CAPITOLO
VI:
CHE
TORNASSE
Immaginò
che a riportarlo dovesse essere stato uno dei ragazzi e li ringraziò
mentalmente stupendosi di quanto dopotutto si fossero affezionati a lui
nonostante gli inizi difficili.
Lo
vide comunque nel divano del soggiorno a pancia in giù, ancora vestito
come la sera prima e con una puzza di alcool che aleggiava per la sala;
ci mise poco a capire lo stato in cui era ed era strano che nel
rivederlo la mattina in casa si sentisse stupidamente sollevato.
Era
la cosa più idiota che potesse provare, ma sollievo era il termine
giusto.
Ogni
notte andava a dormire sapendolo in giro chissà dove a fare chissà cosa
e non poteva non chiedersi sempre se sarebbe tornato, ma non era tipo
da fare da baby sitter a nessuno. Gli imponeva delle regole rigide e
severe per vedergliele mantenere almeno la metà.
Ovvero
‘il mattino sempre a casa’. A quella ci teneva molto.
Sospirò
in un misto fra il sollevato e l’insofferente, esitò prima di
spalancare le finestre e svegliarlo brutalmente per obbligarlo a
lavarsi, cambiarsi e mangiare qualcosa di decente.
Stava
veramente bene?
Prima
di farlo come ogni dannata mattina cercava di capire quanto vicino
fosse il suo limite e se dovesse preoccuparsi.
Poi
gli controllava le braccia e si sentiva più leggero nel vedere che era
pulito e non aveva buchi.
Dopo
le braccia naturalmente gli controllava le tasche ed il portafoglio.
Non che questo potesse assicurargli che non ci avesse provato in altri
modi, ma almeno poteva sperarci.
Sentirsi
idiota era ciò che odiava di più, infatti poi si vendicava sempre, ma
sul momento non capiva proprio come potesse fare se non così.
Appurato
che era più o meno a posto, attaccò a spalancare le finestre. Come di
consueto non diede segni di vita e intenzionato a non farlo dormire
tutta la mattina nonostante l’avrebbe comunque fatto, si avvicinò di
nuovo e lo scosse, poi spazientito grugnì:
-
Ehi, svegliati! - Quando capì che sarebbe stata più dura del solito, lo
prese per le braccia e lo mosse come se ci fosse il terremoto, quindi
lo chiamò più seccato.
-
KARIM, DANNAZIONE, SVEGLIA! - Karim naturalmente non diede segni di
vita e a quel punto, più scocciato che mai, dicendosi che non gli
avrebbe mai permesso di fare di testa sua, gli diede il consueto calcio
nei bassi fondi. Non lo faceva sempre, solo in casi estremi. Quello lo
era.
Più
arrabbiato di così, fra l’altro, non poteva esserlo.
Detestava
quando sembrava fatto. Sapeva che erano solo i postumi di una sbronza
colossale, ma questo non lo giustificava a comportarsi da morto!
All’impatto
brutale il ragazzo finalmente reagì e di riflesso, soffrendo come un
poveraccio, prese l’aggressore e lo schiacciò sul divano sotto di sé
per ricambiare l’attacco prima di lamentarsi del dolore e tenersi i
gioielli martoriati.
Della
serie ‘prima mi vendico e poi vedo le mie condizioni!’
José
si ritrovò quindi schiacciato di peso sotto Karim, era ancora assonnato
e mezzo dall’altra parte nonostante il calcio doloroso, lo capiva da
come lo fissava e fece una smorfia alla puzza del suo alito che sapeva
ancora di alcool. Doveva pure essere rientrato da poco. Peggio per lui,
si disse, non era un prete!
-
Karim, porco cane, ti svegli? - Karim allora sbatté un paio di volte le
palpebre cercando effettivamente di tornare in sé e ad aiutarlo fu il
dolore. Quando cominciò a sentirlo si accasciò su di lui ma non avendo
la forza di spostare le mani dalle sue braccia alle proprie gambe,
rimase steso su José come se fosse il suo letto e dei mugolii
imbarazzanti uscirono dalla sua gola.
