CAPITOLO
XVIII:
COSI’
MAI
Quando
arrivò a casa Karim si stupì di trovare José ad aspettarlo, per lui era
presto, la sua giornata lavorativa solitamente proseguiva fino ad ora
di cena mentre lì era pomeriggio.
Di
malumore per molti motivi, non ci fece caso più di tanto e buttandosi
sul divano con l’unica intenzione di dormicchiare per non pensare più a
niente e far scivolare di nuovo le ore velocemente, la voce di José
glielo impedì quasi subito.
Era
sostenuta e provocatoria, gli stava girando qualcosa sul groppone che
ora avrebbe subito buttato fuori.
-
Che hai, non ti piace che Riky stia con Cris? - Dritto al sodo e
all’attacco in pieno suo stile.
Karim
sbuffò, se quella era gelosia era quasi una barzelletta su di lui!
-
Non stanno insieme! Quello non sa come si sta veramente con le persone
e penso che non sia l’unico. - Dal modo in cui disse ‘quello’ si capì
subito a chi si riferiva e anche la seconda accusa era fin troppo
chiara.
José
ghignò lieto che venissero fuori subito i problemi. Odiava girarci
intorno per giorni.
Comunque
era nell’aria da quando si erano messi insieme, in un certo modo. Una
sorta di ulteriore chiarimento o approfondimento.
-
Parli di me? - Chiese appoggiandosi al mobile dello stereo poco più in
là del divano. Le braccia conserte, le caviglie incrociate, l’aria di
sfida. Karim aprì finalmente gli occhi e sciolse le mani da dietro la
nuca, quindi girando il capo per guardarlo bene, rispose astioso:
-
Certo che parlo di te! Di chi altri dovrei parlare? -
José
non perse tempo ad indagare, sapeva già cosa aveva per la testa, quel
che gli premeva era ben altro e andò di nuovo al sodo con sferzante
ironia:
-
Non so, potresti dirmi cosa te ne frega di quello che combinano Riky e
Cris, ad esempio! -
Karim
si tirò su a sedere per guardarlo meglio e si capì subito dai modi che
cominciava ad innervosirsi per bene. Perché dovevano sempre finire per
litigare?
- E
tu potresti dirmi invece perché non mi chiedi di me e della mia vita! -
Era una fissa e José lo sapeva anche senza la conferma che quel giorno
gli aveva dato Ricardo. Il fatto che Karim si aprisse tanto con lui non
poteva che essere motivo di ulteriore fastidio, ma non si mosse quando
rispose sempre alla stessa maniera, fastidiosamente provocatorio e
acido:
- E
tu potresti piantarla di fissarti con certe stronzate, no? - Karim
proprio non capiva perché si impuntava tanto su quella linea. Sapeva
che José ci teneva a lui ma era ormai sempre più convinto che fosse una
cosa passeggera, una sorta di capriccio o di sfizio o al massimo una
sfida con sé stesso. Vinta questa si sarebbe stufato di lui. Si
spiegava così il suo non voler entrare nella sua vita. Eppure lui lo
voleva, voleva così tanto che ci entrasse di più… in tutti i modi, non
solo fisicamente.
Dio,
come lo voleva.
Si
sentì male improvvisamente e la voglia di bere lo invase, quindi sperò
di poter tuffarsi in un sonno profondo senza risveglio per risolvere
tutto. Dormire e sognare per sempre senza più menate. Mica male, no?
-
Allora anche tu devi piantarla con le tue, di stronzate! - Inteso
quelle su Riky e Cris e quella specie di gelosia. José non era
veramente geloso, era la persona più sicura di sé che avesse mai
calpestato la Terra. Era solo una delle sue provocazioni per fargli
dire come mai si era aperto tanto con Ricardo, tutto lì.
Certo
che glielo poteva dire, il motivo, ma sarebbe stato come cedere per
primo e non intendeva farlo, non era giusto, non voleva. Doveva essere
José a dimostrargli per una volta qualcosa. Quanto ci teneva a lui,
tanto per cominciare.
Si
scambiarono degli sguardi tempestosi, tanto aggressivo uno quanto
furente l’altro. Dopo essersi sbranati per qualche istante, José diede
il solito crudele colpo di grazia. Era una questione di principio anche
per lui. Karim doveva imparare a fare le cose da solo senza che gli
altri glielo chiedessero e lo supplicassero. Se voleva aprirsi perché
diavolo non lo faceva e basta, invece di aspettare che glielo chiedesse?
