona, non credo che dopotutto sarebbe andata tanto
diversamente. C’era comunque troppo nervosismo in campo e per come
erano lanciati tutti probabilmente sarei volato con una gamba di qua ed
un braccio di là… - Il suo modo per dire che sarebbe uscito con un
altro infortunio era molto fantasioso ed apprezzato una volta di più
dal compagno che fece un piccolo sorriso.
-
Io ne sono certo! - E su questo non ci pioveva, non lo stava dicendo
perché Riky era il suo compagno nella vita privata, nemmeno perché lo
stava consolando e calmando. Se lo diceva era perché ne era fermamente
convinto. Del resto il suo momento d’oro era esploso proprio in quel
periodo difficile, perché mai non sfruttarlo?
Era
stata davvero una partita sbagliata in piena regola…
-
Grazie. - Fece alla fine accettando il complimento che comunque non
veniva spesso. Poi aggiunse: - Ma lascia andare… è sempre quello che ci
ha portati al pareggio prima e alla vittoria poi dopo quel famoso e
doloroso cinque a zero… direi che se anche ne sbaglia una gliela
possiamo lasciar correre, a questo punto. - Cristiano sospirò lasciando
stancamente andare tutto quello che l’aveva abbattuto e destabilizzato,
quindi allacciando le mani dietro la sua schiena gli baciò la punta del
naso affettuosamente:
-
Ma io continuo ad amarlo! - Lo diceva spesso e Ricardo sapeva cosa
intendeva, lo faceva sorridere quando lo sentiva e non ne era geloso
poiché sapeva che rapporto avevano allenatore e attaccante, sapeva che
si ritenevano rispettivamente i migliori nelle loro categorie
e che si difendevano in ogni caso a spada tratta… quello era dopo tutto
solo il primo screzio da quando si erano uniti al Real Madrid ed in un
punto così difficile ci poteva stare, tutto sommato.
-
E’ solo un piccolo screzio fra innamorati! - Perché che quello fosse
amore non v’era dubbio, solo che era un amore diverso da quello che la
gente normale intendeva. Certamente non era sullo stesso piano e dello
stesso genere che legava Cris e Riky…
Dopo
di che, soddisfatto anche di quella conclusione che aveva quietato
completamente il proprio animo, Cristiano si occupò con cura delle
labbra di Ricardo dapprima ricoprendole di tanti piccoli baci, poi
approfondendo riuscendo ad infilarsi nella sua bocca con la lingua,
fondendosi con essa fino a ritrovare del tutto la calma e la
tranquillità interiore. Cose che poteva vantarsi di avere solo da
quando stava col suo ragazzo, visto che prima del Real Madrid era stata
tutt’altra persona!
Quando
si separarono rimanendo però allacciati senza la minima intenzione di
staccarsi dalle braccia altrui, il portoghese disse con profonda
malizia unita ad un finto capriccio:
-
Facciamo un po’ di porcherie per dimenticare la tremenda serata? - Come
se per una cosa simile ci si potesse mettere d’accordo…
Ricardo
infatti arrossì e questo piacque fortemente all’altro che se lo strinse
contro ridendo, ritrovando finalmente la sua tipica euforia.
-
Lo prendo per un sì! - Detto ciò se lo prese per mano e lo condusse al
bagno più grande, al piano superiore.
La
porta sbatté e una furia dalla pelle abbronzata ed il fisico prestante
si precipitò in casa.
Erano
passate solo poche ore dall’ultima volta ed ora la scena si ripeteva
come da copione, sempre le stesse persone, sempre con Cristiano che
dava calci a ciò che capitava e Ricardo immobile davanti alla porta a
pregare il Signore che si calmasse.
E
dire che ci aveva messo così tanto a calmarlo e a convincerlo che il
mister non se la sarebbe presa.
La
prima cosa che aveva fatto José quando aveva visto Cristiano la mattina
seguente era stata alzare il dito indice in segno di rimprovero e
sbraitare infuriato in portoghese stretto:
-
Tu sei del Real Madrid? No, perché forse hai sbagliato squadra, il
Barcellona non si allena qua! - Tutti si erano stretti intorno a loro
immediatamente temendo il peggio. Forse avrebbe potuto prevederlo,
Ricardo, però la speranza e l’ottimismo avevano vinto e si era
ritrovato a vedere Cristiano altrettanto infuriato con la medesima
espressione in viso ed il medesimo dito alzato allo stesso identico
modo.
