CAPITOLO
XI:
CON
FURBIZIA
La
cucina era molto spaziosa e tipicamente americana, l’angolo cottura
ricopriva metà stanza mentre l’altra era adibita a zona pranzo. C’era
infatti un tavolo non da cerimonia ma da uso quotidiano con sei sedie.
Il resto del mobilio erano credenze.
La
sala da pranzo seria da cerimonia era nella sala adiacente al soggiorno
ed erano collegate con un altissimo e largo arco, entrambe le stanze a
formare un enorme salone arredato con gran classe.
Costosamente.
Ricardo
capì solo allora quanti soldi dovesse avere e cercò di non pensare a
tutti quelli che morivano di fame anche perché se avesse ‘sputato sul
piatto in cui mangiava’ sarebbe finito per essere anche lui fra quelli.
-
Allora? - Chiese impaziente Cristiano.
-
Molto buono davvero! Saporito. Estremamente saporito. Ma mi piace. -
Commentò ingoiando il primo boccone.
Era
estremamente piccante e la bocca era talmente a fuoco da avere una
voglia matta di ficcare la testa sotto il rubinetto, ma con coraggio e
forza d’animo ammirevole sperò che gli occhi non si mettessero a
lacrimare, quindi continò a mangiare con un sorriso che invece non
appariva per niente di forzato.
-
E’ piccante, spero tu non abbia problemi con questo genere di cibi.
Quelli indiani sono quasi tutti così. -
Ricardo
accentuò il sorriso con fare vagamente isterico:
-
Si, l’ho notato ma davvero, è squisito! -
Cristiano
si sentì orgoglioso come se l’avesse fatto lui, quindi contento si mise
a mangiare a sua volta. Lui il piccante quasi non lo sentiva.
Solo
quando alzò la testa per versare ad entrambi da bere vide il rossore
spiccato del suo viso ed il gonfiore pazzesco delle sue labbra. Non da
reazione allergica ma da chi non sopportava il piccante e non ne era
proprio abituato.
-
Riky, tutto bene? - Chiese spontaneo con la bottiglia d’acqua a metà.
Ricardo
allora rialzò lo sguardo, era concentrato a mangiare tutto e sbrigarsi
per finire la tortura e nell’essere interrotto di punto in bianco si
era sentito spaesato, così gli occhi avevano preso traditori a
lacrimargli.
Cristiano
aveva conosciuto una marea di gente ma mai nessuno che reagisse così al
piccante.
-
Ma mica sarai allergico! - Esclamò allarmato. Ricardo a quel punto negò
ma non ce la faceva più e mormorando con voce sottile e rotta, svuotò
il sacco sentitamente dispiaciuto come se fosse colpevole di chissà
quale reato:
-
No ma non sopporto il piccante… mi sembra di mangiare brace
incandescente… -
Cristiano
ne rimase sorpreso.
-
Ma potevi dirmelo, starai morendo! Hai una faccia allucinata! -
Ricardo
allora rispose ancora rigido ed in colpa:
-
Mi sembrava brutto rifiutare e poi avevo fame… insomma, sei stato così
gentile ad offrirmi la cena e a portarmi in quel bel posto… - Serata
durante la quale tutti si sarebbero accorti che ci stava provando con
lui. Lui non era tutti.
-
Vuoi acqua? - Gli parve il minimo…
A
quel punto il ragazzo prese la bottiglia che gli stava porgendo e
attaccandosi direttamente alla stessa cominciò a bere a canna senza
fare complimenti e nemmeno controllarsi.
Bevve
tutto il litro spiazzando completamente Cristiano che rimase ammutolito
a guardarlo incredulo, alla fine quando se ne staccò era più rosso di
prima ma per la terribile figuraccia che sapeva di aver fatto e
soprattutto per la maleducazione.
Sentendosi
dunque pieno come un uovo, la fame passò momentaneamente e invitando
Cristiano a mangiare comunque passò tutto il tempo a scusarsi
mortificato vergognandosi come un ladro e a cercare di trattenere tutti
i rutti che gli venivano.
-
Sei incredibile! Potevi dirlo che non sopporti il piccante, pensavo
sapessi che l’indiano fosse così… ma anche quando hai messo in bocca il
primo boccone dovevi essere sincero. -
-
Non volevo essere scortese… - Cristiano scosse il capo come a dire che
era assurdo comunque.
