CAPITOLO XII:
QUALCOSA DI
DIVERSO
- Cosa c’è di sbagliato
in me? - Chiese lamentoso Karim schiacciando il volto sullo stomaco di
Ricardo.
Gli aveva di
nuovo disperatamente chiesto di venire da lui che ne aveva un bisogno
disperato.
E di nuovo da
solo.
Ricardo, seduto
sul divano con Karim steso di traverso ed il viso, appunto, premuto sul
suo
stomaco, lo guardò con dolcezza vedendolo come un bambino alle armi coi
primi
problemi seri di cuore.
Provò una morsa
profonda d’affetto e sperò di trovare le parole giuste per aiutarlo ma
non
sapeva nemmeno lui come fare. Gli carezzò la testa dove i capelli
rasati corti
gli solleticavano il palmo e trovandola una sensazione piacevole, parlò
piano e
dolcemente.
- In te o in
quello che hai fatto? -
- So che ho
sbagliato… io dico in me! Perché faccio sempre cazzate? Non la prendo
mai nel
modo giusto! Penso di ottenere qualcosa in un modo e poi mi rendo conto
che è
sempre il modo sbagliato! - Si lamentò rabbioso Karim aggrappandosi coi
pugni
alla maglia, sul fianco.
- Bè, sbagli i
modi… come dici tu è quello il problema, non cosa vuoi raggiungere. -
Non lo
consolava molto.
- Ma ho fatto
molto male a Mesut e non ho pensato un istante a cosa avrebbe
significato per
lui un esito negativo del mio fottuto esperimento. Ho fatto lo stesso i
miei
porci comodi per capire se poi mi sarebbe piaciuto scopare anche con
lui allo
stesso modo che con José! Cazzo, volevo capire le differenze fra loro e
me lo
sono scopato sapendo che lui aveva un debole per me! -
Ricardo vedeva
tutto il male del mondo in questo ma cosa poteva fare?
- Mi dispiace… -
Mormorò solo alla fine e questo fu una disfatta per Karim che aveva
sperato in
qualche parola di conforto. Girò ulteriormente il viso fino a
nasconderlo del
tutto contro di lui e rimase lì a piangere per aver ferito tanto una
persona
che per lui contava molto. Non gli era mai capitato. Ricardo si
intenerì
enormemente e si chinò per abbracciarlo un po’ meglio. Non poté farlo
bene per
la posizione, ma lo ricoprì col suo busto e con le sue braccia, quindi
gli baciò
il collo appena sotto l’orecchio perché lì arrivava la sua bocca.
Karim rabbrividì.
Riky aveva sempre quel tocco magico che sospendeva tutto in una
dimensione
parallela. Una dimensione dove ti dimenticavi ogni cosa.
Per questo aveva
chiamato lui.
Farsi coccolare
dal brasiliano era stata l’unica cosa a cui era stato capace di pensare.
- Sei fatto così,
questo è il tuo modo di fare… però dagli errori che si fanno si deve
crescere. È
giusto che ne fai atto, però usali per diventare un uomo migliore. Non
limitarti a lamentarti e piangerti addosso… - Karim trovò quelle parole
vere e
sperò di riuscirci ma in quel momento lo trovava lontano anni luce.
Quando
ricordava le lacrime di Mesut si sentiva un verme e non solo. Si era
insultato
perché voleva una storia da José e non riusciva a pensare che a lui. Si
era
odiato per la sofferenza consapevole arrecata a Mesut e per non averci
pensato
prima. Si era odiato tanto ed ora gli bruciavano moltissimo le lacrime
del suo
migliore amico che non si meritava quello che gli aveva fatto ma
soprattutto…
soprattutto perché…
- Ma io mi sto
innamorando di José… non riesco a smettere di pensare che a lui e non
c’è un’uscita
perché José vuole solo scopare con me e basta. È stato chiaro, non
vuole
sentimenti con me. Dice che nessuno può innamorarsi di lui e solo lui
sa che
cazzo significa! Ma non vuole… ed io sì, porca puttana! Avevo deciso di
troncare prima di finire così ed invece eccomi! Ci sono finito lo
stesso come
un coglione! Cazzo… e Mesut si sente così perché gli ho fatto la stessa
cosa
solo con più intenzione! Oh maledizione! Sono un pezzo di merda! Quanto
male
sta? -
Ricardo evitò di
dirgli che non era il caso di andare da lui, sapeva che c’era stato
tutta la
notte e che al mattino prestissimo l’aveva chiamato non riuscendo a
stare con sé
stesso.
Continuò a stare
su di lui in quel modo e a dargli tanti piccoli baci sul collo per
portargli
sollievo in qualche modo, perché quello era il suo modo di sollevare
qualcuno,
con quella dolcezza, con quel metodo, con quella parte di sé. Il
proprio cuore,
la propria anima.
Per questo
piaceva sempre a tutti.
- Saprai
risolvere. Sei un uomo, non un mostro. E sei una brava persona,
nonostante gli
sbagli. Quindi quando sarà ora saprai rimediare. -
Rimasero così in
silenzio ad ascoltarsi senza dire nulla. Karim rifletteva sulle sue
parole
augurandosi che avesse ragione e che riuscisse davvero a rimediare come
lui
diceva. Non sapeva come, non vedeva una vera e propria via d’uscita nei
suoi
confronti, non un vero modo per risolvere. Si erano lasciati senza
dirsi nulla,
Mesut con due occhi gonfi e rossi più da pesce del solito ma senza
parlare più.