La
risposta tagliente:
- E
tu alleni questa squadra? No, perché dopo ieri sera non ne sono sicuro!
- Apriti Cielo! Ecco cosa avevano pensato tutti fissando Cristiano come
se fosse impazzito.
Tutti
quelli che avevano influenza positiva sui due si avvicinarono
mettendogli la mano sulla spalla nella speranza che si placassero, ma
quello poi era stato solo l’inizio.
Certamente
Cristiano poteva avere tutte le ragioni del mondo, ma non si poteva
permettere di dire certe cose al proprio allenatore. Il fatto era che
quando partiva non ragionava più e disinseriva il cervello. Ricardo ne
aveva esperienza…
-
Frena la lingua ragazzino, perché io posso anche fare a meno di te!
Posso sbatterti in tribuna con uno schiocco di dita! E non pensare di
essere così indispensabile! Mi pare che ieri sera nemmeno tu abbia
fatto un cazzo! - Recriminarsi gli errori a vicenda non era una cosa
utile e tanto meno intelligente e Ricardo precedette Cristiano
chiamandolo nella speranza che funzionasse di nuovo come calmante
naturale.
Così
non era stato. O forse sì visto che si era limitato solo ad un: - Al
diavolo! - e si era girato andandosene.
Il
risultato era stato Cristiano a correre per il campo per tutto il tempo
e José furioso che se avesse avuto una frusta l’avrebbe usata.
Appena
a casa Cristiano aveva ripetuto la scena della sera precedente e si era
messo a spaccare ciò che poi Ricardo aveva riordinato. Imprecazioni a
manetta e poi…
-
Meno male che non doveva succedere nulla! Cos’è che era? Comprensivo?
Si sarebbe limitato a tenermi fuori sabato sera come punizione
personale ma si poteva parlare civilmente? Porca puttana! Quello è
completamente matto! Ma capisci tu perché diavolo ce l’abbia a morte
con me? Io no! Ho solo espresso uno scontento personale sul gioco della
squadra, cazzo abbiamo perso, mica avremo giocato bene! Non è normale
dire che non mi sono piaciuti?! No, cosa dovevo dire che siamo grandi?
Io non dico palle al suo contrario, evidentemente! E non pensavo che
fosse un tipo simile, pensavo che a costo di farsi buttare fuori lui
dicesse sempre ciò che pensava. Allora se è questo che pensa è
completamente matto! -
La
sfuriata era normale, così come era normale che esagerasse… Ricardo
dopo il litigio col mister se l’era aspettato, solo che aveva sperato
si parlassero con calma e civilmente.
Invece
si erano freddamente ignorati limitandosi a lanciarsi sguardi furenti
tremendi, era poi stato tutto il tempo nei pressi pronto ad intervenire
di nuovo.
Era
faticoso essere il suo compagno…
-
No, sai che non è come dici. È una persona in gamba e a posto, di
sicuro lui intendeva dire altro, solo che come te quando si arrabbia
così non ragiona. Ma è uno che se serve chiede scusa. -
-
Ah! Lo voglio proprio vedere! - Sbottò ironico Cristiano. Ricardo
riprese con pazienza ed estrema cautela:
-
Io penso che lui ce l’abbia con te non perché pensi che lui abbia delle
colpe sulla sconfitta o perché pensi che la squadra abbia giocato male.
Penso piuttosto che ce l’abbia a morte con te perché l’hai detto
nell’intervista. Forse non dovevi dirlo… cioè credo che questo sia
quello che lui ha in testa. Che tu dovessi in ogni caso difendere la
squadra. -
-
Ma se abbiamo giocato di merda va detto, cazzo! - Esclamò esasperato
allargando platealmente le braccia. Ricardo fece fatica a non ridere,
lo considerava comunque una persona particolarmente divertente persino
quando si arrabbiava… era così teatrale!
-
Lo so e tutti sanno che tu dici quello che pensi così come ti viene
senza filtrarlo, però a volte, forse, dovresti provarci. -
-
Non cominciare anche tu, eh? - Ringhiò alzando il famoso dito anche
contro di lui. Il compagno scosse il capo ed alzò le mani in segno di
resa.
