CAPITOLO XVII:
SOLLIEVO VICENDEVOLE

‘Scivolare senza risalire
Sparire senza tornare
Dormire per sempre
Oscurarsi nella notte
Soffiare nel vento
Diventare una fine
Amare l'odio
Amare l'orrore
Trovare la pace'
Ricardo guardò i versi che aveva scritto e si increspò a disagio con sé stesso e quello che aveva creato.
Gli piaceva scrivere, passava ore a rilassarsi su versi di ogni tipo, ma non gli era mai capitato di scrivere cose tanto cupe e angosciate. Si era fermato proprio perché aveva capito che sarebbe stato anche peggio il seguito e non volendo oscurarsi ulteriormente, aveva preferito smettere.
Cristiano percepì subito il suo stato d’animo ed il suo cambio repentino, non era normale vedere Ricardo così buio e pur imponendosi di non entrare troppo nel suo mondo per non rimanerne invischiato, si insinuò in lui con fin troppa facilità.
- Cosa scrivi? - Chiese appoggiandosi allo schienale della poltrona in cui era comodamente sprofondato Ricardo.
Era scalzo e aveva tirato su i piedi in modo da farsi scrittoio con le ginocchia. Per stare in casa indossava dei comodi pantaloni leggeri di tuta ed una maglietta a maniche corte altrettanto comoda color rosso acceso.
Il ragazzo sussultò sentendolo improvvisamente appoggiato dietro di sé e girando il capo lo vide che sbirciava sul quaderno. Sospirò arrossendo, non voleva fargli leggere ma era scortese chiudere e negarglielo, ormai.
- Qualche verso in libertà… quando ho tempo mi rilasso così… - Lo disse con candore, come se dire ad un cantante che si scriveva poesie fosse una cosa da nulla.
Quando Cristiano capì di cosa si trattava sgranò gli occhi sorpreso e dimenticandosi di ogni proposito di mantenere una certa distanza tenendolo comunque ancorato a piacimento a sé per i propri divertimenti personali e per auto celebrarsi con qualcuno che fosse suo e solo suo, chiese gentile:
- Posso? - Ricardo stupito che glielo chiedesse si strinse nelle spalle, voleva dirgli di no ma era troppo da maleducati, quindi vincendo la propria timidezza, annuì.
Cristiano gli prese il quaderno e aggirando la poltrona si sedette sull’altra accanto posta leggermente ad angolo rispetto alla sua. Accavallando le gambe anche con un che di elegante a modo suo, cominciò a leggere partendo dall’ultimo per poi scorrere all’indietro le pagine.
Ricardo rimase col fiato sospeso e l’aria tesa a fissarlo convinto di vederci da un momento all’altro un’espressione di scherno, ma quando lo vide anzi sempre più stupito e colpito cominciò a credere che fosse positivo.
Non aveva mai fatto leggere i suoi versi a qualcuno e si sentiva strano, scoperto, più vulnerabile del solito. Se gli avesse detto che erano ridicoli gli sarebbe dispiaciuto mentre al contrario se avesse criticato ad esempio la sua fede l’avrebbe semplicemente difesa con serenità.
Non capiva come mai ci fosse tanta differenza però era così e fino a che Cristiano non alzò lo sguardo dalle sue righe, si sentì sempre più spoglio.
Alla fine ci fu un momento in cui tutto sembrò sospendersi, poi finalmente l‘altro si decise:
- Sei davvero molto bravo, Riky! - Sulle prime non seppe dire altro e Ricardo credette di aver capito male.
- Davvero? - Chiese con un filo di voce tendendosi verso di lui oltre il bracciolo, i gomiti appoggiati sopra, le gambe piegate sotto di sé tutto raggomitolato.
Cristiano tornò a guardare l’ultima cosa che aveva scritto.
- Sì io… sai, nel gruppo scriviamo o io o Iker perché lui ha l’animo più romantico e sensibile mentre io preferisco comunque cantare ciò che scrivo di mio pugno. Il più delle volte scriviamo insieme e quando ci provo da solo trovo un sacco di difficoltà a tirare fuori dei versi accettabili. Guarda che non è facile scrivere canzoni, queste con qualche ritocco diventerebbero davvero belle, sai? - Per la prima volta era lì a fare dei complimenti sinceri a qualcuno e per la prima volta si sentiva stranamente contento, come se avesse fatto la prima buona azione della sua vita e stesse assaporando la bellezza del farne.
