CAPITOLO
IX:
COS’ERANO
ORA?
Non
era pronto per raggiungerlo più in profondità e buttare giù il suo muro.
Non
era pronto per svelare il mistero di Karim e capendo che sarebbe stato
anche presto, una forzatura azzardata, la prese con comodo.
Non
era da lui non affrontare tutti gli ostacoli subito ma con quel ragazzo
le cose da subito erano andate in modo diverso, di conseguenza non
poteva che adattarsi.
Quando
al mattino aprì gli occhi aveva un’ansia assurda ancora prima di
mettere a fuoco il mondo.
Comunque
il buio gli impedì di vedere ugualmente e prima ancora di accendere la
luce del comodino, cercò a tastoni sul letto e quando si imbatté in una
confortevole montagnetta che respirava calmo e regolare, José sospirò
sentendosi tanto stupido quando sollevato.
Solo
dopo aprì la luce fioca dell’abat-jour e si rasserenò nell’osservare il
viso addormentato di Karim. Per la prima volta dormiva serenamente.
L’aveva
visto tante volte ed aveva sempre avuto un’ombra scura sul volto dei
lineamenti decisi, si era sempre chiesto che sogni facesse; poi aveva
scoperto che non erano sogni ma incubi quando l’aveva sentito gridare
nel sonno e agitarsi tanto da svegliarlo seppure dormissero in camere
separate.
Quella
era la prima volta che dormivano nello stesso letto ma non solo, era la
prima volta che aprendo gli occhi lo vedeva subito. Di solito aveva
quella frazione di tempo per angosciarsi nelle domande convinto di non
trovarlo in camera sua come sempre. Poi prima di andare al bagno andava
da lui per vedere se c’era ancora e solo quando lo trovava nel letto si
risollevava… quando c’era. Quando non c’era cercava di contenersi fino
al raggiungimento del soggiorno. Spesso tornava tardi la sera e si
buttava nel divano.
Se
non c’era nemmeno là ancora prima del caffè cominciava col giro di
tutti quelli da cui poteva passare la notte, il più delle volte lo
trovava con uno del gruppo. Solitamente cercavano di portarglielo a
casa perché sapevano che si spaventava nel non trovarlo al mattino, ma
a volte erano messi male anche loro e se lo tenevano là.
Il
telefono Karim l’aveva ma solo per figura visto che lo teneva sempre
spento e che comunque non sapeva usarlo.
Spesso
gli aveva gridato dietro di tutto, poi si era arreso. Uno contro la
tecnologia era contro la tecnologia.
Quello
fu per José il risveglio migliore da un paio di anni a quella parte.
Si
tirò su sul gomito per osservarlo meglio, non l’aveva sentito agitarsi
nel sonno ed era già una conquista ma la parte migliore era che fosse
proprio lì con lui.
Non
lo toccò né si avvicinò in alcun modo, si mise solo a sedere e come
niente si alzò in piedi.
Era
presto per qualunque cosa e a dirla tutta era decisamente scosso per
quanto accaduto la sera prima.
Si
erano solo baciati e dati piacere rispettivamente con le mani, niente
di più, ma tanto era bastato per mandarsi fuori di testa.
Era
bisessuale, aveva avuto esperienze con ragazzi, si era anche innamorato
se era per questo ma ormai era da un po’ che aveva solo relazioni
sessuali e basta. Stesso discorso con le donne. Era stato sul punto di
sposarne una, una volta, ma dopo che aveva capito quanto geneticamente
infedele fosse, aveva evitato.
Il
punto non era che Karim fosse un ragazzo, più giovane di diversi anni
per giunta. Il punto era Karim stesso. L’aveva raccolto e non aveva mai
pensato di farci niente del genere ma non solo era successo, anche se
con un certo limite fortunatamente, ma si stava anche seriamente
prendendo.
E
lui aveva quella regola di non andare a letto e non avere relazioni di
alcun tipo con i suoi collaboratori, ovvero gli artisti che seguiva.
Faceva
il manager, conosceva moltissima gente, poteva tranquillamente spostare
le sue mire su uno chiunque. Perché proprio su di lui?
Che
l’avesse in realtà raccolto per quello e non gli fosse realmente mai
interessato in qualità di bassista?
Aveva
sempre pensato fosse una questione professionale, lui aveva occhio e
orecchio per riconoscere quelli veramente bravi e quando li trovava non
se li faceva scappare ma con lui… con lui era stato strano.
