CAPITOLO IX:
SEMPLICEMENTE COSI’

Appena varcata la porta del pronto soccorso pediatrico, le urla gli fecero capire che il piccolo Cris J stava meglio di quel che avessero potuto immaginare e risollevandosi seguì le grida per arrivare alla fonte.
Quando li raggiunse erano entrambi in camera e l’aria di Cristiano era non disperata ma molto peggio.
Il piccolo aveva una benda sulla fronte dove era stato medicato e dei grossissimi lacrimoni scendevano sulle sue guance tonde e abbronzate. Si teneva aggrappato al collo del padre nella speranza che facesse un incantesimo, peccato che questi non sapeva proprio da cosa cominciare.
Quando Ricardo entrò sembrò come se vedesse un angelo caduto dal cielo e chiedendogli aiuto con lo sguardo più supplichevole e disperato del mondo, questi non poté che ridere di slancio.
- Vedo che sta meglio! - Disse entrando e tendendo le mani verso il piccolo che gli si buttò letteralmente addosso come fosse un salvagente nell’oceano Pacifico.
Appena gli fu in braccio con la sua calma pacata e serenità interiore, il piccolo si placò subito e seppure le lacrime continuassero a scendere da sole di riflesso, il piccolo non gridava più. Singhiozzava per l’aria che aveva buttato fuori in quel modo da primato e strofinava il viso contro la maglia del ragazzo che se lo cullava accarezzandolo dolcemente.
Capì subito perché Cris non ci fosse riuscito e ad uno sguardo più attento ne ebbe conferma.
In quel momento quel ragazzo era tutto all’infuori che calmo e rilassato, di conseguenza con una tale tempesta dentro era difficile che riuscisse a dare conforto al piccolo.
- Sarà pieno di mal di testa, ha bisogno di qualcuno che lo rilassi, non che sia più agitato di lui! -
- Lo so, dannazione, ma sono come una mina pronta ad esplodere, non ce la faccio e più lui piange più io mi agito perché penso che è colpa mia se sta così e non posso fare nulla! Gli hanno messo due punti sulla fronte ma siccome è piccolo non vogliono dargli un antidolorifico, hanno cercato di dargli un calmante naturale ma glielo ha tirato addosso, questo! Non ha smesso di piangere un secondo! Stanno per venire a prenderlo per quella cosa che fanno alla testa per vedere se ha cose gravi! - Ricardo in quel momento si chiese come potesse spegnerlo vedendo che era partito parlando velocissimo come un treno, quindi spostandosi dalla sedia al letto accanto a lui, gli posò la mano sulla coscia e questo come se fosse l’interruttore riuscì a fermarlo.
Sia Ricardo che Cris J sospirarono nello stesso momento e quando il silenzio finalmente vinse, il più grande dei tre presenti poté parlare sempre mantenendo un tono basso e pacato che non disturbasse il piccolo che si era appena dato pace.
- Lo so che è difficile, quando Luca si fa male io esco di testa e Carol mi caccia dalla camera perché altrimenti lo faccio diventare matto. In questi casi l’unica cosa di cui hanno bisogno è la calma, bisogna cercare di rilassarli. I bambini sentono lo stato d’animo di chi li circonda e lui è particolarmente recettivo. E poi non voglio sentirti dire che è colpa tua, che discorso è questo? - Chiese con più fermezza e corrugando la fronte. Nella confusione di prima non si era capito praticamente niente ma loro dalla rispettiva camera avevano percepito delle urla che gli aveva fatto capire un litigio in corso.
Cristiano si alzò per non allarmare il bambino e alla finestre si prese il viso fra le mani tornando ad agitarsi, era in uno stato sempre peggiore e Ricardo non sapeva più come rasserenarlo.
- Stavamo litigando io ed Irina, ha detto chiaramente che pensa che io e te… sì insomma, hai capito. Io un momento prima le ho detto che se non la smetteva di essere isterica e di attaccare il mondo l’avrei lasciata e poi è scoppiato il cataclisma! Riky, so che devo sposarla però se fa così tutta la vita io non ci sto, non ce la faccio! La cosa è degenerata tanto che quando ha cominciato ad usare dei termini pesanti riguardo noi due ho mollato un secondo Cris e quello che gridava come un matto perché noi litigavamo, è caduto sbattendo la testa sul comodino! È colpa mia che l’ho mollato per litigare con lei, non l’ho guardato in quel momento ed io… io dovevo solo… dannazione, sono suo padre, era con me, come è potuto succedere? È colpa mia! Mi sono distratto, che razza di padre sono? Lo vedi che non sono tagliato? Tu dici che si impara ma non posso a spese sue! -
Ad interromperlo fu l’infermiera che giunse a prendere il piccolo.