-
Va bene, allora fatti la guerra con il mister. Quanto pensi di durare?
Hai visto come finisce chi gliela fa… certo, tu sei Cristiano Ronaldo,
però lui è José Mourinho… alla fine l’ha avuta vinta su Valdano che ce
l‘aveva con lui a morte, non so se rendo l’idea… alla fine è lui che
porta a casa i titoli, nessuno gli volta le spalle. Per quanto tu sia
importante ed essenziale, una guerra con lui non ti può giovare. -
Cristiano
si imbestialì come un toro inferocito, piantò le unghie nella carne dei
fianchi su cui aveva messo le mani e dopo un paio di respiri profondi
per non saltare al collo al suo compagno, disse con voce bassa e
tremante di rabbia:
-
Vuoi dire che mi devo piegare? - Era la cosa più inaccettabile sulla
faccia della terra per lui e Ricardo lo sapeva, come poteva
proporglielo?
Il
brasiliano a quello si avvicinò con gran coraggio e gli prese il viso
fra le mani con fermezza. Cristiano ebbe due fortissimi istinti: quello
di allontanarlo e quello di stringerlo a sé, ma rimase immobile non
sapendo cosa far prevalere.
Infine
con dolcezza disse:
-
No, nessuno se lo aspetta da te, ma datevi la possibilità di rimediare.
Non tagliarlo fuori, non combatterlo. Stai fermo ed aspetta. Vedrai che
capirà che non può fare a meno di te e che per lo meno scenderà ad un
compromesso. Non chiuderti le porte con lui per un momento di rabbia,
te ne pentiresti. Lo adori troppo per farlo. - Ed era vero, per questo
era tanto doloroso per lui affrontare quella situazione.
Tanto
male gli faceva, tanto si infuriava e sragionava.
Però
le mani calme e ferme di Ricardo sul suo viso l’aiutarono e ritrovare
per lo meno il respiro regolare, quindi scosse il capo e sospirò
chiudendo gli occhi. Il compagno gli baciò la fronte con fare
protettivo e per una volta si accorsero di essersi scambiati i ruoli.
Fu
piacevole per Cristiano e accettò di buon grado quella situazione,
l’unica cosa buona che quel litigio con il coach aveva portato.
-
Anche se ti sembra assurdo, andrà tutto bene. Anche lui stravede per
te, per questo è uscito tanto di testa oggi. Con un altro non si
sarebbe nemmeno voltato indietro. Dovete solo capire che siete umani e
che sbagliate. Non importa, basta ricominciare. - E lui di ricominciare
ne sapeva qualcosa.
La
sua parlata pacata e serena fu interrotta dalle labbra di Cristiano che
accettarono di buon grado il suo calmante naturale.
Non
sapeva come ci riusciva, ma aveva un che di magico.
Bastavano
pochi secondi con lui, qualche parola messa in croce, un suo tocco e
subito si spompava.
Quando
le loro lingue furono intrecciate fra loro e lentamente cominciarono a
comunicare ad un livello estremamente profondo, il campanello di casa
suonò interrompendoli bruscamente.
Cristiano
si separò sbuffando, ma ormai era troppo immerso nella pace per
aizzarsi contro lo sventurato alla porta chiunque esso fosse. Voleva
solo riprendere il discorso con Ricardo in fretta.
Lo
lasciò ed andò ad aprire chiedendosi chi a quell’ora non cenasse ma
preferisse rompergli le palle.
Quando
lo vide, il suo viso espresse liberamente tutto lo stupore e lo shock.
Perché tutti si sarebbe aspettato in quel momento tranne che José
Mourinho.
Non
attese che lo facesse entrare.
Si
fiondò subito dentro senza nemmeno stupirsi di trovarci Ricardo. Un
Ricardo che appena lo vide si terrorizzò immaginando che dopo tanta
fatica quei due si mettessero a fare la famosa terza guerra mondiale.
José
fece alcuni passi sotto gli occhi esterrefatti dei due ragazzi, giunto
in mezzo all’enorme salotto si fermò, si girò verso Cristiano a qualche
metro e alzando il famoso dito come aveva fatto al campo d’allenamento
qualche ora prima, riprese il round con una furia tale da poter
spazzare via chiunque nel raggio di un chilometro.
