CAPITOLO X:
NON CERTO SOLO IL CORPO

Mentre Karim e José erano alle prese con la loro storia molto passionale e coinvolgente, Ricardo e Cristiano erano alle prese con altri generi di eventi.
Nonostante l’egocentrico per eccellenza aveva deciso di allentare quella ‘strana cosa’ con l’angioletto per non ritrovarsi infangato in qualcosa in cui non voleva ritrovarsi, l’angioletto in questione si era tirato su le maniche per mantenere tutto il loro rapporto il più professionale possibile e non avere assolutamente più contatti strani con lui.
Apparentemente le medesime intenzioni.
Peccato che fra il dire ed il fare ci fosse di mezzo l’universo intero!
Per quanto riguardava Cristiano a giocare in contropiede arrivò la gelosia: come poteva Ricardo occuparsi anche di Karim?
Quello stronzo di José non poteva prendere i suoi assistenti personali e piazzarli a chi gli pareva!
Doveva subito marcare la sua proprietà privata e far capire che era suo ed intoccabile, che nessuno poteva fare quel che voleva con le sue cose. Fargli capire che le persone non erano cose sarebbe stata un’impresa.
Per quanto riguardava Ricardo, invece, il problema era l’ormone traditore.
Poteva convincersi di tenere le distanze quanto voleva, ma se finchè anche solo guardandolo e ascoltandolo cantare si scioglieva come neve al sole e gli veniva di nuovo quella voglia matta di… rifare quelle cose fatte nel suo letto… c’era poco da stare tranquilli.
Decisamente, dunque, fra il dire ed il fare c’era di mezzo l’universo.
Mica poco!
Già solo il sentirlo cantare era un dramma, la sua voce sapeva essere sensuale anche se non cantava una canzone erotica di suo. Poi i suoi movimenti davanti al microfono, come si ostinava a strofinare il bacino sull’asta, come ammiccava…
Ammiccava?!
Ebbene sì, addirittura gli ammiccava.
Non era per niente normale, per niente.
Era terrorizzato dall’idea che tutto quello sarebbe degenerato anche perché nonostante non sapesse bene il modo in cui poteva degenerare, di sicuro c’era di peggio.
Quando le prove finirono e Karim se ne andò da solo a casa da José così come tutti gli altri alla propria, Ricardo si ritrovò a dover fare la strada da solo ed una volta avviato per il marciapiede si era sentito quasi risollevato nel constatare che era riuscito a limitarsi ad ascoltare e basta. Ovvero era stato indolore a parte tutte le voglie che gli erano nate guardando Cristiano, non c’erano stati contatti di alcun genere ed i due non si erano nemmeno parlati.
I ragazzi avevano solo commentato più o meno maliziosi che Cris da quando era assistito da Riky cantava meglio del solito e qualcun altro aveva aggiunto ridendo che era merito del modo in cui l’assistente in questione ormai lo fissava. Lascivo, come se veramente esistesse solo lui, esattamente come voleva il cantante.
Arrossì a ripensarci e si prese le guance bollenti fra le mani.
“E come lo guardavo?!”
Si chiese agitato sperando di poter controllare in qualche modo la sua mimica facciale.
Perso in queste considerazioni per poco non venne investito, quando col batticuore realizzò di averla scampata, dal finestrino che si abbassò spuntò il viso accattivante e sexy del diavolo a cui aveva pensato tutto il tempo.
Poi se ne rese conto.
Aveva pensato a lui in termini di persona sexy, era proprio perduto.
- Sali che ti do un passaggio! Non puoi girarmi a piedi a quest’ora… sei un bocconcino troppo prelibato! - Ricardo non fu sicuro di aver capito il paragone ma prendendolo come un gesto di inattesa gentilezza, accettò di buon grado salendo in macchina.
Solo quando fu dentro e vide meglio gli occhi particolarmente brillanti di Cris, ebbe la sensazione di essere Cappuccetto Rosso che se ne andava via insieme al Lupo Cattivo.
“Ormai ci sono, che faccio, mi metto a gridare che mi faccia scendere?”
Sul momento gli parve l’idiozia più assurda ma quando lo vide deviare da quella che sarebbe stata casa sua, capì che invece le urla non sarebbero state tanto fuori luogo.
- Dove… dove stiamo andando? - Chiese piano sperando di ottenere una risposta esauriente che non lo preoccupasse più di prima.
- Vedrai! - Ecco, appunto.