Voleva
sapere se gli interessava veramente ma che diavolo voleva? La
baby-sitter sempre pronta a rimboccargli le coperte? Doveva prendersi
da solo ciò che voleva, non l’aveva ancora imparato?
-
Visto che stiamo entrambi parlando solo di stronzate allora direi che
non abbiamo niente da dirci! -
Con
questo se ne andò dal soggiorno chiudendosi nello studio.
Quando
José sentì sbattere la porta d’ingresso pregò di risentirla presto
riaprirsi. Pregò che Karim tornasse e che fosse anche sobrio, poi.
Per
quanto fosse preoccupato per lui ancora, nonostante i grandi
miglioramenti di quei giorni, lo vedeva sempre in bilico su un burrone
che non perdonava. Il punto era che non poteva fare la corda che lo
legava alla terraferma. Doveva riuscire ad allontanarsi da solo, da
quel burrone, doveva volerlo lui per primo o niente e nessuno l’avrebbe
veramente salvato.
La
porta non tornò ad aprirsi per tutta la notte e per orgoglio non rimase
ad aspettarlo nel divano, convinto che questa volta non se lo
meritasse, però rimase sveglio gran parte di essa lo stesso.
Quando
al mattino non lo vide né in camera sua, né nel divano, né riverso in
qualche bagno a vomitare l’anima, l’ansia lo colse come mai gli era
successo in vita sua.
Alla
fine era sempre tornato, nonostante i suoi timori che non succedesse.
Era sempre stato lì in qualche posto di casa a dormire distrutto.
Quella
era stata la prima volta che non era tornato e vedendo per un istante
agghiacciante tutte le paure di quegli ultimi tempi incarnarsi e
diventare vere, morì dentro per un momento leggendario.
Non
poteva fare così, sapeva che era quello il suo punto debole, glielo
aveva detto. Il non rivederlo a casa il mattino dopo lo mandava fuori
di testa e lui non poteva non tornare di proposito per fargli male. Non
era giusto, non era un comportamento accettabile.
Fu
per questo che non lo chiamò e non lo cercò nonostante la frenesia per
non sapere dove fosse e se stesse bene.
Sperò
solo che fosse con uno dei ragazzi e non a farsi in qualche angolo
della strada.
Non
lo chiamò, però prima di andare a lavoro fece tutti gli angoli
malfamati della città e nel non vederlo riverso a terra si sentì un po’
più sollevato.
Non
chiamò nemmeno Ricardo per dirgli di trovare Karim e vedere di lui, non
si assicurò in alcun modo che facesse quello che doveva in quanto
bassista. Per José, Karim non c’era più anche se sapeva che era una
cosa provvisoria e che non avrebbe mai potuto cancellarlo per sempre.
La
furia che lo investì fu qualcosa di inaffrontabile, la consapevolezza
che Karim l’avesse fatto apposta perché quello era il suo unico punto
debole lo mandava completamente fuori di testa e nonostante questo non
riusciva, mentre lavorava, a non pensare costantemente al fatto di
poter ricevere da un momento all’altro la chiamata di un poliziotto che
gli diceva di andare a riconoscere il corpo di un giovane morto per
overdose. Questo era lui, quello che pensava al peggio del peggio per
prepararsi a qualunque evenienza e non farsi trovare impreparato.
Non
gli interessavano gli ottimismi ma solo il realismo.
Eppure
poteva chiamarsi realismo il terrore di non rivedere più Karim?
Il
terrore che tornasse a finire male?
Che
si distruggesse di nuovo?
Combatté
fra sé e sé non poco e lo fece per tutto il giorno consapevole, o
sperandolo fortemente, di rivederlo a sera a casa e di poterci litigare
come si doveva.
Quando
non lo vide la sensazione di morire dentro fu di nuovo tanto potente da
mandarlo seriamente fuori di sé.
Così
non lo era mai stato.
Così
mai.
L’unica
cosa a cui Karim riuscì a pensare una volta in macchina fu di correre
tanto forte da non vedere più il mondo intorno a sé e solo quando
sfiorò un incidente molto grave rischiando di portarsi dietro anche
altre persone, si rese conto che non poteva farlo.
