CAPITOLO
VI:
FA
SOLO QUELLO CHE VUOI FARE
Non
ci sarebbe mai andato, in realtà l’ultimo viso che avrebbe voluto
vedere era proprio quello di Iker, coprotagonista della ferita che ora
gli faceva tanto male, ma c’era un lato di sé che al posto di sparire
voleva sapere anche la sua versione, voleva sapere perché l’aveva
fatto. Voleva e doveva.
Uscito
dalla palestra si era fermato un attimo chiedendosi dove potesse andare
ora, da chi. Casa propria era fuori discussione, Caroline si sarebbe
accorta subito del suo pessimo stato e non sarebbe mai stato capace di
mentirle. E poi voleva che l’atmosfera a casa fosse serena il più
possibile, Luca se lo meritava.
Con
chi altri avrebbe potuto parlare liberamente e magari piangersi addosso
senza sentirsi debole e sciocco?
Iker
era stato il nome che aveva avuto il sopravvento, anche se per un
momento gli aveva contorto lo stomaco consapevole che quello con cui
Cristiano era andato a letto era proprio lui.
Alcool
o no l’avevano fatto.
Con
pochi altri si sarebbe confidato e non voleva ammorbare il mister con
sciocchezze simili, tali sarebbero state per lui. Già al ritiro era
stato fin troppo disponibile… e solo perché si trattava di recuperare
un umore decente per farlo giocare bene. Ora che aveva tutti quei mesi
di fermo che gli poteva mai importare, al coach?
Alla
fine aveva deciso per Iker con quella di chiedere spiegazioni.
Cosa
pensava di lui e della sua relazione con Cristiano?
Dopo
tutto quello che si erano detti veniva a sapere che ci era andato a
letto e dopo li aveva visti al campo ridere e scherzare allegramente,
apparentemente senza rimorsi.
O
meglio non nel portoghese, visto che in Iker un sentore di stranezza
l’aveva percepito.
Suonò
al suo cancello nella speranza che fosse in casa da solo e quando la
voce al citofono, la sua inconfondibile e calma, chiese chi fosse e lui
rispose con titubanza e incertezza, il portone si aprì per farlo
entrare con la macchina.
Teoricamente
non avrebbe potuto guidare ma il suo ginocchio non era messo così tanto
male e per qualche metro aveva preferito sforzarsi e mandare via
l’autista.
Con
le stampelle, in una dimostrazione simpatica di contraddizione, si
diresse alla porta di casa che si aprì subito senza dover bussare.
Spuntò
Iker e la sua espressione era talmente seria e consapevole da fargli
capire che se non sapeva già tutto nei dettagli, comunque lo
immaginava.
Lo
vide incerto sul da farsi, su come affrontare quel momento carico di un
evidente imbarazzo, ma Ricardo sospirando chiese di poter entrare, così
il padrone di casa rimandò la risoluzione del caso a qualche minuto
dopo.
Si
fece da parte e senza dire una sola parola l’osservò varcare la soglia
di casa per la seconda volta da quell’estate.
Ora
la stagione era cambiata ed il freddo aumentava di giorno in giorno,
sembrava quasi un altro anno e non solo un altro mese.
Una
volta dentro, chiuse la porta escludendo il buio pesto della sera
calata in fretta.
Rimasero
un altro secondo a guardarsi imbarazzati in un silenzio pesante, poi
Iker gli fece segno di accomodarsi in soggiorno, sul divano, come quel
giorno.
Non
aveva la minima idea dell’espressione contrita che dovesse avere per
farsi guardare in quel modo dispiaciuto, era evidente che si sentisse
in colpa e questo paradossalmente l’aiutava a calmarsi e a ritrovare un
po’ sé stesso.
Gli
sarebbe bastato questo da Cris. Un po’ di dispiacere, del senso di
colpa dimostrato umanamente… nulla di che, nemmeno delle scuse.
Sospirò
e Iker alla fine decise di cominciare per primo dal momento che era
ovvio il motivo per cui fosse lì e cosa fosse successo prima.
-
Posso immaginare come quel cinghiale te l’abbia detto. - E naturalmente
la sua immaginazione non era troppo fervida visto che era esattamente
realista.
Ricardo
continuò a stare in silenzio e a guardarsi le mani con un’aria
abbattuta; non aveva nemmeno più bisogno di piangere, non come quando
l’aveva sentita davanti a Cristiano. Poteva dire di sentirsi un po’
meglio, ma il peso che aveva dentro era ancora così grande da
impedirgli comunque di parlare. Però riusciva ad ascoltare.
Iker
era seduto vicino a lui ma a debita distanza, quasi pensasse di non
essere il benvenuto nel toccarlo.
-
Mi dispiace. - Era così evidente… - Non so cosa si dice in questi casi,
non sono uno che normalmente fa così. Ho anche appena litigato con Sara
perché gli ho accennato alla larga cos’è successo, certo non nei
dettagli e con tanto di nomi… - Questo colpì Ricardo che alzò di scatto
la testa guardandolo con aria logora:
-
Gliel’hai detto! -
-
Certo… - Rispose vago e preso in contropiede.
