NOTE: ho notato che Cris esulta sempre in modo fantasioso ma ultimamente fa gli stessi gesti, quando segna. Uno è il classico ciucciotto per suo figlio, l’altro è uno strano segno con le mani ad artiglio… così mi sono fatta un paio di domande ed ho cercato anche altri gesti di esultanza e sono venuti fuori un paio interessanti insieme a Riky (^O^): ho cercato di mettere foto o gif per far vedere a cosa mi riferisco, speravo di trovare dei video però ne ho beccato solo uno, gli altri li avevo trovati secoli fa e non so più dove sono, cose che poi mi sono ricordata come il segno delle lacrime che si sono fatti l’anno scorso.
Comunque qua parla Cristiano in prima persona di questi suoi segni celebrativi e ha fatto un po’ di chiarezza. Ecco cosa c’è dietro a queste cose che si scambia il più delle volte con Riky!
Bè, ovviamente cosa ci potrebbe essere secondo il mio modesto parere, suvvia… spero che la mia fantasia vi piaccia!
Buona lettura.
Baci Akane

COSA C’E’ DIETRO

Video
criskacriskacriska
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/Rolling in the deep - Linkin Park (Adele cover)/
Come posso dire?
Prima mi fa diventare matto e poi guarda cosa mi combina!
Mi viene voglia di strozzarlo ogni tanto, ma poi lo vedo corrermi incontro felice come non mai e tutto quello che c’è stato prima viene spazzato via in un secondo.
Poco prima di saltarci addosso gli faccio il solito gesto che riconduce alle scene che solo noi sappiamo, gesti che ogni volta fanno salire la curiosità a tutti gli altri perché nessuno sa, anche perché di solito lui ridendo come un matto con gli occhi lucidi e luminosi mi imita saltandomi addosso. Momenti in cui lo stringo e in risposta quasi mi soffoca senza lasciare un pezzetto intatto. Ma io adoro non respirare se è perché mi toglie il fiato a forza di abbracci!
È inevitabile il pensiero alle pene che mi fa patire prima di scendere in campo.
Può essere lui che segna magari da solo magari aiutato da me, oppure è l’opposto, ovvero lui che mi fa un assist pazzesco che a nessuno verrebbe, uno di quei passaggi smarcanti unici. Cose che solo lui sa fare e che tolgono subito tutti i dubbi su chi sia.
Certo, prima mi fa impazzire letteralmente… giorni e giorni passati a subire tutta la sua emotività in pieno regime da pessimismo cosmico, ma poi mi tira fuori cose del genere che per carità, non saranno frequenti come dovrebbero, come prima di venire a Madrid, però ci sono e dannazione come posso non chiederglielo quando lo stringo a me?
- Hai visto? Che cazzo ti lamenti sempre! -
Cose che sappiamo solo noi ed io amo fortemente che sia così perché solo noi possiamo ricordarne l’origine che rimarrà sempre impressa nelle nostre menti.
Istanti preziosi a cui non rinuncerei per niente al mondo, cazzo!
Il primo gesto d’esultanza così particolare e solo nostro è nato quando ho mimato lui che piangeva. Correndogli incontro mi sono messo ad asciugarmi delle lacrime immaginarie sotto gli occhi e lui con le mani a pugno ha fatto altrettanto ridendo come un matto.
Poi mi è planato addosso e gli ho detto per la prima volta la frase che ora è un rito, gliela sussurro sempre se serve, in modo che la senta solo lui.
‘Hai visto? Che cazzo ti lamenti sempre!’
L’origine di quel gesto viene da un paio di giorni precedenti a quella partita.
Era un periodo un po’ nero per lui, non segnava da molto, non riusciva a giocare come voleva, come tutti si aspettavano… insomma, era uno di quei momenti negativi in cui sistematicamente cade.
Riky è dannatamente emotivo, non ho mai incontrato uno che lo è più di lui, davvero.
Prima non lo conoscevo bene e quella volta è stata tipo la prima crisi, sono caduto dalle nuvole perché fino a quel momento si era dimostrato un ragazzo solare, aperto e allegro, sempre con una battuta pronta. Mi aveva abbagliato per questo. Era positività ed ottimismo incarnato.