Si
diede una regolata solo per la consapevolezza che José ne sarebbe morto
ed anche se nel dirselo si rispondeva che comunque non gliene importava
niente, non tornò a correre come un pazzo.
Non
avendo in testa nessun altro viso alternativo a José che non fosse
Ricardo, andò senza esitare da Cristiano.
Si
erano quasi appena lasciati, solo qualche ora e rieccolo lì come fosse
incapace di stargli lontano.
Se
ne fregava di quello che sembrava, lui sapeva chi era.
Quando
suonò ed un seccato Cristiano gli aprì capì subito di aver interrotto
qualcosa e infastidito anche da quello perché significava che Ricardo
si sarebbe fatto ampiamente del male di lì a breve, se ne fregò ed
entrò.
Cristiano
non l’aggredì come si sarebbe aspettato e solo da quello capì che
doveva essere messo male.
-
Che hai? - Chiese andandogli dietro.
Si
trovò a camminare per la sua ampia villa come un’anima in pena e solo
quando raggiunse il soggiorno con Ricardo seduto su una poltrona ed
un’aria strana ed imbarazzata, i fili si ruppero di schianto.
-
Karim? - Lo chiamò piano l’amico alzandosi in piedi.
-
Ho… - Tentò Karim di spiegargli ma le corde vocali erano atrofizzate e
voleva bere per bruciarsi i neuroni e non capire più un cazzo. Voleva
annegare, voleva addormentarsi, voleva non sentirsi più così. Solo agli
occhi sinceramente preoccupati di Ricardo trovò la forza di continuare
roco e cupo: - ho litigato con José. -
Cristiano
si mise in parte appoggiato ad un tavolo e senza dire o fare nulla, non
sapendo molti dei dettagli che invece sapeva Ricardo, stette in ascolto
e basta.
Karim
era veramente sconvolto, sembrava sull’orlo di esplodere, era chiaro
che voleva piangere e gridare ma che non voleva farlo per paura di
chissà cosa. Avrebbe voluto sinceramente fare qualcosa per lui ma capì
che l’unica era non offrirgli da bere in quel momento.
Chiedendosi
come sarebbe finita, trovò tutte le risposte. Specie quelle che
riguardavano il rapporto fra Karim e Ricardo, argomento che l’aveva
assillato in ogni modo.
Quando
Ricardo aprì le braccia, Karim vi si rifugiò come se fossero il suo
salvagente e fu strano perché non era la differenza di fisico, Ricardo
non era poi così piccoletto tutto sommato. Era la differenza di persone.
Karim
dava di sé l’idea di uno che di certo non si appoggiava a nessuno e che
piuttosto faceva il senzatetto ed ora era lì abbracciato a qualcun
altro con il puro bisogno di essere sostenuto e consolato.
Cristiano
capì di cosa si trattava e nel momento in cui li vide così rivide sé
stesso prima. Non riusciva ancora a comprendere chi fosse Ricardo, ma
era chiaro quanto importante fosse per chi gli stava accanto.
Quella
sua capacità innata di entrare negli altri e renderli quasi dipendenti
da lui non era normale, non l’aveva vista in nessuno, era qualcosa di
incredibile e non si sentì geloso come gli altri giorni perché
finalmente cominciava a capire.
-
Dai, non è definitivo. Sono sicuro che vi siete capiti male come
sempre! - Karim non voleva parlarne, sembrava ancora troppo infuriato
per riuscirci ma aveva bisogno di stargli abbracciato e nascondere il
viso contro la sua spalla e aggrapparsi alla sua maglia.
Non
si poteva sentire meglio solo per quello, però almeno scemò la voglia
di bere rimanendo solo quella di annullarsi in qualche modo.
Voleva
dormire.
Solo
dormire e basta, senza pensare, sentire, parlare.
-
E’ solo uno stronzo e basta, non gliene fotte veramente un cazzo di me.
- E di nuovo questa convinzione, questa insicurezza abissale di non
essere mai veramente voluto da nessuno, di essere lasciato.
Fu
nell’averlo fra le braccia con quella fragilità che Ricardo vide una
similitudine incredibile fra lui e Cristiano, non lo fece di proposito
ma pensandolo cercò il ragazzo con lo sguardo e lo vide assorto a
fissarli poco più in là.
Era
molto pensieroso ma non arrabbiato od infastidito. Sembrava colpito da
quel che vedeva e sperò non fraintendesse.
