CAPITOLO I:
ANCHE IO

Sul fatto che fosse stata una buona idea quella delle vacanze congiunte, andava a libera interpretazione.
Di certo non sarebbero state dimenticate!

Non avevano faticato molto a convincere le rispettive parti, a tutti era parsa subito un’idea molto simpatica e divertente… se non fosse stato per i genitori di Cristiano che non erano venuti.
Ricardo non aveva minimamente capito il motivo, per telefono il suo compagno era stato come un tornado.
Aveva solo capito che non potevano venire e che era terrorizzato all’idea di badare da solo a suo figlio.
Questo aveva fatto scoppiare Riky in una sonora risata e per questo si era beccato i primi seri insulti della sua vita.
Nessuno era mai arrivato al punto di offenderlo, quindi c’era da capire quanto fosse strano. Il risultato fu un ridere ancora di più e i brontolii poco fini da parte dell’altro.
Alla fine l’aveva calmato con un semplicissimo e lieto:
- Ti aiuto io, sono padre da più tempo, evidentemente… -
Non era proprio molto più tempo, quello che cambiava fra i due era il fatto che Ricardo semplicemente aveva fatto il padre, Cristiano convinto di non esserne capace aveva fatto crescere suo figlio -un incidente di percorso non previsto- ai suoi che invece a quanto pareva ne erano ben capaci, considerando che con lui avevano fatto un più che egregio lavoro… -questo ovviamente lo pensava Cris!-
Cris comunque si era risollevato nel sapere che sarebbe stato aiutato da Ricardo, così si era calmato.
L’espressione di Irina nel sapere che sarebbe venuto suo figlio Cris Junior e non i nonni del piccolo che solitamente si occupavano di lui, era stata un capolavoro assoluto di arte cubista!
Mille diverse sfaccettature dicevano del suo viso qualcosa.
- Quel cosino con noi senza qualcuno che è capace di starci dietro? - Non aveva mai avuto contatti decenti con il ‘cosino’ in questione e Cris stesso non era molto pratico, ma dopo aver parlato con Riky si era convinto di poter fare tutto, cosa che espresse con ferma convinzione:
- Ce la faremo! Riky ha detto che mi darà una mano! Fortunatamente facciamo le vacanze insieme! -
Irina aveva fatto una strana espressione, poi alzando le spalle e facendosi scivolare addosso la sua aria più snob, aveva asserito:
- Fa come ti pare, io non voglio saperne niente! -
Cris l’aveva guardata male ma lei non aveva colto. Non gli piaceva quando dimostrava tutto quell’astio per suo figlio. Anche lui si era agitato all’idea di badarci a tempo pieno tutto da solo, ma era diverso… lui era andato nel caos per fifa nera di non esserne capace, a Irina invece non piacevano i bambini. Specie se dei suoi stessi ragazzi!
Lei comunque non aveva colto il fulmine al posto degli occhi, suo figlio era sacro e non si toccava, tanto che faceva sempre di tutto per non far finire la sua faccia sui giornali, di conseguenza dovevano trattarlo con tutto quel rispetto che la gente pareva non sapergli riservare.
Tutto quello che sapeva di come avrebbe cresciuto suo figlio, era che voleva non diventasse un fenomeno da circo come ogni tanto si sentiva, nonostante fosse lui stesso ad alimentare questo fatto e anche con una certa buona volontà.
C’erano momenti in cui si stufava e capiva che suo figlio sarebbe dovuto essere diverso, avrebbe dovuto ottenere la pace. Non voleva che il fatto che avesse il suo stesso sangue lo penalizzasse togliendogli le cose che tutti i bambini normali avevano.
La sua vita non era normale ma quella del piccolo Cris Junior doveva esserlo.
Il fatto che poi fosse stato talmente egocentrico da chiamarlo come sé stesso non c’entrava niente.