Si sentirono entrambi storditi e quando Cristiano tornò a guardare Ricardo lo vide con gli occhi lucidi che non sapeva cosa dire, brillava di luce propria e sorrideva incredulo senza saper cosa dire, non gli uscì nemmeno un grazie così turbato dall’ondata di calore che aveva provato dentro, tornò agli ultimi versi.
- A chi pensavi quando hai scritto questi? Devi finirli assolutamente… - Chiese rapito dall’intensa bellezza di quelle parole… - Sembra una persona tormentata ed inquieta che scappa da qualcosa che al tempo stesso cerca… continua, eh? A chi pensavi, comunque? È chiaro che avevi qualcuno di preciso in mente. -
Ricardo stupito di tutto quello che aveva percepito leggendo poche righe capì che le impressioni su di lui che aveva di rado erano giuste. Aveva una sua profondità, quel ragazzo, solo che se ne vergognava. Tutto lì.
Preso alla sprovvista rispose sincero senza pensarci un secondo e spaesato disse:
- Karim… - nel momento in cui lo disse qualcosa si spezzò, come se una magia inaspettatamente calata fra i due svanisse con una folata di vento potente e Cristiano tornando a guardarlo si indurì nettamente. Ricardo capì troppo tardi di aver detto qualcosa che non doveva ma non capendo comunque qualcosa, chiese ingenuamente e preoccupato: - Ho detto qualcosa che non va? - Chiese infatti.
Cristiano non capì come potesse chiederglielo e sempre duro come il marmo chiuse il quaderno restituendoglielo.
- No, perché? - Ricardo lo prese e mortificato sentì il cuore cominciare a galoppare impunemente, non sapeva cosa stava succedendo ma soprattutto come rimediare e quando lo vide alzarsi per chiudere il discorso si ribellò, non poteva lasciare tutto così, odiava i musi e i malcontenti. Senza rifletterci gli prese la mano e lo fermò quando gli passò davanti, Cristiano si fermò sorpreso ma non mutò espressione e sempre con evidente contrarietà e le labbra strette in una linea sottile, si limitò a fissarlo interrogativo e seccato.
Ricardo pensò di avere un attacco di gastrite, lo stomaco gli faceva così male da torcersi tutto in crampi atroci e non erano per la fame.
- Non capisco, io… cosa ho detto? - La voce sempre più rotta, si sentiva desolato e voleva solo essere più sveglio e capace di capire al volo tutto. Cristiano guardò la sua mano allacciata alla propria e pensò che dopo tutto ci teneva più di quel che non sembrasse. Magari teneva più a lui che a Karim… il punto era che non doveva tenere a quest’ultimo nemmeno quel po’. Non importava se lui era sopra l’altro. L’altro non doveva esserci.
Ricordandosene si sciolse con un gesto secco e borbottando un falso ‘niente’ lo superò andando al bagno.
Era assurdo sentirsi così seccato solo perché dei versi così belli li aveva scritti pensando a Karim. Chiunque pensandoci sicuramente poteva scrivere cose cupe, non c’era niente di che da vederci dietro. Eppure era il fatto che pensandoci scrivesse su di lui. Era quello che lo infastidiva tanto.
Scosse il capo, era solo una questione di egocentrismo e niente più, si disse uscendo dal bagno più spavaldo di come era entrato. Ma si fermò sull’uscio visto che il passaggio era bloccato da un super dispiaciuto Ricardo in versione cagnolino bastonato.
- Dai, dimmi cosa c’è, qualunque cosa ho fatto ti chiedo scusa, non volevo, non era mia intenzione, non… - Capì che avrebbe continuato lamentoso a seguirlo e scusarsi all’infinito se non avesse fatto qualcosa e sentendosi di nuovo il numero uno per essere tanto importante per lui, sogghignò con quel suo fare sensuale che aveva attratto Ricardo all’istante. Gli mise una mano sui fianchi e l’altra sulle labbra, questo ebbe il potere di zittirlo subito e con tutt’altra luce nello sguardo, disse come gli stesse facendo una proposta indecente:
- Scrivi una canzone su di me. - Che non era dirgli cosa l’aveva scocciato prima ma un manovrarlo per ottenere dal suo inconsapevole senso di colpa qualcosa a suo favore.