Quel periodo di
pausa dove Karim non avrebbe giocato, sarebbe decisamente servito.
- Che cos’ho che
non va? - Il francese tornò su quella domanda alzando il viso dal
proprio
rifugio, si girò il necessario per guardare Riky e questi si alzò
appena per
permetterglielo. Erano molto vicini
ma
non tanto da sembrare equivoci.
- Niente più di
quello che tanti altri hanno che non va… tutti noi abbiamo qualcosa.
Non devi
arenarti lì. Capisci di cosa si tratta e vai avanti. -
- sono solo un
pezzo di merda. Ecco cosa sono. - Sembrava proprio a pezzi per questa
storia e
a Riky dispiaceva molto. Non sapeva più cosa fare per aiutarlo. Non
piangeva più
però era davvero a terra, non riusciva proprio a tirarlo su.
- Hai un
disperato bisogno di amore. Vuoi solo questo, niente di più. E
probabilmente
fin’ora quello che hai avuto con le ragazze non ti ha pienamente
soddisfatto,
quindi ora che hai trovato una strada che senti più tua, senti di più
il
bisogno di questo amore. Di questa storia. Non è niente di brutto. È
solo che
hai troppa fretta e questo ti porta ad usare metodi poco ortodossi. Ma
Cris,
usando metodi ancor meno ortodossi del tuo, ha avuto me. - Karim tornò
ad
invidiare Cris. Lui facendo lo stronzo in quel modo era riuscito a
trovare una
perla. Ora era felice, amava ed era ricambiato. Lo invidiò perché
Ricardo era
perfetto da amare, era la persona ideale con cui avere una storia. Lo
invidiò
perché lui voleva José che era talmente imperfetto che non poteva
proprio
sapere come fare da lì in poi.
Sarebbe stato
tutto più facile avere Ricardo.
Così facile…
Karim, pregno di
quella convinzione e immerso nell’inebriante sensazione positiva delle
sue mani
su di sé, gli portò la propria dietro la nuca, fra i capelli neri, e
tirandolo
giù ancora un po’ si allungò fino a raggiungere la sua bocca.
Unì le labbra
alle sue con quel tocco di prepotenza che Karim aveva sempre, fuse le
loro
bocche, lo obbligò ad aprire la sua e ad accoglierlo, quindi possedette
la sua
lingua con disperazione, implorando il destino che tutto quello fosse
reale.
Che lui amasse Ricardo e Ricardo lo ricambiasse e che quindi la storia
perfetta
l’avesse lui e non Cristiano.
Implorando il
destino che fosse tutto così facile anche per lui.
Ma non funzionò
perché per quando Ricardo non lo respinse per non fargli altro male,
gli prese
dopo un po’ il viso fra le mani, l’accarezzò delicatamente con i
pollici e poi
lo guidò verso una giusta separazione.
- Non sono io
quello che vuoi. - Mormorò poi piano.
Karim lo sapeva
e sospirando tornò ad appoggiare la testa sulle gambe chiudendo gli
occhi.
- Cosa devo fare
con José? - Fin’ora non aveva mai veramente ascoltato i suoi consigli
ed aveva
sempre sbagliato. Ora voleva fare la cosa giusta.
Ricardo però non
disse niente se non un semplice…
- Ti verrà
spontaneo. - Perché non voleva influenzarlo per una cosa così
importante.
Da lì cercò in
tutti i modi di evitare sia Mesut che José e se col primo non fu
difficile
visto che lo voleva a sua volta, col secondo fu più complicato.
La voglia di
entrare nel suo letto non era comune a quella avuta in precedenza e
considerando che era uguale in José, il risultato fu una sofferenza
continua.
Però si era
intestardito nel stargli lontano. José era stato molto chiaro, non
voleva una
storia seria, lui sì. Nel non volere le stesse cose non potevano
continuare.
Si tenne
occupato con la palestra. C’erano molti esercizi e macchinari che
poteva fare
senza sforzare l’inguine, di conseguenza si trovò a vivere più in
palestra che
a casa.
Quando José lo
capì che per non farsi trovare a casa da solo e stare quindi lontano
dalle
tentazioni andava sempre in palestra e poi fuori con gli amici, non si
fece problemi
a circuirlo in quello che per lui non rappresentava un problema.
Certo era un
luogo pubblico dove in molti venivano a fare esercizi coi macchinari,
ma c’era
sempre un momento preciso durante il quale non c’era praticamente
nessuno.
Quando i ragazzi
andavano ad allenarsi in campo. Lì rimanevano solo quelli che non
potevano per
qualche infortunio e che quindi avevano disposizioni dal fisioterapista
e dai
preparatori di mantenere il fisico in forma.
Karim comunque
era lì molto più degli altri e fortunatamente non erano molti i rotti
in
guerra.
Ogni giorno
veniva e controllava, se vedeva che c’era gente all’infuori di Karim
sbuffava e
se ne andava. Fin’ora era stato così ma aveva studiato una strategia.
