CAPITOLO XXIII:
DALL’ABISSO ALLA SUPERFICIE

I primi a sentirla furono José e Karim il mattino seguente.
Non potendo aspettare Cristiano si era svegliato prima di Ricardo e bruciando la colazione l’aveva svegliato con un odore nauseante che si espandeva in giro per la casa.
Quando entrò in cucina preoccupato era tutto scarmigliato, spettinato e stropicciato. Aveva dormito nel divano tutta la notte, non aveva avuto cuore di svegliarlo e lui stesso non aveva dormito, alla fine, se non un’oretta in poltrona. Troppo eccitato da ciò che aveva composto preso dal sacro fuoco dell’arte creativa.
- Cosa succede? - Cristiano come fosse stato colto in fallo e sgridato, si giustificò difensivo:
- Niente, volevo farti la colazione! Dobbiamo andare da José che gli devo far sentire una cosa prima di ogni altro impegno della giornata! - E non ne avevano pochi…
Ricardo ci mise un attimo a connettersi e capire che quella era un’azione carina nei suoi confronti e quando gli fu chiaro sorrise intenerito grattandosi la nuca:
- Grazie, credo. - Non era ancora sicuro, Cristiano non gli sembrava tipo da cucinare per qualcuno. Bè, in realtà era così visto il disastro che aveva combinato.
- Ma ho fatto un casino quindi andiamo a mangiare da loro, ci fermiamo al bar che c’è sulla strada e portiamo la colazione. Non sono lontani da noi. -
Ricardo capì la metà delle cose che gli aveva detto ma soprattutto non ricordava come mai non fosse andato a dormire nel letto la sera prima, rimase una attimo fermo sulla porta a fare smorfie infantili deliziose per la puzza di bruciato e Cris intenerito da quella sua versione fanciullesca lo raggiunse cingendolo per le spalle, conducendolo su in camera e spiegandogli anche con calma:
- Adesso ti cambi e ti prepari che usciamo subito. -
- Ma perché ero nel divano? - Chiese con voce sottile e assonnata.
Cristiano se lo sarebbe mangiato al posto della colazione ma si trattenne limitandosi a stringerlo a sé col braccio che lo circondava:
- Ti sei addormentato lì ascoltando le canzoni ieri sera, non volevo svegliarti… - Si guardò bene dal dirgli che aveva dormito solo un’ora per scrivere una canzone.
Quando lo lasciò era ancora confuso e per poco non gli saltò addosso.