Ricardo colse l’occasione al volo e prendendolo come un ‘ti perdono solo se fai così’, accettò subito entusiasta senza rifletterci nemmeno:
- Certo, con piacere! - Cristiano disorientato dalla sua capacità di cambi d’umore tanto forti e repentini, volle comunque dargli uno spunto interessante da cui partire e sfiorandogli le labbra con le sue, lo spostò con facilità in modo da poggiarlo con la schiena contro lo stipite della porta. Non lo baciò veramente ma Ricardo si ritrovò con le labbra schiuse, il fiato sospeso e gli occhi chiusi.
E poi niente.
Il vuoto e per poco non scivolò. Quando si riprese capì che Cristiano era passato oltre lasciandolo a bocca asciutta. Nel realizzarlo se la toccò turbato e sognante al contempo.
Cosa gli stava facendo?
Sentendosi stordito si chiese se mettendosi a scrivere subito qualcosa ne sarebbe uscito qualcosa di senso compiuto.
Ne dubitò ma pensando che la richiesta di Cristiano fosse a breve scadenza e che prima di avere la sua canzone non sarebbe tornato come prima, andò di nuovo alla poltrona e sprofondato nel suo mondo prese la penna e scrisse a ruota libera senza nemmeno riflettere a pieno, andando totalmente a getto.
Solo scrivendo si rese conto di quante cose avesse poi da dire su quel ragazzo.
Quando finì rilesse e arrossì nel chiedersi di come avrebbe potuto prendere Cris quelle parole. Lui stesso non sapeva interpretarle bene, sapeva solo che erano la verità e basta.

‘Si specchiava nel mondo
Negli occhi di chi lo guardava
Nel desiderio di chi lo voleva
Nella vita che gli scorreva intorno
Specchi rimandavano la sua immagine
Specchi nei risultati raggiunti
Specchi negli amici che lo circondavano
Specchi nel proprio successo
Specchi nelle persone che si avvicinavano
Negli altri era sé stesso che guardava sempre
    Desiderato con ardore crescente
    Voluto con bisogno interiore
    Sospirato con emozioni vivide
    Amato con sentimenti sinceri
Scioglieva chi toccava
Eccitava chi guardava
Bruciava chi baciava
Ipnotizzava chi sfiorava
Rapiva chi l’ascoltava
Drogando di sé
Ottenendo chiunque volesse
Possedendo nell’intimo
Prendendosi l’anima
Facendoli sempre in pezzi
    Desiderato con ardore crescente
    Voluto con bisogno interiore
    Sospirato con emozioni vivide
    Amato con sentimenti sinceri
Fragile è il suo nome
Sensibile il suo animo
Delicato il suo corpo
Spaventato il suo cuore
Emozionate le sue mani
Dolce la sua voce
Insicura la sua mente
Confusa la sua volontà
Imperfetta la sua essenza
D’amore l’opera in lui
    Desiderato con ardore crescente
    Voluto con bisogno interiore
    Sospirato con emozioni vivide
    Amato con sentimenti sinceri
Che qualcuno rompa gli specchi...’
Tremarono le sue mani e divennero grandi e lucidi i suoi occhi nel realizzare ciò che aveva scritto, solo la verità percepita in quel poco che erano stati insieme.
Convinto di aver appena invaso un campo che non era il suo e che sarebbe scoppiata la fine del mondo, chiuse subito il quaderno sperando che non si fosse accorto che l’aveva finito.
Improvviso il terrore assoluto di fargliela leggere e di sapere cosa ne pensava ma non solo, di farsi sentire, sentire proprio da lui.
Ma non fu clemente Cristiano.
Capendo al volo che l’aveva conclusa e cancellato all’istante Karim, si avvicinò alla poltrona dove era sprofondato di nuovo e prendendogli il quaderno di mano ancora in silenzio e fingendosi arrabbiato, si sedette sull’altra e lesse.
Quando finì Ricardo non riusciva nemmeno a guardarlo e tenendo fissi gli occhi sulle propria ginocchia che stringeva convulsamente a sé, si mordeva il labbro inferiore con forte nervoso.
Non voleva che si arrabbiasse veramente e gli dicesse che era un impiccione, poi non lo conosceva, come poteva scrivere certe cose su di lui?
Non ci aveva pensato, aveva scritto e basta.
Come con Karim, prima di rendersi conto aveva cominciato qualcosa di talmente cupo da averlo spaventato.
Non era cosciente delle sue capacità di vedere nel vero profondo delle persone, per cui quando capitava si dava del visionario impiccione.
