questa
nota l'ho scritta proprio dopo la semifinale di champions del Real col
Bayern. Lo dico perché lascio invariato ciò che dissi... perchè si
capisca che io avevo sensazioni che FORSE si stanno avverando ora.
NOTE: è tardino per metterla ma l’ho scritta mercoledì sera quando il
Real è uscito dalla Champions con il Bayern, l’ho riletta e pubblicata
solo ora. Ad ogni modo quella sera ero a terra di conseguenza il tono
non è molto happy però sanno consolarsi perché Cris senza Riky che
sarebbe? No no, fortuna che esiste! Purtroppo oggi sono incazzata con
José che ha i suoi piani assurdi e dopo aver recuperato bene Riky che
ha ripreso a giocare bene, non lo usa più, però a parte tutto ciò e le
mie sensazioni sul suo futuro, vi auguro buona piccola e dolce lettura
su due che si amano ed in ogni caso rimarranno insieme per sempre
perché tanto lo sanno tutti… sti due sono sposati! Buona lettura. Baci
Akane
PS:
José ha davvero dato un bacio a Cris a fine rigori per ringraziarlo
poiché era a terra -letteralmente- e triste triste…
FORZA A
VICENDA
Cristiano
fu il primo ad andarsene, poi lo seguì a ruota Ricardo e poco dopo
anche José.
Seduto
nella panchina con l’asciugamano sulla testa a coprirgli il viso, i
gomiti sulle ginocchia, chino e ricurvo su sé stesso.
Immobile.
Ricardo
lo raggiunse poco dopo sapendo che ci sarebbe stata una frazione di
secondo prima di venir raggiunti dagli altri e quando lo vide così,
distrutto e vinto, gli si strinse il cuore.
Di
solito sapeva come tirare su qualcuno, riusciva sempre a far breccia,
ad aiutare… ora non aveva la minima idea di come poter fare. Anche lui
era ferito ma il vederlo in quelle condizioni fu peggio e sapeva perché.
Cris
aveva lottato più di tutti messi insieme, aveva fatto una partita
immensa, aveva segnato i due goal dei novanta minuti, aveva fatto tanto
e tutto, forse. Eppure poi aveva sbagliato contribuendo alla fine di
quel magico sogno.
Era
come se avesse fatto tutto da solo. Portati alla vittoria e poi alla
sconfitta.
Sapeva
cosa stava provando, cosa stava vivendo e non perché lo condivideva. Lo
sapeva perché lo conosceva bene.
E
sapeva anche una cosa essenziale.
Si
accucciò davanti a lui e alzando l’asciugamano infilò la testa sotto
per appoggiare la fronte sulla sua con quella dolcezza che comunque gli
veniva in ogni caso.
Lo
guardò da lì sotto e si sentì graffiare fin dentro.
Cosa
avrebbe dato per non lasciargli quel peso enorme sulle spalle che si
stava tenendo con tanto impegno…
Cris
stava piangendo e lo faceva con gli occhi stretti e la fronte
aggrottata, le sopracciglia in quell’inclinazione dolorosa, le labbra
tremavano e tratteneva il respiro.
Ricardo
gli prese il viso fra le mani e strinse facendogli sentire la sua
presenza, gli asciugò le lacrime che glielo rigavano e sospirando si
chiese con sofferenza cosa potesse fare per tirarlo su ed aiutarlo, non
aveva mai voluto niente tanto come in quel momento, poter aiutarlo.
Anche la propria delusione personale andò in secondo piano davanti a
lui, non poteva sopportare di averlo così.
-
Cris… - Mormorò piano. Ma non sapeva veramente cosa dire perché lo
conosceva e sapeva che niente sarebbe bastato. Dirgli che era stato
comunque grande sarebbe stato peggio e fargli notare che dopo di lui
avevano sbagliato anche altri, lui stesso fra l’altro, non sarebbe
servito ad ogni modo.
Cris
non fece alcun cenno e Ricardo a quel punto, col cuore stretto in una
morsa indicibile, lo prese e gli carezzò le labbra con dolcezza
continuando in quel modo, con tanti piccoli baci, fino a che non lo
sentì ammorbidire la linea delle labbra che l’accolse aprendole e
cercando la sua lingua come fosse l’unica salvezza in quel momento.
Come se fosse l’ultimo bacio. Come se fosse l’unica possibilità per non
impazzire.
Ricardo
si sentì meglio nel sentirlo così vivo e partecipe, specie quando poi
Cris l’afferrò per la maglia come per chiedergli di più.
Era
un bacio che sapeva di sale per le sue lacrime ed ebbe una connotazione
amara che non avrebbero mai dimenticato.
Solo
dopo, quando si separarono per prendere respiro, si resero conto che
anche Ricardo stava piangendo per aver preso in sé un po’ del suo
dolore e della sua delusione. Il resto l’assorbì stringendolo a sé,
nascondendogli il viso contro il suo collo e cingendogli completamente
la testa in modo da permettergli di rimanere sempre sotto l’asciugamano
ma rifugiato in sé e non tutto solo per conto suo.
Cristiano
lentamente riprese una respirazione regolare e smise di piangere, molto
lentamente, e lo ringraziò mentalmente per non aver provato a dire
niente.