Così il giorno della partenza arrivò. Con grande abilità erano riusciti a giungere in’aereo in anonimato.
Fu così che la vacanza cominciò.
La vacanza più incerta sulla faccia dell’universo, viste le presenze delle rispettive consorti.
Ricardo non aveva certo acconsentito perché si era convinto che fosse la cosa migliore, semplicemente dire di no a Cris era stato impossibile.
Quello veramente convinto era lui, infatti, il quale incosciente com’era non riusciva a vedere nemmeno da lontano la pericolosità di quella vacanza riunita.
Aveva voglia di dirgli che erano amanti e che passare tutti quei giorni insieme sia fra di loro che con moglie e morosa era la cosa più suicida del mondo.
Non l’aveva convinto.
Così tremando fin nel profondo per quella vacanza, si erano ritrovati in aereo.
Luca, il figlio di Ricardo, e Cris J avevano due anni di differenza ma già così piccoli rispecchiavano perfettamente i rispettivi padri a parte fisicamente parlando, soprattutto come modi di fare.
Eternamente allegro e sorridente uno -chissà chi-, prevalentemente imbronciato l’altro -chissà perché!-.
Luca era un bambino di tre anni estremamente educato, gentile e allegro, era l’argento vivo, una creatura deliziosa e a modo ma anche vivace e sveglio. Parlava molto ma obbediva a tutto quello che gli dicevano ed era una cosa sola con suo padre, ovviamente. Come lui di tanto in tanto cambiava umore e piangeva facilmente, ma non poteva essere perfetto!
Cris J era invece capriccioso e viziato da far schifo. Anche Luca lo era ma nel modo giusto ed in misura umana. Cris J invece no. Non aveva bisogno di fare un ‘ghes’ che subito veniva accudito per un sacco di cose che nemmeno gli passavano per l’anticamera del cervello. Era un bimbo ancora piccolo per tirare fuori un carattere un po’ più specifico, ma dalle sue espressioni sempre imbronciate per partito preso si rivedeva tantissimo il padre. La sua arma migliore erano le grida isteriche ed i pianti. Andava avanti come una sirena ad oltranza a battere i piedi e tenere alzate le manine ad artiglio fino a che non veniva calcolato od accontentato. Era qualcosa di incredibile da vedere, poi quando gli davano ciò che voleva riprendeva il suo fantastico broncio ma per lo meno stava zitto e non rompeva i timpani a nessuno. Non faceva grossi danni, non era un combina guai però i suoi capricci erano qualcosa di indimenticabile.
Eppure nonostante la grande diversità dei due, avevano fatto amicizia subito.
Cris aveva avuto il piccolo un anno dopo il suo arrivo a Madrid e vivendo vicino a Riky e diventando subito suo amico intimo, entro breve i figli avevano cominciato a giocare insieme e a fare amicizia, cosa più che naturale nonostante i due anni di differenza. Appena Cris J era riuscito a stare seduto da solo e a cominciare a giocare e non dormire e mangiare ventiquattro ore al giorno, Luca si era auto proclamato il suo baby sitter, poi era passato ad un più tenero fratellone.
C’era anche da dire che i papà quando dovevano andare a fare compere per loro andavano insieme e gli prendevano spesso e volentieri gli stessi accessori -tipo scarpe, cappellini, costumini e cose di questo tipo- come se non fosse già chiaro quanto uniti fossero fra di loro. Cris comunque gli prendeva degli abiti alla super moda sempre rigorosamente da bambino, mentre Riky cose più semplici.
Tutto questo perché loro rimanevano sempre loro stessi anche se erano platealmente innamorati.
Una volta che l’aereo fu in volo i due bambini, che indossavano le stesse scarpette identiche, messi vicini e cominciarono a giocare.
Luca parlava come lingua madre il portoghese e come lingua secondaria lo spagnolo e lo faceva anche molto bene. Conosceva anche qualcosina di italiano visto che il primo anno l’aveva vissuto a Milano e che gli avevano cercato di insegnare qualche parola anche in quella lingua.