Pensando che ci metteva molto pensò che poi sarebbe rimasto per sempre così, fermo immobile nella poltrona a tenersi le gambe e a non reagire.
“Meglio così. Se non reagisce vuol dire che non era così grave come mi sembrava.”
- Come… come mai hai scritto queste cose? - Chiese alla fine Cristiano. La sua voce tremava impercettibilmente e nel capire quanto stentava a trattenersi, Ricardo alzò di scatto la testa per guardarlo e rimase senza parole.
Aveva gli occhi lucidi e chiunque avesse potuto vederlo in quel momento avrebbe detto di non averlo mai visto in quelle condizioni.
Preso alla sprovvista provò a rispondere automaticamente senza saper poi cosa dire di preciso. Lo vedeva rigidissimo nella poltrona accanto alla propria e non riusciva nemmeno a chiudere il quaderno e a ridarglielo. Cosa aveva combinato?, si chiese nel panico.
- Non so, mi sono venute… non ci penso quando scrivo su qualcuno in particolare… a volte provo qualcosa di forte e lo butto giù, altre invece penso a qualcuno che spicca e allora scrivo qualcosa su di lui ma non ci rifletto lucidamente, vado molto ad istinto. Tu mi hai ispirato queste cose. - Esitò, si mise in ginocchio rivolto verso di lui, le mani al bracciolo. - Sei… sei arrabbiato? Offeso? Non volevo, io… cioè, non ti conosco, non devi prenderla sul personale, sono solo versi, niente di più… Cris? - Quando era teso parlava a macchinetta senza fermarsi, quindi senza più nemmeno la capacità di ascoltarlo, Cristiano ancora senza muoversi di un millimetro disse piano e moderato:
- Ma vedi tutto questo in me? - Ricardo capì che probabilmente nessuno gli si era approcciato in modo profondo ed interiore e cominciato a farsi un quadro più preciso del modo in cui era arrivato ad essere apparentemente superficiale ed egocentrico, si tese, gli prese il quaderno dalle gambe, glielo tolse e sentitamente dispiaciuto per il modo in cui Cristiano si sentiva ora, scavalcò i braccioli delle poltrone per sedersi sopra di lui a cavalcioni. Senza dire niente altro l’abbracciò protettivo e con la dolcezza più vivida che un essere umano potesse trasmettere.
Cristiano, sconvolto di quel che stava provando e di ciò che aveva visto in sé Ricardo, si accoccolò contro come se fosse un bambino bisognoso di affetto sincero e di un abbraccio disinteressato.
- Sotto la superficie del mare ci sono gli abissi. - Disse solo alla fine Ricardo piano e delicato. Gli cingeva la testa il cui viso affondava contro il suo collo, i respiri corti, le mani sulla schiena, intorno alla sua vita. E le carezze del ragazzo seduto sopra. Carezze fra i capelli tagliati alla moda e tenuti in modo perfetto come sempre, impeccabile.
Capendo a fondo le sue parole, si sentì quel mare da lui citato e vide i propri abissi esattamente nel modo in cui li aveva appena descritti Ricardo. Non era cosciente di essere così, non si interrogava su ciò che era veramente, si preoccupava di ciò che doveva fare e di quel che dovevano vedere gli altri. Non aveva mai dato peso all’essenza ma all’apparenza perché poi era sempre stato tutto quel che gli altri avevano dimostrato di volere da lui.
Il suo corpo, la sua bravura a letto, il suo talento come cantante, gli scandali che riusciva a creare, le trovate che si inventava per far notizia e far divertire tutti.
Non c’era mai stato altro che gli avevano richiesto tranne forse una volta Iker, quando avevano iniziato una relazione che poi avevano troncato perché gli aveva detto che si stava innamorando. Cristiano aveva detto che non ne era in grado perché non l’aveva mai fatto e da lì non erano più andati avanti.
Dopo di quello si era semplicemente continuato a convincere che l’amore ed i sentimenti non facessero per lui e che dovesse concentrarsi sulle cose che sapeva fare bene, gli piaceva essere il migliore, essere osannato e acclamato, al centro di tutti e se per quello doveva comportarsi in un certo modo, quello sarebbe stato.
Però dopo era successo qualcosa, con l’arrivo di quel ragazzo, e non sapeva nemmeno dire perché era ormai tanto importante essere il suo unico mondo, ma era così e basta.
Possessività, era questo per cui l’avevano scambiata tutti.