Vedendo Ricardo si fermò, erano visi noti e per quanto fossero riusciti a passare in segreto per non attirare l’attenzione di nessuno, certe espressioni stupite da ’ma sono loro?’ non potevano evitarle.
Ricardo le consegnò Cris J dicendo che si era appena calmato, quindi chiedendo se potevano aspettare lì, lei annuì uscendo col bimbo ancora tranquillo. Chiusasi la porta alle spalle, Ricardo si alzò e dirigendosi da Cristiano lo guardò meglio senza bambini di mezzo. Aveva uno sguardo davvero allucinato, non sapeva dove sbattere la testa e cosa dire ancora per colpevolizzarsi. Stava così male che non riusciva a trovare nemmeno paragoni adatti.
- Cris, non è colpa tua, capita a tutti, sono bambini, si agitano, tu non puoi stargli attaccato ventiquattro ore al giorno, non crescono più così. Hanno bisogno di farsi male per capire cosa non devono fare perché finchè uno gli dice di no perché così fa male, non capiscono che è vero! Solo coi fatti apprendono le lezioni. Non puoi stargli sempre dietro, va bene se si fanno male. Ora è andata bene, preoccuparsi è normale e giusto ma non devi andare fuori di testa in questo modo anche perché altrimenti non puoi aiutarlo. Lui ha bisogno di te fermo e tranquillo, della tua sicurezza di padre, non del tuo panico di ragazzo che non sa come trattare un figlio! -
Cristiano però cominciò a scuotere la testa con foga, non poteva assolutamente accettarlo e tanto meno capirlo. Non si sarebbe mosso da quella posizione di colpevolezza e più cercava di fargli cambiare idea più ci si arenava.
Non era stato capace di vedere di lui, gli aveva fatto indirettamente male perché si era distratto, avrebbe potuto finire molto peggio e lui come avrebbe vissuto, poi?
Non era capace, non era capace di fare il padre e di mezzo ci andava una creatura per cui avrebbe solo potuto dare la vita per dimostrargli quanto lo amava.
- E’ colpa mia e basta, lui sta male per colpa mia, non c’è niente che tu possa dire per farmi cambiare idea. Non è che è caduto e si è sbucciato un ginocchio! Ha sbattuto la testa sul comodino, ha due punti in testa ed è svenuto! Non puoi tranquillizzarmi, non esiste! -
Ricardo capì che aveva ragione se non altro nel dire che non poteva tranquillizzarlo, così realizzando che a momenti si sarebbe messo a piangere in una crisi di nervi storica, l’abbracciò con dolcezza e pienezza, trasmettendogli tutta la forza che possedeva, la sicurezza che tutto sarebbe andato bene e la calma per affrontare un momento difficile.
Cristiano gli si aggrappò istintivamente ma la tempesta interiore non riusciva a placarsi, niente ci sarebbe riuscito, ne era certo. Nascose il viso contro il suo collo e stinse forte gli occhi insieme alle braccia che gli tolsero quasi il fiato. Era davvero inaccettabile, tutto quello.
Le sue carezze riuscirono solo a farglielo pensare con maggior lucidità mentre la nebbia scemava lasciandogli una voglia immensa di piangere.
La paura che aveva provato quando l’aveva visto svenuto non poteva dimenticarla, non poteva proprio.

Passarono la giornata in ospedale insieme ed Irina stessa non se la sentì di andare a trovarli capendo che comunque il bambino si era fatto male durante un loro litigio, era rimasta d’accordo col suggerimento di Caroline che le aveva detto di lasciarli soli per quella giornata a calmarsi e sbollirsi.
Passarono più momenti in silenzio a contemplare Cris J che ora sembrava il bambino più pacifico del mondo, che a parlare.
Ricardo cercava di trovare le parole giuste ma non era praticamente possibile e sapendo che doveva solo passargli e basta, si limitò a stargli accanto poiché ad ogni modo la sua presenza era l’unica accettabile per lui, perché solo standogli vicino, anche in silenzio, riusciva a quietare un po’ quell’ansia atroce che inizialmente l’aveva quasi ucciso.