-
Karim, torna in te che altrimenti ti spacco anche la testa oltre che i
coglioni! - Era davvero difficile svegliarlo e spesso pensava di
assumere qualcuno che gli facesse da baby sitter. Normalmente lo
faceva. Fra tutti lui era quello che necessitava di un assistente
personale più degli altri, non capiva perché si ostinava ad occuparsene
in prima persona.
Sospirò
insofferente spingendolo e provando a toglierselo di dosso. Stesi l’uno
sull’altro non era proprio l’ideale.
-
Mi hai fatto male… - Mugolò Karim finalmente senza però muoversi da lì
sopra, teneva la faccia premuta sul suo petto e José rinunciò a
scrostarselo, prima o poi si sarebbe alzato, no?
-
Lo spero bene! Non volevo mica farti una sega! - Anche il suo
linguaggio non era fine e Karim reagì scendendo al suo stesso livello
perché non riusciva ancora a ragionare in modo più sensato.
- E
se ora non posso più usarlo? - Non che avesse una grande vita sessuale.
Il minimo ogni tanto ma niente di che dopotutto.
-
Perché, ti serve? - Chiese infatti ironico e maligno José sapendo che
non era uno che ci dava molto dentro.
Karim
finalmente si tirò su ma solo per guardarlo in viso vagamente offeso,
non si alzò veramente. Ora che lo osservava per bene da vicino poteva
vedere tutti i segni della nottataccia. Da quanto non dormiva bene?
Cominciò
di nuovo a preoccuparsi.
Aveva
solo sostituito la droga con l’alcool, non era stato un grande
salvataggio…
-
Certo che mi serve! Scopo anche io ogni tanto! - Grugnì offeso senza
risentirsene molto. Però che insinuasse che non avesse rapporti
sessuali gli seccava anche se non capiva come.
- A
me serve ma a te mi pare che ti serva più la bottiglia! Di un po’, con
tutto l’alcool che c’hai sempre in corpo riesci ad avere un’erezione? -
Non voleva provocarlo a fare chissà cosa ma solo stimolare un po’ di
amor proprio ed era chiaro che comunque ci fosse riuscito, peccato che
la cosa gli sfuggì di mano.
Karim
nemmeno ci pensò e realizzando che stava mettendo in discussione la sua
virilità, cosa inaudita per qualsiasi uomo, si alzò su borbottando:
-
Ora te lo faccio vedere io se ho problemi! - ed in men che non si dica
si tirò fuori le sue parti intime per poi ristendersi su di lui. Prese
veloce la sua mano e se la portò addosso, gli faceva ancora male ma non
come prima e comunque avere qualcun altro che lo toccava fu più
piacevole di quel che avrebbe immaginato, ma non capì dopotutto se fu
il fatto di avere una mano e basta oppure di avere quella di José.
Non
erano abituali fare quelle cose ed anzi era in assoluto la prima volta
che accadeva.
José
per un autentico momento si paralizzò pensando fermamente che fosse
drogato e non se ne fosse accorto, eppure pensava avesse solo i postumi
di una delle sue solite sbronze!
Sconvolto
si lasciò fare e sentì in poco tempo la sua erezione reagire sotto la
mano.
Il
contatto diretto fu strano e lo spense, era inaudito per lui farsi fare
qualcosa che non voleva, per questo capì che se glielo lasciava fare,
forse, in realtà, magari, lo voleva.
Quando
lo sentì venire sempre più duro sotto i movimenti che gli stava
imponendo Karim, si trovò assurdamente eccitato a sua volta e corrugato
non riuscì a staccargli gli occhi di dosso. I suoi erano turbati ma poi
si lasciarono andare al piacere, divennero liquidi e abbandonati.
Un’espressione talmente languida non gliel’aveva ancora vista e lieto
che funzionasse sessualmente parlando si ipnotizzò con i suoi sospiri
che non controllò. Erano rochi e sempre più forti.