Sotto
la doccia ripensò al momento in cui l’aveva incontrato.
Come
ci era finito poi a prendere la metropolitana era un mistero, proprio
lui, poi… ma quando aveva sentito un suono diverso dalla solita
chitarra o fisarmonica o persino della striminzita trombetta o del
sontuoso violino, si era fermato e si era avvicinato cercando di
trovare e identificare di preciso quel suono.
Era
un basso.
Un
basso in quelle zone piene di senza tetto che suonavano per tirare su
qualche soldo.
A
chi mai poteva venire in mente una cosa simile?
Non
era un basso elettrico naturalmente ma uno acustico e di certo anche
quello attaccato ad un amplificatore e ad una cassa comunque si sarebbe
sentito meglio, ma lui l’aveva percepito chiaramente e concentrandosi
unicamente sul suono e sul modo in cui l’usava, aveva capito che con
uno elettrico ed un amplificatore sarebbe stato splendido.
Poi
l’aveva guardato in viso.
Viso
non proprio anonimo ma normale, lineamenti decisi ma non affilato o
selvatici, niente di che insomma. Era un tipo. Gli occhi morti.
Colpito
di nuovo come se fosse il presente e non un ricordo di anni addietro,
José rabbrividì aumentando l’intensità dell’acqua calda.
Era
stato lo sguardo. Gli occhi erano castani, normalissimi come colore, ma
il tipo di sguardo no… quello di normale aveva poco.
Aveva
visto la sua aria spenta e disillusa, non aggressiva ma consumata,
morto dentro.
Si
era ribellato perché aveva capito che aveva davvero molto talento col
basso a partire dal fatto che per fare soldi per strada avesse scelto
quello strumento e non uno di maggiore impatto sonoro come una
chitarra. Era degno di nota, insomma. Ed aveva talento e si infossava
in quel modo.
Dal
rossore intorno agli occhi e dal pallore spettrale aveva capito subito
che si faceva e che i soldi che raccoglieva andavano in droga.
Si
era ribellato anche a quello.
Sporcare
la musica in quel modo.
Lui
ci credeva, credeva che potesse donare riscatti ed essere pulita
nonostante tutti i miliardi che ci giravano intorno.
Credeva
che fosse sbagliato e schifoso sporcarla in quel modo e sebbene tutti
lo facessero, tanti altri senza tetto musicisti scapestrati come lui,
solo per Karim si era deciso.
Gli
aveva quindi preso il basso e senza spiegarsi, parlargli prima o
prepararlo in qualche modo se ne era andato consapevole che l’avrebbe
seguito a ruota.
Così
era stato e aveva dovuto schivare un pugno di Karim. La forza un tempo
doveva averla avuta ma lì da chissà quanti giorni non mangiava per
farsi di chissà quale schifezza e probabilmente era anche vicino alla
crisi d’astinenza.
Era
stato facile sopraffarlo. Dopo averlo sentito biascicare degli insulti
rabbiosi poco convinti, José si era girato, l’aveva guardato e gli
aveva detto deciso e sicuro ‘vieni con me, ho una proposta.’
Karim
ci era andato solo per riprendersi il suo basso.
Dopo
di quello ne erano successe molte altre e non era stato facile
convincerlo ed aiutarlo effettivamente, però una volta che ce l’aveva
fatta non aveva più mollato!
José
era lentamente diventato tutto per Karim e senza che questi ne fosse
pienamente consapevole.
Solo
ieri sera si era reso conto che era un sentimento ricambiato.
L’idea
di vederlo affondare di nuovo, di non trovarlo più a casa, di sentire
la chiamata di un ospedale che lo chiamava per riprenderselo… o della
polizia che gli diceva peggio… lentamente l’aveva reso non ipocondriaco
ma quasi e lui non era tipo, dannazione.
Solo
a quel punto aveva capito che c’era qualcosa di molto oltre ad un
semplice rapporto professionale.
Gli
aveva messo vicino Ricardo perché era diverso da lui, era un ragazzo
dolce e credeva in Dio, avrebbe potuto dargli delle risposte spirituali
più soddisfacenti ed essere più presente con delle attenzioni che lui
non era in grado di dare perché non nel suo carattere.