Solo quando gli assicurarono che il piccolo stava bene e non aveva assolutamente niente che non andava, Cristiano si convinse a tornare in albergo.
Era notte inoltrata e Cris J ormai dormiva già, quindi non volendolo svegliare non passarono da Caroline ed Irina.
Ricardo avvertì la moglie dicendo che per quella notte sarebbero rimasti così, lei aveva risposto che andava bene perché Irina si era addormentata lì e non se la sentiva di svegliarla poiché aveva faticato a calmarla.
Ricardo si sentì un po’ in colpa in un qualche modo, ma venne tutto messo da parte quando girandosi vide il compagno chino sul figlio nel box che dormiva.
Gli si avvicinò e si chinò a sua volta, l’osservò in silenzio per un po’… aveva la benda sulla fronte che era quasi più grande della sua faccia ma dormiva sereno succhiandosi il pollice. Aveva pianto tanto per non parlare di tutto quello che gli era successo…
- E’ stata una giornata dura per tutti, ma lui per primo. - Disse piano mettendogli una mano sulla schiena. Cristiano sospirò stanco e si riscosse, era ancora enormemente preoccupato e fosse stato per lui avrebbe passato la notte a guardarlo dormire, ma Ricardo non glielo avrebbe permesso.
- Una doccia è quello che ti serve, ora… sto io qua con lui, ok? -
Solo per questo si convinse a staccarsene e ad andare. Ci mise comunque dieci minuti di numero al termine dei quali uscì ancora bagnato con l’accappatoio addosso e fu come se non avesse pensato ad altro che a sbrigarsi per poter tornare di là, come se in un solo istante potesse tornare a cadere tutto.
Accarezzandolo con lo sguardo capì immediatamente il livello da lui raggiunto e col cuore stretto in una morsa di dispiacere, si chiese se avrebbe mai potuto trovare le parole per aiutarlo una volta per tutte e senza pensarci ulteriormente decise di fare qualcosa immediatamente prima che si chiudesse ulteriormente e definitivamente in sé stesso. Gli faceva male stare così ed anche se non parlava più nel panico, forse in quel silenzio era anche peggio.
- Cris… - Mormorò piano avvicinandosi. Era di nuovo a guardare il figlio.
Non l’avrebbe mai detto così apprensivo ma in realtà era solo troppo inesperto.
Lo circondò con le braccia da dietro e tirandolo indietro lo condusse sul letto sul quale l’obbligò a sedersi. Si posizionò più indietro tirando su le gambe e piegandole larghe in modo da farlo sistemare in mezzo, davanti a sé. Seduti così insieme e con le braccia ancora allacciate attorno alla sua vita rimasero così per qualche istante quindi con il mento appoggiato sulla sua spalla girò appena il capo per guardare il suo profilo regolare da quella vicinanza.
Cris aveva ancora lo sguardo preoccupato fisso sul figlio nel box più in là, ma lui dormiva della grossa e probabilmente fino al mattino non si sarebbe più svegliato vista la giornata che aveva avuto fra accertamenti, lacrime e visite varie.
- Dio non l’ha permesso, l’ha protetto ed ora sta bene, perché non riesci a rilassarti? - Gli chiese piano. Lo sapeva bene perché ma come poteva essere lui a dirlo? Non era affatto d’accordo…
Cristiano non tardò ad esprimerlo. A quel punto era come se non mancasse altro che quello, in un certo senso… aveva gridato, aveva parlato come un fiume in piena di tutto quello che gli era passato per la testa e dopo quell’agitazione assassina era rimasto solo l’essenziale, il fulcro della questione.