Ricardo cominciò a sudare freddo e a muoversi di continuo sul sedile come avesse le molle sotto di sé e nonostante avrebbe voluto insistere e insistere e insistere per saperlo, alla fine rimase paralizzato guardando il sole scendere sulla città che scorreva via velocissima davanti ai suoi occhi.
Stava arrivando il tramonto e lui era in giro verso chissà dove proprio con la persona che l’aveva messo in un subbuglio atroce.
Ce l’avrebbe fatta a sopravvivere?
Quando l’auto si fermò Cristiano era ancora in silenzio, la musica era stata assordante ma Ricardo l’aveva preferita.
Tutto si fermò di colpo, musica e auto, e quando guardò fuori per un momento non fu sicuro di niente.
- Dove…? - Cristiano però era già sceso e fatto il giro gli aveva aperto la portiera.
- Dai, scendi! - Lo intimò impaziente ma con un’aria sospettosamente contenta.
Ricardo preso sempre più alla sprovvista si trovò ad assecondarlo e quando fu preso per il braccio e trascinato davanti alla macchina, ogni funzione vitale rimase sospesa.
- Oh mio Dio… - Mormorò guardando lo spettacolo che gli si parava davanti agli occhi.
L’aveva portato su una collina a ridosso della città che ora potevano ammirare nella sua splendida interezza proprio in pieno tramonto.
Il sole abbracciava con i suoi colori caldi tutto il paese sottostante e luci si accendevano facendo di un posto che di giorno era come tanti, qualcosa di speciale.
Ricardo era certo di non poter assistere ad uno spettacolo più splendido e quando si riprese dalla profonda sorpresa cui era stato soggetto, lo fece solo per girarsi verso l’amico a ringraziarlo.
Solo allora lo vide che fissava lui al posto della città.
- Gra… grazie… è splendido… - Mormorò flebile con l’entusiasmo che si spegneva automaticamente.
Arrossì al suo sorriso di risposta perché lo trovò particolarmente aperto e semplice al tempo stesso e non sapendo cos’altro dire e fare tornò sullo spettacolo davanti. Non riuscì più a rilassarsi né tanto meno a goderselo come all’inizio, ma fece del suo meglio per non andare del tutto in tilt.
Era stato un gesto carinissimo portarlo lì per guardare insieme il tramonto su quella splendida città, non doveva vederci niente altro anche se sentire il suo sguardo fisso addosso, quello sguardo così ammaliante e bruciante quanto quel sole che tramontava, era davvero dura.
- E’… proprio bello… - Mormorò poi nella speranza che tornando a fare conversazione su un argomento neutro potesse aiutarlo a sciogliersi. Lui adorava quelle manifestazioni meravigliose della natura, erano l’impronta di Dio sul mondo e da quando si era trasferito in quella città enorme non aveva avuto modo di godersele. Come Cristiano l’avesse saputo lo ignorava ma forse l’aveva solo immaginato.
- Lo so. - Rispose sicuro Cristiano. La voce gli indicò che lo stava ancora guardando e per un momento di storica presunzione Ricardo si chiese se si riferisse alla natura o a sé.
- Come sapevi che adoro la natura in tutto il suo splendore? - Chiese continuando a fissare quasi con ossessione la città sottostante per non guardarlo in viso: era ancora vicino a lui, ancora ad osservarlo sfacciato. A cosa pensava? Non riusciva ad immaginarlo ma non glielo avrebbe mai chiesto.
- Tuo zio ha una fattoria, pensavo che potessero piacerti gli animali. Non sono tipo da zoo o cose simili, però per uno spettacolo della natura posso fare qualcosa. - Spiegò rivelando che aveva pensato con attenzione ad ogni cosa si erano detti quella mattina.
E non solo.
“Voleva fare qualcosa di carino per me a tutti i costi e provando a capire da solo cosa potesse piacermi ha cercato di farmi una sorpresa. Bè ci è riuscito e non tanto per lo spettacolo in sé che comunque è splendido quanto per il fatto che si è sforzato di fare qualcosa per me. Non fa niente che non sia per sé. Che sia un modo per scusarsi di questa mattina? Dopotutto non ha più fatto niente che non andava, non ha più parlato di quei contatti e non ci ha più riprovato… magari se ne è pentito e questo è il suo modo per dimostrarlo.” Eppure all’eventualità che fosse così si trovò quasi scontento, in un certo senso…
Nell’esatto istante in cui ci pensava, Cristiano gli percorse il profilo morbido e lineare con la punta del polpastrello e Ricardo perse il respiro.
Si girò istintivamente senza nemmeno pensarci completamente sconnesso e mentre i brividi di quella mattina tornavano prepotenti ed identici, sentiva le proprie guance colorarsi di nuovo come matte.