-
Non formalizzarti con me, fa solo quel che ti pare. - Quando finì gli
offrì un caffè ma quando vide meglio le sue labbra ancora scarlatte e
gonfie capì che gli stavano facendo ancora male. Immaginò come dovesse
essere la lingua e lì la voglia di averlo tornò prepotente dopo che era
stata sbaragliata misteriosamente nell’aperitivo dalla voglia di
ascoltarlo.
-
Ti farei il caffè ma so perfettamente cosa ti ci vuole. - Disse infatti
sicuro di sé e ammiccandogli. Ricardo rimase inebetito a guardarlo,
ormai era una sofferenza anche parlare, la lingua gli faceva davvero un
gran male, come se gliel’avessero trafitta.
Quando
tirò fuori dal congelatore una ciotola di cubetti di ghiaccio e gliela
presentò davanti, Ricardo la guardò come se fosse l’invito sessuale
migliore di tutta la storia e senza riuscire di nuovo a trattenersi
immerse le mani, prese due cubetti e se li mise in bocca chiudendo gli
occhi e sospirando.
Ora
cominciava ad andare bene.
Le
risa divertite di Cristiano lo riportarono alla realtà e questa volta
il rossore fu dovuto all’imbarazzo.
Aveva
la consapevolezza di aver fatto un’emerita figura tremenda, peggio
della precedente, ma almeno adesso stava bene!
Sparecchiando
per stare più comodi sul tavolo e permettergli di attingere quando
voleva a piene mani al ghiaccio, si bevve il digestivo.
-
Avrai fame, adesso… l’acqua si sarà svuotata dallo stomaco. - Disse
infatti Cristiano alzandosi per cercare in frigo qualche dolce fresco
che potesse essergli d’aiuto.
-
No no, dai, non voglio disturbare, sono stato già troppo invadente! -
L’altro nemmeno l’ascoltò e quando tirò fuori delle fragole dall’aria
freschissima, il suo sguardo era tutt’altro che amichevole e
rilassante. Aveva di nuovo quella luce strana negli occhi che gli
faceva pensare di essere lui la cena.
Gliele
stava offrendo per mangiarle o cosa?
-
Scommetto che le fragole ti piacciono invece! - Ricardo non fu capace
di mentire, quella volta.
-
Sì molto… - fu così che le mise sul tavolo insieme allo zucchero.
- A
me piacciono così… - E prima di dargli tempo anche solo di pensare
invece di mostrargli come, gliele fece direttamente assaggiare.
Fu
talmente veloce da pensare che l’avesse premeditata, invece stava
improvvisando del tutto.
Prese
la fragola, la intinse nello zucchero e gliela porse. Ricardo non ebbe
tempo di prenderla in mano e mangiarsela da solo, poté solo aprire la
bocca e morderla.
Trattenne
il fiato con l’intenzione di lamentarsi ma prima di riuscirci ed
irrigidirsi si sciolse subito rilassandosi come gelatina al sole.
Era
buonissima.
-
Mmm… - Mugolò puro con tanta innocenza il ragazzo ingoiando il boccone
dopo averlo assaggiato volentieri. In effetti la fame era tornata
eccome. Ma una fame un po’ strana.
-
Lo sapevo… - Fece Cristiano avvicinandosi con la sedia. Lo disse come
se gli avesse fatto una proposta, era languido e lo guardava voglioso.
Si
chiese se fosse per le fragole, magari ne andava matto anche lui…
Solo
quando la intinse di nuovo nello zucchero e gliela ridiede capì che
forse era qualcosa di diverso perché a quel punto poteva fargli fare da
solo, no?
Ricardo
suo malgrado riaprì la bocca e mangiò anche il resto e si mortificò di
avergli per sbaglio leccato anche il dito. Non aveva voluto farlo di
proposito, improvvisamente se l’era trovato dentro…
Provò
a scusarsi ma Cristiano veloce, prima di dargli tempo di parlare o
prendere le fragole da solo, gliene diede un’altra allo stesso modo.
Come
poteva rifiutare? Gli piacevano da matti e poi era così insistente e
risoluto nell’imboccarlo.