José infatti
aveva capito che Karim lo evitava perché si stava prendendo da lui e
non
voleva, ma non gliene importava, voleva fare sesso col ragazzo e
l’avrebbe
fatto. Oltretutto era un discorso di proibizione. Se uno gli diceva che
non
poteva, finiva sempre per intestardirsi e farlo di proposito anche se
poi
magari poteva farne a meno.
Lui si diceva
così.
Era solo un
dannato capriccioso.
La storia era
diversa ma ammettarla, sia pure solo con sé stesso, sarebbe stato ben
più duro.
Karim, dunque,
per evitarlo non stava mai in casa da solo e beccarlo in un posto dove
si
potevano fare cose private era un terno al lotto.
Siccome però lui
era dell’opinione che la fortuna aiutava gli audaci e che questi erano
abbastanza furbi da crearsi le occasioni da soli, aveva fatto mandare
dal
custode della palestra un messaggio a tutti che diceva che quel giorno
era
fuori uso e di non venire. A tutti tranne che a Karim.
Poi il signore
era stato pagato per andare a farsi un giro e chiudere tutto per benino
in modo
che non venissero seccatori.
Insomma, non si
era ingegnato moltissimo ma il necessario per ottenere comunque, con
metodi
poco ortodossi, quello che voleva.
Il corpo di
Karim
Corpo che sotto
allenamento lo trovava particolarmente irresistibile.
Per quest’ultimo
punto si dava dello psicopatico ma non poteva farci niente.
Forse era così
perché dopotutto era abituato dalla nascita, quasi, a stare in mezzo a
ragazzi
sudati che si allenavano e di conseguenza aveva imparato a non notarlo
e a
considerarli come gente linda e pulita.
Oppure aveva
fatto una sorta di callo.
O sviluppato una
specie di dipendenza per quel genere di condizione fisica…
Ognuno aveva le
sue fisse, i suoi feticismi, insomma.
Lui, aveva
appena scoperto, aveva quella.
Del resto come
tutti gli allenatori non era tipo da non toccare uno dei suoi ragazzi
durante
una partita solo perché erano fradici di sudore. Li toccava, li
abbracciava e
si appendeva, se necessario. Se ne fregava se erano bagnati ammollo!
Entrato e
mandato via il custode, rimase con tutto quell’enorme spazio a sua
completa disposizione,
si assicurò che fosse chiuso per poi passare a chiudere tutti gli scuri
sulle
vetrate.
Privacy
completa.
José sogghignò
contento.
Non doveva
sfidarlo, mai, in nessun campo. A lui piacevano le sfide e se difficili
ancor
di più. Un modo per vincere lo trovava sempre e se evadeva da lui tanto
meglio,
avrebbero fatto sesso in modo poco convenzionale. Appesi su un
macchinario,
correndo sul tapiruland, pedalando sulla cyclette… non gli importava
dove e
come pur di farlo.
Solo per uno
stupido puntiglio, certo, e che altro?
Non gli
interessava veramente di Karim, nella maniera più assoluta!
Quando il
francese si rese conto di essere sospettosamente solo era troppo tardi.
Non poteva
ancora correre o fare esercizi che richiedevano sforzi di un certo tipo
con le
gambe, di conseguenza si concentrava su quelli per il torace e le
braccia.
Aveva le cuffie
sulle orecchie e ascoltava musica dall’I-pod attaccato alla cintura in
stoffa
col velcro intorno alla vita, era apposta per tenerlo su.
Isolato dal
mondo, stava ascoltando i Papa Roach. Gli piaceva il rock ed ogni
sottogenere e
derivato ma aveva un debole per la voce di Jacoby Shaddix. La reputava
infatti
particolarmente sexy e a parte quello molto energetica, gli dava una
carica che
pochi altri riuscivano. Per fare esercizi e per fare sesso quella voce
era
unica. Lo pensava sempre.
Accostamento
interessante.
Era steso nel
lettino lungo e stretto in pelle nera per fare il sollevamento pesi,
quindi
alzava il manubrio tendendo le braccia ed abbassandole ai lati del
petto per
poi tirare su di nuovo. Faceva una serie da dieci poi si fermava
ricominciando
dopo qualche minuto di pausa. Guardava fisso davanti a sé il soffitto e
sembrava non avere difficoltà in quello che faceva. Era comunque verso
la fine
degli esercizi che faceva di solito, quindi era già sudato ammollo.
Sentì come un
brivido corrergli lungo il torace ma lo imputò alle goccioline di
sudore che
correvano inesorabili su di sé.
La musica lo
isolava e gli dava la forza necessaria per mantenere un certo ritmo
preciso,
quindi non si accorse assolutamente della presenza di qualcuno lì con
lui.
Quando successe
fu per una pressione strana sull’inguine.
- Chi diav… - La
voce gli morì in gola quando capì che era un ginocchio e che stava
facendo la
pressione necessaria per immobilizzarlo ma senza fargli propriamente
male.
Aveva le gambe
larghe ed i piedi giù, nel mezzo quindi c‘era spazio sufficiente per
chiunque
volesse appoggiarsi.
