CAPITOLO XII:
I TRAUMI ERANO GIA’ TROPPI

Il mattino successivo Ricardo fu buttato giù dal letto dalla telefonata tuonante di José che gli ordinava di andare a casa sua verso mezzogiorno per buttare giù dal letto Karim e fargli da mangiare. Quel giorno sarebbero dovuti andare a prove da soli, Karim la macchina l’aveva, voleva solo che arrivasse puntuale.
No, non si sarebbero visti quel giorno, era impegnato, per questo voleva che qualcuno stimolasse Karim, altrimenti quello sarebbe stato capace di stare a dormire ventiquattro ore per ripicca verso di lui che l’aveva abbandonato.
Quando si alzò Ricardo aveva un’espressione terribile, le occhiaie profonde, un colorito poco sano e soprattutto le scorte di cibo finite almeno quanto i suoi soldi.
Sperò di riuscire a fare il mese in qualche modo fino ad arrivare alla sua prima paga, ma aveva cominciato da tre giorni, era sicuramente impossibile sperare di andare a scrocco ad ogni pasto giornaliero.
Due ogni volta senza contare la colazione.
Guardò il barattolo desolatamente vuoto del caffè e sospirò bevendo quanta più acqua poté, fino a riempirsi, dopo di che mangiò qualche biscotto che rimaneva.
Come aveva fatto a far tanto male i conti e ritrovarsi a quel punto?
Comunque a pranzo avrebbe mangiato con Karim perché doveva fargli da cuoco, quindi almeno quello l’avrebbe fatto.
Ripensò alla sera precedente in quanto alla fin fine non aveva cenato veramente ma mangiato solo poche fragole, tutto quel cibo piccante era evaporato nell’arco di pochi secondi poiché bruciato immediatamente.
Sospirando si infilò sotto la doccia chiudendo il rubinetto dell’acqua calda.
Il gelo lo svegliò e lo rinvigorì ma cosa ancor più importante gli tolse tutti gli altri bollenti spiriti che gli aveva riportato il ricordo della cena e delle fragole.
Come faceva Cristiano ad essere così seducente e a fargli fare qualunque cosa?
Ok, in realtà lui non aveva veramente fatto qualcosa, era rimasto là a subire quella tortura.
Sì, proprio una gran tortura…
Sospirò insofferente. Se continuava così nemmeno l’acqua fredda funzionava!
Uscì dal bagno chiedendosi ancora cosa potesse fare, doveva parlare a Cris, era ovvio, ma non sapeva come affrontarlo e cosa dirgli, era traumatico affrontare un discorso del genere. E poi quale, di preciso?
Non toccarmi più e non sedurmi perché altrimenti vado all’Inferno?
Non era nemmeno una questione di Inferno, non era così idiota. Era una questione di credo personale, voleva seguire un certo tipo di strada, quella che riteneva giusta, quella indicata da Gesù. Semplicemente.
Possibile che fosse così difficile?
Il vero problema era che gli piaceva quello che gli faceva Cristiano, gli piaceva enormemente e per tutta la serata gli era piaciuto starci insieme, non solo la conclusione.
“Però è strano, prima sembra che sia semplicemente gentile e disinteressato, che voglia fare una sana amicizia e si comporta da persona normale interessandosi a me, poi mi fa quelle cose… e alla fine mi accompagna a casa come niente fosse, quasi troncando tutto sul più bello.”
Arrossì rendendosi conto di quel che aveva detto.
Sapeva che c’era un gran enorme più bello di quello che aveva già passato.
“SE non lo vedessi più sarebbe perfetto peccato che non posso permettermi di non vederlo, lui è tutto ciò che mi permetterà di mangiare e vivere, d’ora in poi, non posso sputare sul piatto in cui mangio!”
Arrossì di nuovo al paragone vista come era finita con le fragole.
- Comunque devo fare qualcosa, non posso andare avanti così a farmi fare di tutto! -
Su questo era convinto.
Peccato che fra la convinzione e il rimediare c’era di mezzo il Pacifico e l’Atlantico insieme.
Non sapeva nemmeno da cosa iniziare, per sistemare le cose.