Poi i giochi si sono aperti e lui naturalmente non è riuscito a fare quel che voleva, ci ha messo un po’ in realtà a combinare qualcosa perché soffriva dell‘abissale differenza fra il suo vecchio club ed il nuovo.
Mi sono scontrato con la sua emotività in quell’occasione.
Di giorno in giorno era sempre più nero e nero era dire poco.
Cazzo, io sono tremendo quando ho la luna storta, mi divoro tutti e sono davvero stronzo, ma lui è diverso. Non si tratta di lune storte… lui quando è in crisi emotiva diventa uno zerbino, non sorride più, parla pochissimo, si chiude a riccio, risponde a monosillabi… è tutt’altra persona, non la riconosci. E quando lui è così inevitabilmente l’atmosfera intorno diventa pesante per tutti.
All’epoca io e lui avevamo già cominciato a legare bene, così pian piano io sono diventato quello con cui stava di più. Ogni tanto stava con Iker o Marcelo ma non penso avessero mai avuto contatti particolarmente seri.
Io gli chiedevo cosa avesse e lui mi diceva sempre niente, poi mi sono stufato ed una volta che eravamo rimasti ultimi negli spogliatoi gli ho gridato contro. È stata la prima volta che mi ha fatto saltare i nervi. E’ una cosa straordinaria perché nessuno perde la pazienza con lui anzi, tendono ad essere sempre comprensivi e permissivi.
Io però non sono famoso per averne molta e all’ennesimo ‘niente’ fasullo mi sono rivoltato contro.
Gliene ho dette di tutti i colori!
‘Cazzo Riky, non mi tiri scemo! Si vede che hai qualcosa che non va! Sei depresso, sembri un cane bastonato! Sei irritante e stressante! Non è possibile che tu dica niente! Se vuoi stare male dillo e non ti rompo più i coglioni! Sto poco a chiudere con una persona! Vuoi che ti evito? Ti evito! Tanti saluti, sta come vuoi stare, io non esisto più!’
Naturalmente non pensavo nemmeno una virgola di quello che ho detto… nel senso che proprio non avevo attivato il cervello, però ormai l’avevo sparata e dopo la sfuriata ho fatto per andarmene e piantarlo lì.
Quella è stata la prima volta che si è aperto davvero.
Se ci ripenso ora mi sembra di risentire la stessa sorpresa di allora.
Era dall’altra parte della stanza e proprio mentre stavo per varcare la soglia mi sono sentito afferrare la maglia e strattonare. Mi sono fermato e mi sono reso conto che Riky aveva corso per non farmi andare via, mi teneva per la maglia e subito dopo ha appoggiato la fronte alla mia schiena.
Siamo rimasti così un po’, in silenzio; io non sapevo cosa fare perché non lo vedevo, gli davo le spalle e lui non si muoveva, non parlava e penso nemmeno respirasse.
È stato incredibile sentirmelo addosso in quel modo, quella prima volta.
Non stavamo assieme, eravamo solo amici… anzi, diciamo compagni di squadra che parlavano più fra loro che con gli altri. Il che è diverso.
‘Riky?’ Ho chimato sommessamente completamente spompato. L’arrabbiatura di un istante prima ben dimenticata.
Allora ho sentito che tirava su col naso ed ho capito cosa stava facendo.
Ho sgranato gli occhi e mi sono girato di scatto.
Piangeva.
Un ragazzo adulto per di più padre e marito, un giocatore famoso strapagato amato e desiderato da tutti che ora stava lì a piangere silenzioso e quasi con vergogna.
Vergogna sbaragliata subito dalla disperazione.
Lui stava veramente male e la cosa mi sconvolgeva perché non me l’aspettavo. Nel mondo c’era ancora qualcuno che sapeva piangere così?
E per cosa?
Si perché era ovvio che fosse sincero. Stava veramente male fino a ridursi a quel modo.
Mi sono scontrato con la sua emotività quella volta ed ho cominciato a capire che tipo fosse.