Abbassò gli occhi a guardarsi le proprie mani che stringevano l’accappatoio sulle gambe e con voce tesa sul filo delle lacrime o delle urla, rispose:
- Non sono capace di fare il padre… tutto quello che voglio è proteggere quella creatura, sangue del mio sangue. È mio figlio, capisci? Tu lo sai cosa significa. Mi è capitato fra capo e collo e quando quella ragazza è venuta da me a dirmi che era successo e che voleva diventare la mia compagna fissa perché altrimenti mi avrebbe denunciato con qualche puttanata che si sarebbe inventata, le ho offerto tutti quei soldi per darmi il bambino e sparire ma non per lui, l’ho fatto perché lei mi aveva fatto incazzare, per darle una lezione, per farle capire che nessuno poteva ricattarmi e tenermi in pugno con nessun mezzo, nemmeno uno così basso e sporco. Così me lo sono preso, ma non per un senso di responsabilità, maturità e paternità. Niente di tutto questo. Queste cose sono venute fuori dopo, nel giro di questo anno con lui… è lui che mi ha fatto mettere la testa a posto e non fare più cazzate, lui che mi ha calmato su ogni fronte… lui che mi ha tirato fuori l’amore che nutro per lui. È parte di me ma l’ho sentito solo dopo e di volta in volta che sto con lui mi rendo conto che posso imparare ad occuparmi di lui ma che non sarò mai un vero padre perché non ne sono capace, lui è stato un incidente e non l’ho voluto. Però se ora me lo togliessero diventerei pazzo, ne morirei. Mi è entrato dentro come niente in vita mia. Con te è diverso, ti amo come uomo, lui è… - Ma non trovando le parole per dirlo, smise di parlare perché ormai la voce era rotta dal pianto e sapendo che proseguendo l’avrebbe fatto davvero, sperò che Ricardo lo capisse. Naturalmente fu così e stringendo la presa che intanto era salita intorno al torace, con le mani sotto l’accappatoio a diretto contatto con la sua pelle umida e calda, lo tenne contro di sé baciandogli dolcemente il collo. Cristiano rabbrividì finendo per far uscire le lacrime che aveva trattenuto sotto al coperchio della pentola a pressione per tutto il giorno. Alla fine del vapore erano rimaste solo le lacrime.
- Lui è tuo figlio, non c’è niente di più forte al mondo di questo legame e non ha paragoni. Vorresti solo che non gli succedesse nulla e quando accade, perché è normale, si impazzisce, lo so bene. Però se gli succede con te è ancora peggio. Ma Cris, non è una questione di essere capaci di fare il padre od essere dei buoni padri. Non è che se non lo fai bene allora non sei padre. Lo sei lo stesso indipendentemente dal come. Non puoi nascere bravo a fare certe cose, le impari tutte. C’è chi ha un talento naturale ma fidati che se nasce in te quest’amore così grande da farti mettere in discussione in questo modo, significa che stai andando bene, invece, che stai imparando, che stai migliorando e che di volta in volta a tuo figlio gli mancheranno sempre meno cose fino a che lui riuscirà a fare a meno di te. Ora è piccolo, dipende da te ed è giusto che tu faccia di tutto per lui, insegnandogli quello che sai, però arriverà il momento in cui sarà lui a guidare e tu lo dovrai guardare. Ma cadrà e tu lo dovrai solo sostenere. Non puoi buttarti sotto di lui per farti male al suo posto. Non è una questione di essere capaci o no, quello che sei niente te lo tirerà via. Sei padre e lo sarai per sempre, anche coi sensi di colpa per essere responsabile dei suoi dolori. Queste cose sono orribili ma aiutano a crescere non solo il piccolo, anche l’adulto. Tu devi prenderne atto, accettarle e incidertele per bene nella memoria in modo che non succeda ancora. Vedrai che non capiterà più. -
Non seppe proprio come riuscì a fare quel discorso ma ce la fece e quando terminò fu come se lui stesso si svegliasse dal torpore. Se avesse dovuto ripetere tutto non sarebbe stato capace, ma dal pianto liberatorio di Cristiano dedusse che doveva essere andato bene. Non c’era infatti più angoscia nei suoi occhi castani ora chiari per le lacrime che gli rigavano le guance, ma era quasi pace e serenità, in un certo senso, perché si era aggrappato a quelle parole con tutto sé stesso e credendoci aveva sperato che avesse ragione poiché non sarebbe riuscito ad affrontare un solo minuto in quelle condizioni.
Girandosi verso il suo viso premette le labbra sulle sue chiudendo stretti gli occhi che gli bruciavano e trovando in quel contatto semplice un’ancora di salvezza, vi si aggrappò senza più lasciarlo.
Con una mano corse sul suo collo e sulla sua nuca per non farlo allontanare e con l’altra sulle sue braccia che lo cingevano in quel modo pieno e sentito. Non voleva che smettesse, aveva un disperato bisogno di sentirlo di più, sarebbe morto altrimenti.
