9. UN CONFINE SOTTILE
Non ci penso subito, appena apro gli occhi mi viene spontaneo cercarlo. Ho ancora la sensazione del suo petto sotto la guancia.
Purtroppo mi sveglio con il cuscino e la sveglia giornaliera.
La spengo e mi giro stupidamente speranzoso e per quanto speranzoso mi sento, mi indispettisco il triplo.
Non poteva certo passare a notte qua. Ad un certo punto mi sono addormentato e lui poi se ne è andato senza svegliarmi.
Faccio il broncio come un bambino arrabbiato, poi mi tiro su a sedere e arriva la delusione.
Sbuffo. Sono proprio un coglione. Devo riabituarmi a queste cose!
Ho abbassato la guardia
perché era tutto così bello ed in poco tempo l’ho visto così tante
volte… ma la verità è che lui è sempre uomo di famiglia. Non è mio, non
davvero. Lo è nelle orette in cui siamo insieme, ma poi tornerà sempre
da loro.
Sospiro.
James ogni tanto si è
fermato tutta la notte, mi piace svegliarmi con chi mi addormento. A
volte non me ne frega, ma quando passo una bella serata al mattino mi
piace replicare.
Pensandolo, prendo il telefono e scrivo a James. Zizou non è qua, non posso pretendere certe cose, cazzo.
Sono uno stupido idiota ad aspettarmele e ancora più stupido a rimanerci male.
‘Sei sveglio?’
Mi alzo trascinando i piedi come uno zombie.
Vado in bagno e piscio, poi
torno in camera e riprendo il telefono mentre mi chiedo se devo
indossare qualcosa visto che sono completamente nudo.
Alzo le spalle e rimango così. Esco dalla camera col solo telefono in mano, leggo la sua risposta.
‘Sì, perché?’
‘Colazione da me?’
Tanto abbiamo gli
allenamenti di mattina, può benissimo uscire di casa prima proprio per
prendere qualche compagno, fare colazione insieme e poi andare a fare
palestra prima della sessione regolare.
Non che mi importi cosa dice alla moglie, credo che per loro sia diverso che per Zizou e Veronique.
Loro sono una coppia classica ed in quanto francesi badano molto alle apparenze.
James e Daniela sono una coppia sudamericana e da quelle parti ci si sposa e si prolifera per tradizione, non per amore.
Non dico che Zizou e
Veronique si amino. Oddio, penso di sì, dopo tutti questi anni e così
tanti figli e nessuno scandalo credo che ci sia una specie di amore, ma
è diverso. Zizou stesso me l’ha detto.
E’ amore, non mi ha mentito
come potrebbero fare tutti quelli che hanno l’amante. Però è un amore
diverso, o non avrebbe perso la testa per me.
E’ più un grandissimo affetto.
James e Daniela credo abbiano un semplice accordo matrimoniale.
‘Arrivo fra venti minuti!’
Sorrido soddisfatto e passo in bagno a darmi una rinfrescata veloce sotto la doccia visto che so ancora di Zizou.
Io non voglio queste menate.
Accordi matrimoniali,
coppia di facciata, distinzioni fra amore e affetto. Dovere qualcosa a
qualcuno, rispondere di quel che faccio, inventarmi scuse se non torno
a casa o se passo la notte da qualcuno. Dover condividere il mio mondo,
cambiare le mie abitudini, adattarmi. No, non fa per me. Ci ho provato
quando è nata Melia, volevo darle una famiglia come tutti, ma non ci
sono proprio riuscito.
Non fa per me e Clohe è
stata abbastanza intelligente da capire che non funzionava, non avrei
mai dato quello che lei si aspettava. Non sono un uomo da coppia, è
impossibile.
Non da coppia vera, coniugata.
Vado in cucina e metto su il caffè, ma prima noto sul tavolo un suo biglietto, la sua calligrafia obliqua. Sorrido.
Scrive in francese.
‘Scusa se sono andato via
di nascosto, non volevo svegliarti. Vedrai che bello svegliarsi insieme
il mattino delle partite. Finalmente saremo noi come si deve. Ci
vediamo fra qualche ora. Tuo. Zizou’
Sospiro e rileggo con cura il biglietto, sorrido ebete e arriccio il naso portandomelo alle labbra.
Non ci avevo pensato.
Adesso abbiamo le partite. Sia in casa che in trasferta dormiamo insieme alla squadra la notte prima.
Saremo io e lui tutta la notte ed al mattino.
Non vedo l’ora.
Mi riscuoto e metto da parte il biglietto mettendo su il caffè. Sono sempre un po’ malinconico, ma il biglietto è così dolce.
Mi manca, lo vorrei qua, vorrei farmi stringere e baciare perché al mattino ne ho voglia. Vorrei che mi scaldasse.