Non ne aveva la minima idea.
Sospirando sconsolato lo stomaco gli si chiuse e di questo ne fu contento.
Decidendo che per trovare un po’ di pace sarebbe andato a messa prima di andare da Karim, si vestì, bevve ancora dell’acqua ed uscì di casa pregando che Dio provvedesse di nuovo a lui come aveva fatto fino a quel momento.
E di trovare una soluzione per essere degno di entrare nella casa di Dio.
Ci entrava comunque, ma era come un clandestino. Tale ci si sentiva.
Non avrebbe fatto la comunione.

Entrò con le chiavi che gli aveva dato José il giorno prima e guardando sul divano si stupì di non trovarlo lì steso a dormire mezzo nudo.
Esplorò la villa senza intenzione da curioso ma solo alla pura ricerca di Karim, il ragazzo che doveva svegliare.
Si sentiva strano a fare cose simili, era come essere padre di un adulto.
Bè, non era male, gli piaceva occuparsi degli altri, specie se questi ne avevano bisogno.
Quando trovò la camera col letto matrimoniale disfatto e pieno, capì di averlo trovato. Un secondo dopo capì che quella era la camera di José.
Lo stile era inconfondibile.
Entrò ed aprì la finestra completamente, quindi la luce entrò abbracciando tutto, ragazzo addormentato compreso.
Lo guardò meglio, era a pancia in giù tutto di sbieco sul letto spazioso e disfatto, la canottiera bianca intima tutta attorcigliata sul corpo atletico ed alzata ed i pantaloni leggeri del pigiama che stavano per finire sotto la decenza.
Vide la linea del suo sedere evidenziato dalla gamba piegata di lato e deglutì.
Non era una questione di persona, Karim non lo conosceva molto.
Era il corpo da favola e la posa provocante.
Era il fatto che fosse un ragazzo.
Era una questione di istinti interiori.
Istinti che stavano sempre più venendo a galla dopo le spinte di Cristiano.
“Sono gay? Oh mio Dio, sono gay veramente? Subire il fascino di una persona particolarmente capace e seducente è un conto, trovare bello, invitante ed interessante il corpo di un altro uomo è decisamente altra storia. Sono gay?”
Con terrore lancinante ed indescrivibile rimase paralizzato ad osservare Karim in quella posizione e senza capacità che comprendevano l’andare oltre al chiedersi se fosse gay, rimase così per qualche minuto al termine del quale lo vide muoversi e attorcigliarsi ancor di più su sé stesso.
Si mise a pancia in su ed in quello i pantaloni già larghi e bassi scesero ancora scoprendo l’inizio delle sue parti intime.
Ormai era un vizio, pensò confuso mentre andava a fuoco.
Ricordandosi il giorno precedente quando l’aveva visto per un istante addormentato coi pantaloni e i boxer abbassati, avvampò ulteriormente.
Era talmente attratto da quella parte maschile che si chiese come mai gli stesse succedendo solo ora.
Sembrava fosse stato così da sempre eppure era la prima volta che si imbarazzava desiderando approfondire certi argomenti.
“Non che io abbia mai avuto modo di imbattermi nel mondo dell’intimità maschile. Nemmeno femminile se è per questo. Voglio arrivare vergine al matrimonio per essere consacrato unicamente alla mia sposa, è una cosa meravigliosa se ci riuscissi. Ora ho qualche dubbio a proposito visto che nel vedere il mio primo nudo maschile che esula da quella creatura strana di Cristiano, mi sto eccitando! È sbagliato. Sbagliatissimo! Tutto sbagliato, cavolo! Come faccio, ora?”
Cercando di scuotersi e andarsene urtò un mobile facendo cadere qualcosa che c’era sopra, quindi giratosi subito verso Karim nella speranza che non si svegliasse, successe proprio così.
Il ragazzo aprì gli occhi e lo vide, quindi senza stupirsene più di tanto si alzò a sedere grattandosi la nuca cercando anche di riconnettersi.
Mugugnò un roco ‘ciao’ che mise in difficoltà Ricardo.
