CAPITOLO
V:
UNA
CHIUSURA DEFINITIVA
/-
Ehi ragazzino… che diavolo fai? -
-
Prego. -
-
Preghi?! -
-
Sì, prego! -
-
Ma ti sembra il momento? Stiamo per giocare una partita e va bene farsi
uno stupido segno della croce, cosa che comunque mi sembra idiota lo
stesso, ma così come lo fai tu sembri in adorazione! -
-
E’ quello che sono, infatti! -
-
Cioè? Adori Dio? -
-
Anche. E lo sto ringraziando per la vita che mi ha donato e per il
regalo di saper giocare a calcio. E gli sto chiedendo di starmi vicino
ancora. -
-
Tu sei proprio strano… -
-
Tu non preghi mai? -
-
Io non credo in Dio, credo in me stesso e nelle mie capacità! Punto! -
-
Bè, da chi credi che vengano le tue capacità? -
-
Non da Dio! -
-
E perché no? -
-
Perché non è qua a giocare a calcio con me! -
-
No, lui è a giocare a calcio in te. Ed in me. Ed in tutti noi! -
-
Allora dovremmo vincere sempre tutti! -
-
Non sempre la vittoria è la cosa migliore. Ma noi non possiamo saperlo,
possiamo solo fare del nostro meglio e fidarci. -
Andry
rimase in silenzio ad osservare Ricardo finire la sua preghiera di rito
che avrebbe fatto sempre prima di ogni partita e ad ogni goal segnato,
poi pensò che uno così dovesse essere unico. Di sicuro per lui lo fu./
Ricardo
riconobbe questo come il primo ricordo che riguardava lui ed Andry e
gli venne in mente mentre veniva trascinato via contro la propria
volontà. Non se lo spiegò perché in realtà non sapeva chi lo stava
portando via.
Da
che stava ridendo con Sergio, Roby e gli altri, a che si ritrovò a
seguire un non identificato individuo che l’aveva letteralmente rapito
e trascinato per il braccio fra le persone. Agile e scattante come
un’anguilla, si era ritrovato a seguire questo misterioso essere dai
capelli corti e biondi. Non aveva osato provare a identificarlo, non
riusciva a vedere altro che la sua nuca e quando si ritrovò chiuso in
mansarda si chiese quando avessero fatto tutte quelle scale.
Prese
respiro e al buio si trovò anche piantato in asso. L’altro lo mollò di
colpo e lui rimase a cercarlo senza vederci niente, sbracciandosi con
cautela lo trovò poco più in là alla probabile ricerca di un
interruttore per la luce.
Non
l’accese.
Quando
toccò la schiena Ricardo capì di chi si trattava e paralizzandosi
cominciò a pensare che la morte per infarto fosse quella.
Sentì
chiaramente i battiti del cuore aumentare vertiginosamente come spesse
volte era successo con alcune persone importanti della sua vita.
Ripensò a quelle.
Erano
state due in realtà ed una di quelle era lì davanti a lui.
Sgranò
gli occhi neri nel nero che lo circondava, gli parve di vederlo ma la
luce non arrivò per confermare e le mani risalirono da sole sulle
spalle e sul collo, quando raggiunsero la testa lo voltarono. Era
ancora tutto così nitido da averne paura.
Come
fosse il giorno prima quando si erano lasciati definitivamente.
Mai
nemmeno un bacio.
Mai
niente.
E
solo Dio sapeva quanto avrebbe voluto, all’epoca. Tutto quello che
avrebbe dato per poterlo fare. Avrebbe sacrificato sé stesso, la
propria vita e la propria fede per un solo bacio a quel ragazzo ma era
stato lui a mantenersi saldo in sé e a non darglielo.
Anche
lui aveva voluto ma voleva di più che Ricardo poi, un domani da solo,
vivesse serenamente con sé stesso.
Per
questo non glielo aveva dato.
Ma
ora era diverso.
Ora
Ricardo stava con Cristiano, aveva ceduto a quel lato della barricata,
non era più quello di prima. Ora aveva perso la parte pura di sé ed
aveva trovato quella basica dove solo la sua volontà regnava sovrana.
Non sapeva tutte le lotte che aveva dovuto fare per arrivare a quel
punto, lotte all’ultimo sangue con sé stesso e la propria coscienza… le
immaginava, però, lo conosceva molto bene.
I
polpastrelli disegnarono per lui i suoi zigomi alti, il suo volto
magro, il suo naso dritto e i suoi occhi dal taglio semplice. Ricordava
che quando giocava a calcio diventavano feroci per poi trasformarsi ad
un goal.
Poi
giunsero sulle labbra sottili e ben disegnate, proprio come le aveva
sognate tante notti.
E
tremò.
Tremò
perché non riusciva a togliere le mani da lui e quando mormorò
finalmente il suo nome, fu la fine.
-
Andry… - Avrebbe voluto chiedergli tante cose, dirgliene altrettante e
scappare via ma non riusciva a muoversi. Era lì paralizzato davanti a
lui, al buio, in una stanza isolata dal resto del mondo con le mani sul
suo viso.