Arrivarono da José e Karim alle otto del mattino, orario in cui finirono per disturbarli sul più bello, di nuovo.
Cristiano suonò insistentemente fino a che non gli venne aperto e l’espressione di José fu come quella di uno squalo bianco che stava per divorare la sua preda:
- Chi cazzo è a quest’ora, porca puttana! -
Ringhiò tutto scarmigliato e con la vestaglia addosso che nascondeva la sua completa nudità sotto.
Cristiano ghignò ed entrò senza aspettare il permesso:
- Io! Ho da farti sentire una cosa! - Ricardo rimase alla porta mortificato capendo che l’aveva interrotto malamente e José infatti ne diede conferma, inferocito più che mai:
- E non potevi aspettare mezz’ora che finivo di scopare, cazzo? - La risata incosciente di Cristiano fu ammirevole se non fastidiosa.
- No, non potevo! Ho un’intervista dopo con un servizio fotografico per una rivista e poi chissà quante cose hai tu e poi stasera abbiamo la festa del lancio ufficiale di tutto l’album. - José sbuffò.
- Se non è veramente importante ti strappo le corde vocali a morsi! - Sbottò. Poi rivolto verso Ricardo ancora immobile sulla porta con la colazione in mano: - E tu che fai, stai lì? - Ricardo entrò timidamente e poco dopo si tirò su nel vedere Karim scendere.
La sua espressione inizialmente burrascosa si rilassò in un sorriso di saluto quando vide l’amico.
- Ehilà, ciao! Come mai qua a quest’ora? -
- Colazione! - Fece imbarazzato per la mise misera di Karim che consisteva solo in boxer ed un rigonfiamento poco equivoco sull‘inguine.
- E una canzone che dovete sentire. L’ho fatta stanotte e dovete ascoltarla per dirmi cosa ne pensate. - Annunciò finalmente Cristiano orgoglioso di sé. A questo José si sorprese sedendosi a tavola lasciando a Ricardo l’onore di distribuire caffè e brioche nonostante non fosse casa sua.
- Cosa? In una notte sola? - Era anormale e solo lui sapeva quanto. A Karim non interessava.
- Potevi aspettare mezz’ora, eravamo sul più bello! - Grugnì in sua direzione.
Cristiano lo ignorò, era più importante la sua canzone, senza ombra di dubbio!
- E come mai sei stato così poco? Di solito ci metti una vita per fare un testo da solo. - Poi se ne rese conto. - Ma hai fatto anche la musica? - Cristiano annuì beccandosi uno sguardo stupito anche da parte di Karim.
- Merito di Riky? - Ci era arrivato all’istante e non servì negare imbarazzato:
- Non dire stronzate! - Ma fu un evidente tentativo di togliersi dall’imbarazzo. Tentativo fallito con lo sguardo ebete di Ricardo che era ancora completamente all’oscuro di tutto.
Non commentarono oltre quella sua insolita ispirazione fulminante, poteva anche aver fatto un pessimo lavoro, in realtà.
Si ricredettero.
José aveva un pianoforte in quanto aveva cercato di imparare a suonarlo senza troppo successo, essendo appassionato di musica aveva deciso di tenersi lo strumento comunque.
Gli altri seduti sul divano, Cristiano con spartito e parole fresche fresche cominciò catapultandoli subito in una dimensione nuova e diversa, sbaragliando scetticismi e pensieri di qualunque natura.
Loro due non avevano la minima idea di che cosa si agitasse in Cristiano in quei giorni e nemmeno prima di allora. Non si erano mai seriamente chiesti se in lui ci fosse qualcosa di più oltre a ciò che mostrava, forse avevano dato per scontato che ci fosse ma che non fosse mai stato stimolato da nessuno a mostrarlo.
Quel che però notarono fu la sua totale apertura di sé a praticamente il mondo. Fare una canzone significava aprirsi all’universo intero e per lui era sempre tanto difficile.
Capirono al volo che il merito era stato assolutamente di Ricardo, era la persona giusta e lo capirono unicamente da quella canzone.
Fu abbastanza per scoprire totalmente da cima a fondo Cristiano e quando la sua voce calda ed incantevole si levò nell’aria intensamente insieme alle note delicate del pianoforte, non solo José e Karim rimasero senza parole e profondamente colpiti. A Ricardo vennero le lacrime agli occhi.
- La superficie è una maschera d’oro
Io sono il re insensibile e per me stesso vivo
Sottochiave è il mio cuore atrofizzato
Credendo di stare bene non mi son guardato
Specchi tutt’intorno fonte di falsità
Chi mi conosce niente di me sa

Cosa sono non lo so
Convinto di saperlo ho vissuto
Ma un maremoto mi ha scosso
E sono qua che mi riscopro

Convinto di stare a galla affondavo
Pensando di domare le maree le seguivo
Esempi di finzione e fallimenti tutt’intorno
L’inesistenza dell’amore giù mi ha schiacciato
Convinto che tutto finisca e tutto ferisca
Di abissi oscuri mi sono circondato

Cosa sono non lo so
Convinto di saperlo ho vissuto
Ma un maremoto mi ha scosso
E sono qua che mi riscopro

È un’ancora che si tuffa in questo mare
Nel vederla che sono a fondo mi accorgo
Incapace di salire egli mi tira
Se ce la farà a farmi uscire io mi chiedo
E cosa vedrò non lo so
Però la superficie voglio superare

Cosa sono non lo so
Convinto di saperlo ho vissuto
Ma un maremoto mi ha scosso
E sono qua che mi riscopro