-
Tu non puoi permetterti di fare tutto quello che pensi di poter
permetterti di fare e che poi fai! Tu sei Cristiano Ronaldo ma io sono
José Mourinho e se dico che certe cose non le puoi dire tu non le dici!
- Ammutoliti rimasero immobili ad ascoltarlo consci che quello era solo
l’inizio. Infatti enormemente infuriato proseguì con uno sguardo
infuocato: - Tu puoi pensare quel cazzo che ti pare ma te lo tieni per
te, lo dici a chi ti pare ma non ai giornalisti. Non sputtani i tuoi
compagni così. Una squadra è tale perché ci si protegge a vicenda
sempre e comunque, a qualunque costo ed in ogni caso! Cosa ti ho
dimostrato ieri sera facendomi espellere per Pepe? Pensi che non
sapessi che così facendo mi avrebbero buttato fuori? L’ho fatto per
protestare, per schierarmi dalla vostra parte, io ci metto la faccia, i
soldi quando mi multano ed il lavoro se mi licenziano. E bada che
nonostante quello che tutti pensano, possono farlo! E voglio un
ringraziamento perché metto in gioco io per primo il culo. Non voglio
un grazie od una stupida leccata. Voglio solo che impariate le lezioni
che vi do con tanta fatica! Su una cosa non transigo, Cristiano. Che un
membro della squadra volti le spalle agli altri. È colpa di tutti se
uno fallisce. Se uno cade cadono tutti. Se uno sbaglia gli altri lo
difendono anche se sono contro di lui. È una linea compatta sempre e
comunque. Poi ti prendi quello con cui hai un problema e lo risolvi fra
te e lui. - Prese respiro -un ringhio più che altro- e si avvicinò al
ragazzo più alto di un paio di centimetri. Sia lui che Ricardo erano
immobili ed ammutoliti, non pensavano nemmeno. Lo fissò dal basso e lo
prese per il colletto della maglia firmata avvicinandogli il viso al
proprio fino a toccarsi coi nasi, quindi minaccioso e fermo concluse: -
E se tu hai un problema con me me ne parli nel momento in cui sorge.
Subito. Prima di farlo con chiunque altro. Io sono il tuo pilota, tu mi
devi tutto, in questo momento. Se pensi che sbaglio hai le palle per
dirmelo e lo fai subito. Perché io do tutto per voi e tu per me sei la
mia Ferrari. Io punto tutto su di te, tu per me adesso sei la persona
più importante e non vai a dire che non ti piace l’impostazione di una
partita, perché significa che non ti piace il mio lavoro e se non ti
piace il mio lavoro tu mi pugnali ed io odio essere pugnalato da tutti
ma da chi considero la mia auto numero uno è inammissibile. Adesso
voglio che tu mi dica una volta per tutte e liberamente quello che
pensi e non me ne frega di cosa si tratta. Dillo. Io devo sapere se sei
ancora la mia auto da corsa migliore. Se io e te abbiamo dei problemi
la squadra affonda e non possiamo permettercelo. Sei la mia Ferrari? Lo
sei ancora? -
Ricardo
non si azzardò ad intervenire, infatti rimase fermo ad osservare la
scena curioso sulla reazione di Cristiano.
Questi,
infatti, era ancora senza fiato e come se gli avessero staccato la
spina sembrava morto.
Si
preoccupò ma decise che doveva lasciarlo fare.
Dopo
pochi istanti finalmente parve svegliarsi e senza sapere cosa dire di
preciso, semplicemente agì d’istinto così come faceva sempre. In quei
casi o sbagliava alla grande o aggiustava tutto.
Questa
volta fu la seconda.
Cristiano
abbracciò José di slancio stringendolo come se fosse davvero un figlio
che aveva litigato brutalmente col padre e poi avesse finalmente fatto
pace.
No,
Ricardo lo sapeva bene… sapeva che era costituzionalmente incapace di
darsi torto, però quello era un voler riallacciare i rapporti a modo
suo e sorrise nel vedere che l’uomo adulto ricambiò con un’espressione
inizialmente sorpresa e colpita poiché non si aspettava una reazione
simile; poi fu semplicemente contento come ultimamente non era ancora
stato.
