NOTE:
è un’altra brevissima shottina per Karim e per il suo periodo
difficile. Ho notato che sta tornando a circondarsi dei suoi amici, in
particolare James, così ho fatto una cosa che mi è sorta spontanea
vedendo il sorriso del piccoletto…
IL SOLITO JAMES
- Ti prego, dimmi cosa posso
fare per te… - Chiese James come se pregasse. Karim lo guardò e si
soffermò nei suoi grandi occhi tristi e preoccupati e piegò la testa
sospirando.
In un primo momento aveva
voluto dirgli ‘niente’ e mandarlo via, ma poi quei suoi occhi così
espressivi, solitamente motivo di calore, lo fecero decidere per dire
qualcos’altro.
E gli pizzicò leggero la guancia con le dita.
- Niente, torna a sorridere. -
James, colpito dal fatto che non l’avesse liquidato velocemente, lo
guardò sorpreso, allora Karim continuò delicato come ultimamente non
era più: - Puoi farlo per me? Sorridere come fai sempre? - E così il
volto di James si illuminò di uno dei suoi bellissimi sorrisi
dolcissimi e puliti.
- Certo! - Karim allora si
rilassò e si rischiarò, accennò ad un sorriso breve, poi gli baciò la
fronte ed andò verso il campo dove c’erano già gli altri che iniziavano
il riscaldamento.
James lo seguì correndogli
vicino e quando Karim si girò per guardarlo, lui tornò a sorridere. Non
doveva sforzarsi, gli veniva spontaneo. Si era trattenuto in quel
periodo pensando fosse indelicato, ma se era una delle cose che lui
voleva facesse, allora non c’erano problemi!
Non gli disse che era
preoccupato che non l’avrebbe più voluto vicino, non disse che era
dalla sua parte, non tentò discorsi di alcun tipo.
Si limitò a sorridergli tutte le volte che l’avrebbe guardato.
**
Karim si sedette in panchina
prendendosi una delle coperte a disposizione, piano piano anche gli
altri intorno si accomodarono e James rallentò proprio davanti a lui,
indeciso se sedersi lì accanto a lui o no. Karim alzò lo sguardo su di
lui, lo vide e alzò un lembo di coperta indicandogli silenziosamente di
sedersi.
- Sicuro? - Chiese. Karim
accennò ad un sorriso e mise una mano sulla sedia accanto alla propria.
Così James si sedette accanto a lui prendendo metà della sua coperta
con cui poterono coprirsi entrambi.
Qualche istante di silenzio, poi un timido ed osato:
- Non sono ancor sicuro su
cosa possa farti piacere. - Karim si sarebbe infastidito normalmente,
in un periodo del genere, per una frase simile. Ma non lo guardò, non
fece un sospiro, non un cenno particolare.
Continuando a guardare davanti, i propri compagni che si sistemavano in campo, si limitò a rispondere parlando basso:
- Tu mi fai piacere. - James
allora lo guardò di scatto insicuro di cosa avesse detto e Karim lo
ripeté senza guardarlo né alzare il tono: - Averti vicino mi
piace. E mi piace che sorridi e scherzi. E fai quello che fai sempre. -
E James l’avrebbe fatto, di nuovo senza discorsi e consigli, né tanto meno domande.
Come se non si fossero detti nulla, come se non ci fossero circostanze particolari.
James, per tutta la partita
vista insieme, dalla panchina, al freddo di novembre, avrebbe fatto
semplicemente ‘il solito James’, parlando di continuo, scherzando,
ridendo, muovendosi tutto.
Con un serio ed impassibile Karim che però se lo tenne lì come una specie di rimedio anti stress.
Come se guai a chi lo toccasse.
E un’altra ora e mezza passò volentieri, nonostante il periodo difficile.