Karim per poco
non si soffocò facendo cadere il bilanciere sul collo, con sforzo non
indifferente lo tirò su e l’appoggiò nell’apposito gancio sopra la
testa, poi
velocissimo si tolse un auricolare alzando il capo. Non si tirò su di
scatto o
gli sarebbe girata la testa ma quando vide José che con un‘espressione
malefica
gli stava fra le gambe con un ginocchio premuto sul proprio inguine,
non poté
che spalancare le braccia e chiedere seccato e plateale:
- Che diavolo
combini? - Ma non è che lo scaraventava via. Non c’era spazio per
appoggiarsi
sui gomiti e tirarsi più su, quindi da lì tirò il collo e si guardò
intorno,
non c’era anima viva. - Potrebbe venire qualcuno, è un poso pubblico! -
Si
aggrappò a quello sperando la smettesse perché non riusciva ad alzarsi
con quel
ginocchio addosso. Continuava a fissarlo con aria famelica e maligna
fissando
il suo corpo sudato avvolto da un’attillata canottiera nera. Sotto
degli shorts
comodi, le goccioline di sudore correvano sulla pelle finendo per
impregnare l’indumento
sottile e stretto.
José alzò le
spalle e con faccia tosta rispose:
- Il portinaio è
scappato dopo averci chiuso dentro. Non so, aveva qualche impegno
importante e
mi ha detto di arrangiarci! -
Karim guardò la
grande porta d’uscita, cercò il solito ometto grassoccio e non lo trovò.
- Ma l’hai
pagato perché se ne andasse? - Ci arrivò all’istante e José si divertì
di più.
Con uno ingenuo non era bello…
- E ho fatto
spargere voce che oggi la palestra era inagibile. -
- Ma è chiuso
davvero a chiave? - José annuì tutto orgoglioso. - Spero tu abbia una
copia
perché non rimarrò qui un minuto di più! -
Ci credette
davvero e dal sopracciglio alzato in segno di sfida di José, Karim
cercò di
alzarsi lo stesso nonostante la pressione sull’inguine. Tirandosi su
col busto
e sedendosi, però, il ginocchio premette maggiormente ed il ragazzo
imprecò
dolorante, lo fece in francese e l’altro sadico si eccitò
ulteriormente…
adorava quando lo faceva. Riteneva il francese una lingua
particolarmente
seducente anche se in molti lo pensavano del portoghese o dello
spagnolo.
- Ah sì? - Fece
infatti sfidandolo con quell’aria da maledetto stronzo -Karim lo
definiva così
fra sé e sé.-, avvicinò anche il viso al suo, gli occhi da diavolo. E
quel
ginocchio che non schiacciava più e basta ma che si muoveva pure,
impercettibilmente. Karim lo sentì bene, ovviamente, e si ritrovò ad
appoggiarsi con una mano dietro di sé e ad incurvare la schiena per
permettergli di continuare. Non voleva, dannazione, ma non l’avrebbe
mai tolto
da lì e poi… dannazione, era così piacevole!
Si morse forte
il labbro inferiore, era un labbro pieno che José adorava come il suo
francese.
Non era carnoso come quello di Sergio ma era morbido ed a volte la sua
bocca
sembrava un cuore. O forse era lui suonato a vederci tutte quelle cose
in una
cosa così semplice.
Si insultò ma
non si mosse scendendo con le dita alla cintura di stoffa e velcro, la
strappò
e gliela tolse.
Cadde subito con
l’i-pod facendo sì che si staccasse l’auricolare. La musica si levò
subito e
solo allora il ragazzo si accorse che quello schizzato aveva anche
fatto
chiudere la musica nella palestra.
I Papa Roach
espansero le loro note rock nell’aria.
- Secondo me
speri che abbia buttato quella dannata chiave! - Disse José ignorando
ogni cosa
circostante, continuava a fissarlo da vicino, mangiandoselo col suo
tipico
sguardo penetrante e magnetico, quel suo sorrisetto sadico ed il
ginocchio che
si muoveva ancora. Il ragazzo voleva che continuasse ma allo stesso
tempo
mandarlo via. Non doveva, pensava ossessivo.
Non doveva assolutamente.
Doveva andarsene, alzarsi, spingerlo via e non eccitarsi solo col suo
stupido
ginocchio.
- Cosa diavolo
vuoi da me? - Ringhiò esasperato cercando di domare almeno la sua voce
che
voleva gemere indecentemente.
José gli leccò
con la punta della lingua la tempia dove una gocciolina si sudore
scendeva, la
prese prima che arrivasse sulla sua guancia. Le mani a cercare la
canottiera
sui fianchi.
- Scoparti. -
Karim pensò che fosse strano lo volesse in quelle condizioni, non era
presentabile, aveva appena fatto allenamento fisico… poi però gli venne
in
mente che altre volte l’avevano fatto dopo gli allenamenti e capì che
probabilmente era quello che lo faceva scattare. Il suo odore di fatica?
Pensò che fosse
assurdo ma quando gli alzò la canottiera fin sotto le ascelle
aspettando che
alzasse le braccia per collaborare, e quando poi vide che non ne aveva
intenzione, lo fissò seccato.
- Io non voglio!
- Esclamò impuntandosi.
José adorava
quando lo replicavano e lo facevano lottare per ottenere ciò che voleva.