-
Ho capito cosa hai detto e perché ti sei arrabbiato tanto. Hai ragione,
tu per me sei il mio pilota e se per te sono altrettanto importante non
voglio che cambi niente. È solo che la partita mi ha mandato fuori di
testa, non mi è piaciuto come abbiamo giocato ma hai ragione, non
dovevo parlarne a nessun altro che te. Perdonami. - Facendo un discorso
simile Cristiano dimostrò dopotutto un certo coinvolgimento sincero.
Era stato toccato dalle parole del mister e soprattutto dal modo in cui
le aveva dette. Certamente se Ricardo avesse avuto più tempo sarebbe
riuscito a fargliele capire con calma, ma quel metodo probabilmente con
lui era più efficace.
José
gli batté la schiena con dolcezza che non era tipica sua, ma ammise che
dopo la sfuriata e tutte quelle che gli aveva detto, una coccola ci
poteva stare.
Quando
si staccarono Ricardo sorrideva più luminoso che mai e José se lo prese
attirandolo a loro, circondandolo col braccio e spettinandogli i
capelli in modo affettuoso. Il suo ringraziamento per essersi sorbito
il carro armato indisciplinato.
-
Scommetto che lui ti aveva già detto tutte queste cose! - Esclamò
lasciandoli andare ma rimanendo comunque tutti e tre vicini.
Sorridevano sereni come niente fosse, mentre José era addirittura
divertito.
-
Più o meno… ci stava arrivando con calma! - Rispose infatti Cristiano.
-
E’ proprio un Santo! Gli ho comunque risparmiato un po’ di parole… -
Fece quindi l’allenatore carezzando affettuoso la guancia di Ricardo.
-
Pensi che l’avrei capito così in fretta se prima non mi avesse lavorato
lui? - Replicò Cristiano non potendo non dargli i meriti giusti.
-
Ma è ovvio, è per questo che lui esiste! Per spianarmi la strada nei
tuoi confronti! -
A
tutti gli screzi annullati con la facilità che solo gli uomini
riuscivano a mettere dopo un litigio simile, rimasero a ridere e
scherzare insieme ancora un po’. Accomodati nel soggiorno di Cristiano
finirono per bere e mangiare qualcosa insieme, con le menti
completamente rilassate fino a che non lo furono troppo, almeno per uno
di loro.
Non
che i discorsi si fossero fatti troppo noiosi, ma probabilmente per
Cris non erano di gradimento visto che si erano spostati sulla nuova
nascita, cioè la piccola figlia di Ricardo. Fu per quello, forse, che
per non innervosirsi decise di esternarsi dai loro dialoghi e finì nel
dolce mondo dei sogni.
Dolce
se non altro perché si era appoggiato alla spalla di Riky e questi
senza farci caso l’aveva circondato col braccio facendolo accomodare
col capo sull’incavo del collo. Non aveva nemmeno notato che non si era
ritratto a quel gesto d’affetto, solitamente se erano davanti a
qualcuno -che pur sapesse di loro non contava- non si lasciava mai
andare, ma il discorso su Isabella l’aveva preso così non aveva fatto
caso a Cris.
Fu
José con uno strano sguardo misto fra il divertito e l’indecifrabile ad
interrompersi indicando il peso morto che aveva addosso e che per stare
ancora più comodo gli aveva circondato la vita col braccio. Solo allora
Ricardo se ne accorse e sorpreso chiese:
-
Dorme? - Naturalmente da come era messo non riusciva a vederlo in viso
ma sentiva il suo torace alzarsi e abbassarsi piano, indice di una
respirazione regolare.
-
Come un angioletto! - Il brasiliano sorrise divertito dal paragone e
non tanto per quello in sé quanto per l’espressione scettica di José,
come se non credesse lui stesso che quel piantagrane potesse essere un
angioletto. Dopo tutte quelle che gli aveva combinato in poche sere…
-
Non si è praticamente riposato da ieri e tutta la tensione si è sciolta
solo ora che ha fatto pace con te. - Lo giustificò Riky con fare pacato
e protettivo. Si vedeva quanto ci teneva anche solo per come se lo
teneva addosso muovendosi il meno possibile e parlando sotto voce per
non disturbarlo.