Insicurezza e non paura era prima
Ma fiducia e non speranza è ora
L’ancora è qui per me -
Il completo significato di ‘Abisso‘, la canzone appena cantata, lo capì solo Ricardo poiché piena di riferimenti ai discorsi che avevano avuto in quei giorni e nonostante non fosse una classica canzone d’amore, romantica e sentimentale, le note che uscirono dalle sue dita ed il modo con cui la cantò lo fecero sembrare. Non era per niente una composizione banale e classica, soprattutto molto fuori dal loro solito stile che tendeva al rock pop, aveva una dolcezza ed una delicatezza sua accompagnato da un fondo costante di dolore, come un retrogusto di disperazione che la voce splendida ed il talento del cantante sapevano rendere pur fosse la prima volta che la cantava veramente. Lo scavare che Cristiano aveva esibito non aveva paragoni perché non sarebbe mai stato da lui parlare così di sé in quel modo tanto umano ed onesto.
Non era un viaggio, non c’era una conclusione e nemmeno una soluzione.
Era un passaggio.
Il passaggio di un cambiamento difficile e decisivo.
Dall’abisso alla superficie.
Per merito chiaro e plateale di una persona speciale che dopo avergli fatto capire di essere in un modo, lo stava aiutando a cambiare e salire, venire allo scoperto e niente di più. Solo venire allo scoperto e mostrarsi -nonché guardarsi- per chi era veramente.
Lasciarono del tempo a tutti per riprendersi e riflettere, per lasciarsi ancora carezzare dalla sua voce di una profondità coinvolgente, poi il primo a parlare fu Cristiano che in direzione di José gli chiese come fosse lui stesso quello più provato di tutti per essersi messo finalmente e veramente a nudo. Cantare quella canzone a qualcuno significava aprirsi realmente. Ovvero cominciare.
- Cosa ne pensi? -
Ricardo era totalmente in un’altra dimensione, rapito come ogni volta che lo sentiva cantare; quella canzone l’aveva proprio ucciso.
José si chiese se essere prima fan, persona, amico o manager.
Alla fine parlò istintivamente senza ragionarci troppo. Solo dopo si rese conto che il suo lato di fan di Cristiano corrispondeva anche a quello di amico.
- Non hai mai fatto una cosa del genere. È davvero una gran bella canzone, sai? - Lo disse stupito perché non si sarebbe mai aspettato un lavoro simile da lui… sia per stile che per testi. - È profondissima. Il paragone fra te ed un sub e della vita con il mare è molto bello. Dai un quadro talmente preciso di te che ti si vede perfettamente. Ti racconti dall’inizio alla fine ma soprattutto esprimi incredibilmente bene il modo in cui ti senti, cosa provi, cosa pensi, cosa speri, cosa stai facendo. È tutto chiarissimo e la musica che hai tirato fuori è di un’intensità sconvolgente. Sentendola solo nel modo in cui la canti e la suoni, senza dare conto alle parole, sembra una canzone d’amore delle più delicate ed un retrogusto doloroso, quasi un inno, ma poi le parole apparentemente parlano d’altro e poi in realtà non è veramente così. Perché in questa canzone c’è un innesco al cambiamento, al toglierti la maschera e al guardarti dentro per farti vedere dagli altri. Quell’innesco è l’amore, il sentimento, il legame che si è instaurato con quest’ancora. Questa persona. È una canzone d’amore ma diversa dalle solite che si sentono in giro, quelle classiche. Considerando poi che non ne avevi mai fatte così è davvero un gran bel lavoro. -
Cristiano rimase di sasso, non si aspettava una conferma simile da lui, solitamente cercava di essere il più critico possibile ma soprattutto quando gli presentava canzoni fatte solo da lui lo spediva sempre da Iker a perfezionarle e sistemarle, trovava sempre qualcosa che non andava, le trovava incomplete. Era la prima volta che gli faceva dei complimenti così sentiti da subito.
- Wow, non pensavo che andasse bene… - Disse infatti. José si sistemò sul divano accavallando le gambe ed incrociando le braccia, quindi piegata la testa l’osservò concentrato:
- E’ tecnicamente il tuo lavoro migliore. Tu vocalmente non hai mai avuto problemi, sei un cantante fantastico ed il modo in cui tieni il palco e fai spettacolo al momento lo fanno in pochi. Però come autore di canzoni hai sempre lasciato a desiderare… - Era sincero e Cristiano lo sapeva.
- Per questo non credevo ti piacesse! - Ma lo era anche lui.
José non se ne stupì infatti.
- Sì però questa è perfetta, non va nemmeno modificata nel testo. Quanto ci hai messo a farla? -
- Un paio d’ore. Direi verso la mezzanotte fino alle cinque, più o meno… -
Ricardo lo guardò sorpreso capendo che non aveva praticamente dormito e naturalmente allarmato.