Ricardo ci avrebbe visto di più, oltre.
- Scusa, non volevo essere invadente, ti prego fa finta che non abbia scritto niente. Vai… vai bene così come sei… - Lo disse senza pensarlo ma lo fece per tranquillizzarlo, perché lo vedeva male e non sapeva come aiutarlo.
Cristiano scosse il capo.
- No che non vado bene così ma nessuno si è mai preso la briga di dirmelo ed ora credo di non essere altri che questo, che vada bene così. Ecco perché vado avanti così e nascondo il resto. Guardo me stesso negli altri, come hai detto tu, ma lo faccio perché sono insicuro, perché penso che se non mostrassi un certo aspetto di me poi non sarei più voluto. È solo che io odio stare solo ed essere rifiutato. - In poco Cristiano espresse precisamente il punto della situazione e non lo fece con lacrime, urla e crisi profonde lunghe giorni. Lo fece velocemente e con lucidità magistrale.
Ricardo stupito gli prese il viso fra le mani e l’alzò dal rifugio che si era creato, era emozionato a sua volta e pensava il cuore dovesse uscirgli dalla gola ma non aveva la minima idea di come fermarsi o di cosa stesse per fare.
Sapeva solo che detestava lasciare le persone a loro stesse ed era successo anche con Karim quando aveva visto quanto male stava per José. Non aveva fatto niente, gli aveva fatto solo delle domande e l’aveva ascoltato. Tutto lì. Ma se quello era stato d’aiuto pensò che poteva provarci anche con Cristiano. Non voleva stesse male, anche se lo dimostrava in modo diverso dagli altri, senza grida, pianti ed ubriachezze.
Lo guardò negli occhi, erano di un castano autunnale intenso, in quell’istante, e specchiarsi in essi fu devastante perché erano lucidi e sinceri.
- Non sei solo un bel ragazzo, un corpo da avere ed un cantante da ascoltare. Sei un abisso da conoscere. Ti va di mostrarmelo? - Se ci avesse pensato non gli sarebbe certamente venuta in quel modo, ma ormai l’aveva detto e mordendosi il labbro si spaventò dalla possibile reazione negativa di Cristiano. Come si sognava di dirgli delle cose tanto sentimentali, romantiche e personali?
Si era imposto di non innamorarsi, di fermare tutto sul nascere, di non lasciarsi andare e di tenere tutto sotto controllo ed invece stava facendo esattamente l’opposto.
Ma poi ci pensò.
Ci si innamorava lentamente ma la scintilla era istantanea. Non si poteva innamorarsi di uno che per anni avevi considerato un amico o un conoscente. O succedeva da subito, seppure con lentezza, o mai.
E considerando il modo in cui si era sentito dal primo istante in cui l’aveva sentito cantare, poteva asserire abbastanza con certezza che era ovvio che poi finisse così.
La risposta di Cristiano furono le sue labbra che si presero le proprie dandogli ossigeno e sollievo immediato.
Bè, sollievo vicendevole, in realtà.
Quando le lingue si incontrarono e si carezzarono con una dolcezza mai avuta prima, si resero conto che solo nell’incontrarsi qualcosa era subito cambiato in loro ma non erano stati loro stessi erano state le porte. Delle porte che si erano aperte l’uno all’altro e solo fra di loro. Solo questo.
Sentendosi contento in un modo che fino ad ora non era ancora stato, felice di essere apprezzato, capito e visto da lui, Cristiano lo strinse a sé scivolando con le mani su tutta la schiena, verso le spalle, e se lo premette contro con una beatitudine toltale e splendida.
La verità era che Ricardo non aveva la minima idea di che cosa stesse facendo, stava solo assecondando il momento senza rifletterci andando semplicemente né più né meno nella direzione che aveva voluto dall’inizio.
Dopotutto doveva ammettere che era così e dirsi che la sua fede non glielo permetteva non serviva a nulla dato che ora come ora era molto più forte la sua natura. E la sua natura era quella, gli diceva di stare con lui e abbandonarsi completamente.
Dopo quel bacio stordente, Cristiano tornò al rifugio di prima trovandolo morbido e caldo. Le braccia di qualcuno che a quanto pare lo voleva conoscere per quel che era e non per chi era stato fin’ora o chi doveva essere e che tutti pensavano fosse.
Ricardo non aveva aspettative su di lui e forse quella sarebbe stata la sua unica salvezza.