Alla
fine era stato questo. Sentirsi rifiutato, scaricato, non voluto… era
stato questo a far reagire Karim, ma comunque in un certo modo grazie a
Ricardo.
Non
aveva ancora capito come ci fosse riuscito e cosa gli avesse mosso
dentro ma qualunque cosa fosse stata andava bene.
Doveva
ringraziarlo ma soprattutto doveva decidere cosa fare con lui per bene.
Cos’erano
ora?
Cosa
volevano essere?
Come
volevano andare avanti?
José
era uno che programmava tutto ma che sapeva anche improvvisare, però
era comunque un manager ed era inevitabile che si facesse mille domande.
Voleva
avere tutto sotto controllo.
Tutto.
Chiuse
il rubinetto ed uscì dal box della doccia, le gocce lo riportarono alla
realtà e quando si girò si prese male nel vedere un’ombra in piedi
sulla porta.
-
Cazzo Karim! Che diavolo ti salta in mente? - dopo aver imprecato per
lo spavento lo guardò meglio rinunciando all’idea di coprirsi e
asciugarsi, l’asciugamano era appeso alla porta e lui ci stava proprio
davanti!
Aveva
un’aria innegabilmente insonnolita ma comunque cupa.
-
Che c’è? - Chiese prendendo l’asciugamano da viso e passandoselo sulla
testa. Si spettinò i capelli corti, erano scuri e brizzolati ma
solitamente tenuti in una certa maniera. Lì apparve per la prima volta
in disordine e fu strano.
Non
lo notò, Karim.
-
Pensavo te ne fossi andato. - E di nuovo quella convinzione! Pensò
esasperato José abbandonandosi il telo intorno al collo per guardarlo e
affrontarlo una volta per tutte.
Gli
puntò il dito contro e lo fece severo e sul piede di guerra.
L’espressione risoluta.
-
Se non la pianti con queste fisse giuro che ti prendo a calci! Non me
ne vado da nessuna parte se non a lavoro, smettila di convincerti che
tutti ti mollino e tutto finisca prima o poi! Non è così, cazzo! -
Karim però continuava a non esserne convinto e si appoggiò allo stipite
della porta aperta incrociando le braccia possenti al petto. Da quando
l’aveva tirato in casa per aiutarlo nella disintossicazione José
l’aveva obbligato a frequentare la palestra per espellere prima le
tossine della droga e poi per tenersi occupato ed evitare la frenesia
da astinenza.
Ora
era in perfetta forma, peccato che quello nudo e bagnato non fosse lui.
-
Non è così facile! - Mugugnò Karim intenzionato a non staccargli gli
occhi di dosso nemmeno un secondo.
José
si girò verso lo specchio sbuffando e prese il barattolo della schiuma
da barba al mentolo, lo sbatté e se lo mise nella mano, dopo di che
cominciò a spalmarselo sul viso.
-
Sei un perfetto idiota quando fai così! - E rimaneva nudo, lui, a farsi
la barba e parlare di cose pseudo serie!
No,
di normale non aveva niente quell’uomo.
-
Che cazzo ne sai di me? Come puoi dire che non ho ragione a pensare
così? Se sapessi non parleresti… - José la interpretò come una specie
di richiesta d’aiuto e non si sbagliò.
Karim
voleva veramente aprirsi con lui ma non aveva il coraggio di farlo di
punto in bianco senza che gli venisse richiesto. Era infatti convinto
che a José non interessasse più di tanto ed in tutta sincerità non
sapeva ancora perché poi ieri sera era stato al bacio e al conseguente
piacere reciproco… poteva essere anche solo una questione fisica e
basta.
José
cominciò a passarsi il rasoio sul viso con assoluta calma senza
degnarlo di una risposta o di uno sguardo, Karim così non ci mise molto
a convincersi che era vero che non gli interessava niente di lui, non
più di quanto potesse interessargli un amante ed un bassista.
Sbuffando
seccato lo mandò a quel paese con un gesto secco del braccio e se ne
andò.
José
scosse il capo pensando che fosse un caso senza speranza ed in tutta
risposta finì addirittura di farsi la barba.
Quando
concluse era ormai asciutto sul corpo, quindi si limitò a sistemarsi i
capelli per poi tornare sempre così, nudo e crudo, nella propria camera
per vestirsi.
Quando
entrò vide Karim di nuovo buttato nel letto a pancia in giù
intenzionato a dormire.