-
Sono sicuro che non è così, dovete solo calmarvi. Cosa vi siete detti?
- Cristiano si stupì che glielo chiedesse. Nessuno glielo avrebbe
chiesto e nessuno gli avrebbe detto nulla di particolare. Nessuno,
anzi, aveva mai parlato veramente con Karim. Nessuno lo conosceva.
Nessuno lo aveva visto fragile. Nessuno l’aveva sentito parlare.
Nessuno lo aveva visto infuriato. Nessuno gli si era mai avvicinato
veramente. Non come Ricardo.
-
Lui era seccato e con quel suo tono da prenderlo a pugni ha chiesto
perché mi dava fastidio che tu stessi qua, io in risposta gli ho detto
perchè non mi chiede di me e della mia vita e lui ha detto che erano
solo stronzate le cose di cui stavamo parlando. Così lui è andato in
studio ed io sono venuto via. Stavo per schiantarmi, prima. Non l’ho
fatto solo per lui anche se sono convinto che non gliene freghi un
cazzo di me in realtà! Sono solo una fottuta sfida. Vuole vedere se
riesce a domarmi e basta! -
Cristiano
sconvolto non tanto per quel che aveva detto quanto per la quantità
-non l’aveva mai sentito parlare tanto e così concitato- si sorprese
nel vedere che per Ricardo era normale ascoltarlo.
Karim
si separò per guardarlo in viso mentre gli rispondeva, ora non aveva
più la voglia di spaccare tutto ed esplodere, dopo il suo abbraccio si
era sciolto e depresso, non aveva più forze e rabbia. Era rimasto solo
un grande dolore interiore, un’inquietudine, un’angoscia identica a
quella che Cris aveva letto nei versi di Riky.
Capì
il senso di quelle parole scritte e si immaginò il resto della canzone.
Karim
scappava da ciò che voleva per paura di perderlo come aveva sempre
perso tutto nella sua vita.
Non
erano proprio uguali, la vita di Cristiano era stata fortunata e
felice, ma entrambi avevano paura di essere rifiutati e quindi si
comportavano in maniera discutibile. Ognuno a modo suo e diversamente,
ma comunque conseguenzialmente a quella profonda paura ed insicurezza
di fondo.
-
Non è così, ne sono sicuro. È una persona contorta e quindi anche se
non so di preciso perché si comporta così, so che non è come sembra.
Nessuno è come sembra. Fidati. Lascia passare un po’, datevi modo di
calmarvi e riflettere e poi torna a casa e torna ad affrontarlo con
calma. Va bene? -
Il
suo era un ‘sta qua un’oretta e poi torna da lui’ ma alla fine divenne
un stare lì tutta la notte ed anche il giorno successivo.
Karim
sembrò cercare una speranza in Ricardo, un rifugio che gli era sempre
mancato e che ora sembrava essere lui.
Cristiano
capì cosa c’era in quel ragazzo.
Semplicemente
chiedeva le cose, ascoltava e diceva la sua. Non si teneva tutto per sé
per paura di essere rifiutato o qualcosa del genere. In molti facevano
così, gli affari propri, o magari mettevano muri fra loro ed il mondo
per non essere visti dentro e mantenere sempre una parte di loro al
sicuro e non essere feriti del tutto.
Ricardo
dava invece tutto di sé senza paura, subito, a tutti, in ogni caso. E
si limitava comunque ad esserci, ad interessarsi agli altri, a cercare
di capirli e ad ascoltarli.
Era
questo, Ricardo.
Uno
che si interessava a chi lo circondava.
Ma
con lui?
Con
lui era lo stesso tipo di interesse che aveva per Karim o era altro?
Cristiano
non seppe rispondersi.
-
Posso rimanere a dormire qua? - Chiese con un filo di voce e l’amarezza
nello sguardo, quello di chi era stato troppo deluso.
Ricardo
alzò lo sguardo oltre il ragazzo a cercare quello di Cristiano che
grattandosi il collo per dietro si strinse nelle spalle e acconsentì.
Non ne era felicissimo, aveva sperato di mangiarsi un po’ Cappuccetto
Rosso, ma poteva anche aspettare per un’emergenza simile…
-
Va bene. Ma domani fa in modo di parlare con lui, si preoccuperà molto.