Alla
fine senza parlare, continuando a guardarsi e ad eccitarsi entrambi
contro ogni previsione, Karim gli dimostrò fino in fondo che non aveva
problemi d’erezione né di alcun altro genere, là sotto.
E
se gli avesse chiesto perché per dimostrarglielo aveva dovuto usare la
sua mano e non gli fosse bastata la propria, il ragazzo di certo non
avrebbe saputo cosa rispondere. Per questo José non glielo chiese. Per
non sentirsi bruciare davanti al suo silenzio.
Però
come doveva classificare quell’assurdità appena accaduta?
Rimasero
a guardarsi ansimanti e stupiti, immersi nel silenzio ed accaldati
mentre José stesso, ora, aveva bisogno di sfogare i propri bassi
impulsi basici.
-
Alzati. - Lo disse come fosse un ordine ma non con un tono di minaccia
né con effettiva incazzatura od agitazione. Lo disse basso e penetrante
e Karim capì che José ne era rimasto in qualche modo colpito e turbato
e solo quando lo vide alzarsi dal divano, dopo che l’ebbe liberato, e
salire in camera, fece la deduzione che magari sarebbe stata ovvia fin
dall’inizio.
Era
piaciuto ad entrambi molto più di quel che avrebbe dovuto.
Poi
si corresse. In ogni caso non sarebbe dovuto piacere per niente.
Ributtandosi
giù con ancora l’intimo abbassato, premette il viso sul cuscino.
Aveva
appena rovinato l’unica cosa bella della sua vita di merda?
La
voglia di farsi in quel momento tornò prepotente come un treno in
corsa. Non voleva perdere quello che aveva, non voleva. Non voleva e
basta.
José
era troppo importante per lui e per una volta pregò che questa volta
non fosse troppo tardi e che tornasse.
Non
poteva abbandonarlo anche lui.
Quando
scese Karim era ancora nel divano con pantaloni ed intimo abbassato ma
fortunatamente girato di schiena per tre quarti.
Ovviamente
dormiva.
Rimase
in modo da non guardarlo bene, sapeva che aveva le grazie ancora
esposte perché l’idiota si era addormentato prima. Sbuffò e fece una
smorfia cupa.
Solitamente
non si faceva problemi di alcun tipo, gli capitava di tanto in tanto di
andare con ragazzi oltre che con donne, era un bell’uomo che oltre ad
essere affascinante di suo era anche un tipo di spicco, la sua
personalità non passava inosservata. Insomma, ci sapeva fare, piaceva
facilmente.
Però
una cosa non l’aveva mai fatta.
Andare
con qualcuno dei suoi artisti.
Era
un manager di successo e ne aveva sotto di sé vari, non era mai stato
sessualmente con nessuno di loro, era una sorta di regola.
Così
come aveva impedito a Cristiano di andare con qualcuno del suo stesso
gruppo dopo quanto accaduto con Iker, lui non si faceva mai uno dei
suoi artisti.
Già
tenersi in casa Karim era stato anomalo, dopo di quella mattina non
poté che aggiungere un altro aggettivo al già citato ‘anomalo’.
“Sono
proprio rincretinito!”
Con
questo si liquidò preferendo evitare seghe mentali che non gli
piacevano e andando davanti al ragazzo puntò lo sguardo sulle parti
intime che si intravedevano ancora. Sospirò. Glielo avrebbe toccato di
nuovo ma sapeva che non era il caso e così prese invece un cuscino e
glielo lasciò ad altezza bacino affinchè lo coprisse, dopo di che
pensando che sarebbe tornato a pranzo per obbligarlo a mangiare e
lavarsi, se ne andò comunque interdetto e cupo.
Cos’aveva
quel Karim di tanto eccezionale?
Aveva
sempre pensato che se un giorno avesse fatto uno strappo alle sue
regole severe sarebbe stato per Cristiano, quello poteva sedurre anche
un monaco.
Quando
chiamò Ricardo non lo fece perché si vergognava a rivedere Karim dopo
quello che era successo quella mattina, era veramente troppo impegnato
per tornare a casa e troppo preoccupato per lui per lasciarlo a sé
stesso.