Sorrise,
infatti, aderendo le labbra aperte sull’orecchio mentre le dita aperte
scivolavano sul suo torace scoperto quasi interamente. La pelle era
scivolosa e
lucida, madida di sudore, non poteva essere piacevole carezzarlo in
quel modo,
Karim ne era convinto.
- Non dire
palle. Lo vuoi eccome! -
Cerco che lo
voleva ma il punto non era quello.
- Certo che lo
voglio ma non è giusto… -
- E perché? -
José però stava avendola sempre più vinta e nel scendere sul collo, lo
spingeva
sempre di più sul petto per stenderlo di nuovo. Karim opponeva sempre
più
flebile resistenza…
- Perché tu vuoi
solo scoparmi mentre io voglio tutto da te. - Questa volta lo disse,
era la
prima che l’ammetteva con lui, che non lo esponeva come dubbio ma come
certezza.
José esitò,
smise di assaggiargli il collo, si alzò il necessario per guardarlo in
viso da
vicino, si prese con una mano alla sbarra dietro le spalle di Karim
mentre con
l’altra continuava a percorrere la pelle, questa volta sotto la
canottiera
tutta attorcigliata sopra.
- Che diavolo
dici? - smise di muovere il ginocchio sul suo inguine e lo fissò come
se avesse
bestemmiato.
Karim si morse
le labbra di nuovo, sospirò insofferente e poi quasi con sofferenza
ammise di
nuovo con un’onestà disarmante.
- Che voglio
tutto da te. La storia. Non solo il corpo. -
José si riprese,
era convinto delirasse perché non faceva sesso da troppo tempo. Gli
prese la
canottiera dopo aver strisciato con la mano per dietro, Karim era quasi
steso
ma riuscì ad afferrargliela, poi anche con l’altra tirò oltre la testa
e riuscì
finalmente a togliergliela. Sfilare le braccia fu un istante. Quando
l’ebbe a
torso nudo fece un verso vittorioso che riaccese Karim.
- Non puoi
volere una storia con me. -
La bocca di
nuovo sul collo, ancora delle goccioline che scendevano, la lingua a
berle,
ancora a pensare che fosse strana questa sua fissa, ma una cosa più
importante
da dire…
- Perché no? -
Lo diceva sempre e non si spiegava mai.
- Perché nessuno
la vorrebbe. -
E non diceva mai
di più.
A quel punto
Karim era steso di nuovo e José seduto a cavalcioni su di lui, sopra le
cosce,
quasi sopra l’inguine che prima aveva tormentato col ginocchio.
Era quasi
guarito dallo strappo di settimane prima, non era veramente malmesso,
ma era
meglio evitare certi sforzi.
- Non dire
stronzate… - Però non riuscì a dire di più perché Forever live partì
dall’i-pod
e José non poté non notarla.
- Chi sono? -
Chiese interrompendosi e cambiando discorso. Non li conosceva ma non
erano
affatto male.
- I Papa Roach.
Ho fatto una playlist con tutte le loro canzoni mettendole in ordine
per tipo.
- Una cosa chiara solo a lui. Specie perché non si sapeva il motivo per
cui
glielo stava dicendo.
Quando il basso
e la chitarra iniziale fecero i loro giri di note sensuali, José
comprese.
- E sono tutte
così? - Chiese ironico alzando un sopracciglio.
Karim ghignò a
sua volta mandando al diavolo le proprie idee d’astinenza. Non
servivano
comunque ad un cazzo.
- Ora cominciano
quelle che ritengo particolarmente calde per qualche motivo… - la voce
bassa,
un po’ roca e sensuale di Jacoby partì e José non tardò ad esprimere la
propria
opinione con più malizia di prima:
- E scommetto
che è principalmente la voce del cantante… -
Karim rispose
prendendosi alla sbarra del manubrio dei pesi sopra la testa:
- Diciamo che
per come canta mi farei fare di tutto da lui rimanendo così! - Come a
dire che
si sarebbe fatto legare e gli si sarebbe consegnato interamente!
José non
credendo a quello che diceva si accese -come se di più fosse possibile-
e
chinandosi sul suo stomaco, lo leccò assaggiando il suo sapore salato
che gli
aveva fatto una sete assurda.
Karim alzò un
sopracciglio incredulo.
- Sei malato. -
Disse infatti stringendo la presa sul ferro, riferendosi a quella fissa
che
aveva capito avere per il suo corpo sudato.
José gli morse
un capezzolo in risposta, poi disse sulla sua pelle:
- Tutta colpa
tua. - Al francese la risposta piacque e si chiese se magari anche lui
non
provasse qualcosa per lui ma non avesse il coraggio di ammetterlo per
qualche
assurda convinzione.
- E da me ti
faresti fare di tutto rimanendo così? - Fece poi tornando al dialogo di
prima,
sulla voce del cantante molto calda. Forever tirava fuori
effettivamente il suo
meglio, in quel senso.
Karim non spense
il sorrisino ironico che aveva ed anzi si morse le labbra carnose che
aveva.