-
-
Non dirgli che sono qua, per favore! - Disse improvviso Karim mentre
Ricardo lo lasciava andare a sprofondare nel divano senza forza di
andare in altre stanze né tanto meno fare qualsiasi altra cosa.
Ricardo
non rispose ma sapevano tutti che per amicizia non l’avrebbe fatto.
Però sapevano anche che se José glielo avrebbe chiesto espressamente,
glielo avrebbe detto perché non sapeva mentire.
Gli
andò bene. José non lo cercò, sorprendentemente.
Rimasti
soli dopo che Karim si fu addormentato, Ricardo e Cristiano ebbero modo
di parlare. Quest’ultimo era ancora molto scosso da quello che aveva
visto e capito in poco tempo e avendo bisogno di assimilare ogni cosa,
gli disse poco prima di andare ognuno nella propria camera a dormire:
-
Ora capisco cosa c’è di te che fa aprire gli altri facendo sì che li
aiuti. -
Ricardo
preso alla sprovvista da quella frase, con ancora la testa a Karim e a
cosa potesse fare per lui, chiese sulla propria porta:
-
Cosa? -
L’altro
sorrise in modo strano che lo riscaldò all’istante facendolo sentire su
un caminetto acceso:
-
Ci sei. Semplicemente ci sei e ti interessi a loro. A noi. Ti importa.
Ecco cosa c’è. - Nel loro mondo non era una cosa scontata. Nel mondo di
tutti, ormai, non lo era.
Per
Ricardo era una cosa normale e non capendo cosa ci fosse di speciale
rimase inebetito a perdersi nel suo sguardo magnetico e proprio mentre
sperò di essere baciato da lui, Cristiano lo fece e posando le labbra
sulle sue l’accarezzò con esse con semplice dolcezza, solo questo.
-
Buonanotte. - Sussurrò poi languido come se gli augurasse di fare sogni
erotici. Cosa che comunque sarebbe successo.
Nemmeno
riuscì a rispondere dando conferma se non altro che per Ricardo, lui e
Karim non erano di certo sullo stesso piano.
Su
quello non ci pioveva più.
Ricardo
fu il primo a svegliarsi, nell’agendina con gli impegni di Cris e Karim
per quella giornata c’era segnata l’inizio delle riprese del primo
video del singolo di prossima uscita, quindi erano tutti impegnati.
Non
fece fatica a saltare giù dal letto e prepararsi, non aveva dormito
tanto per colpa di quei sogni erotici su Cristiano e per quel che era
successo il giorno precedente. Di cose a cui pensare ne aveva avute e
prima delle due di notte non aveva preso sonno, quando ci era riuscito
aveva sognato Cris in tutte le salse per poi svegliarsi con un’erezione
da paura.
La
doccia fredda gli aveva ridato vita nuova oltre che un gran bel
colorito accettabile. Un po’ di occhiaie ne aveva ancora ma niente di
paragonabile al giorno prima, quando era andato in giro con aria
spettrale per la scarsa alimentazione oltre che per lo scarso sonno
sano.
Sceso
in cucina preparò la colazione per tutti e tre e quando fu pronta andò
a svegliarli.
Sapeva
che Karim non usava mai le sveglie e tanto per scrupolo guardò il suo
cellulare spento.
Aveva
dormito nel soggiorno, su uno dei comodi e ampi divani, quindi aprendo
le finestre a parete fece entrare la luce attenuata dai tendoni lunghi
d’avorio ricamati in oro.
Karim
non diede segni di vita e sorridendo fraterno Ricardo si sedette sul
bordo del divano scuotendolo per le spalla con una certa dolcezza che
manteneva sempre nei suoi modi. A quel tocco finalmente il bassista in
apparente coma reagì e sospirando insonnolito, prima ancora di aprire
gli occhi, gli mise una mano dietro al collo e l’attirò a sé
prendendosi veloce e prepotente la sua bocca. Ricardo sgranò gli occhi
e si irrigidì come una corda di violino, quindi senza riflettere spinse
le mani contro il petto cercando di allontanarsi; la forza di Karim non
era paragonabile alla propria quindi ci mise un po’ a fargli capire che
non rispondeva al bacio perché non era chi credeva che fosse.