Ora non poteva più andarsene, doveva rimanere e… e fare cosa? Dire cosa?
Stava cercando disperatamente qualcosa che sarebbe stato normale fare in una situazione simile e proprio quando sembrò ricordarsi il motivo per cui era lì, Karim si alzò probabilmente per andare in bagno. Sembrava non necessitare di spiegazioni, parole o gesti.
Quando si mise in piedi i pantaloni ormai abbassati, caddero e li lasciò a terra senza problemi.
Dormiva senza intimo.
Ricardo sgranò istintivamente gli occhi diventando una statua di marmo di colore rosso intenso e tenendosi al mobile che aveva urtato si aggrappò come se non avesse più le gambe per reggersi in piedi.
Perfino una capra si sarebbe accorto che aveva qualcosa che non andava e fermandosi sulla porta, Karim glielo chiese:
- Che c’è? Ti vedo male… - Non si ricordava la scenata che aveva fatto la mattina precedente quando per sbaglio gli aveva visto le parti intime, quindi non ricordava nemmeno che era un tipo impressionabile come pochi.
Pensando che si sentisse male si avvicinò e fissandolo concentrato cercando di capire cosa avesse, Ricardo strisciò di lato per allontanarsi, quindi scosse la testa e perfetto come un idiota in imbarazzo, disse teso:
- Niente, perché? - Karim fece l’espressione da ‘ma sei scemo?’ più espressiva che il ragazzo gli avesse mai visto, quindi disse:
- Per chi cazzo mi prendi? Addormentato sì, imbecille no! Cos’hai? - Fece poi perentorio avvicinandosi ancora a lui perfettamente nudo. Il suo corpo -dannatamente maschile- era decisamente piacente, muscoloso al punto giusto ed invitante.
Cavolo, invitante?
Come poteva pensare così?
Alla fine non resistendo più e sentendosi male da voler gridare, vomitare e poi buttarsi giù dalla finestra, Ricardo si prese il viso fra le mani e nascondendoselo gridò di slancio esplodendo incontrollato:
- SONO GAY! - Forse gridarlo non aveva senso e nemmeno dirlo, ma a Ricardo fu d’aiuto perché il primo scoglio era superato.
Ammetterlo e dirlo ad alta voce a sé stesso oltre che a qualcuno.
Karim sbatté le palpebre disorientato da quella reazione.
Non era difficile immaginare che quel ragazzino fosse gay, che novità era?
Lento come sempre, disse spontaneo e schietto alzando le spalle:
- Io sono etero ma voglio scoparmi un uomo, e allora? -
Questo fece reagire Ricardo di nuovo prima di attivare il cervello:
- Se vuoi fare l’amore con un uomo allora non sei etero. - Precisò senza volerlo davvero. Fu semplicemente la prima cosa che gli venne in mente, quella più logica, razionale e sensata.
Aveva ragione ma per Karim non faceva differenza.
- Come vuoi. Ma insomma, voglio dire… chi se ne frega! Se sei gay, cioè! Non è una novità, era abbastanza chiaro! -
Ricardo lo guardò sforzandosi di non abbassare lo sguardo, quindi comunque rosso e carico di vergogna lo guardò come se fosse pazzo, alla fine allargando le braccia con fare teatrale disse stridulo ed isterico:
- E COPRITI ALLORA! - Karim capì solo in quel momento il suo problema e facendo un ‘oh’ sminuente si riprese i pantaloni del pigiama e li indossò.
- Bastava dirlo che ti imbarazzano i nudi maschili perché ti piacciono! - Ricardo provò il primo insano istinto omicida e pensando che fosse un alieno non trovò più niente da dire.
Cosa fare, del resto?
Non ci arrivava, quel tipo, che era traumatico scoprirsi gay per lui che era tanto di fede e che ci teneva enormemente a seguire la strada giusta…
- Vado a lavarmi. -
Sollevato dal vederlo andarsene, mormorò di riflesso sforzandosi di tornare ai suoi doveri.
- Preparo il pranzo. - E alla parola pranzo lo stomaco gli si rivoltò come un morto avrebbe potuto fare nella tomba!