A questi pensieri, il campanello suona ed io vado ad aprire.
James ed il suo sorriso
dolcissimo mi accolgono all’uscio, il secondo successivo arrossisce
realizzando che sono tutto nudo. Io ridacchio e lo faccio entrare
prendendo il sacchetto con i croissant. Sa quale bar saccheggiare, io
ho i miei e sono rigoroso in questo perché se c’è una cosa che mi manca
della Francia, sono i croissant.
- Buongiorno! - Dico in
francese. Lui risponde imbarazzato in spagnolo, apro il sacchetto in
cucina e tiro fuori i due croissant, poi mi sporgo verso di lui e
chiedo la sua bocca.
Perché vorrei quella di Zizou, ma non ce l’ho ora e così prendo la sua.
Me la dà quasi con sollievo, come se si desse dello stupido. Quando ci separiamo aggrotto la fronte senza capire.
- Che c’è? - Lui accentua
il sorriso e scuote la testa, mi distrae il caffè che fa rumore, così
vado a chiudere e lo verso, tiro fuori anche il latte e metto tutto sul
tavolo, mi siedo rimanendo bello nudo e inizio a mangiare.
- Sei strano! - Dico di
nuovo fissandolo. Lo è davvero. Lui si stringe nelle spalle e continua
a negare sorridendo timido, mangia e beve il caffè cercando di cambiare
discorso, parla di varie cose, notizie di calcio per lo più, impegni di
oggi e cose così. Poi finito di mangiare appoggio il gomito sul tavolo
e il mento sul palmo, lo guardo in attesa cercando di capire da solo
che cos’abbia.
Alla fine sospirando si arrende.
- Ora che Zizou è tornato
più presente nella tua vita, pensavo che ti saresti eclissato. So che
abbiamo detto di vedere come andava senza pensarci, però ero convinto
che non mi avresti più chiamato… - Ridacchio e scuoto la testa.
- Così sembra che sei la
mia puttana e che io sono quella di Zizou! - In effetti penso che sia
praticamente così. Lui avvampa al termine che ho usato e cerca di
rispondere qualcosa, ma non gli esce niente di sensato, così mi alzo,
gli vado davanti e gli prendo la maglia della tuta, gliela sfilo da
sopra la testa e lui si zittisce sorpreso. Infine lo prendo per le mani
e lo alzo in piedi, gli abbasso i pantaloni e i boxer poi mi avvicino e
lo bacio di nuovo. Prepotentemente lo prendo sotto le ascelle e lo
spingo seduto sul tavolo. Il secondo dopo sparisco fra le sue gambe
aperte, mi prendo il suo cazzo, lo succhio e mi riempio la bocca con
piacere e desiderio, scacciando la mancanza di Zizou ed il fatto che
forse sono solo la sua puttana. Una puttana che ama o che fa finta di
amare per tenersela buona e alla portata.
E dopotutto mi sta bene
così, perché se fosse più impegnativo scapperei, come sono scappato da
Clohe e da tutte le altre storie. Che io odio. Odio avere un impegno
così serio.
Con Zizou l’accetto perché
non ha l’esclusiva. Lo amo, lo idolatro, lo venero e senza di lui
impazzirei, ma devo avere una scappatoia, è più forte di me.
Non so perché.
James è la mia scappatoia.
Lui geme e si stende fra le tazzine del caffè.
L’altezza è quella giusta e
gli alzo le gambe appoggiando i polpacci alle mie spalle. Un istante,
un soffio. Un dito nella bocca e poi dentro di lui che, poco dopo,
accoglie il mio cazzo che entra volgare e senza preamboli.
Lo prendo e lo faccio mio, mi risucchia, mi stringe, mi ingloba e il piacere è immediato. I brividi sono infiniti.
Svengo. Mi sento strappare via da me stesso, quindi mi muovo con impeto, senza remore aumentando il ritmo e la voglia.
Fino a che non esiste più
niente se non questo piacere, io dentro lui e l’orgasmo che mi investe,
dimenticandomi di James, di come stia, se sia venuto.
Lo guardo confuso per un
momento ricordandomi che me lo sto scopando sul tavolo della mia
cucina, dove ieri sera abbiamo mangiato io e Zizou. I nostri piatti sul
lavello, James non credo li abbia notati.
Il suo cazzo ancora duro,
insoddisfatto. Mi mordo il labbro e scivolo giù sul suo corpo, lo lecco
ansimante, sento il suo sapore di sudore che probabilmente è come il
mio. Poi riprendo il suo cazzo in bocca e mi aiuto anche con la mano,
l’altra va sotto, alla sua apertura, infilo di nuovo le dita dentro e
mi coordino fra il dietro e l’avanti.