Aprì le labbra cercando con esse un maggiore contatto che Ricardo gli concesse entrando nella sua bocca con la lingua, l’allacciò alla sua mentre ad entrambi ormai mancava il fiato e baciandosi senza remore, quel bisogno frenetico divenne ben presto calma e pazienza in attesa di resuscitare dopo quel terribile giorno da dimenticare.
Fu mentre si baciavano fondendo le bocche e facendone di esse una unica, che il brasiliano scese dal petto per slacciargli il legaccio dell’accappatoio e quando fu aperto, avendo un accesso migliore al suo corpo, l’accarezzò meglio, con maggior intensità passando da carezze leggere con la punta delle dita che si soffermavano intorno ai capezzoli e sulle parti più sensibili come appena sopra l’inguine, a carezze più profonde e piene dove palmi e dita aperte facevano sua la pelle morbida ed umida che profumava.
Allacciò le gambe alle sue obbligandolo ad allargarle e quando fu nella posizione che voleva, si prese con le stesse carezze di prima anche la sua erezione cominciando a strofinare per farsi sentire in ogni parte di sé, perché il suo bisogno di essere preso era talmente forte che colpì Ricardo come un pugno allo stomaco ed invece di gettarlo nel panico gli giunse una tale sicurezza da trasformarlo radicalmente.
Si sentiva ubriaco eppure al tempo stesso presente.
Cristiano era smarrito e nel pieno della sua profonda e più vera fragilità, una parte di sé di cui si era sempre vergognato e che aveva nascosto con tutte le sue forze, quindi quando l’ebbe così fra le sue braccia non riuscì ad aspettare che tutto tornasse alla normalità, perché casi simili erano talmente rari da poter essere unici e se Cristiano gli chiedeva di darsi, doveva prenderselo assolutamente.
L’eccitazione a quel pensiero crebbe e mentre completamente stretto a lui quasi come un koala, sentendo quella di Cris fra le mani che saliva fin troppo velocemente, si fermò capendo che se quello era solo l’inizio era il caso davvero che prendesse il controllo della situazione già da subito.
Smettendo di massaggiarlo lì sotto, si sciolse staccandosi da lui di qualche centimetro, il necessario per, sempre continuando a baciarlo, fargli scendere il resto dell’accappatoio che gli rimaneva sulle spalle.
Cristiano sfilò dunque le braccia col suo aiuto e quando fu nudo Ricardo dovette separarsi anche dalla sua bocca.
Si alzò in piedi e davanti ai suoi occhi velati e lucidi di lacrime, pieni di un desiderio non tanto fisico quanto interiore che lo faceva sentire perso, si prese la maglietta da dietro e se la tirò via da sopra la testa, quindi l’abbandonò mentre Cristiano toglieva l’accappatoio dal letto; non riusciva a staccargli lo sguardo di dosso, Ricardo era di una tale sensualità naturale che lo lasciava sbalordito, come se lo stesse ipnotizzando con quel suo sguardo serio e consapevole ma oltremodo dolce.
Si slacciò così i jeans e se li tolse con semplicità che diede comunque alla testa all’altro, ora aveva sete e il desiderio aumentava di istante in istante mentre si riempiva gli occhi del suo corpo forte nel modo giusto, era rassicurante. Quando fu nudo lo spinse più indietro sul materasso e salendo con le ginocchia a cavalcioni su di lui, tornò a fondere le labbra insieme mentre lo adagiava giù anche con la schiena.
Si stese su Cristiano cominciando a strofinarsi col suo corpo, non c’erano più impedimenti di vestiti e sentendosi nella loro completezza, l’erezione del compagno che un po’ a contatto con la propria ed un po’ sul corpo stesso che si muoveva lento ed inesorabile ma con decisione e languore, sospirò di piacere nella sua bocca. Andando avanti finiva solo per volerne di più ma non prendendo lui il controllo, voleva che fosse Ricardo a proseguire ed esagerare e farsi sentire. Aveva un bisogno atroce di sentirlo in ogni sua parte, fino in fondo, fino ad avere male. Non seppe giustificare questo bisogno insolito ma se lo tenne e abbracciando Ricardo per premerselo addosso gli fece capire quello che sentiva e non contento glielo disse. Scivolò fuori dalla sua bocca e continuando a baciarlo sul viso raggiunse il suo orecchio che fece altrettanto suo, poi premuto su di esso mormorò roco e pieno di desiderio:
- Voglio sentirti. Voglio sentirti di più. Voglio sentirti tutto, ti prego Riky, non risparmiarmi nulla… - L’ondata che investì Ricardo in quel momento non ebbe paragoni e sentendosi come mai in vita sua morse lieve il suo orecchio per rispondergli allo stesso modo, completamente eccitato.