Si sarebbe accorto del suo imbarazzo? Con quella luce dorata di tramonto poteva anche non essere, dopotutto…
Cristiano però ora lo guardava da pochi centimetri che li separavano e poteva notare anche il contorno nero delle pupille nelle sue iridi estremamente scure ed intense.
La luce calda e tenue, l’atmosfera estremamente romantica, la solitudine ed il silenzio completo.
E loro due.
Tutto perfetto, pensò Cristiano.
Questa volta era stato bravo, non si era limitato a portarlo a casa sua e ad andare dritto al sodo esattamente come gli piaceva, aveva provato a pensare a cosa gli sarebbe potuto piacere, come si sarebbe rilassato.
Ci era riuscito, ora era ben disposto, tranquillo e sebbene estremamente imbarazzato, si capiva che non si sarebbe opposto a niente.
Con quel gesto aveva voluto averlo ed ora infatti ce l’aveva in mano.
Non lo toccava eppure ce l’aveva in mano.
Aveva tolto la mano dal suo viso e l’altro continuava a fissarlo sbalordito e imbarazzato, aveva quella costante purezza di fondo ed ingenuità limpidissima in tutto quello che faceva che veniva da chiedersi se fosse vero.
Ma cosa ancora più inquietante per lui era la domanda che continuava a porsi a ripetizione.
“Perché mi piace tanto tutto questo suo candore? Normalmente vado con gente che è completamente al suo opposto. Frequento persone discutibili oltre che smaliziate e disinibite. Per non dire reietti della società, il più delle volte, come ad esempio quando vado coi trans e cose simili. Perché insisto tanto sull’avere le sue attenzioni tutte per me e per assicurarmi che continui a rimanere in piena tempesta ormonale per me? È solo un fattore d’egocentrismo unito ad una voglia fisica senza precedenti? Ma perché?! È un bel ragazzo, è diverso dai soliti ma… non me ne capacito. Cos’ha di preciso che mi attrae tanto e mi fa fare cose tanto fuori dal mio solito stile?”
Per rispondere a quella domanda Cristiano ci avrebbe messo non poco e proprio quando persi l’uno nello sguardo dell’altro si stava per avvicinare ancora e baciarlo, si irrigidì capendo che non poteva.
Se erano solo cose sessuali era un conto ma un bacio in un momento simile no, non lo sarebbe stato.
Sarebbe stata solo una cosa sentimentale e romantica e lui non voleva quelle cose, non ne era capace, le odiava. Erano finte e basta.
Quindi si fermò ad un soffio dalle sue labbra e capendo che comunque aveva vinto perché l’altro non avrebbe mai avuto la forza di opporsi e contrastarlo, tornò sui suoi passi e sfiorandogli la schiena leggero lo sentì sussultare.
- Ti va di mangiare qualcosa insieme? - che comunque nei suoi piani sarebbe dovuto essere solo un ‘ti accompagno a casa’ per stordirlo e portarlo fuori strada.
Ricardo dal canto suo nemmeno ci pensò, se l’avesse fatto avrebbe disperatamente cercato delle motivazioni valide per rifiutare e tornare a casa sua al sicuro senza comunque trovarne nemmeno una. Ma lì non attivò la materia grigia ed istintivamente accettò docile con un sorriso gentile che fece sciogliere Cristiano.
Un Cristiano che riuscì a sentirsi anche peggio.
No, decisamente lì di fisico e sessuale non c’era niente.
O meglio se lo sarebbe scopato dalla mattina alla sera ma avrebbe voluto anche coccolarlo, abbracciarlo, baciarlo, guardarlo, toccarlo, parlarci. Parlarci per sapere di lui e sentire cosa pensava, cosa voleva, cosa gli passava per la testa.
Non aveva mai passato una cosa simile e salendo in macchina si chiese cosa ci fosse di sbagliato in lui ora. Non aveva mai fatto cose del genere, perché ora voleva?
Lui non sapeva amare, glielo aveva rinfacciato brutalmente Iker e lui era stato estremamente d’accordo.
Quindi ora cosa c’era?
Cosa voleva di preciso da Ricardo?
Non certo solo il corpo.
Seppure spaventato -e non l’avrebbe comunque mai ammesso nemmeno a sé stesso- non riuscì a frenarsi e a riportare tutto sul piano a lui congeniale.
Non riuscì a fermare niente di niente.

Non pensò nemmeno un istante di portarlo in un ristorante per rilassarlo. Ricardo in un posto neutro e pubblico si sarebbe di certo sentito più tranquillo e non era proprio quello che voleva, gli piaceva così imbarazzato solo per lui.