L’ho chiamato un paio di volte ma lui stava a mezzo metro da me senza più il coraggio di toccarmi e teneva la testa bassa mentre le lacrime rigavano il suo volto.
Non sapevo perché piangeva di preciso, se per la mia sfuriata e per quello che gli avevo detto oppure per i cazzi suoi, poi ho capito che era un insieme di cose, fra cui anche io.
La prima volta che l’ho fatto piangere!
Certo, perché lui è uno che piange e a dirlo sembra una barzelletta ma è proprio così.
L’emotività di Ricardo Kakà comprende anche questo fra le altre cose.
Le lacrime facili, le lagne, le lamentele, le depressioni ed il pessimismo. Alternato a momenti di grande felicità, solarità ed ottimismo.
Lui ed i suoi sorrisi, le sue risate, la sua gioia contagiosa… per non parlare della gentilezza, della dolcezza e della sensibilità. E che dire del romanticismo?
C’è tutto in quel ragazzo e la cosa è incredibile perché non sembra vero a raccontarlo così.
L’ho scoperto di volta in volta e quando scoprivo dei pezzi nuovi mi shockavo ma mi ci perdevo sempre più.
Mi è apparso di una fragilità mai vista e sembrava più piccolo di me. È sempre stato così, anche ora. Continua a sembrare più piccolo di me anche se in realtà è più grande di tre anni.
Non ci ho visto più e di nuovo a cervello scollegato l’ho abbracciato… quella stretta asfissiante dove lui ogni volta si rifugia stritolandomi a sua volta.
Averlo contro di me per la prima volta in quel modo è stato ubriacante.
Una scarica mi ha percorso e forse ora come ora posso dire che quello è stato un po’ l’inizio, quello vero, quando mi sono accorto che me lo sarei fatto sul momento, seduta stante.
Sono stati i suoi discorsi fra le lacrime, con sincerità e purezza disarmante, pieno d’ingenuità, a smontarmi e farmi capire che non dovevo.
All’epoca ne ero convinto.
Si lamentò a ruota libera, sempre fra le lacrime ed i singhiozzi, col viso nascosto sul mio petto.
‘Non è un buon momento, non riesco a sbloccarmi e a giocare come vorrei, ho paura di non tornare più come prima. Mi manca Milano, i miei compagni… pensavo che fosse giusto venire qua, di aver colto un segno di Dio che mi dicesse di percorrere questo nuovo cammino. E ci credo ancora, ne sono convinto che sia questo il mio nuovo posto, ma non riesco a percorrerlo come vorrei, come dovrei. La gente si aspetta qualcosa da me ed io non riesco ancora a darglielo. Non riesco a liberarmi del passato e ho dubbi ed insicurezze ogni giorno. Cose che si ripercuotono nel mio lavoro. Vengo pagato per fare una cosa che forse non sono più capace. Ho capito male io? Non dovevo andarmene?’
Poi ha continuato parlando ancora di Dio, della sua fede, dei segni che ha colto e di un sacco di altre cose che non so… dopo un po’ mi sono perso e non ci sono più stato dietro.
Ho capito che tipo fosse o meglio ho cominciato a capirlo. Quel che bastava per sapere che comunque non era roba per me, che sì mi sarebbe piaciuto e mi faceva impazzire perché uno così fragile, puro ed ingenuo esisteva davvero, però che non eravamo dello stesso mondo, non potevo, eravamo completamente diversi ed io completamente sbagliato.
Dannazione, non sono uno che si fa mai scrupoli, di cose ne ho fatte… però con lui, lì, in quel momento, non ci son semplicemente riuscito. Ho pensato che non avrei mai potuto. Mai dovuto.
Allora ho lasciato che si sfogasse e che piagnucolasse quanto voleva, poi le mie mani hanno iniziato a muoversi da sole accarezzandolo sulla schiena, fra i capelli… ho sentito per la prima volta la sensazione che mi ha stordito. Perché mi ha stordito?
Cosa c’era di così speciale nell’immergere le dita fra i suoi capelli?
Non so, non ne ho idea ma è così.