-
No, cioè… sei stato tu a dirglielo… -
Con
quello Iker capì cosa intendesse, seppure fosse confuso.
-
Cris te l’ha detto perché l’ho spinto io a farlo. Non pensava fosse
necessario… lui… lui è diverso dalla gente normale, ma questo dovresti
saperlo meglio degli altri. - manteneva un tono calmo e pacato pronto a
ricevere una sfuriata o per lo meno delle accuse. Possibile che non
avesse niente da dirgli?
Eppure
era venuto lì…
-
Pensavo di saperlo e che mi andasse bene, ma mi sbagliavo. Siamo…
troppo diversi… non proviamo nemmeno le stesse cose. Sarebbe il minimo
per intraprendere una relazione come la nostra, con mille difficoltà e
diversità. Ma se non c’è nemmeno il sentimento comune di base, è
impossibile. - Se quello era uno sfogo, ne aveva da imparare, Ricardo!
Quando
si aveva una tale enormità dentro da mandare in confusione una persona,
sicuramente non si faceva così.
Poi
concluse con un filo di voce e di nuovo gli occhi lucidi che scendevano
sulle proprie mani che si tormentava nervosamente:
-
Ho sbagliato tutto. - Iker rimase basito da quella sua reazione dove si
colpevolizzava di una cosa per cui non avrebbe mai dovuto. Lo guardò
per qualche istante come se fosse impazzito, poi abbassandosi appena
per guardarlo meglio, ma ancora senza toccarlo per paura che
l’allontanasse, disse con sicurezza e stupore:
-
E’ questo che gli hai detto? - Come se ormai li conoscesse troppo bene
per non avere ragione su tutta la linea.
-
Sì… - Mormorò ancora senza guardarlo, sentendosi effettivamente in
colpa per aver frainteso tutto. - Io ho capito male quello che Cris
voleva da me, per lui era solo una cosa fisica, per me no. Forse avrei
dovuto dirglielo meglio, più chiaramente. Forse non l’ho nemmeno mai
fatto per una falsa parvenza di decenza visto che sono sposato e
davanti a Dio lo sarò per sempre. Forse… non lo so nemmeno io… ma ho
frainteso tutto. -
Il
ragazzo che lo stava ascoltando rimase per un attimo di nuovo senza
parole, quindi scosse la testa e contrasse la mascella domando
l’impulso di andare a cercare quell’altro idiota per prenderlo a pugni.
Non
solo sbagliava su tutta la linea ma lasciava anche che Ricardo, che non
c’entrava nulla, si addossasse tutte le colpe.
Più
trucidabile di così non sarebbe potuto essere!
Respirò
a fondo per un po’, poi chiuse gli occhi e rialzò lo sguardo sul
profilo basso del compagno, si stava tormentando le unghie ed era
passato a mangiarsi le pellicine intorno alle stesse fino a farsi
sanguinare. Notandolo gli prese la mano e l’ammonì con fermezza:
-
Basta, ti fai solo male! Non se lo merita quel coglione! - Nome
appropriato per uno che non sapeva affrontare sé stesso.
Ricardo
lo guardò di scatto non aspettandosi una reazione simile, ma non ritirò
la mano e l’altro non la lasciò, decidendo che il proprio istinto
sarebbe andato più che bene per affrontare una situazione simile.
Lo
tenne con decisione fingendo di dimenticarsene, quindi tornando a
fissarlo con insistenza e avvicinandosi sul divano, riprese:
-
Ascolta, siamo noi che abbiamo sbagliato. Solo per una cazzata siamo
finiti a letto insieme e non ce ne siamo nemmeno resi conto. Cioè…
potendo scegliere andrei con te! Pensi davvero che se ero lucido ed in
me l’avrei fatto? -
-
Tu no ma lui sì! - Rispose in fretta Ricardo sapendo che tipo fosse il
suo ormai ex ragazzo e cancellando la parte inerente a quella specie di
dichiarazione imbarazzante.
Iker
non gli diede torto ma si sollevò nel sentirlo non arrabbiato con sé e
lo espresse con spontaneità e stupore:
-
Pensavo ce l’avessi anche con me. -
-
No… cioè sì… all’inizio… - Tentò di fare chiarezza in mezzo al caos che
aveva dentro, sospirò, si morse il labbro e sospirò di nuovo, poi
riprovò con incertezza ed aria confusa fissa nel vuoto: - Pensavo di
avercela anche un po’ con te, di voler chiarire perché l’avevi fatto,
se eravamo amici… però credo di aver già capito tutto. Non… non penso
di essere veramente arrabbiato con te… e non lo sono nemmeno con Cris.