Lo portò a casa sua.
Ricardo riconoscendo l’enorme villa in cui viveva si preoccupò sentitamente e ammutolendo fissò tutto con grandissimi occhi terrorizzati.
Cosa poteva fare?
Si mise a pregare mentalmente, ormai era lì, aveva accettato il gentile invito ed anche se gli sembrava tanto una cosa interessata, non poteva essere maleducato e scappare. E poi come? Con che soldi? Finché non lo pagavano non aveva più un soldo e di fatto accettare inviti a cene, pranzi e feste era l’unico modo per mangiare.
Dio provvedeva a lui, lo sapeva bene, per questo doveva accettare tutti gli aiuti che gli dava. Solo che non poteva non chiedersi se quello, questa volta, non fosse un tantinello troppo pericoloso.
Di certo ognuno doveva subire e vincere delle tentazioni, nessuno poteva esserne immune.
Quella era la sua, si disse scendendo dall’auto.
Ora doveva solo resistere e vincerla.
Una sciocchezza.
Quando entrarono Ricardo rimase impalato sull’ingresso. Un ingresso molto ampio e spazioso.
Fu Cristiano che dovette richiamarlo per dirgli di entrare e mettersi comodo.
- Cosa ti va di mangiare? - il ragazzo per un momento riuscì a distrarsi, magari anche quello era un tentativo di scusarsi per quella mattina, cercava di instaurare finalmente un normale rapporto d’amicizia, perché no…
Sorrise tirato e si strinse nelle spalle:
- E’ uguale, quello che vuoi tu. - Quando Cristiano sorrise sicuro di sé, ebbe la sensazione di essere ancora Cappuccetto Rosso al momento in cui il Lupo Cattivo lo stava per divorare.
“Che sciocchezza, non sono io la sua cena!”
Si prese in giro trovando improvvisamente troppo realistiche quelle favole da bambini.
- Ti va di provare indiano? - Chiese come se volesse veramente sapere il suo parere. Ricardo annuì, non l’aveva mai provato ma non si negava niente, gli piaceva assaggiare nuovi cibi. In quel senso, e solo in quello, era molto aperto.
Quando tornò da lui in soggiorno dove l’aveva lasciato, si mise dietro ad un piano bar molto grande e chiedendogli cosa volesse bere per aperitivo, Ricardo tornò a stringersi nelle spalle come se fosse indifferente. Solo quando lo vide prendere una bottiglia di vino bianco realizzò di non potergli lasciare campo libero e allarmato cambiò idea:
- Ma niente di alcolico, ti prego! - Cristiano rise mettendo giù la bottiglia. Almeno per quello poteva accontentarlo… tanto non gli sarebbe servito essere ubriaco ed anzi, quando beveva diventava molto più attaccato a Dio.
No, si disse correggendosi, meglio lasciarlo sobrio… sarebbe stato più che sufficiente per quel che aveva in mente.
Giocare con lui.
Solo giocare con lui.
Quando si sedette nel divano cominciarono a bere il loro aperitivo, alcolico per uno e analcolico per l’altro; Cristiano sembrava ancora in piena fase di studio e Ricardo continuava a pregare che andasse tutto bene.
Con sua somma sorpresa l’altro decise di parlare, finalmente, e cominciare una conversazione davvero normale.
“Era sempre ora!”
Pensò fra sé e sé.
- Allora non ascolti musica… -
Ricardo cominciando a rilassarsi nel sentirsi più sicuro riguardo le impressioni che Cris cercasse solo un modo per scusarsi, rispose sorseggiando il suo drink:
- No, la mia cultura musicale arriva solo a quella di chiesa perché canto nel coro. -
Cristiano non sembrò abbattersi e cogliendo un ottimo spunto, proseguì sempre con la sua tipica sicurezza e abilità nel conversare:
- Allora sei intonato! -
Ricardo si strinse nelle spalle sentendosi ora su un campo comunque a lui sfavorevole…
- Non certo ai tuoi livelli… insomma, sei tu il cantante, io sono solo un baritono in un coro di chiesa, niente di che… e per giunta essendo arrivato qua da poco non mi sono nemmeno amalgamato molto bene. - Cristiano improvvisamente era molto interessato al tipo di vita che faceva così come al motivo per cui si era trasferito.
Si sistemò sul divano in modo da guardarlo meglio e cogliere ogni dettaglio del suo bel viso delicato, quindi l’altro arrossendo appena per il tipo di sguardo con cui lo scrutava intensamente, cercò di rimanere in sé.