Alla fine si è calmato ed ho provato a dire qualcosa, trasmettergli un po’ il mio pensiero perché ho sempre pensato che la mia mentalità fosse vincente e che un po’ di me gli avrebbe fatto bene.
Mi accusano di egocentrismo e narcisismo, può essere vero ma intanto chi può dire di essere come me? Cioè sul tetto del mondo?
Gli ho detto cose semplici e dirette, incisive. L’ho preso per le spalle e l’ho guardato negli occhi da vicino.
‘Non importa cosa pensano gli altri, non importa cosa è stato e cosa sarà se farai così o colà. Importa solo l’esatto istante che vivi. Cancella la mente, butta tutto via, dimentica ogni cosa, soprattutto chi sei. Scappa dai tuoi doveri e dai tuoi ruoli e fai semplicemente quello che vuoi, come ti viene. Nessuno conta, solo tu.’
Cose semplici, la base della mia mentalità.
Quella è stata la prima lezione, credo che si sia impresso tutto a fuoco anche se io poi non ho fatto molto caso a quel che dicevo perché ero più perso nel suo viso così vicino, tutto bagnato di lacrime, stravolto e smarrito. I grandi occhi neri lucidi e arrossati, la frangia tutta scomposta sulla fronte che poi gli ho sistemato sovrappensiero seguendo un impulso indomabile. Il suo viso delicato e imbronciato, aveva quell’espressione così infantile e sofferente… mi sembrava un bambino piccolo e l’ho trovato delizioso.
Davvero unico, non ho mai incontrato uno così.
Sconvolgente.
Ho pensato chiaramente che fosse bello e non me ne sono vergognato perché non perdo tempo in cagate simili. Tutto ciò che provo e che faccio va bene altrimenti non lo proverei e non lo farei.
Ha smesso di piangere ed il giorno dopo ha segnato ed ha fatto una partita pazzesca. Onestamente non ricordo nessun dettaglio preciso né dell’incontro né del nostro goal combinato, però so che è stato un gran giorno e che si è sbloccato con una serie di azioni incredibili.
Allora ci siamo corsi incontro subito e gli ho simulato istintivamente il segno del pianto con le mani, lui ridendo radioso ha fatto altrettanto poi mi si è gettato addosso stringendomi con forza. Gli ho detto la frase per la prima volta -hai visto? Che cazzo ti lamenti!- e lui mi ha ringraziato.
Quando mai qualcuno finisce per ringraziarmi, fra l’altro?
Sono rimasto senza parole ed ho capito che volevo saperne di più di lui ma che soprattutto ogni tanto avrei voluto essere io il fautore dei suo goal.
Ogni tanto.
Sì, perché io preferisco segnare piuttosto che fare l’uomo assist, però prendermi i meriti dei suoi capolavori e venir assalito così da lui è certamente una gran bella cosa.
Sempre.
Quella è stata la prima volta che l’ho pensato!
Successivamente quel gesto delle lacrime è diventato il gesto della lagna, cioè quando dopo un goal combinato ci correvamo incontro e prima di abbracciarci gli facevo con le mani il segno che si fa quando uno si lamenta di continuo, come a mimare delle bocche che parlano e parlano. Una cosa chiara solo a noi due che poi infatti nessuno ha mai capito, ne sono certo.
Ma lui sì, subito, ed infatti ridendo l’ha imitato.
Essendo che lui l’anno scorso ha giocato bene ad intermittenza capitava spesso che la sua emotività dalle stelle lo buttasse alle stalle in poco tempo, mi faceva girare la testa e spesso non capivo un cazzo. Stare dietro a Riky è stata la cosa più difficile in cui mi sia mai cimentato ma devo dire che ormai sono diventato bravo.
E mi sorbivo lui, la sua depressione, le sue lamentele, le sue lagne… glielo dicevo chiaramente e lui non se la prendeva.
Non se l’è mai presa.
Non so come fa ad esserci uno così, non è permaloso nemmeno nella punta dei piedi!
Non si è mai arrabbiato, il massimo che fa è biasimare sé stesso.
Anzi, quello è il suo hobby maggiore.