Cris J era già tanto che spiccicasse qualche parola messa in croce di portoghese… lo spagnolo era lontano anni luce dalla sua comprensione e quando Luca parlava troppo veloce e l’amichetto non capiva, provava prima in spagnolo, senza risultati di ricezione da parte dell’altro, e poi perfino in italiano -sebbene effettivamente stentato da morire-. Quando poi ogni tentativo falliva ed il compagno continuava a guardarlo come se parlasse arabo, sospirava paziente ed usava i gesti per farsi capire.
Questo dimostrava il grande sviluppo di Luca, per uno della sua età. Estremamente sveglio. Troppo, a volte.
Sapeva già scrivere il suo nome.
Cris J era troppo piccolo per aspirare al traguardo della scrittura ed era già tanto che dicesse qualche parola. Un anno non era molto per dialogare… anche perché finchè bastava urlasse per farsi accontentare, non gli servivano altre espressioni di comunicazione!
Così quando giocavano insieme toccava a Luca insegnargli.
Vederli insieme era uno spettacolo e Ricardo si perdeva ad osservarli finendo poi per ridere di gusto e giocare a sua volta con loro, come se avesse pochi anni di più e non tutti quelli che poi aveva effettivamente.
Cristiano a sua volta si perdeva a guardare Ricardo alle prese coi due bambini, era come se bevesse tutti i modi di fare che era convinto un padre dovesse avere; era una cosa un po’ strana, ma in Riky vedeva il padre perfetto ed ideale e pur sapendo di non poterlo mai emulare nella maniera più assoluta perché quello era un talento naturale che lui era convinto di non avere, cercava comunque di imparare qualcosa. Se non altro che ogni tanto si doveva giocare coi figli abbassandosi al loro stesso livello di infantilismo.
Quello gli riusciva bene.
Quando ci provava e ci si metteva finiva per divertirsi mica poco, dal modo in cui anche Cris J poi rideva e si rilassava ne deduceva che almeno in quello andava bene e si inorgogliva come non mai.
Però sapeva che non bastava giocarci insieme.
C’era molto di più e se non ci fosse stato Ricardo, già lo sapeva, non avrebbe mai fatto quella vacanza portandoselo dietro… per quanto orrendo fosse, era consapevole di sé e dei propri limiti. Certo, era raro che ne ammettesse, ma sapeva di averne. Se non altro con suo figlio non si scherzava… nel senso che poteva sbagliare per auto sopravvalutazione eccessiva per quanto riguardava qualunque aspetto della propria vita, ma non con Cris J. Con lui doveva essere preciso.
Se pensava di non essere capace a fargli qualcosa, non la faceva perché nel caso gli venisse male poi ci andava di mezzo il suo piccolo principe e non voleva assolutamente che gli succedesse qualcosa per colpa sua.
Notandolo perso nei piccoli marmocchi ed in special modo nello studiare come un padre si comportava, Irina aveva subito perso l’interesse verso il proprio ragazzo e si era messa a parlare con Caroline, la moglie di Ricardo che teneva con sé la nuova nata, Isabella.
Si trovavano abbastanza bene insieme… più che altro perché nessuno poteva trovarsi male con Carol. Con Irina era una questione di sopportazione e la suddetta sapeva averne abbastanza, a quanto pareva.
Cristiano non le diede attenzione un solo minuto, preferendo di gran lunga Ricardo e Luca che cercavano di insegnare a Cris J a parlare.
Dopo varie lezioni estremamente divertenti per le risposte buffe del piccolo alunno, il maestro più grande ma anche più infantile a volte per la sua capacità di tornare facilmente bambino, lo prese in braccio e gli disse qualcosa all’orecchio. Dopo un paio di tentativi, il bambino scese dalle sue ginocchia e traballante poiché si trovava su un aereo e aveva imparato a camminare da poco, giunse da suo padre nel sedile di fronte. Erano disposti a quattro e si guardavano due a due con un tavolino in mezzo. Naturalmente Luca aveva deciso la disposizione di tutti in modo da stare sia vicino a suo padre che al suo grande amico, poco aveva importato se aveva spodestato sua madre e sua sorella!