Quando
Karim se ne rese conto e si svegliò meglio, vide che era Ricardo e non
José come aveva pensato e ottenebrandosi all’istante lo lasciò andare
scusandosi con un basso borbottio seccato, dopo di che si mise le
braccia sulla faccia e non si mosse più.
-
Pensavi fosse José? - Karim annuì mentre si mordeva le labbra nervoso.
L’amico l’accarezzò sugli avambraccio che lo coprivano in quel modo
quasi tenero in un certo senso e sussurrando che era pronta la
colazione e che oggi dovevano cominciare con le riprese del nuovo
video, si alzò andando a svegliare Cristiano.
Non
sapeva come faceva normalmente al mattino, se si ricordava da solo di
svegliarsi per i vari impegni col gruppo o cosa, ma andò lo stesso
nella sua camera. Bussò piano e sentì il silenzio dall’altra parte,
così aprì e si affacciò sentendosi un ladro. Era a disagio a fare una
cosa simile ma ormai che era lì doveva andare avanti.
Cristiano
dormiva ancora ed entrando aprì la finestra per far entrare la luce.
Quando lo fece, il bell’addormentato lamentandosi capriccioso si prese
le lenzuola e se le tirò su sopra testa girandosi dall’altra parte.
Ricardo rimase inebetito a guardarlo continuare a dormire, quindi
avvicinandosi al letto matrimoniale dove si era svegliato quel mattino,
arrossendo non poco, si chinò su di lui cercando di stare al contempo a
debita distanza.
-
Cris? Oggi iniziano le riprese, dovresti svegliarti. La colazione è
pronta… - Un mugolio arrivò dalla massa che continuava a non muoversi,
quindi lo toccò con un dito spaventato all’idea che succedesse come
quel giorno, tornò a chiamarlo più forte. - Cris? Svegliati… - Ma Cris
ancora non si svegliò. Fu costretto a cercare di togliergli il lenzuolo
di dosso e quando provò a tirarlo si trovò ad usare più forza del
necessario.
“Allora
non dorme!” Pensò con gli scrupoli che andavano via. “Fa solo i
capricci!” Realizzò tanto sbalordito quanto divertito. Quando
finalmente vinse sulle lenzuola, trovò un Cristiano con gli occhi
ostinatamente chiusi che invece di decidersi a dargli retta se lo prese
obbligandolo a stendersi con lui, quando l’ebbe schiacciato sul letto
accanto a sé ricoprì entrambi con il lenzuolo abbracciandosi un
esterrefatto Ricardo. Incredulo che l’avesse steso con sé e che avesse
anche ricoperto entrambi fin sopra la testa, cominciò ad imbarazzarsi
quando capì che entrambi sul fianco si guardavano, ma il colpo di
grazia fu il suo braccio intorno alla vita. Non voleva proprio che si
alzasse.
Ricardo
finì per sorridere divertito nonostante l’imbarazzo che provava, era
bello stare lì con lui in quel modo. Certamente appariva sempre come un
principino viziato ma era tenero a modo suo l’averlo voluto lì sotto
con sé ed oltretutto il lenzuolo sopra le teste li rendeva più intimi,
li isolava dal resto del mondo nonostante di fatto fossero già soli in
camera.
Ormai
Cris era sveglio e lo guardava da quella vicinanza, solo pochi
centimetri a separarli, le labbra di entrambi chiuse ma incurvate in
sorrisi diversi fra loro, il cantante era malizioso e gli occhi
insonnoliti brillavano già. Tutt’altra cosa rispetto al risveglio
brusco di Karim.
-
Devi alzarti, ho preparato la colazione e fra un’ora e mezza c’è
l’appuntamento con gli altri. - Mormorò piano. Cris mugolò in risposta
e spostando la mano dal fianco alla nuca, l’attirò a sé con decisione.
Il cuore di Ricardo per un momento perse un battito ma lo riacquistò
con delusione quando si rese conto che gli aveva baciato solo la
fronte.
Lo
sguardo espressivo con cui lo guardò fece ridere il ragazzo che si
coprì con una mano:
-
Prima i denti o ti uccido con l’alito. - Ricardo colpito da quelle
attenzioni si chiese dove le avesse messe quell’altro mattino quando
invece l’aveva baciato subito sulla bocca, ma soprattutto non avrebbe
mai detto che fosse uno da dare cura a quel genere di cose.