E passavamo ore a parlare, io a tirarlo su, ad indottrinarlo sulla mia mentalità e su come funzionasse bene.
Certo con me va’ perché sono un cinghiale ed ho l’emotività di una bestia, però se almeno un po’ lui fosse riuscito a prenderla sicuramente gli avrebbe fatto bene, lo pensavo davvero. Bastava che la imparasse solo un po’, perché comunque lui è bello così com’è, con questa sensibilità che spesso lo porta in alto e poi subito dopo lo distrugge.
Lui ed i suoi ‘è colpa mia’, ‘sono io che…’, ‘sbaglio tutto’ e via dicendo…
Ed io ed i miei ‘che cazzo dici’, ‘sbattitene’, ‘non devi pensare’ e su questa strada…
Poi finiva per fare una partita brillante, un assist magico o un goal da capogiro ed io prima avevo voglia di picchiarlo ma poi lo guardavo gioioso e contento ed il suo sorrisone mi scioglieva. Sembrava un cagnolino al settimo cielo che mi faceva le feste!
Così a volte gli facevo uno dei nostri gesti, quello della lagna di solito, mentre a volte mi limitavo a stringermelo e a dirgli quella frase.
‘Hai visto? Che cazzo ti lamenti sempre!’
Ma la chicca è stata quest’anno.
Quando mio figlio, Cris Junior, ha cominciato ad alzarsi sulla culla e a gridare per farsi prendere o a fare anche i capricci con quelle braccia alzate verso di me, le manine ad artiglio come se dovesse scalare una montagna -cioè io- e la faccia deformata in una smorfia incazzata oppure in qualche espressione lacrimosa con l’intenzione di impietosirmi.
Adorabile.
Come Riky!
Ricardo quest’anno ha passato mesi difficili e non per lo stesso motivo dell’anno scorso che pensava di aver sbagliato a trasferirsi.
Ora ha accettato tutto, specie che ci piacciamo e che stiamo insieme, sempre che così si possa definire quello che siamo… il suo problema è il ginocchio, da quando si è operato e poi è tornato dopo tutti quei mesi di inattività aveva una paura matta di non essere più capace di giocare a calcio.
Lui davanti agli altri faceva tanto la persona solare e felice, fiduciosa del mondo, ma poi quando era solo con me a casa mia mi scaricava tutte le sue preoccupazioni. Ha imparato a controllarsi un po’, col tempo, grazie a me, ma in privato si sfoga e continua a fare quelle facce depresse e a preoccuparsi.
Quando è tornato a gennaio mi ha tormentato fino all’eccesso, stavo per mandarlo a cagare quando una volta si è reso conto di avermi stressato troppo.
Era nel divano appoggiato a me e parlava e parlava e parlava come lui fa di solito… diceva che non era sicuro di aver recuperato tutto, che magari avrebbe deluso tutti, che era stato fermo troppo tempo, che non voleva tradire la fiducia del mister che lo aspettava con mille mani e via dicendo.
Così mi sono alzato bruscamente e lui che era appoggiato a me è caduto steso, ci è rimasto male e si è fermato di colpo. Io ho mosso qualche passo in mezzo alla sala e mi sono fermato a guardarlo con rimprovero, mani ai fianchi, muso duro ed un nervo che si vedeva lontano un miglio. In quello mio figlio ha cominciato a piangere e siccome era nel box lì con noi mi sono girato a guardarlo. Aveva quella famosa posizione. Tendeva le braccia verso di me, in alto, e mi guardava implorante. Con le manine sembrava stesse scalando l’aria.
Ho sospirato pensando che fra lui e quell’altro non sapevo chi era più piccolo e ho tornato a guardare l’adulto ancora steso.
In quello mi sono bloccato come se mi staccassero la spina.
Lo guardavo e non ci credevo.
Riky un momento prima si stava lagnando in modalità super depressa, quello dopo, probabilmente rendendosi conto di aver esagerato e di avermi fatto seccare, era lì con una faccia profondamente infantile e succhiandosi il labbro inferiore. Mi faceva gli occhioni dolci.