Si
fermò.
No,
non era intenzionato a dormire.
Lui
dormiva veramente!
Lo
fissò alzando un sopracciglio scettico… ma come diavolo faceva?
Dormiva
con una canottiera bianca ed i pantaloni di un pigiama leggero e comodo
che gli si era attorcigliato attorno alle gambe ed era sceso quasi del
tutto dalla vita.
Sistemato
a pancia in giù, aveva una mano sotto al cuscino ed una gamba piegata
lateralmente, tutto allungato in diagonale ad invadere anche i suoi
spazi.
José
lo ignorò, non gli serviva il letto.
Si
girò e tirò fuori il cambio come niente e dopo di che, prima di
indossarlo fingendo indifferenza per dargli una delle sue solite
lezioni, tornò verso di lui imprecando mentalmente.
C’era
una lotta non da poco in sé stesso.
Karim
aveva ormai davvero un bel corpo e non solo, adorava la sua schiena. Le
schiene in generale ma la sua soprattutto.
Si
morse il labbro fissandogliela, poi gli occhi scesero indispettiti
sulla zona lombare che si inarcava in quel modo provocante. Il suo
sedere era invitante, in quella posizione, veniva voglia di
accontentare l’implicita richiesta che era ovvio gli stava facendo.
Con
furbizia maligna nello sguardo si chinò inginocchiandosi sul letto per
raggiungere il proprio comodino dall’altra parte. Fare il giro era
troppo comodo.
Si
stirò sopra Karim solo sfiorandolo e quando sentì una certa parte di sé
toccarlo impunemente proprio sulla schiena, sussultò e si svegliò.
Com’è
che improvvisamente era diventato tanto sensibile ai risvegli? Di
solito ci volevano le trombe di guerra!
I
suoi occhi castani lo fissarono in quella posizione strana e subito
vennero attratti dal suo inguine ancora sfacciatamente nudo che si
strofinava quasi per intero sul suo fianco, inarcò un sopracciglio come
a chiedere ‘ma davvero?’ e senza muovere un muscolo lo vide rialzarsi
con in mano l’orologio.
Era
nudo, doveva vestirsi e pensava a mettersi l’orologio passandogli sopra
a quel modo, per di più?
Quando
si rialzò riprese ad ignorarlo e Karim ormai di nuovo sveglio e di
nuovo esasperato per quei suoi modi che lo mandavano in bestia, si tirò
su. Continuò a fissarlo incredulo e stralunato, rimaneva a curare dei
dettagli insulsi della sua persona senza vestirsi e nemmeno gli
rivolgeva parola o sguardo.
Cosa
voleva, che lo violentasse?
Poteva,
bastava dirlo!
Quando
vide che invece si rivestiva indossando gli slip e la maglietta intima,
emise uno strano suono con la gola, tipo un ‘eh?’ che José non seppe
interpretare ma finse ancora di ignorare.
Allora
si mise i pantaloni e la camicia lasciando entrambi aperti e fuori.
Solo a quel punto Karim sospirando spazientito si alzò dal letto col
suo pigiama largo e leggero a livello inguinale e borbottando seccato
un ‘sei proprio uno stronzo’, gli andò dietro in pochi passi.
José
non fece in tempo a vederlo attraverso lo specchio né a sentirlo bene
che si sentì prendere da dietro e spingere contro la cassettiera che
aveva davanti a sé. Provò un discreto dolore per lo scontro sulle cosce
ma fu subito surclassato dalle mani di Karim che sapevano decisamente
come rimediare.
Infilatesi
sotto la camicia sbottonata aderì i palmi sul suo petto a diretto
contatto con la pelle profumata di bagnoschiuma, l’attirò a sé e
premette il naso contro la sua guancia sentendo l’intenso e deleterio
odore di dopobarba.
José
si fermò, voleva porre resistenza ma il modo in cui lo ancorava a sé
era davvero assoluto, o forse comodo, chissà.
Però
il bacino premuto contro il proprio fu la ciliegina finale che lo fece
imprecare fra i denti.
-
Se io sono stronzo tu cosa sei? -
Ma
Karim sorrise compiaciuto ed in risposta scese con le mani sul ventre
carezzandolo senza troppa leggerezza. Raggiunto l’inguine gli alzò la
maglia intima e si infilò sotto gli slip prendendogli l’erezione,
cominciò subito a massaggiargliela velocemente e frenetico.