James inizia a gemere e contorcersi fino a che eccolo che viene.
Non mi manca Zizou, non sto male tutte le volte che mi sveglio da solo o quando non posso stare con lui.
Sto bene. Sto benissimo. Mi arrangio.
Mi basta vederlo quando può vedermi, per il resto sono padrone della mia vita.
Sto bene.
Non dipendo da nessuno.
James, tremante, ansimante
e soddisfatto si tira su e circonda il mio collo e la mia testa con le
braccia, poi mi nasconde il viso contro di sé ed io mi lascio fare,
ricambiando questo abbraccio, mentre le sue gambe si sono circondate
alla mia vita. Mi si abbarbica ed io faccio altrettanto, ascoltando i
suoi battiti.
Ed ecco quella dolcezza, quel calore…
A volte hai voglia di prenderlo dentro, di essere scopato, di appartenere a qualcuno, di essere marchiato e risucchiato.
A volte hai voglia di prendere tu l’altro, di scopare, di possedere, di marchiare.
Altre volte c’è un confine
sottile, molto sottile. Un confine che non mi fa distinguere bene cosa
voglio di preciso e mi lascio andare al momento che vivo, vedo come va,
cosa succede e mi sta bene comunque. A volte è un maledetto caos.
Perché sono abbracciato a
James e penso che vorrei tanto essere qua di nuovo con Zizou. E mi
conforta sapere che fra un po’ lo rivedo e lo riavrò di nuovo.
Forse devo fare un po’ di
chiarezza fra me e me, non credo che a James e Zizou importi molto, o
forse sì, ma devo chiarire con me stesso le posizioni.
Perché credo che quel confine ora si sia appena fottuto con questa scopata a poche ore da quella con Zizou.
**
Non arriviamo insieme poiché ognuno ha la sua auto, ma arriviamo uno dietro l’altro.
Quando parcheggio noto che
Zizou è già qua e faccio un sorrisino. Seguito da un James super
chiacchierone, mugugno ogni tanto poco partecipe, arriviamo negli
spogliatoi e ci cambiamo per prepararci. Pochi minuti dopo c’è anche
Cris, come sempre, il quale si stupisce di vedere James, di solito non
arriva così presto.
Fa una faccia un po’
strana, ma poi io esco perché prima di andare in palestra, passo a
salutar Zizou. E’ una cosa bellissima da fare. Mi mancava.
Non è che fosse stato
dall’altra parte del mondo, fino ad oggi. Era sempre qua in questo
centro sportivo, ma allenando la squadra B del Real, aveva
completamente altri orari. Noi ci alleniamo al mattino, loro al
pomeriggio. Ci si incrociava e basta, ci salutavamo, a volte ci
prendevamo del tempo, ne approfittavamo, lui veniva prima, io saltavo
le rifiniture finali che faccio con Cris… però insomma, era sempre un
po’ così… quasi al volo…
Certo, quando mi concedeva
il suo tempo, era mio al cento percento. Chiudeva il telefono e mi
faceva fare altrettanto, ci chiudevamo in camera mia, quella del
dormitorio, e stavamo lì tutto il tempo che potevamo. Era bello saltare
il pranzo per stare lì uno con l’altro senza pensare a nulla.
Poi però si tornava ognuno alle proprie cose.
Non erano gli unici momenti
in cui ci vedevamo, a volte mi chiedeva se potevo venire la sera, dopo
i loro allenamenti, perché poteva dire alla moglie, ogni tanto, che
aveva cose di lavoro e che doveva trattenersi. Le cose di lavoro
c’erano, alcune riunioni con lo staff o il consiglio, però non così
lunghe. Per cui dopo veniva da me.
Solo che non erano spesso,
non erano sempre. E a volte avevo l’impressione che cercasse di evitare
per non essere troppo presente nella mia vita. Come se fosse spaventato
dal rafforzare troppo la nostra relazione. Perché poi non sarebbe più
riuscito a controllarla, non voleva gli sfuggisse di mano. O forse non
voleva starci troppo male, non voleva che gli mancassi a casa, quando
era con la moglie e non con me…
Ci scrivevamo spesso,
questo sì. L’abbiamo sempre fatto. E ci si chiamava nei momenti
particolari, quando ero arrabbiato o avevo bisogno di consiglio.
Però era una cosa quasi a distanza, come se ci si organizzasse per vedersi perché si viveva in due Stati diversi!
Era questa la sensazione.
Una relazione strana e a volte mi mancava così tanto che ho sentito la
necessità di uno sfogo, una parentesi, una distrazione. Per ricordare a
me stesso che io non ero consacrato a Zizou, perché lui non lo era a
me. Non potevamo avere una vera relazione, era la prima cosa che mi
aveva detto. Avere James era un modo per ricordarmelo.