Poi ha allungato le braccia in alto verso di me e ha fatto le mani ad artiglio come se stesse scalando una montagna immaginaria per giungere a me.
Stava  imitando di proposito mio figlio!
Mi ha lasciato di stucco perché era in fase insicurezza totale e poi in un battito di ciglia eccolo lì a scherzare e fare autoironia… allora mi sono ricordato che lui ogni tanto se ne esce con queste trovate comiche… è capitato anche che imitasse me o il mister e in quei casi mi fa sbaccanare.
Sono rimasto per un po’ immobile ed interdetto a guardarlo imitare Cris Junior, faceva proprio la faccia di un bimbo che sa di essere stato cattivo ma che tenta di impietosire il papà, ma il tocco di grazia me l’ha dato quando ha piagnucolato con una vocetta infantile:
- Prendimi in braccio, papi… non arrabbiarti! -
Questo mi ha quasi ucciso e mi sono letteralmente steso a terra dal ridere.
Ho pianto io, quella volta, e non riuscivo a smettere, infatti lui poi è sceso dal divano ed ha gattonato fino a me continuando ad imitare mio figlio. Cose da pazzi!
Ci ripenso e rido come un matto anche ora.
Da allora il gesto d’esultanza sono diventati due.
Uno come sempre dedicato a mio figlio, il ciucciotto, l’altro lui che lo imitava con le braccia alzate, le mani ad artiglio che dicevano ‘prendimi in braccio papi’ e la faccia da ‘non arrabbiarti ti prego fammi le coccole’!
Quando l’ho fatto in campo la prima volta ci è rimasto secco. Da lontano mentre ci correvamo incontro gli ho fatto il gesto e lui si è bloccato perdendo il tempo giusto per saltarmi addosso prima degli altri. Poi ci ho pensato ben io a riprendermelo!
Che risate.
Anche le volte in cui io giocavo e lui no ed era magari in panchina o in tribuna per colpa della ricaduta al ginocchio, guardavo verso di lui e prima facevo il ciucciotto per mio figlio e poi il gesto dei capricci. Rideva e si nascondeva.
Però mi era mancato.
Lui, i suoi assist geniali e semplicemente la sua presenza in campo insieme a me.
Era da tanto che non segnavo fra una cosa e l’altra e forse ci voleva davvero lui, non so, però quando il casino allucinante si è dipanato e la gente mi ha mollato ho fatto i soliti segni e per il suo l’ho cercato, era dall’altra parte del campo e non credo si sia capito a chi fosse diretto.
Ora che l’ho raggiunto e che ce l’ho fra le mani mi è tornato in mente che proprio ieri si lagnava come suo solito spaventato dall’idea di essere tornato troppo presto.
Si è messo di nuovo a fare il bambino ed ora mentre gli stringo il collo e lo spingo scherzosamente verso il basso, glielo dico.
Come sempre.
- Hai visto? Che cazzo ti lamenti sempre! - Che forse poteva essere un ‘grazie’ perché mi ha fatto segnare, ma in realtà ci siamo aiutati a vicenda perché lui per ricambiare i favori che gli faccio sia in campo tentando di farlo segnare sia fuori sorbendomi i suoi piagnistei -di cui ora sono dipendente per assurdo-, mi ha fatto far goal con un’azione splendida.
Lui continua ad avere paura ma quando la pianterà non sarà mai troppo tardi… peccato che in quel caso io poi mi annoierò perché non avrò più le sue lamentele infantili da sorbirmi!
Davvero in certi momenti sembra lui il più piccolo ma io lo adoro anche per questa sua onestà interiore. Non esita mai a mostrarmi ogni sua paura ed ormai anche questo è una cosa che non fa nessuno perché c’è questa stupida mania di cui io stesso ne sono pregno, per cui si pensa che mostrare le debolezze sia poco da uomini.
Bè, magari lui ora ai miei occhi appare come un bambino, quando lo fa, però lo adoro.
E adoro questi gesti che sono solo nostri e che nessuno potrà mai sapere e capire.
Gesti che lo marchiano come mio.
Una cosa che niente potrà mai cambiare.
Assolutamente.

FINE