L’allenatore
colse l’occasione per parlare con lui dell’accaduto senza le orecchie
precipitose ed indiscrete del diretto interessato e continuando ad
osservarlo dormire della grossa, disse con una strana espressione:
-
Mi auguro che abbia davvero capito. Non importa se aveva ragione o
torto a muovere le poco velate accuse che ha alzato. Conta che doveva
parlarne esclusivamente con me, perché dopotutto ero io il vero
responsabile, dal suo punto di vista, dell’errore. Comunque affinché
gli entri meglio in quella testaccia dura sabato non lo convoco. Così
fra l’altro si riposa. - Ricardo rimase colpito da quell’esternazione,
come se stesse pensando ad alta voce. Non gli aveva fatto delle domande
vere e proprie, tanto più che parlava osservandolo con
quell’espressione intensa e assorta. Capì quanto contasse per lui
Cristiano e alla luce di ciò che sapeva, non poté comunque trattenersi
dal rispondergli con quella dolcezza tipica sua, accarezzando
distrattamente la schiena del compagno ricurvo su di sé.
-
Lui è come innamorato di te, per questo se l’è presa tanto. L’altra
sera era sull’orlo delle lacrime, dalla rabbia. Era evidente che ce
l’avesse con te. Ho faticato a convincerlo che poi sarebbe andato tutto
a posto e che dovevate solo parlarvi, poi però avete litigato e lui è
stato anche peggio. Sai, tanto lui è in adorazione di qualcuno, tanto
poi reagisce male se pensa che questo lo deluda o sbagli. Non ti dico
il dramma che è venuto fuori quando gli ho detto che mia moglie era di
nuovo incinta. - José ghignò immaginandosi ma poi tornò subito serio,
questa volta alzando gli occhi su quelli neri e maturi di Ricardo,
invitandolo così implicitamente a proseguire. - E’ una persona molto
faticosa perché da chi ama pretende tutto e prende via ogni energia,
però al tempo stesso dà tanto. Semplicemente lui ti venera ma non solo,
è amore vero e proprio, solo di un tipo più strano, diverso da quello
che c’è fra me e lui o che ha magari per la famiglia. Tu per lui sei
l’esempio, il punto di riferimento, il suo obiettivo, la sua costante…
- Si fermò rendendosi conto di non saper più come spiegare il
sentimento che Cris provava per il mister e cercando di capire se era
stato esauriente, scrutò attentamente il suo sguardo. Quando vi lesse
l’emozione pura capì che era andata a buon fine. José aveva gli occhi
lucidi e li stringeva cercando di nasconderlo, incapace comunque di non
rimanere colpito da quelle parole.
Ricardo
allora sorrise teneramente, lieto di essersi fatto capire bene e di
aver provocato una reazione così umana. Lo vide che era proprio
‘ingroppato’, come si soleva dire in gergo, e non osò proseguire. Cercò
un modo per sollevarlo un po’ e non osando carezzarlo o simili, gli
mise il pugno sul ginocchio in un leggero buffetto incoraggiante,
quindi accentuò il suo sorriso sereno che parlava molto più di ogni
altra parola.
Sapeva
davvero cosa dire, José dovette ammetterlo.
Non
si metteva in mezzo mai, ma proprio mai, però se per caso decideva di
farlo potevano tutti stare sicuri che il suo intervento nessuno
l’avrebbe dimenticato.
Cristiano
ne sapeva qualcosa, infatti non per niente era così perso per lui.
José
sospirò scuotendo il capo, riuscì con sforzo a rimanere in sé, quindi
senza pensarci prese la sua mano ancora stretta a pugno sul ginocchio e
se la portò alla bocca. Non fece niente, nemmeno la baciò. Si limitò a
sfiorarla con le labbra serrate, conscio che se avesse detto qualcosa
la voce l’avrebbe tradito e lui detestava dimostrare certe emozioni
troppo vive. Anche se era solo con Ricardo.
Era
però sempre bello sapere in ogni caso che tutti gli sforzi per tirare
su i suoi ragazzi secondo i propri valori poi venivano ricambiati a
quel modo, era un ritorno incredibile sapere di un tale enorme sincero
apprezzamento, nonostante dopotutto lo sapesse. È che sentirselo dire
da un terzo era come una firma.
Era
così.
Punto.