Piacevolmente
colpito da questo suo lato premuroso, lo ringraziò con uno dei suoi
dolcissimi sorrisi che sciolsero Cristiano.
L’avrebbe
preso seduta stante ma ci teneva a certe cose, se se ne ricordava…
l’altra mattina aveva solo avuto un’enorme voglia di averlo e basta.
Ora era diverso, i retroscena erano diversi. Ricordava bene cosa era
successo il giorno prima, come si erano lasciati e cosa si erano detti,
specie come si era sentito con lui.
Poi
tornò alla mente improvviso Karim e storcendo le labbra, aprì il
lenzuolo e si alzò.
Ricardo
stordito da quel repentino cambio d’umore rimase ad osservarlo seduto
sul letto ma venne distratto dal suo corpo mezzo nudo. Indossava solo
dei boxer alquanto stretti. Inghiottì a vuoto e prima di procedere sul
resto del suo corpo, si alzò ed uscì in fretta.
Non
era il momento per certe cose, si disse agitato e già accaldato.
Quando
giunse in cucina, Karim era seduto ma non aveva iniziato a mangiare,
non si era nemmeno versato il caffè. Stava per farlo quando dietro di
sé comparve subito Cristiano di nuovo in veste notturna. Per un pelo
non se lo spanse addosso e mentre Karim borbottava brusco di stare
attento, Cris gli prese la caraffa piena di caffè bollente e con uno
strano ghigno consapevole versò lui stesso sia a Karim -che non
risparmiò lo sguardo stupito- che nelle altre due tazze.
-
Vestiti la prossima volta, vedrai che non rischia l’ustione! - Sbottò
il bassista al cantante in una delle poche volte che comunicavano.
Non
si parlavano mai, Karim in realtà non parlava con nessuno, forse un po’
con Iker perché con lui nessuno poteva non parlarci.
Per
il resto c’era sempre stato solo José fino a che non era arrivato
Ricardo a sbloccarlo.
Cristiano
stupito di sentire la sua voce rivolta proprio a sé, gli scoccò uno
sguardo divertito e sedendosi cominciò con la colazione insieme ad un
silenzioso Ricardo.
Dopo
poco che mangiavano quel che aveva preparato, fu Cristiano a rompere il
silenzio che si era creato ma non per parlare al loro assistente, bensì
per parlare al suo compagno di gruppo in una delle forse uniche volte
da quando l’aveva conosciuto.
-
Come stai? - Già solo il fatto che gli parlasse era anomalo, ma che si
interessasse al suo umore era incredibile. Lo sguardo di Riky fu più
stupito ma anche Karim si dimostrò vagamente sorpreso.
Si
strinse nelle spalle, aveva dormito vestito e la maglietta era tutta
stropicciata.
-
Di merda. - Fece poi cavernoso. Cristiano strinse le labbra con un che
di dispiaciuto e Ricardo continuò a sentirsi sempre più incredulo
dinnanzi a quello che vedeva. Non si intromise.
-
Oggi abbiamo le riprese, non avrai tempo di giorno di parlarci, ma
stasera torna a casa e fallo. - Capendo che sembrava uno che si
preoccupava per lui, volle correggere subito la stoccata. - Per non
mandare a puttane il gruppo! Se José prende il via di evitare di
proposito gli incontri col gruppo per colpa tua, ci fa lavorare di
sicuro male. Quando inizierà il tour lui verrà con noi, non voglio
passare due anni di merda! - Non stavano due anni continuamente fuori a
suonare in giro per il mondo, di tanto in tanto tornavano a casa fra il
tour di un continente e di un altro, ma alla fine fra una cosa e
l’altra, dalla data del primissimo concerto a quella dell’ultimissimo,
gli anni erano sempre due al termine dei quali ricominciava la
preparazione per il nuovo album.
Karim
capì che era una scusa grande come una casa ma Ricardo ci cascò come un
pero. Fortunatamente non ci pensò due volte a sgamarlo, non si faceva
problemi a dire le cose in faccia.
-
Non ti facevo uno che si preoccupava per gli altri… - Era chiaro a cosa
si riferiva e lo sguardo dello spettatore che correva sorpreso da uno
all’altro era un autentico capolavoro.
-
Neanche io pensavo che avessi la voce per parlare! - Rispose ironico
l’altro per parare il colpo basso ricevuto. Rivelarsi per uno che in
realtà pensava anche agli altri, seppure in rari casi, non gli piaceva,
era come mostrare un lato debole di sé e lui cercava di evitarli tutti.