Il
suo respiro caldo e poi le labbra si schiusero ma non per parlare, per
baciargli le dita che rimanevano su di esse.
Ricardo,
scottatosi, fece per toglierle ma il ragazzo gliele prese entrambe e se
le tenne sulla bocca, quindi parlò:
-
Mi dispiace essere capitato in questo modo, Riky… ma quando ho ricevuto
l’invito non ho saputo non approfittarne. Non potevo proprio evitare…
mi… mi è salita improvvisa una voglia talmente grande di tutto che… -
non riuscì a finire la frase perché lo sentì tremare. - Piangi? -
chiese. Non vedevano ancora niente e a quel punto si decise ad
accendere la luce.
Quando
lo fece Ricardo chiuse gli occhi ma non cambiò niente, le sue guance
erano rigate in modo inconfondibile e ad Andry venne male. Come
interpretare quelle lacrime ora?
Erano
di gioia o di dolore?
Risalì
con le mani sulle braccia per tenerlo meglio a sé e il ragazzo si
aggrappò alla sua camicia, sentiva che se l’avesse mollato sarebbe
caduto a terra.
-
Riky… - Lo chiamò per fargli aprire gli occhi. Niente. Risalì sulle sue
guance e gli asciugò quelle gocce salate, Ricardo sussultò ed aprì di
scatto gli occhi. Erano sempre grandi e fanciulleschi come una volta
anche se il viso era adulto e lui era cresciuto.
Il
bambino d’oro aveva trent’anni…
Una
vita era passata e la voglia di riprendere da dove si erano interrotti
era immutata.
-
Perché piangi? -
Ricardo
pensò a Cristiano e le lacrime aumentarono.
Perché
quella situazione ora?
Dio,
quanto stava male… quanto… ogni ricordo del passato tornava vivo e non
come immagine lontana ma come una sorta di presente incombente, come se
niente se ne fosse mai andato. Eppure sapeva d’aver superato tutto. Era
stata dura ma ce l’aveva fatta.
Ed
ora?
Ora
quello… come affrontarlo?
Lo
sapeva ma gli faceva male lo stesso perché nella lingua la voglia di
assaggiare la sua era tornata prepotente, la stessa mai soddisfatta di
un tempo morto e sepolto.
-
Sto con Cris… - Andry si sforzò come se venisse trapassato da mille
aghi, ma non fece una piega e rimase immobile ad osservarlo serio con
quel suo sguardo penetrante ed ammaliante. Uno sguardo tremendo.
-
E’ per questo che sono venuto. Ho visto che sei cambiato. Che hai
trovato un altro te stesso. Che ora vivi anche quelle cose che una
volta non avresti mai osato… - Era chiaro.
Riky
non lo biasimò, visto tutto quello che era stato fra loro. Tutto quello
che non avevano mai consumato nonostante quell’amore paragonabile quasi
a quello che ora c’era fra lui e Cris. Quasi. Ma ogni amore era diverso.
-
Sì ma io lo amo. Lo amo come non so dirti e non c’è niente al mondo che
possa farmi desistere. Nemmeno se cambiassimo squadra e se me ne
andassi. Non smetterei di amarlo e lui… -
-
Sei sicuro che uno come quello ti ami? Gli girano intorno tanti di
quelli e di quelle che… - Era vero, in pochissimo tempo aveva notato
Fabio stargli appiccicato come un francobollo.
Ricardo
scosse il capo. Parlare in quel modo gli faceva male. Dirgli quelle
cose era anche peggio.
-
Andry, no. Non fare così. So che tu sei così. Che tendi ad attaccare in
ogni caso. Che vai dritto al punto e sbaragli ogni cosa, però no. Non
farlo, ti prego. Perché è vero che sono diverso, sono maturo e
consapevole di chi sono e di ciò che provo, però è anche vero che a
questo punto amo come una volta non sarei riuscito ad amare. Una volta
amavo capace di superare una delusione, capace di mettere da parte
tutto se necessario. Ora amo e basta e non posso superare niente… anche
se lui non mi ricambiasse, mi piantasse o mi tradisse. Io amerei solo
lui a vita. Perché arrivi ad un certo punto in cui capisci che è per
sempre e basta. Anche se non sarà così per l’altro. E ti dirò di più.
Lo senti quando l’altro prova esattamente la stessa cosa. Tu lo sai. -
Era vero, lo sapeva.
Quella
volta Andry l’aveva saputo, l’aveva sentito, aveva capito e proprio
perché l’aveva visto così pulito ed innocente non aveva voluto si
rovinasse per andare contro una fede che l’aveva reso la persona che
era.
Ora
era diverso, non poteva immaginare cosa l’avesse cambiato ma era
diverso e pur essendo così, rimaneva sempre una persona fantastica,
sempre Riky.
Il
suo Riky.
-
Non può essere finito così quello che c’era fra noi… - Si sentiva
idiota a dire quelle cose.