Irina ne aveva semplicemente approfittato per stare con lei nei due sedili accanto e fare una conversazione meno noiosa di quella con due bambini di uno e tre anni.
I due in questione stavano anche nello stesso sedile visto.
Quando Cris J tornò trottando dal padre, questi lo prese in braccio con curiosità, quindi l’altro gli prese il viso fra le sue manine piccole e tozze, lo girò con decisione di lato e raggiunto l’orecchio dalla sua boccuccia deliziosa, gli disse piano in spagnolo:
- Ti voglio bene papà! - La sua prima frase in quella lingua, una frase tenerissima.
Ma quale mai avrebbe potuto insegnargli Riky se non quella?
E se per lui non c’era stata malizia dietro, ovvero nessun secondo fine se non deliziare un padre con una dolcissima sorpresa, Cristiano ci trovò tutti i mille sensi opposti e contrari e ne approfittò spudoratamente, eccome!
Infatti sempre sussurrando al piccolo all’orecchio e ripetendo piano in modo che il bambino capisse e riuscisse a ripeterlo senza avere la minima idea di che cosa stesse dicendo, lo mandò di nuovo da Ricardo.
Raggiuntolo Cris J gli si arrampicò sopra come aveva fatto col padre un secondo prima, l’uomo naturalmente l’aiuto e se lo coricò sulle ginocchia. Una volta raggiunta la vetta fece la stessa cosa che aveva appena fatto all’altro, quindi girandogli la testa gli disse all’orecchio quello che gli aveva detto di rispondere.
- Anche io. - Sempre in spagnolo e sempre piano piano.
Fortunatamente non lo sentì nessuno, nemmeno Luca che volle sapere cosa si erano detti, naturalmente Ricardo non gli rispose diventando rosso come un pomodoro maturo imbarazzandosi non poco.
Da un lato capiva che non era luogo e modo, cioè non certo usando il bambino con il pericolo di essere sentiti e capiti da altri, ma dall’altro non poté che deliziarsi di quella sua mossa fantastica e dolcissima, nonché effettivamente comica.
Subito geloso del suo papi che si coccolava il figlio di un altro, Luca gli salì sopra prima che potesse andare in crisi profonda e distraendolo da possibili imbarazzi troppo accentuati, si trovò a tenersi addosso entrambi i bambini che quasi lo sommergevano provocando delle risate non certo contenute in Cristiano che li osservava soddisfatto.
Di certo non si sarebbe mai pentito di quelle vacanze insieme, ne era sicuro.
Quella era stata l’idea del secolo!
Soprattutto, però, rimase contento dell’attaccamento che suo figlio stava dimostrando nei confronti di qualcun altro. Di solito era così attaccato solo al padre, ai nonni o agli zii, in mezzo ad altri non sapeva proprio stare.
Vederlo così disinvolto e contento in braccio a qualcun altro non poteva che piacergli.
Specie se quel qualcuno era quello che piaceva più di tutti anche a lui.
Ricardo colse quell’espressione e ci mise un nano secondo a tradurla, quindi con un sospiro rassegnato si decise a consegnarsi metaforicamente a quel matto del suo compagno, consapevole che si stava comportando come la persona più pessima dell’universo e che per redimersi le preghiere non sarebbero certo bastate.
“Mi farò Madrid - Santiago de Compostela a piedi, quando torno!”
E non era certo un pensiero di circostanza!
Non sapeva cosa gli sarebbe successo in quella vacanza anomala, ma era certo che non se la sarebbe dimenticata finché avrebbe campato.
E aveva ragione!