Alla
terza provò a dirlo fermandogli il polso con poca convinzione:
-
Posso mangiare da solo… - Però gli sembrò di essere stato maleducato e
si distrasse, infatti quando si rese conto di averlo ancora più vicino
era fra le sue gambe aperte che ora gli agganciava in qualche modo alle
sue imprigionandolo. Anche il busto era proteso verso di lui più di
prima:
-
Ti dà fastidio? -
-
No ma… - Non lo lasciò finire e da più vicino di prima, quasi ad un
soffio dal suo viso, gli disegnò le labbra con un’altra
inzuccherandogliele tutte:
-
Apri… - Ammaliante e languido, Ricardo completamente perso nei suoi
modi sensuali e ipnotici semplicemente eseguì e aprendo la bocca mangiò
ancora sentendola ancora più buona di prima.
Non
riusciva a staccargli gli occhi dai suoi, così magnetici e potenti,
eppure al tempo stesso voleva solo abbassare le palpebre e lasciarsi
andare a quello stato di estremo piacere, un piacere che mangiando
delle semplici fragole non aveva mai provato.
Con
il pezzo finale del frutto appena morso e l’altra sua mano sul fianco
che lo scottava, tornò a passargli le labbra come prima. Gliele
inzuccherò di nuovo e lo imboccò ancora ma questa volta dopo aver
cosparso di sapori dolci e piacevoli quella parte del suo viso che
prima era stata gonfissima, invece delle fragole gli porse la sua
lingua con la quale leccandogli le sue, gliele pulì.
Ricardo
tratteneva il respiro, ma quando aveva chiuso gli occhi?
Immobile
pensò di aver perso l’uso del corpo intero, non si era mai sentito
così, solo quella mattina, forse.
Fu
talmente incredibile che quando si mise a succhiargli il labbro
inferiore glielo porse aprendo meglio la bocca per facilitargli il
compito.
Non
sapeva cosa stava facendo, sapeva solo che voleva continuasse.
In
quel momento non contava assolutamente niente altro.
Quando
lo sentì abbastanza disposto, si staccò e gli porse il suo indice tutto
inzuccherato e sporco di fragola, lui lo prese senza esitare e quasi
che sperasse gli desse qualcos’altro, lo leccò e glielo succhiò
ripulendoglielo. Allora Cristiano con un sorriso estremamente seducente
gli diede il pollice, sentiva la sua lingua e la sua bocca sulla sua
stessa pelle ed anche solo per quella piccola parte di sé, riuscì a
caricarsi lo stesso.
L’altra
mano infilata sotto la maglietta gli carezzò il fianco, lo sentì
sussultare ma senza la capacità di ritirarsi, era a fuoco e se voleva
avrebbe potuto prenderlo lì nonostante tutta quella fede che aveva.
Si
sentì sollevato in un certo senso di non essere stato battuto da Dio,
quella volta, e contento che fosse così perché era solo troppo in sé,
il ragazzo, con la mano libera e respirandogli ancora sul viso, gli
slacciò i jeans intrufolandosi sotto l’intimo. Liberandogli le gambe
vide che le aprì da solo per lasciargli fare tutto quel che voleva e
con la bocca cominciò ad assaggiargli la guancia.
Risalì
lentamente sullo zigomo lasciandogli tanti piccoli baci umidi fino a
raggiungere l’orecchio che fece suo con sensualità. Sapeva cosa faceva,
sapeva come farlo e lo stava facendo impazzire con soli pochi gesti
semplicissimi.
Ricardo
non poteva far altro che succhiargli ancora il dito e tenerlo a sé
permettendogli tutto, tutto.
Non
voleva che smettesse, era la cosa più bella mai successagli e non lo
spaventava perché stava andando piano e per gradi, non era stato brusco
e brutale, l’aveva prima messo a suo agio e poi era arrivato alla meta
con calma. Non era riuscito a terrorizzarsi e chiudersi a riccio.
Per
questo ora era lì con la sua mano fra le gambe e la lingua
nell’orecchio.
Per
questo era lì a succhiare il suo dito senza freni e a goderselo con gli
occhi chiusi e l’aria abbandonata.