Niente
gli avrebbe mai tolto dalla testa la consapevolezza che era lui il
colpevole di quella sconfitta, che se non avesse sbagliato quel primo
rigore sarebbe stato diverso, che se avesse cercato di segnare di più
non sarebbero arrivati a quel punto.
-
Cris, se siamo qua lo dobbiamo tutti a te… - Ma non fu Ricardo a dirlo
perché sapeva che non era il caso… Cristiano non si mosse, il
brasiliano però girò la testa e si sorprese di vedere José. Non sapeva
nemmeno da quanto era lì ad osservarli ma non se ne preoccupò ed
accennò ad un sorriso di gratitudine anche per il proprio compagno che
non dava cenni di vita. - E’ questo il calcio. Si arriva, si dà tutto,
si può vincere o si può perdere, però ci si rialza sempre e si va
avanti. Ma una cosa te la posso dire senza che io l’abbia mai detta a
nessuno. Davvero. Guardati indietro e vedi quello che hai fatto e non
quello che non hai fatto. Se siamo qua a piangere è merito tuo e certo,
è andata male, ma tu hai permesso di arrivare fino ai rigori, ce la
siamo giocata in tutti i modi possibili, fino in fondo, fino alla fine,
con ogni mezzo. E la gran parte di questi mezzi sono stati i tuoi. Non
hai sbagliato solo tu ma su un complessivo ciò che hai fatto tu di
buono per tutta la squadra, per arrivare fino a qui, in molti se lo
sognano. Alza la testa. Sei grande. - Sentire José dire una cosa simile
dopo il bacio che gli aveva dato in campo una volta che Cris si era
seduto a terra sconfitto e schiacciato, colpì entrambi perché era uno
che usava bene le parole sia per motivare che per consolare, fu quindi
benefico perché se quelle cose le avesse dette Ricardo avrebbero avuto
un significato diverso. Lui amava Cristiano, era il suo compagno, era
di parte di sicuro. Aveva messo da parte la propria delusione per
consolarlo… ma sentirlo da José che non regalava niente a nessuno fu
davvero un sostegno enorme e quando il portoghese alzò il capo dal suo
rifugio sicuro, si tolse l’asciugamano e lo guardò sempre stravolto ma
più sollevato. Lo ringraziò silenziosamente e José fece il suo sorriso
caratteristico che in quel momento servì.
Poi
arrivarono gli altri e nessuno disse niente riguardi i loro rigori
sbagliati, nessuno fece pesare niente a nessuno ma anzi si fecero i
complimenti per ciò che erano riusciti a fare e per la bella partita
disputata. Perché comunque quella sera sarebbe rimasta impressa a tutti
per sempre, perché quello era stato calcio, ciò che loro facevano,
niente di più e niente di meno. Qualcosa che spesso svaniva per nervosi
vari, per rivalità esagerate, per arbitraggi osceni, per svariati
motivi. Però ritrovarsi a fare del vero calcio ed uscire facendo del
loro meglio, regalando al mondo dello sport qualcosa di alto livello
che non avrebbero scordato, fu il sostegno e l’aiuto migliore per tutti
loro.
Stretti
insieme in un tutt’uno, alzarono la testa ed andarono avanti.
A
casa loro, nell’appartamento privato che avevano di cui nessuno sapeva
l’esistenza, Cristiano chiese solo di poter rimanere a dormire lì
insieme tutta la notte e basta.
Ricardo
avvertì sua moglie che se l’era aspettato e dispiaciuta lo lasciò coi
suoi amici a consolarsi per la batosta subita.
Dopo
di questo Ricardo si prese cura di Cristiano con quella sua dolcezza
che pareva infinita, mettendosi da parte una volta di più.
Una
volta nudi capì che non avrebbero fatto l’amore, che non era quella la
sera, che tutto ciò che voleva era farsi stringere da lui e
accoccolatosi contro di lui in posizione fetale, l’avvolse intenerito
vedendolo per quel che era, un ragazzo che doveva dare ancora molto e
che molto lo pretendeva. Ma comunque solo un ragazzo.
Dopo
diversi minuti passati così, col viso contro il suo petto a sentire i
battiti regolari del cuore e le carezze sulla nuca e sulla schiena,
Cris riuscì a dire piano e sommesso:
-
Ti amo, non resisterei mai senza di te. Non lasciarmi mai. - Tutto ciò
che ora come ora, lo sapeva bene, gli stava permettendo di andare
avanti. La consapevolezza che oltre a quello che faceva nella vita,
c’era anche chi era e chi amava. Non era solo un calciatore, era anche
un ragazzo innamorato e ricambiato.
Fu
questo che lo sostenne veramente restituendogli lentamente tutte le
forze perse.
Lentamente.
-
Ti amo anche io Cris… - Con questo si addormentò più leggero.
Certamente
di cose più importanti di quello che si faceva per vivere e per
passione ce n’erano. Cose come questa.
Come
loro.
Quello
che provavano e che avrebbero sempre provato.
- E
non ti lascerò mai. - Una certezza incrollabile al di là delle squadre
future in cui avrebbero giocato.
FINE