- Lo vedi? Parlo di questo. Tu solo per un testo ci metti settimane e per le musiche non le fai mai da solo ma sempre con Iker e Sergio. Ed il più delle volte comunque il testo va sistemato. Direi sempre. Ci hai messo poche ore e non va ritoccato niente. Tecnicamente hai fatto un salto di qualità allucinante. -
A dirlo incisivo e meglio di tutti loro messi insieme fu Karim che apparendo uno che non si intrometteva e che non percepiva niente di nessuno, demolì di nuovo questa percezione.
- Si chiama ispirazione. - Preciso e conciso come nel suo stile. E veritiero.
Cristiano lo guardò e non servì dire che non l’aveva mai provata prima, ma disse un’altra cosa:
- Ne scriverei altre dieci, ora. Così, su due piedi. -
- Fila a farlo! - Ordinò José alzandosi dal divano rendendosi conto di essere stato praticamente immobile per tutto il tempo dell’ascolto.
- La cosa strana è che sento di poterlo fare quando voglio, che non è un’ispirazione momentanea che scappa via se non la colgo. Che quando mi metterò al piano con lui a dormire sul divano potrà nascermene un’altra senza il minimo sforzo. - Come se fosse servito rivelare le condizioni specifiche con cui l’aveva scritto. Come se già tutti non sapessero che era stato merito di Ricardo.
Karim e José nel sapere che Riky aveva dormito nel divano mentre lui l’aveva composta, sorrisero con un ghigno allusivo estremamente sadico e preoccupatamente uguale e volendolo ignorare per non dar loro peso, il cantante si alzò dal pianoforte stiracchiandosi a sua volta mentre Karim si stendeva sul divano raggiungendo con la nuca le gambe di Ricardo.
Disse qualcosa a proposito del fatto che aveva sonno e aspettandosi delle lamentele da parte di Josè, le ricevette da parte di Cris. In realtà più che lamentele vocali furono fisiche in quanto arrivato in picchiata sul divano anche lui aveva letteralmente spinto via Karim facendolo cadere a terra come se spingesse giù il cane che non poteva salire sul divano. Mancava solo dicesse ‘pussa via!’.
José ghignò notandolo e contento del feeling che erano riusciti ad instaurare quei due in altrettanto poco tempo e comunque sempre in un certo modo grazie a Ricardo, tornò a prendersi il ‘cane randagio’ rimasto sul pavimento come se fosse veramente il suo posto.
- Vieni via, impiccione del cazzo! - Che sapeva tanto di ‘lasciamoli soli un po’!’
Che avessero cose da dirsi era chiaro e non tanto perché a quanto pareva con Ricardo tutti avevano sempre qualcosa da dire ma proprio perché il ragazzino era rimasto impietrito dopo aver sentito la canzone. L’aria da innamorato perduto l’aveva tutta.
Prendendolo per il piede l’aveva infatti trascinato via obbligandolo a stargli dietro su tre zampe.
Quando gli insulti di Karim si affievolirono indicando che si erano chiusi in cucina, Cristiano si sedette accanto a Ricardo ancora silenzioso con un’emozione cristallina nello sguardo.
- Ti è piaciuta? - Domanda retorica visto che era ovvio, aveva quasi le lacrime agli occhi.
Si girò ed incontrò i suoi e non riuscì più a trattenerle e quando gli bagnarono innocentemente le guance, Cris sorrise alla sua risposta fioca e sentita:
- Non ho mai sentito niente del genere… - Detto da uno che aveva una scarsissima cultura musicale parve una barzelletta ma Cristiano sapeva il senso con cui lo diceva e lo prese come il complimento più bello di tutti e soprattutto quello più prezioso.
Alla fin fine gli stava portando più calore quel semplicissimo commento spontaneo e dolcissimo che quello completo e approfondito nonché anche professionale di José.
Era venuto lì per cercare il suo, era vero, ma poi gli era importato più quello di Ricardo.
Alzata la mano gli prese la guancia fra le dita asciugandogli le lacrime, quindi sempre con quel sorriso sereno e consapevole, sentendosi come un palazzo appena demolito e in via di ricostruzione, sull’altra guancia ancora bagnata dal suo pianto tenero disse:
- Grazie. - Semplicemente. E con altrettanta semplicità lo baciò lavando via anche lì le sue lacrime, bevendole con delicata sensualità che gli venne spontanea.
Ricardo si sciolse e si rilassò, non si accorse di aver smesso di piangere, non subito, ma si accorse presto di avergli messo le mani sulla vita come per non farlo andare via.
Quello che il ragazzo stava provando in quel momento non l’aveva mai provato in vita sua, preda del profondo significato di quella canzone che poteva capire nella sua perfetta totalità solo lui, non poteva che convincersi che semplicemente si erano trovati e che tutto sarebbe andato sempre meglio, che non poteva essere che così, che non c’era niente di cui preoccuparsi e che le ombre percepite in Iker riguardo Cris erano cose sue e solo sue che non l’avrebbero mai riguardato.
Non poteva sapere che la sua impresa di scoperta di Cris era appena all’inizio.