Ricardo
capì il senso di quel gesto e ne rimase colpito ma si addolcì rimanendo
ad accarezzarlo con lo sguardo più morbido che mai, curando così
involontariamente anche la tensione tiranna di José che dopotutto non
era di certo poca, quella che pesava sulle sue spalle.
Dover
essere sempre costantemente forte in ogni caso e non rimangiarsi mai
niente per nessuna ragione al mondo e solo per insegnare qualcosa di
importante ai suoi ragazzi, qualcosa che magari veniva anche fraintesa,
non era facile. Non lo era nemmeno giocarsi a quel modo tutto quello
che aveva, carriera e faccia per primi e poi subire accuse dalla
persona che probabilmente, in un certo modo, contava più di tutti gli
altri.
Sentendo
le accuse di Cristiano si era sentito montare dentro una furia inaudita
ed aveva faticato a non cacciarlo dalla sua squadra. Cacciarlo
seriamente. Proprio da lui che pensava di poter sempre essere certo al
cento percento di essere capito e di averlo dalla propria
indistintamente.
Alla
fine poteva dire che era tutto passato, se il ragazzo aveva capito il
proprio errore e non vi sarebbe più caduto.
Per
sicurezza l’avrebbe punito comunque.
Dopo
un momento interminabile, José riuscì a riprendersi abbastanza e
lasciando andare la mano di Ricardo, tornò sorridendo accattivante:
-
Mica ti terrai quel toro morto su di te tutta la notte! È capace di non
svegliarsi più, sai?! - Ed era vero. Riky sorrise al paragone mentre lo
guardava alzarsi e raccogliere le proprie cose che aveva seminato prima
di accomodarsi nel divano con loro.
-
Non ho cuore di svegliarlo. - Rispose semplicemente provocando una
risatina sadica nell’altro.
-
Sei troppo buono! Guarda che domani non ti voglio tutto rotto agli
allenamenti! - Replico fintamente severo puntandolo col dito ed
avviandosi alla porta d’ingresso. Il ragazzo lo seguì con lo sguardo
appoggiando la testa dietro di sé, in quello sentì tutta la stanchezza
della giornata schiacciarlo e la sua, di tensione, abbandonarlo. La
tensione di tenere buono quel guerrafondaio di Cris che ora dormiva
beato.
-
Chiudi la luce, per favore. - Gli disse sentendo le forze scemare
repentinamente e allungando i piedi sul tavolino basso davanti a sé.
José
si fermò e li guardò con uno di quegli sguardi insoliti ed
incomprensibili, quelli di chi pensava tanto, forse troppo, e non
avrebbe mai detto nulla.
Dopo
di che augurando la buonanotte, chiuse la luce e se ne andò con quella
strana ed inspiegabile leggerezza dentro.
Non
sapeva ancora bene quale fosse di preciso il ruolo di Ricardo in quella
squadra, aveva avuto degli anni difficili dal suo arrivo al Real
Madrid, ma capiva che lentamente si stava delineando con sempre più
precisione ed era certo che entro breve l’avrebbe capito.
Rimasto
solo con Cris completamente appoggiato addosso, tutto abbracciato a
lui, Riky non potendo guardarlo in viso l’accarezzò scendendo dalla
fronte rilassata alla guancia calda e poi alle labbra morbide
leggermente schiuse per il sonno profondo in cui era calato.
Si
delineò perfettamente la sua espressione che doveva essere davvero
tenera, per uno che lo poteva essere solo se dormiva o se faceva
l’amore, quindi sospirò completamente rilassato e sistemandosi più
comodo che poté, chiuse gli occhi lasciando che il sonno lo cogliesse
dolcemente.
Dolcemente
almeno quanto Cristiano l’indomani che svegliandosi ancora fra le sue
braccia tutto addosso a Ricardo, dopo aver dispensato insulti a destra
e a manca per aver fatto fare al suo ragazzo una notte così scomoda,
l’aveva sistemato steso nel divano. Dopo di che l’aveva baciato
delicatamente sulle labbra conscio che tanto nessuno lo vedeva e che
poteva fare l’innamorato svenevole quanto voleva.
-
Il mio calmante naturale. -
Davvero
la cosa migliore che sarebbe potuta capitare nella sua vita.
FINE