Lo
eccitò con fin troppa facilità, proprio come quella mattina, e
all’istante riebbe conferma che era la prima volta di tutto quel mondo
d’erotismo, per Ricardo, ma soprattutto capì precisamente come doveva
fare per averlo completamente senza spaventarlo e bloccarlo.
Così.
Così
come aveva fatto quella sera.
Con
furbizia.
Seducendolo
piano piano, andando per gradi, raggirandolo, attorniandolo,
riempiendolo di mille altre attenzioni che sapeva potevano piacergli,
rilassarlo e poi affondare piano con sensualità ed un pizzico di
dolcezza.
Smise
di succhiare quando l’eccitazione nella sua mano crebbe e non potendo
più resistere si trovò a sospirare e gemere finendo addirittura per
affondare le unghie sul suo avambraccio in modo da non farlo smettere.
Si
ritrovò nel terzo orgasmo della giornata sempre provocato dalla stessa
persona e quando questi lo guardò aumentò il suo stesso desiderio.
Ricardo era lì seduto davanti a lui con le gambe completamente aperte,
le mani che trattenevano la propria sul suo inguine, la testa
leggermente abbandonata di lato che gli si porgeva, gli occhi chiusi e
l’espressione totalmente lasciva ed incredibilmente sensuale.
Ne
voleva di più anche se non sapeva cosa fosse quel di più, fin dove
potesse arrivare e dove fosse lui stesso al momento.
E
Cristiano avrebbe voluto, avrebbe voluto incredibilmente alzarsi,
tirarsi giù la zip e porgergli sé stesso in modo da riprendersi ciò che
gli aveva dato e quella volta con la bocca, ma ad un’occhiata capì che
non era pronto, che non l’avrebbe mai fatto, che si sarebbe veramente
bloccato e che poi magari si sarebbe messo anche a piangere o peggio a
pregare. Il modo migliore per spegnerlo.
Scrollò
seccato le spalle.
E
perché mai la consapevolezza che non sarebbe stato il momento ora gli
impediva di fare comunque ciò che voleva con tutto sé stesso?
Era
prepotente ed egoista e fiero di esserlo perché così poteva sempre
soddisfarsi ed accontentarsi.
Ora
cosa c’era di diverso a parte il tipo di soggetto?
Lui
era solo più innocente e ingenuo degli altri.
Niente
altro.
Non
se ne capacitò, eppure risistemandogli i pantaloni con proprio shock si
alzò in piedi e gli lasciò un leggero bacio sulle labbra.
Ricardo
capendo che era tutto finito, qualunque cosa fosse quel tutto, sentì
freddo e vuoto.
-
Vieni che ti accompagno a casa. - Non fu né brutale né delicato, fu una
cosa strana che comunque spiazzò Ricardo che mortificato ebbe l’istinto
di dire che andava da solo.
Non
lo fece per il buio ed il terrore nel muoversi da solo di notte in una
città tanto grande quanto pericolosa.
In
silenzio, senza il coraggio ma nemmeno sapere cosa dire, si alzò e lo
seguì.
Il
tragitto fu altrettanto silenzioso.
Quando
fu solo a casa, Ricardo si raggomitolò sotto le coperte e stringendosi
le mani fra le gambe non ebbe la forza e il coraggio di fare niente,
nemmeno di muoversi, ma non servì perché gli bastò ripensare a quello
che Cristiano gli aveva fatto per tornare eccitato a quei livelli.
E
tornò anche inevitabilmente a pensare a quella stessa mattina.
Quante
cose in un solo giorno erano successe?
Decisamente
troppe.
Con
le lacrime agli occhi si mise a pregare di ritrovare la strada giusta
convinto di stare affondando come mai in vita sua avrebbe pensato di
poter fare.
Era
la fine?
Cosa
avrebbe fatto se Cristiano non avesse smesso?
Doveva
lavorare, non poteva non farlo, però lui non doveva ridurlo in quello
stato perché anche se sul momento non capiva niente e si lasciava fare
ed era bello, poi lo sapeva quanto sbagliato fosse tutto quello.
Erano
due uomini, in fondo, e nemmeno fidanzati.
Non
erano niente, per lui era solo sesso e per sé… per sé, Ricardo non
seppe proprio cosa dire.
Non
seppe.
“Però
magari è il caso di parlargli chiaramente.”
Quando
lo decise si placò riuscendo finalmente a prendere sonno.