Non poteva mangiare con la sensazione di essere una moglie perfetta. La sensazione di essere gay. La sensazione di voler toccare le parti intime di un altro ragazzo. La sensazione che avrebbe bruciato all’inferno, un giorno. La sensazione di essere perduto e nella strada completamente sbagliata.
Del resto se lo era lo era, non poteva smettere di essere chi era, non si poteva decidere chi si voleva essere. Questa era l’unica cosa che realizzò nell’uscire dalla camera.
Al come viverla e affrontarla ci sarebbe arrivato un’altra volta in un altro modo.
Per ora i traumi erano già troppi.
Ricardo non mangiò nemmeno a pranzo pur potendo.

- Sei sicuro di non voler mangiare? - Ricardo annuì convulsamente, all’idea di mettere qualcosa nello stomaco sentiva la nausea, però aveva bisogno di parlare. Quello era un bisogno impellente ormai. Aveva appena consapevolmente scoperto di essere gay, il minimo era parlarne con qualcuno.
Si mordicchiò il labbro indeciso, non vedeva Karim molto utile in quel senso, non era un gran conversatore, anche perché era sul monosillabico andante però era anche l’unico disponibile.
- Come va con José? - Chiese provando a tastare il terreno alla larga.
Karim mandò giù l’ultimo boccone e alzando le spalle rispose semplicistico:
- Bene. - Appunto, monosillabico. Ricardo sospirò sconsolato ma fece un altro tentativo.
- Bene in che senso, se posso osare? - Non sapeva il resto dei retroscena e come si erano risolte le cose, quindi era una domanda legittima. - Insomma, ieri avevate un po’ di tensione in atto… di mattina tu hai gridato contro José e lui contro di te con me di pomeriggio… -
Karim bevve un sorso di birra e poi con altrettanta tranquillità, rispose:
- Bè, ci siamo messi insieme. Di sera abbiamo litigato e poi abbiamo trovato un punto d’incontro. - Ricardo arrossì ma sorrise. Era sia imbarazzato che contento.
- E’ bello… - Non seppe dire altro ma lo pensava veramente, che fosse bello, e Karim lo capì rimanendone colpito. Cosa mai poteva interessargli a lui? Non si conoscevano praticamente per niente…
- E’ stato strano perché lui non dice mai cosa prova ma solo cosa pensa ed è diverso. Io poi ho la mania di non credere quando mi dicono che fanno qualcosa per me quindi c’è stato questo grande scontro. Alla fine mi ha convinto e mi ha fatto capire che ci teneva veramente a me e che avevi ragione, non faceva tutto perché ero un peso, non voleva scaricarmi, voleva curarmi e assicurarsi che stessi bene. - Ricardo si sciolse nel sentirlo parlare tanto, quindi si sistemò sulla sedia e si appoggiò al tavolo captando in lui comunque qualcosa che non tornava.
- Allora cosa c’è che ti turba ancora? - Karim si fermò stupito a fissarlo, non era molto espressivo di natura. Come l’aveva capito?
- Cosa… cosa te lo fa pensare? - Non credeva di aver dimostrato particolari dettagli, non era famoso per essere emotivo.
Ricardo si strinse nelle spalle e con un’espressione gentile e mite di chi non voleva osare troppo, rispose vago:
- E’ una sensazione che mi hai dato… hai sempre uno sguardo triste e tormentato che ti sforzi di annebbiare, dopo aver risolto con José pensavo se ne andasse, ma ce l‘hai ancora… -
Karim si sentì quasi male in un certo senso, era strano sentirsi dire cose del genere, in vita sua nessuno gliele aveva mai dette. Nessuno si era interessato tanto a lui, né aveva mai notato i suoi stati d’animo più profondi e nascosti. Quel ragazzo sapeva andare oltre la superficie ma non era tutto lì. A lui interessava veramente cosa c’era oltre ed invece di rispondergli, disse una cosa che in quel momento gli premette maggiormente.
- Perché ti interessa cosa c’è sotto? - Lo chiese in modo brusco ma non lo fece di proposito, non era seccato anche se tale risultò e Ricardo indietreggiò con la schiena per fare marcia indietro mortificato.