-
Andry, ma cosa? Non c’è mai stato niente, non hai mai voluto cedere,
non l’hai mai permesso e quando stava per succedere sei andato via
definitivamente. Cosa c’era? - Era vero, aveva ragione ma non riusciva
a smettere di guardarlo e volerlo chiedendosi perché non potevano
tornare in quel momento.
-
Non ho mai più amato nessuno. Ho fatto la mia vita, ho fatto quello che
dovevo ma… - Ricardo sospirò e chiuse gli occhi riaprendoli poi
risoluti e rafforzati nel proprio sentimento ed Andry capì in quel
momento.
Quello
non era il suo Riky, era il Riky di qualcun altro… era il Riky di Cris…
era un altro Riky pur rimanendo sempre lui sostanzialmente.
Di
diverso aveva l’essersi guardato dentro, scoperto e accettato
completamente al cento percento per quel che era. Qualcosa che quando
c’era lui non era mai riuscito a fare perché troppo piccolo.
Era
stato sul punto di cedere ma sarebbe stato per un desiderio grande che
aveva nei suoi confronti, sarebbe stato perché Andry esercitava un
potere pazzesco su di lui ma non perché sapeva chi era.
Quel
Ricardo lì aveva scoperto chi era, per questo, unicamente per questo si
era messo con un altro ragazzo.
Quello,
se non altro, il merito che poteva riconoscere a Cristiano.
-
Andry. Ti ho amato come non potrò mai dimenticare, hai significato
tutto per me in quel periodo ma ora ho un’altra vita anche io e la amo,
sono felice. Amo i miei figli, provo un grande affetto per mia moglie
perché è la mia migliore amica e condivide con me la mia fede e ciò in
cui credo, però soprattutto amo Cris ed è un sentimento che niente
potrà mai spezzare. Un legame su cui giocherei la mia vita stessa. -
Se
Cris l’avesse sentito si sarebbe messo a piangere, fortunatamente così
non fu ed il portoghese poté mantenere la sua immagine di egocentrico
narcisista insensibile.
Andry
fu molto colpito da quelle sue parole e capì che la sua impressione era
giusta.
Era
il Riky di Cris, un Riky cresciuto e consapevole di sé, un Riky col
coraggio di viversi ed ormai lontano anni luce da lui.
Sospirò
ritrovando un calore inondargli il petto, un calore che risalì agli
occhi e glieli bruciò. Non voleva piangere, era da deboli idioti.
Contrasse la mascella e tese ogni muscolo rifiutandosi, gli occhi quasi
duri per non piangere.
Ricardo
capì che voleva farlo e che si stava sforzando e pensò che se aveva
insegnato a Cris a piangere, poteva fare quest’ultima cosa per Andry ed
il suo eterno problema con le lacrime e la debolezza.
Poteva
insegnare anche a lui a piangere. Perché era un dono che in pochi
potevano ricevere, ma era un salto di qualità per chiunque lo ricevesse.
Ricardo
risalì con le mani, gliele mise intorno al viso rigido, gli posò i
pollici sugli occhi che gli chiuse e appoggiandogli la fronte contro la
guancia, in un gesto intimo, sentimentale e delicato, disse piano:
-
Ti ringrazio per tutto quello che mi hai dato. Perché se oggi sono
felice e sono quest’uomo, lo devo anche a te. E non mi pento di niente.
Non ti dirò nessun ‘se’ e nessun ‘ma’. Te ne stai dicendo già tu.
Voglio solo ringraziarti perché l’amore che ho provato per te è stata
la base per l’uomo completo e vero che sono oggi. Ti ringrazio. -
Questa
volta Andry non riuscì a trattenersi e fu la prima volta in vita sua
perché la sua vita dura in Ucraina gli aveva imposto di farsi le ossa e
mettersi su una corazza.
Non
aveva mai potuto transigere la debolezza, aveva dovuto essere sempre
forte per farsi valere, per far vedere chi era e per fare quello che
voleva. E contro tutto e tutti l’aveva sempre fatto. Quindi non aveva
mai pianto.
Ora
si trovò a farlo a quell’addio e a quelle parole perché si sentiva di
star lasciando andare definitivamente un passato pieno di rimpianti e
rimorsi che nel corso degli ultimi anni l’aveva divorato e rovinato
fino a cancellare anche l’ombra di quello che era stato un tempo, nello
splendore dei suoi anni.
Ed
ora che stava lasciando andare quel rancore verso sé stesso ed un
passato mai vissuto, forse, magari, poteva provare a sperare di stare
bene, un domani.
Aggrappato
a lui, fu così che finalmente anche lui riuscì a piangere.
A
piangere per sé stesso.
Era
finito tutto davvero e solo alla fine di quel pianto quasi disperato ed
impressionante poté sentire un vago e lontano sollievo, qualcosa di
insperato e strano per lo stato d’animo che portava dentro.
Non
se lo spiegò.
Fu
in quel momento, abbracciati e con il viso di Andry nascosto contro il
collo di Riky che la porta della mansarda si aprì improvvisa e il
brasiliano si gelò seduta stante terrorizzandosi immediatamente.