- Da te mi farei
fare un sacco di altre cose! - Ed era questa l’unica cosa che avrebbe
potuto
dire per far sconnettere l’altro, fu così che riprese a leccarlo e
assaggiare
la sua pelle salata, asciugò il risultato dei suoi allenamenti e
succhiando nel
centro dei suoi pettorali, sulla fessura naturale, risalì a fare
altrettanto
nella fossetta delle due clavicole, alla base del collo.
Si teneva sulle
sue mani immobilizzandole, dopo di che raggiunse di nuovo il suo collo
gli
riservò lo stesso trattamento, leccandolo e succhiando sulla giugulare.
Col suo
sapore che gli dava alla testa raggiunse il mento, succhiò anche quello
per poi
tirare coi denti il suo famoso labbro inferiore. Nel farlo scese con le
unghie
lungo le sue braccia dove i muscoli ora erano tesi, lo graffiò senza
lasciargli
veri segni e si soffermò ad affondare sui bicipiti pieni e sodi. Karim
prese l’iniziativa
e tirando fuori la lingua cercò la sua, José gliela concesse e chiusero
gli
occhi. Si erano mancati, dannazione, e lo sentivano solo in quel
fottuto
momento.
L’afferrò e lo
tenne mentre dopo aver giocato con le lingue fuori dalle bocche, le
unirono
continuando dentro, fondendole meglio, fingendo di separarsi per poi
riunirsi
maggiormente, aprendosi di più, possedendosi anche solo in quel modo.
Quando si sentì
soddisfatto di quell’ossigeno, José scese con le mani a pizzicargli i
pettorali
che Karim tese di nuovo, sentì i muscoli del suo torace e scese sugli
addominali, l’accarezzò come aveva fatto prima fino a scendere alla
vita ed
infilarsi sotto i pantaloncini ed i boxer.
Gli prese il
membro già eccitato e lo tirò fuori sfiorandolo crudelmente senza
veramente
toccarlo, lo fece andare in delirio con questo gioco crudele. Karim
aveva una
voglia incredibile e voleva farlo assolutamente, ormai, mentre lui
giocava
ancora.
- Dai prendilo
bene… - Disse roco sulla sua bocca. José ghignò decidendo di
accontentarlo e l’afferrò
bene nella mano, quindi iniziò a muoversi stringendo forte, come sapeva
gli
piaceva. Si fece sentire bene fino a che, nei movimenti sempre più
veloci che
andavano su e giù, l’erezione non si tese soddisfacendo l’uomo che lo
stava
eccitando.
Smise con la
mano e si spostò più in su in modo da essere precisamente seduto sul
suo
inguine teso, Karim sussultò, si muoveva strofinandosi ma i vestiti
erano un’autentica
tortura, oltretutto faceva pressione quando era troppo eccitato e fu
davvero
doloroso, per lui, perché gli stava allo stesso tempo piacendo.
Ora era Karim
che si dava del malato.
“Ci
faremmo fare di tutto, supereremmo ogni limite possibile, ogni decenza,
supereremo l’assurdità e solo perché siamo noi, non perché siamo
perversi! C’è
differenza, porca troia… “
Aveva ragione, c’era
una differenza abissale perché se da José si sarebbe fatto anche
dominare
significava che era sinceramente andato per lui. In ogni modo uno
potesse
perdere la testa per un altro.
E dall’altra
parte c’era un José assurdamente attratto dal suo odore, dal suo
sapore, da
quelle parti di sé che in tutta onestà non si potevano apprezzare se
non c’era
molto più che una forte attrazione.
“Anche
lui sta perdendo la testa per me…”
Questo fu l’ultimo
pensiero coerente di Karim perché poi la sofferenza d’averlo seduto
sopra coi
vestiti fu troppa e mollandosi dalla sbarra gli afferrò i lembi della
camicia,
gliela strappò fuori dai pantaloni e sbottonò impaziente finendo per
far quasi
saltare alcuni.
José inarcò le
sopracciglia incredulo ma lui andò avanti prendendo bruscamente la
camicia e
tirandolo a sé in modo da abbassarlo. Quando riuscì a farla scivolare
via per
le braccia e lo ebbe a torso nudo, commentò fra i denti, attaccando i
pantaloni:
- Mi stai
fottutamente uccidendo, cazzo… smettila che vengo senza ficcartelo in
nessun
maledetto buco! - E non era il linguaggio, o forse sì, ma José decise
che era
ora di mettere da parte i giochi crudeli e sul cantante che cantava
Holliwood
Whore aizzando entrambi ulteriormente, si alzò da solo tirandosi giù da
sé
anche i pantaloni e gli slip. Una volta nudo prese quelli di Karim e li
tolse
del tutti, il ragazzo a quel punto stava per tirarsi su quando José lo
premette
giù. Tornò a sedersi su di lui ma non sull’inguine e nemmeno sul
torace. Si
sedette sul suo viso dopo averlo fatto strisciare in più per non venir
ingombrati dal manubrio dei pesi. Si prese ad essi e facendo leva
cominciò a
muoversi sul suo viso.
Karim aveva
subito aperto la bocca e tenendolo con le mani sui fianchi l’alzava e
lo
dirigeva a piacimento sulla propria lingua fino a riuscire ad aiutarsi
con le
dita per stuzzicare la sua apertura. In quel modo era estremamente
piacevole e
José ben presto fece concorrenza al cantante, coi suoi gemiti rochi.