- Scusa, non volevo essere invadente, era per conoscerci meglio visto che dovremo stare insieme più di quel che pensassimo e poi… e poi, insomma, non l’ho fatto con malizia o curiosità, era sincera preoccupazione. Io credo che… - Poi vide Karim scuotere la testa seccato e allora si zittì pensando di aver fatto anche peggio di quel che aveva sperato.
- Non sono incazzato, volevo solo saperlo perché nessuno se ne è mai sbattuto di me e di questo lato. Nemmeno José mi chiede cosa io abbia passato prima di conoscerlo, perché ero ridotto a quel modo. Non mi fa mai domande, mi dice cosa fare e mi grida dietro il più delle volte, ma non si interessa mai veramente a me. O per lo meno così mi pare. Mentre tu sì e sei l’ultimo arrivato. Volevo sapere come mai! - Sforzatosi di spiegarsi meglio vide Ricardo sospirare e rilassarsi di nuovo, quindi si riappoggiò coi gomiti al tavolo, dopo di questo rispose calmo e con quella sua serenità caratteristica.
- Perché mi interessano le persone che mi circondano. Mi piace la gente e capisco che per dei vissuti particolari sia portata a tenersi su delle maschere ma vedo che oltre c’è di più e quando vedo una particolare sofferenza mi preoccupo, tutto qua. Quindi quando posso cerco di dare una mano in qualche modo… - anche se non riteneva di star facendo niente di particolare.
Karim ebbe un improvviso bisogno di essere abbracciato ma non erano quelle di Ricardo le braccia che voleva sentire intorno a sé e incupendosi incrociò le proprie sul tavolo affondandovi il viso. Rimase così qualche secondo alla disperata ricerca delle parole, alla fine riemerse e col mento sull’incrocio degli avambracci, rispose con aria liberamente contrariata e smarrita:
- Ho paura di non interessare veramente a José. Che lui sia sì veramente preoccupato per me e che voglia che io mi curi e mi sistemi, ma che sia una cosa passeggera. Che quando io sarò a posto poi passi tutto e mi pianti. Non gli importa chi ero prima e perché ero su una strada. Non gliene fotte un cazzo di me. -
A Ricardo si strinse il cuore e non resistette all’impulso di allungarsi oltre il tavolo e arrivare alla mano semi nascosta sotto al gomito.
La prese e gliela strinse sensibilmente, era un gesto da ragazza eppure a lui veniva così spontaneo che Karim si chiese come mai avesse capito di essere gay solo in quel momento. Non era una legge matematica che i ragazzi sensibili e delicati fossero gay, però al novanta percento era così. Per esperienza lo poteva dire. Poi c’erano le categorie come Cristiano che erano a parte. Lui non era né carne né pesce, quindi non era tenuto ad affrontare la propria sensibilità.
Karim invece non si riteneva gay, non gli interessavano gli altri uomini, nemmeno Cristiano glielo faceva venire duro quando faceva qualcuno dei suoi spettacoli con Sergio per testare chi fosse più caldo e sexy.
Solo con José succedeva, quindi si diceva che voleva solo lui e che non era gay. Era una cosa diversa volere una persona dal volere un uomo o tutta la categoria maschile.
Si sentì meglio nella sua stretta e non si ribellò, ma stanco di provare sempre cose interiormente pesanti e tanti dubbi quanto erano i disastri naturali, affondò di nuovo il viso contro le braccia incrociate. Ricardo non sapeva cosa dire, non conosceva José così bene da dire che si sbagliava, non poteva invadere un campo che non era di sua competenza e alzandosi in ginocchio sulla sedia si stese col busto sul tavolo per arrivare meglio al ragazzo chiuso e chino in sé stesso. Si appoggiò con dolcezza a lui e mentre con l’altra mano gli carezzava la spalla e la schiena, con le labbra gli posò un leggero bacio sulla nuca sopra ai capelli castani rasati corti che lo punsero. Poi rimase fermo in quella posizione a cercare di dargli conforto, chiudendo gli occhi.
Era una bella sensazione stare così per entrambi.