-
Non ci conoscevamo abbastanza. - Fece Karim allora schietto.
-
Non ci conoscevamo per un cazzo. - Puntualizzò ironico Cristiano.
-
Comunque stasera torno da lui. Anche se non so che cazzo gli dirò.
Magari faccio solo le valige e vado per conto mio! - Ricardo sgranò gli
occhi preoccupato e tendendosi sul tavolo per poco non morì soffocato.
Tossì al boccone di traverso, entrambi i ragazzi gli batterono la
schiena insieme, poi questi si guardarono e Cris diede voce all’allarme
evidente di Riky, solo che lo fece a modo suo.
-
Se te ne vai da là scappi come hai sempre fatto in vita tua. Non è
così? -
Karim
si fermò, non si aspettava nemmeno un attacco così diretto da parte sua
ma soprattutto così competente. Era davvero il primo dialogo che
facevano ma di cose ne sapevano l’uno sull’altro.
-
Non me ne fotte, deve dimostrarmi che ci tiene e non a parole, non
perché me lo urla e tira fuori le cose giuste da dirmi sul momento! Non
mi ha nemmeno cercato, stanotte! -
Cris
scosse il capo.
-
Se tieni spento quel cazzo di cellulare… -
-
Andiamo, vuoi che non sappia che sono qua con lui? - Sbottò indicando
uno sbalordito Riky che non sapeva nemmeno come inserirsi.
-
Certo che lo sa, per questo non ti cerca. Lui è orgoglioso, non farà
mai il primo passo ma starà pregando come un forsennato che tu torni a
casa. Lo stai uccidendo, così. -
-
Se lo merita! - Sentenziò il bassista stufo. Nell’ultima frase aveva
tirato fuori un delizioso accento francese. Dal nome tutti avevano
immaginato avesse origini francesi ma nessuno glielo aveva mai chiesto,
avevano solo dedotto da soli. José l’aveva trovato in qualche stradina
di Los Angeles, dopotutto, non in Francia, non potevano essere sicuri
da dove venisse. Nessuno sapeva niente di lui, in realtà.
-
Sei francese? - Chiese ad un certo punto Cristiano diretto e curioso.
Non ci vedeva niente di male nel chiederglielo…
Karim
si sorprese che finalmente qualcuno glielo chiedesse e senza rendersene
conto, sbalzato momentaneamente non tanto nel proprio passato quanto
nello sguardo interessato e diretto di Cris, rispose:
-
Sì… ma ormai sono qua dalla maggior parte del tempo… - Ricardo era
senza parole. Si stavano parlando, si stavano dicendo cose utili, si
stavano interessando a loro e soprattutto si stavano aprendo.
Era
incredibile e ritenendolo uno dei miracoli di Dio, non si rese conto
che fondamentalmente il merito era suo, perché era per lui che erano
entrambi lì. Lui che Cris si era preso in casa, lui che Karim aveva
cercato la sera prima per farsi consolare, era stato ascoltando lo
sfogo di Karim diretto a Riky che il cantante aveva capito molte cose
di lui.
-
Non si capisce, l’accento ti viene fuori solo quando sei incazzato o
stanco, l’ho notato ieri sera. Nemmeno da ubriaco, esce… -
Era
strano non sapere di che nazionalità fosse il proprio bassista, ma per
Cristiano fu più strano sentirlo rispondere con naturalezza, come se
fosse tutto andato via grazie alla chiacchierata con lui.
-
Ho sempre parlato perfettamente l’inglese e quando sono venuto qua non
ho mai più parlato francese, quindi l’accento è andato via in fretta. -
Aveva
anche una bella voce, solitamente appariva più un borbottio indistinto.
Rimasero
a conversare del più e del meno per il resto del tempo a loro
disposizione, senza dirsi niente di privato e personale, non si diedero
più consigli e non fecero più domande particolari, però parlarono e
Ricardo non asserì mezza parola, rimase ad osservarli e ascoltarli più
contento che mai capendo che le cose si erano davvero mosse in un modo
incredibilmente bello nonostante la situazione tesa fra Karim e José.
A
quello si mise a pregare che si sistemasse tutto anche su quel fronte.
Semplicemente così.
Scoprendosi
con discrezione.