Più apprezzava
con la voce, più Karim si accendeva di un desiderio prepotente di
sbatterlo
sotto di sé ed entrargli dentro.
Non aveva la
pazienza di giocare, ad un certo punto perdeva letteralmente la testa
ma
succedeva in quel modo solo con José.
Ulteriori
conferme di quanto fosse perso per lui.
Un delirio anche
per l’uomo sopra di lui che si contorceva inarcandosi e premendosi
sulla sua
lingua, cercando le sue dita che lo penetravano una per una sempre più
in
profondità. Si sentiva talmente eccitato e fuori di sé da non riuscire
nemmeno
a controllarsi, era normale per lui ma non nel fare sesso. Aveva sempre
un
margine in cui rimaneva sé stesso per controllare l’atto intero.
Con Karim finiva
sempre tutto a puttane e fu così anche ora, lo fu a tal punto che si
masturbò
da solo mentre il ragazzo si occupava della propria apertura.
Quando Karim se
ne rese conto che si stava stimolando da sé se lo staccò, scivolò via
da sotto
e lo obbligò a stendersi lui nel famoso lettino, quindi tolse il
maledetto
bilanciere che gli bloccava un’estremità e lì gli allargò le gambe
immergendovi
la testa.
Fece sua l’erezione
di José già stimolata in precedenza da sé stesso, ma l’avvolse
immediatamente
con le labbra e strinse tirando su, la sentì reagire immediatamente e
accompagnando con la mano i movimenti della bocca che pompava sempre
più veloce
ed intensamente, lo sentì gemere di nuovo sempre più forte e chiamarlo…
- Di più… Karim…
di più… più dentro… - Karim non riusciva a controllarsi e
accontentandolo lo
spinse più in profondità nella gola, fino a che poté.
Ora era così
duro e pulsante che ci sarebbe mancato pochissimo per l’orgasmo ma José
ebbe l’unico
attimo di lucidità e togliendolo da sé con cattiveria, affondando le
unghie nel
viso stesso, l’alzò, si mise a sedere e se lo portò davanti. Karim, in
piedi, gli
porse ciò che voleva e che prima aveva solo toccato e strofinato.
La sua bocca nel
proprio membro ancora duro gli riservò lo stesso trattamento, lo
prendeva con
le mani, affondava le unghie fra i suoi glutei, stringeva e l’attirava
a sé
scostandoselo e riprendendolo, dettando il ritmo. Un ritmo ubriacante
che Karim
assecondò ed anzi aumentò. Le spinte nella sua bocca, la sensazione di
soffocamento ma la voglia di averne di più, i gemiti di Karim, qualche
vaga
parola in francese, il calore su tutto il corpo che aumentava tornando
a farlo
faticare, i battiti impazziti, il sangue che correva nelle vene
rendendo tutto
oltremodo frenetico.
Ed alla fine
sentendo le goccioline di sudore correre sul suo corpo, sul torace e
sulla
schiena, si chiese se José avrebbe gradito ancora.
Lo tolse senza
troppa gentilezza…
- Sto venendo,
smettila… - Voleva venirgli dentro, non serviva dirlo.
José alzò lo
sguardo seccato ma ingoiò a vuoto quando vide la sua pelle di nuovo
lucida ed
imperlata. Karim sogghignò. Lo sapeva.
Era lui la sua
malattia.
Loro, anzi. A
vicenda. Si erano contagiati in qualche modo, con qualche virus, ed ora
non
riuscivano più a smettere. Non avrebbero mai potuto.
- Vuoi mangiarmi
ancora? - Sembrava aspirasse a quello, in effetti… José aveva una sete
pazzesca
e riprendendolo per i fianchi, sempre con le unghie, lo girò e lo fece
sedere
davanti a sé, a cavalcioni sul lettino. Uno davanti all’altro José poté
ammirare la sua ampia schiena dove le goccioline correvano delineando
la spina
dorsale, le scapole ed altre linee naturali dei suoi muscoli. Lo fece
chiare un
po’ in avanti e avvicinò il viso, tirò fuori la lingua e leccò di nuovo
come
aveva fatto davanti.
In mezzo, dove
si radunavano di più, poi succhiò una scapola particolarmente
sporgente, risalì
sul suo collo, per dietro, lo mordicchiò e fece altrettanto con la sua
spalla.
Aveva un sapore
ubriacante. Non buono, ma suo.
Era proprio il
sapore più nudo e crudo di Karim che lo eccitava dandogli alla testa.
Mano a mano che
scendeva lo spingeva facendolo abbassare in avanti e quando fu
praticamente
attaccato col torace al lettino, si prese le proprie stesse cosce per
il
piacere che la lingua e la bocca di José gli stava procurando sulla
zona bassa
della schiena, la parte più sensibile.
Delineò ogni
curva, ogni fossetta, ogni muscolo per poi immergersi sui glutei. Karim
mosse
le gambe in modo da far leva per dargli il miglior accesso a sé e fu
allora che
provò un impulso maledetto di farsi penetrare da lui.
Sperò che lo
facesse e sentendo la sua lingua prima e la punta dell’indice poi,
decise che
gliel’avrebbe anche chiesto, se necessario.