- Come mai ti sei trasferito? Dove vivevi prima? -
Ricardo ancora stupito che volesse sapere qualcosa di lui tornò a rilassarsi, era una continua altalena, con lui, e si chiese quale sentimento avrebbe vinto per la fine della serata.
Con mitezza si decise a parlare di sé:
- Ero in Brasile, prima, a casa mia, ma era da molto che progettavo la mia partenza. Ho sempre avuto quella di andarmene e venire qua negli Stati Uniti. -
- Ma perché proprio qua a Los Angeles? -
A questo punto Ricardo si oscurò liberamente, non sembrava capace di nascondere niente e Cristiano ne rimase colpito specie perché non l’avrebbe mai creduto capace di espressioni tristi. Non aveva paura di rivelare ciò che sentiva. Lo invidiò, per un momento.
- Purtroppo ho avuto un brutto lutto. Mio padre era morto qualche anno fa e da allora mia madre si è lasciata andare, è morta piano piano e siccome io volevo venire negli Stati Uniti sin da piccolo, quando è venuta a mancare ho colto l’occasione per voltare pagina e provare ad andare avanti. Sono venuto qua perché in periferia abita mio zio Tomas, ha una fattoria. Lui è il fratello di mia madre e mi ha detto di andare a vivere con lui se mi andava. Io ho accettato solo per metà, non volevo pesargli. Avevo da parte molti risparmi e sono venuto in città, in affitto, però ho notato che trovare lavoro è davvero complicato qua. Fortunatamente ho trovato il tuo annuncio e… bè, ho pensato che fosse un dono di Dio. Anche se mi toglieva qualcosa, nella vita poi non mi ha mai fatto mancare niente. Ha sempre cercato di compensare le mancanze. Non si può vivere senza mancanze, è impossibile che vada sempre tutto bene ma si deve saper cogliere il positivo successivo. C’è sempre. -
Sarebbe stato ore a parlare di sé e non perché fosse un tipo egocentrico, anzi. Era molto socievole e loquace ma avrebbe continuato perché vedeva Cristiano interessato a quel che diceva e non credendolo possibile si sentì profondamente stordito.
- Ma… ma tu? Parlami di te, sto parlando solo io… - Cristiano normalmente avrebbe colto quell’invito molto volentieri ma in quel momento di domande per la testa erano solo rivolte a lui e le fece uscire senza il minimo problema.
- Come mai hai tutta questa fede? Una fede simile non viene perché te la insegnano, viene perché capita qualcosa di speciale. - Questa domanda sorprese profondamente Ricardo che si convinse in un istante che dietro all’iniziale trauma ci fosse molto più di quello che era sembrato. Veramente Dio glielo aveva mandato sul suo cammino, il motivo ancora non lo capiva ma era certo che sarebbe venuto fuori.
- Quando ero piccolo ho avuto un brutto incidente. Sono caduto da un trampolino ed ho sbattuto la testa sul bordo della piscina. Me la sono rotta e sono stato per morire. Sarei dovuto andarmene, ero molto grave ed i medici hanno detto che solo un miracolo poteva avermi salvato perché non se lo spiegavano proprio, soprattutto che io dopo un trauma simile non avessi riscontrato conseguenze. Non posso che credere, capisci? - Disse poi con un’intensità tale da spiazzare totalmente Cristiano.
Rimase inebetito a guardarlo e si chiese come mai a lui un miracolo simile l’avesse fatto avvicinare tanto alla fede mentre lui che aveva vissuto una vita perfetta e felice non ci si era mai avvicinato.
Non era che non ci credesse…
- Tu ci credi? - Chiese infatti l’altro come se gli leggesse nel pensiero.
Cristiano rispose spontaneamente quasi parlasse a sé stesso. Era diverso dal solito, quasi vero.
- Non è che non ci credo… non mi ci sono mai avvicinato… tutto lì… - Era una differenza sostanziale e Ricardo lo sapeva.
Rendendosi conto che i bicchieri erano vuoti da un pezzo si accorsero che il tempo era volato solo dal campanello alla porta.
Entrambi si riscossero come cadessero giù da una sedia e sospirando Cristiano parlò a malincuore cercando di far tornare tutto alla normalità. Alla propria, cioè. Una normalità dove si era sempre sentito più a suo agio.
- La cena! - Esclamò alzandosi ancora stordito come se si fosse confessato.
Come poteva sentirsi leggero solo per una conversazione simile? Non poteva proprio capire cosa fosse successo anzi… non poteva capire cosa stesse succedendo.
Non ci riusciva assolutamente.