Però è vero che adesso le cose stanno cambiando.
Adesso lui è il mio
allenatore, ci vediamo ogni giorno, passeremo insieme moltissimo tempo,
specie i giorni prima delle partite, quando dopo gli allenamenti si
rimane in dormitorio oppure si va in trasferta e si sta in albergo.
E’ diverso e non è proprio una relazione-non relazione. Non è che staremo insieme solo in certi momenti.
Però sono andato con James il giorno dopo che ci sono stato con Zizou.
Perché l’ho fatto?
Quando busso ed entro senza
aspettare il suo permesso e lo vedo seduto alla scrivania, un tuffo
allo stomaco mi sconvolge e capisco il motivo per cui sono andato con
James.
Non è che ho paura di una relazione troppo seria con Zizou, perché non voglio relazioni troppo serie, mai volute.
E’ che ho paura che ora che
è così come l’avevo sognato, succeda qualcosa e si rovini tutto. Che
lui venga licenziato, che io venga venduto, che capiti chissà cosa a
distruggere questo sogno. Quanto male starei?
Cerco in James un modo per
non essere unicamente consacrato a Zizou, perché ho il sacro terrore di
perdere di nuovo ogni cosa e a quel punto, niente riuscirebbe a
ricompormi.
Lui mi guarda, sorride ed io entro chiudendomi la porta alle spalle.
- Sei mattiniero… - Dice poco sorpreso e compiaciuto.
Io mi avvicino e mi sporgo
sulla scrivania, lui si protende e mi raggiunge con un bacio delicato e
consueto. Che bello poterlo fare con tanta naturalezza.
- Mi è piaciuto il tuo
biglietto… - Commento io invece, sedendomi davanti a lui, al di là
della sua postazione. Zizou sorride composto, ha sempre uno sguardo
dolce quando mi guarda, lo avverto chiaramente.
- Mi è dispiaciuto
andarmene così, ma era tardi e dovevo tornare, non volevo svegliarti. -
Mi stringo nelle spalle con mezzo sorriso.
- Non preoccuparti, va bene
lo stesso. Puoi anche svegliarmi, non farti problemi. - Non risponde,
accentua il sorriso e si alza girando intorno al tavolo pregiato che
gli fa da scrivania. Va al mobile ad angolo dall’altra parte della
stanza e versa un bicchiere di acqua, mi chiede se ne voglio ed io
scuoto la testa, poi l’appoggia vicino al computer dove prima stava
scrivendo e invece di sedersi dalla sua parte, si sofferma dalla mia,
si appoggia sul bordo e davanti a me, a poca distanza, toccando le
gambe con le sue, mi osserva con quella sua dolcezza che amo.
- E’ così strano vederci ogni giorno, eh? - Sorrido e mi strofino il viso in un’espressione stralunata.
- Non hai idea di quanto!
Ho paura di svegliarmi da un momento all’altro! - Zizou piega la testa
di lato osservandomi pensieroso.
- E’ tutto vero. E
lavoreremo duro per far sì che sia il più lungo possibile. - E’ il suo
tipico modo di pensare e fare, il destino è nelle nostre mani, lo
modelleremo al meglio che possiamo. Rimbocchiamoci le maniche e
facciamolo nostro.
Ed io sono suo per questo,
perché ad un certo punto si è deciso a modellarmi come voleva ed ha
fatto di me un vero calciatore, prendendosi anche la mia anima.
- Farò di tutto perché non
finisca mai. - Rispondo risoluto e serio, guardandolo da seduto. Lui si
strofina le labbra soddisfatto di me, gli brillano gli occhi, gli
piacciono le mie reazioni. Ascolto ed eseguo.
- Vai a fare un po’ di palestra? - Chiede vedendo che sono presto. Annuisco.
- Come sempre da quando
allenavi con Ancelotti! - Quando è stato il secondo di Ancelotti, lui
mi ha dato una specie di programma di allenamento da seguire, oltre ad
una dieta adeguata per uno sportivo. Comprendeva un’ora di palestra ed
un’ora dopo gli allenamenti per le rifiniture sotto rete, quelle le
facevo con lui. Cris aveva lo stesso programma, ma perché quello è
sempre stato il suo.
Mi alzo e mi avvicino
ulteriormente, gli prendo il dito col mio in un gesto apparentemente
semplice, lui aggancia e stringe. Lo bacio di nuovo e ci diamo
appuntamento a più tardi.
Poi esco.
E’ così bello. Così maledettamente bello.
Crederci è facile, ma poi quando mi separo da lui devo fare i conti con me stesso e le mie maledette paure.