- Ed io voglio prenderti senza lasciare niente di te. -
Cristiano subì la stessa ondata d’eccitazione ed elettrico lo alzò appena per poter scendere rimanendogli sotto, percorrendo la sua pelle con la lingua raggiunse il suo inguine e con la testa fra le sue gambe e lui che si reggeva sulle ginocchia e sulle mani per lasciargli tutto lo spazio che gli serviva, se lo prese fra le labbra. Cominciò a succhiare ma non ebbe tempo di muoversi effettivamente poiché Ricardo folle del sentimento e dell’eccitazione che aveva scatenato in quel modo, iniziò a muoversi col bacino nella sua bocca, come se lo stesse già possedendo. Il ritmo crebbe frenetico e sentendo come stringeva il suo sesso mandandolo in estasi, finì per mordere il cuscino nel disperato tentativo di non urlare come faceva sempre in quei momenti.
Arrivato al punto di non resistere più nemmeno nel mordere qualcosa che gli soffocasse la voce, lo fece smettere, non poteva gemere in quel godimento assoluto, doveva gestirla meglio e diversamente dal solito perché se lo lasciava fare tornava a morirci dietro al suo corpo che lo faceva impazzire ogni volta.
Cristiano capì il suo problema e risalito sorrise soddisfatto tirando fuori la lingua per dargliela, Ricardo la succhiò senza esitazioni e altrettanto fece con il labbro, col mento e poi con il collo. Trovò il punto che lo faceva scattare ogni volta e lo morse cercando di ricordarsi che non poteva lasciargli dei segni sul corpo, quindi finì poi solo per leccarlo e basta senza esagerare. Questo cambio confuse Cristiano che non si capacitò di come, poi, scendesse sui capezzoli a fare altrettanto senza fargli male come al solito. Normalmente lo graffiava e lo mordeva, ora era diverso ma gli piaceva comunque.
Del resto di solito era lui a gestire il gioco, non l’altro.
Quando scese sul suo inguine a farlo suo con la bocca, questa volta non si fermò nel sentirlo tendersi eccessivamente. Andò oltre consapevole che le sue mani fra i capelli che gli schiacciavano la nuca accompagnando i movimenti con foga, chiedevano solo quello.
Non si spaventò nel riceverlo in bocca, non come le prime volte che era successo per caso, quindi storditi entrambi già solo per quell’atto, continuò il suo viaggio alzandogli le gambe e piegandogliele per un perfetto accesso di quella sua parte inferiore che ebbe per la prima volta con eccitante piacere.
Dapprima leccandolo, cominciò a stuzzicarlo con la lingua ed in seguito con le dita.
Quando Cris sentì il primo entrargli aprì le braccia in alto e piegandole sopra la testa premette la nuca all’indietro, chiudendo gli occhi in un’espressione di abbandono completa.
Sapeva che era piacevole, prima della relazione fissa con lui era andato con altri uomini ed era qualcosa di indescrivibile il piacere che si poteva ottenere in quel modo, ma il sapere che a farlo era Ricardo era ancora più deleterio.
Alternando dita a bocca, la volta dopo ne mise due e Cris abbassò le braccia per prendersi le gambe e affondare le unghie dietro alle ginocchia, per tenersele più in alto e piegate che poteva e dargli un miglior accesso. Si graffiò da solo senza accorgersene e quando ormai non riusciva più a trattenere i sospiri per non fare rumore come avrebbe voluto, Ricardo capì che era ora di proseguire poiché a breve non si sarebbe più potuto controllare.
Fu così che accostandosi alla sua apertura che aveva avuto modo di preparare, sostituì le proprie mani alle sue e tenendogli le gambe premute contro il suo petto, scivolò in lui leggero abbandonando la testa all’indietro in quello che era un piacere inaudito che ancora così non aveva provato.
Era diverso da quello che aveva avuto fino a quel momento e le volte precedenti, era completamente un’altra cosa e sentendosi inglobare da Cris cominciò subito a muoversi capendo che non aveva bisogno di tempo per abituarsi, perché per il compagno non era la prima volta in quel modo.