La voglia di
averlo dentro aumentò, di farsi prendere e darsi senza remore e riserve.
Karim sospirò ed
il dito di José debitamente succhiato riuscì ad entrare tutto, ora si
muoveva
su e giù agiato e con un gemito del ragazzo, inserì anche un altro,
questa
volta con più fatica.
Karim si inarcò
di più aprendosi ulteriormente e José integrando con la lingua riuscì
ad aver
ragione di due.
Ormai ansimava e
godeva apertamente e la sua apertura era debitamente pronta, quando
però si
impegnò anche con un terzo dito Karim si strofinava sul lettino da solo
come
per andare incontro alla sua mano che lo stava penetrando, questo
l’eccitò
ancor di più, si sentì impazzire ed il calore fu ingestibile, fino a
che non si
trovò a chiederglielo davvero:
- Oh scopami ti
prego… José entra… - José rise in quel suo modo sadico ma non dovette
tornare a
toccarsi per prepararsi, gli bastava che glielo chiedesse in quel modo…
Senza dire
niente si alzò e fece fare altrettanto all’altro, lo spinse a piegarsi
in
avanti e appoggiarsi ad un altro macchinario lì vicino, all’altezza
giusta,
quindi esitò guardandolo in quella posizione che fra sé e sé definì da
porno
star.
Gli si stava
dando senza riserve con tutto sé stesso nonostante inizialmente era
sembrato
volerlo possedere lui.
Voleva averlo
dentro.
Voleva darsi.
Voleva sentirlo
come forse mai era successo e pensò che questo avrebbe segnato
qualcosa, non
sapeva perché di preciso, era così e basta.
- José, cazzo…
entra o muoio… - Non ce la faceva veramente più e si vedeva, stringeva
convulsamente il macchinario che aveva davanti e finiva addirittura per
mordersi l’avambraccio.
“Se
questo segnerà qualcosa, fanculo. Facciamoci segnare! Se non lo prendo
muoio
anche io questa volta!”
Perché lui non
si era nemmeno posto il problema del perché aveva tanto voluto
trovarlo,
circuirlo e fare sesso con lui, però si era reso conto di averne
addirittura
astinenza. A tal punto da organizzare una cosa simile pur di stare solo
con lui
e fregarsene altamente di tutte le conseguenze.
Pur di averlo.
Pur di averlo in
quel modo.
Lo prese dunque
per i fianchi e l’accontentò scivolando lentamente in lui. Si trattenne
un nano
secondo, sentì la carne di Karim stringersi sulla propria erezione
dentro solo
per la punta, quindi uscì e tornò ad affondare con più decisione
chiudendo
forte gli occhi e aprendo la bocca in un sospiro soffocato.
Era la cosa più
eccitante che avesse mai provato e non era veramente così. Aveva già
fatto
sesso tante di quelle volte, in modi talmente validi che veniva da
insultarsi
da solo ap ensare che questa fosse speciale ma cosa poteva dire?
Era… era diverso…
Cominciò a
muoversi con i glutei di Karim che lo avvolgevano nell’intimo fino a
farlo
impazzire, ben presto ogni neurone bruciò ed il calore fu così violento
da
scuoterlo sin nel profondo.
Entrò ed uscì
fino a riuscire ad immergersi in lui completamente, fino alla base, ed
una
volta lì continuò a muoversi più veloce, con più foga, più decisione,
più sicurezza,
più desiderio, più eccitazione, più voglia.
Voglia di lui
oltre che del suo corpo.
Fu solo quando
realizzò che si muovevano insieme, che si venivano incontro ad ogni
colpo e che
gemevano nel medesimo modo fondendo anche le voci oltre che i corpi,
che vide
quel culmine come un’esplosione atomica.
E
non ebbe il minimo dubbio che la stava
avendo anche Karim nello stesso momento. Un’esplosione estremamente
calda e
sconvolgente che lo prese dalla parte più profonda di sé ed uscì
trasmettendosi
a Karim, scaldandolo, facendolo impazzire e raggiungendolo nella stessa
identica esplosione.
Poi strinsero
gli occhi e videro tutto rosso, rosso intenso.
Dopo di ché José
gli crollò addosso, sulla schiena, cingendogli la vita.
Era la prima
volta che voleva qualcos’altro dopo un orgasmo e Karim si riprese con
quello
shock. José non aveva mai voluto niente dopo il sesso, ora invece lo
stava
tirando giù a sedere per terra. Si appoggiò con la schiena al lettino
basso e
stretto su cui prima erano stati, quindi gli avvolse il torace con le
braccia e
poco romanticamente lo strinse a sé. Karim si lasciò fare scivolando
leggermente in giù per stare più comodo contro il suo petto, incastrò
la nuca
contro l’incavo della sua spalla, appoggiò il viso contro il suo collo
e rimase
così, con le mani sulle sue braccia avvolte sotto il mento, fra le sue
gambe
aperte, i corpi sudati allo stesso modo, scivolosi l’uno sull’altro,
fuso
ancora, pulsanti, eccitati.
C’era qualcosa.
Qualcosa di
diverso.
Qualcosa che
ormai non potevano più ignorare, José fra tutti.