José
sospirò di piacere cercando di non gemere per non dargli troppe
soddisfazione. Peccato che a pensarci c’era quella parte di sé che non
poteva assolutamente controllare e che ora era ampiamente stimolata.
Solo
quando lo sentì crescere sotto le dita, Karim decise che da quella fase
era ora di passare alla successiva e girandolo di scatto con brutalità
come all’altro piaceva, lo spinse sul cassettone facendolo sedere
sopra, allora gli prese slip e pantaloni e glieli tolse frenetico. Non
gli era piaciuto che se li fosse messo e a José piacque invece quella
sua presa di posizione tanto accesa e viva.
Per
questo non lo contrastò sebbene in casi normali avrebbe preso lui il
controllo… era vivo, non più uno zombie e la cosa non poteva che
piacergli doppiamente.
Dopo
avergli tolto tutto, Karim si avventò sulle sue labbra, gli prese la
bocca e la fece sua, ci fu una lotta alla pari fra le loro lingue che
poi venne sospesa perché Karim aveva voglia di assaggiare anche altro.
Senza
farsi pregare o dargli tempo di pensare, scese sul torace scoperto, la
camicia aperta era scivolata sulle braccia. Il sapore della sua pelle
morbida era ubriacante e lo marchiò senza complimenti. Non c’era
romanticismo in quello, non c’era spazio per sensazioni e dolcezze.
C’era
spazio solo per desideri reconditi e vivi, violenti, prepotenti come
erano loro.
Quando
raggiunse il suo inguine se lo prese fra le labbra dopo aver preso un
po’ confidenza leccandolo. Lo sentì reagire subito e nel momento in cui
l’avvolse iniziando a muoversi sulla sua erezione, José l’avvolse con
le gambe tenendolo a sé. Quando l’intensità fu tale lo schiacciò contro
di sé anche con le mani accompagnando la sua testa in modo molto
partecipe. Per Karim la cosa migliore fu la sua voce che gemeva
chiamandolo e volendone di più.
Fu
un momento di follia comune e non trovarono limiti sul momento.
Non
se ne sarebbero dati nemmeno al raggiungimento dell’apice da parte di
José, però a pensarci al posto loro fu il telefono del manager che
suonò impietosamente.
E
suonò a lungo perché dopo l’orgasmo José tirò su Karim per
stringendoselo addosso, l’avvolse possessivo e lo tenne ancorato a sé
intenzionato a mandare a quel paese chiunque.
Era
scosso per il piacere intenso appena provato ma soprattutto per la
propria istintiva reazione di tenerselo così.
Se
Karim aveva il terrore che José lo piantasse e lo scaricasse in qualche
modo, José non era messo tanto meglio visto che aveva praticamente la
stessa paura, ovvero che l’altro se ne andasse ad affondare altrove.
Ma
come erano giunti a quel punto?
Quando
capì che non sapeva rispondersi, José si decise a tirare su la chiamata.
La
sua voce era roca ed era evidente che cosa aveva appena fatto…
-
Chi cazzo è? -
-
Signore, è in ritardo sulla tabella di marcia… oggi doveva incontrarsi
con… - José alzò il polso dove si era già messo l’orologio. Le otto.
- A
che ora avevo l’appuntamento? - Chiese cercando di risultare meno
brusco.
-
Alle otto, signore! - José spalancò gli occhi improvviso e col cuore
improvvisamente in gola imprecò. Dopo il suo tipico ‘merda!’ agganciò
la comunicazione spingendo via Karim con un calcio che lo fece finire
brutalmente steso nel letto.
Per
un momento il ragazzo credette di star sognando ma si rese conto che
non era così quando lo vide alzarsi, rivestirsi e alla velocità della
luce e scappare via a gambe levate senza dire nemmeno mezza parola.
Karim
sbuffò seccato… abbandonato ed insoddisfatto in quel modo con
un’erezione da paura che avrebbe visto solo la sua mano, per quella
mattina.
Ma
come osava?
Soprattutto
quando si sarebbe deciso a chiedergli qualcosa della sua vita passata?
“Gli
interesserò veramente?”
Si
chiese infine rotolandosi nel letto sul disperato andante con la mano
che correva a rimediare all’insoddisfazione appena subita.
Una
domanda, la sua, a cui avrebbe faticato a rispondere.