- Cosa ne pensi? - Chiese Karim a José quando furono soli in cucina. Il primo seduto sul tavolo ad osservare l’altro che riordinava i resti della colazione. Aveva capito al volo che c’era qualcos’altro riguardo Cristiano che gli vorticava in testa.
- Della canzone? - Chiese distrattamente passandogli davanti senza dargli seriamente retta, Karim seccato gli bloccò la strada con la gamba ed agganciandolo lo attirò a sé attorcigliandogliele intorno alla vita in modo da abbracciarselo da dietro.
- Di Cris. - José si stupì di quella domanda, non era uno che si dimostrava facilmente interessato agli altri, fin’ora l’aveva fatto solo con Ricardo ma con Cristiano no.
Solo per questo decise di dargli ascolto e sospirando si rilassò fra le sue braccia forti che gli impedivano comunque la fuga.
- Mi lascia perplesso. Non riesco a conciliare il Cris che per cantare ha bisogno di uno che guardi lui e solo lui con quello della canzone… -
- Sta uscendo allo scoperto… - Fece Karim interessato all’argomento, sembrava avesse gli stessi dubbi anche lui e che volesse testare le possibili risposte.
- Sì ma non può essere così facile… lui è… troppo… - Non trovò comunque il termine adatto per definire il cantante ma non lo cercò con molto impegno poiché le mani di Karim avevano deciso di frugarlo sotto la vestaglia che indossava.
- E’ appena all’inizio! - Gli slacciò il laccio e l’indumento si aprì scoprendo la sua nudità sottostante.
- Ma Riky si sta illudendo. Pensa di essere a buon punto, che non è male come tutti dicevano e come sembrava, che ce la può fare, che è vicino al traguardo… non ha idea di quanto dura l’abbia… - Ed improvvisamente ora quello preoccupato per il delizioso neo assistente sembrava proprio lui che finora si era dimostrato piuttosto indifferente. Karim sorrise ironico pensando che lo sapeva che si sarebbe fatto prendere anche da quello, era più forte di lui, non sapeva rimanere fuori alle questioni private degli altri.
- Lo scoprirà presto da solo. - Gli parve che i ruoli si fossero invertiti e la cosa non gli dispiacque specie quando cominciò a lavorare sulle sue parti intime con una mano e con l’altra che gli tormentava un capezzolo.
- E pensi che non ne uscirà distrutto? - Chiese in un sussurro strascicato per il piacere che cominciava a provare, piegando la testa di lato verso di lui. Karim lo guardò a sua volta toccando il naso col proprio, lo carezzò in quel modo con una lentezza quasi romantica e continuando a perdersi nei suoi occhi castano-verdi sempre penetranti, sempre magnetici, sempre vivi, mormorò pacato in risposta:
- L’ho sempre pensato che ne sarebbe uscito distrutto. - José poco prima di baciarlo e fra un sussulto e l’altro, col piacere che saliva vertiginosamente, rispose a sua volta piano e roco:
- E perché sei così tranquillo? -
- Perché non può evitare di viversela. E poi è uno che riserva molte sorprese. - Su questo José si trovò d’accordo e decidendo di risparmiare la voce, glielo comunicò unendo le labbra alle sue, fondendole e gemendo nella sua stessa bocca.
Non avevano idea di quanto ragione avessero.