Pensando
a come fare per i momenti in cui non aveva tempo per vedere di lui come
necessitava -o come voleva- gli era venuta un’idea a cui pensava da un
po’.
“Tanto
quello è tipo un prete, non c’è pericolo che succeda chissà cosa fra
loro. Tanto più che gli farebbe bene la sua influenza, magari riesce a
raddrizzarmelo meglio di come sono riuscito a fare io…”
Con
questi pensieri fece la proposta a Ricardo.
-
Ascolta, ragazzo… ti va di alzare qualche extra? - Ora, uno normale
avrebbe subito pensato a qualcosa di poco pulito ma lui non era normale
e capendo né più né meno ciò che era, rispose subito e pronto:
-
Certo! - José sorrise contento.
-
Ho un lavoretto da proporti, non è niente di fisso… ogni tanto ho
bisogno che mi vedi di Karim. Solitamente agli artisti con cui
collaboro che sono particolarmente problematici gli metto vicino un
assistente personale. Tu in realtà non lo sei di Cristiano perché devi
solo ascoltarlo quando canta, non è un’assistenza vera e propria. Di
Karim di solito me ne occupo io ma non posso sempre. Oggi ad esempio
pensavo di riuscire a tornare a casa e svegliarlo, farlo lavare e
mangiare, ma invece non arrivo, però lui ha sempre bisogno di qualcuno
che veda di lui. Se io non posso puoi farlo tu per favore? - Era stato
molto chiaro nella sua proposta e di questo Ricardo gliene fu grato, si
vedeva che sapeva come si facevano le proposte di lavoro, mica come
quel confuso di Cristiano!
Ci
pensò molto poco, in realtà, perché fra tutti Karim era proprio quello
che l’aveva colpito di più e preoccupato per lui fin dal primo giorno,
si era messo già a pregare affinché un giorno potesse stare meglio.
Fu
così che rispose di getto con un certo entusiasmo:
-
Con molto piacere! - Oltretutto aveva bisogno di lavorare, fare
l’assistente a qualcuno non era una grande fatica, specie se questo era
autosufficiente e non doveva alzarlo di peso o fare cose al suo posto,
doveva solo assicurarsi che facesse quello che doveva, niente di che.
-
Allora va subito a casa mia, per favore. Non tengo personale perché non
voglio che gente indiscreta gli giri intorno, faccio venire le donne
delle pulizie il lunedì ed il giovedì quando lui è a prove. Tengo una
chiave di scorta sotto… - Spiegandogli il posto preciso, gli diede
alcune altre indicazioni specifiche per poi dargli appuntamento alle
prove quel pomeriggio dove avrebbe cercato di esserci.
-
Vi mando un autista a prendervi così non fate tardi! -
Normalmente
Karim si arrangiava. Aveva un’auto a disposizione per muoversi quando
voleva, per questo faceva sempre tardi, ma quel giorno avendo i minuti
contati voleva assicurarsi di vederli per sapere come era andata e se
era stata una buona idea.
Ricardo
poteva avere sicuramente un’influenza positiva su quello scapestrato,
molto più di quanto, evidentemente, non l’aveva lui.
- A
dopo. -
Sostanzialmente
Ricardo doveva andare a casa sua, svegliare Karim, farlo lavare e
cambiare e preparargli da mangiare. Ovviamente doveva assicurarsi che
mangiasse tutto, perciò doveva stare con lui anche a pranzo. Dopo di
che poteva fare quel che voleva purché lo tenesse lontano da ogni forma
di alcolico e sostanza stupefacente. L’aveva preparato al fatto che
probabilmente si sarebbe riaddormentato e a quel punto gli aveva
chiesto di rimanere con lui anche in quel periodo. Alle quattro
sarebbero venuti a prenderli.
“Bene!”
Si disse Ricardo mentre in metropolitana raggiungeva l’indirizzo
indicato da José.
“Un
lavoro più facile non poteva capitarmi!”
Pensò
con leggerezza.
Non
sapeva quanto si sbagliava.