Tirando lui stesso tutti i muscoli, specie quelli delle gambe e dei glutei, gli si schiacciò sopra facendosi passare le gambe sulle spalle per poter arrivare alle sue mani che erano tornate aperte ai lati del viso. Si stava stringendo il lenzuolo ma quando gli offrì le proprie dita, strinse quelle intrecciandole insieme e ad ogni spinta le forza aumentava.
Ubriaco di quel piacere sempre più intenso non riuscì più a mantenere gli sguardi allacciati e quando tutto salì vertiginosamente, chiusero gli occhi e si abbandonarono completamente a ciò che provavano, qualcosa di elettrico e bollente.
Cristiano non riusciva a smettere di sussurrare che ne voleva di più e più forte e Ricardo non riusciva a placarsi, come se non ci potesse essere una fine a quel piacere pazzesco che sentiva e che non era mai stato capace di immaginare.
Avrebbe voluto gridare ma la voce stessa gli si bloccava in gola per il troppo che provava e crescendo con l’intensità ed il ritmo delle spinte che gli dava, al culmine si chinò a cercare le sue labbra e prese fra i denti gliele tirò succhiando disperato.
Cris sconvolto ne morì mentre lui trovava il paradiso in sé e con uno stato incontaminato di estasi per il ritrovarsi a quel modo in mezzo ad un piacere assoluto e sincrono, faticarono a tornare.
Rimasero fermi l’uno sull’altro, premuti e stretti per un paio di secondi che parvero molto di più di quello che furono, al termine dei quali Ricardo scivolò fuori dal compagno e separandosi gli crollò di schiena a lato, sfinito e ansimante, ancora pulsante e annegato nelle emozioni a folle velocità che aveva appena provato e che mai avrebbe immaginato di poter provare così.
Cristiano prese il lenzuolo e se lo portò sopra entrambi, quindi si sistemò in parte sul compagno appoggiando la testa sulla sua spalla, il braccio lo cinse protettivo e dolce e la mano cominciò ad accarezzarlo sulla schiena, lieve, mentre lui faceva altrettanto sul suo petto che ancora non riusciva a calmarsi.
Rimasero un altro po’ così e chiudendo la luce rimasero al buio a sentire solo i loro respiri che finalmente si quietarono come i sensi.
Il primo a parlare fu Cristiano e lo fece piano, sussurrando contro la sua pelle facendolo rabbrividire ancora.
- E’ stato diverso… - Oltre che per l’ovvio cambio di ruoli, lo era stato davvero e Ricardo convenne subito con lui ulteriormente scosso ma ancora fondamentalmente nell’estasi raggiunta e la pace totale di sé in armonia con quella del compagno.
- E’ come aver raggiunto qualcosa in più. Prima c’era corpo e cuore ma ora… ora è come se ci fosse stata anche l’anima. -
Cristiano, contento, non l’avrebbe saputo dire meglio e senza aggiungere altro sull’argomento si tirò su sul gomito per guardarlo bene in viso, aveva lo sguardo enigmatico e l’angoscia di prima era solo un ricordo.
- E’ bello anche dare oltre che prendere, vero? - Riferito chiaramente ai ruoli.
Riky arrossì e annuì, in quello capirono che tutto era tornato alla normalità ma forse sempre con quel qualcosa in più che ormai era in loro e non sarebbe più potuto andare via.
- Ogni tanto possiamo rifarlo se vuoi… - Dirlo fu come dare forma concreta a quel nuovo raggiunto. La risposta furono le labbra di Ricardo che si posavano sulle sue in quella penombra che proveniva dalle luci esterne, attraverso le tende tirate che facevano filtrare giusto il necessario per distinguere i visi.
- Ti amo, non so cosa avrei fatto oggi senza di te. - Disse poi Cris sulle sue labbra, Riky se ne emozionò come succedeva ogni volta che glielo diceva così sentitamente e aumentando la presa del suo braccio, allacciò le gambe alle sue per tenerselo a sé quanto più possibile, poi allo stesso modo rispose con quella felicità di cui si stupiva ogni volta:
- Ti amo anche io, Cris. - Semplicemente così…
E finalmente con leggerezza e serenità ma altrettanta consapevolezza, si addormentarono.