Deluso, magari, ma da me. Perché non ho capito niente di lui. - Parlò a
ruota libera ed in modo poco chiaro esprimendo i propri pensieri così
come gli venivano, Iker l’ascoltò attentamente senza staccargli gli
occhi di dosso. Aveva una di quelle espressioni indescrivibili che
erano un misto di ogni emozione possibile.
“Guarda
come le esprime tutte con facilità… cos’ha che non va quell’imbecille
che non ci riesce?”
Pensò
al volo Iker accorgendosi di stargli ancora trattenendo la mano che si
era tormentato fino ad un attimo prima.
La
guardò e notò che un dito sanguinava intorno all’unghia, laddove si era
tirato via nervosamente la pelle, quindi l’alzò e mormorando un veloce:
- Guarda qua! - se lo mise in bocca senza ragionarci su, succhiando
quel goccio di sangue che macchiava il suo indice.
Ricardo
si paralizzò guardandolo shockato, non aspettandosi un gesto simile.
Sentendo la lingua correre sul polpastrello e poi sulla piccola ferita
che doveva ammettere gli bruciava, si trovò a trattenere il respiro e a
fissarlo come avesse un alieno vicino.
Per
un momento fu tutto cancellato e rimase inebetito a chiedersi che
stesse facendo, poi si ricordò di essersi mangiato il dito solo un
momento prima ed immaginò di cosa si trattasse. Certo non era comunque
un gesto da lui, ma l’accettò di buon grado trovandosi piacevolmente
cullato da un’attenzione simile.
Era
questo di cui ogni tanto aveva bisogno da parte di Cristiano, nulla di
eclatante od esagerato, nemmeno sdolcinato o stucchevole. Solo qualche
piccola attenzione significativa unicamente per lui. Nessuna
dichiarazione o consacrazione.
Sentendolo
stranamente indugiare con gli occhi incollati ai propri, Ricardo si
sentì chiaramente a disagio e senza strappargli la mano dalla bocca,
disse a fior di labbra, come ipnotizzato:
-
Va… va bene… grazie… - Di meglio non avrebbe saputo fare ma ad Iker
bastò per riprendersi e accorgersi che aveva decisamente sconfinato.
Si
chiese se non fosse Ricardo a fare certi effetti e capì come mai
Cristiano, proprio uno come lui, ci era ‘cascato’ nonostante non fosse
nelle sue ‘corde’ uno così puro e diverso.
Sorrisero
di circostanza e gli lasciò andare la mano che il brasiliano chiuse a
pugno nascondendola sotto l’altra come si fosse appena scottato.
Rimasero
a fissarsi imbarazzati ed in silenzio per un altro po’, poi le parole
di Ricardo rimbombarono nella mente di Iker che si riprese e di nuovo
con decisione invase un territorio che non era suo:
-
Cris ha un enorme problema, fra i mille altri. Ha paura di togliersi la
sua stupida maschera e di vedere cos’ha sotto. - Ricardo lo guardò
interrogativo, ancora nella confusione, senza capire cosa dicesse. Così
ripeté con maggiore chiarezza: - Ha paura di vivere i propri
sentimenti, per questo finge di non averne. Perché è un coglione! Non
andrà avanti così tutta la vita e vedrai che rimpianti, quando si
renderà conto di cosa si è perso. -
Ora
aveva capito ma non l’allusione finale e a bocca aperta, con uno
stupore senza precedenti e di nuovo inebetito da ciò che sentiva e
dalla sicurezza con cui lo esprimeva, chiese avvicinandosi
inconsciamente a lui:
- E
cosa si è perso? - Non per falsa modestia, lui veramente non ci
arrivava grazie alla sua enorme ingenuità.
-
Te! Una di quelle cose rare in cui ci si imbatte una volta ogni cento
anni! Pulito, sincero, onesto, semplice… - Rispose schietto e diretto,
come se fosse ovvio. Si avvicinò a sua volta senza accorgersene
sentendo il bisogno di dare più forza alle proprie affermazioni, non
sapendo però come.
-
Ma ha ragione… cioè, quello sposato sono io… - Non lo fece finire
prendendolo per le spallem girandolo meglio verso di sé anche col
busto, poi guardandolo con sicurezza disse deciso:
-
Se tutti si facessero un esame di coscienza come te, il mondo sarebbe
un posto migliore, ma guardati intorno! È uno schifo! -
-
Vuoi dire che devo smetterla di prendermi le mie colpe e le mie
responsabilità? - Chiese con turbamento.
-
No! Voglio dire che non puoi pensare che anche gli altri facciano come
te! Solo perché Cris non elenca le sue colpe come fai tu, non significa
che non ne abbia! Ti sto dicendo di considerare questo… tu avrai le tue
colpe come tutti, ma anche lui ne ha e sarebbe ora che crescesse un
po’, quella testa di cazzo! O rimarrà così indietro che poi se ne
pentirà ma non saprà più come tornare al tuo stesso passo perché sarà
tardi! -
Gli
uscì tutto spontaneo, quasi che non ragionasse più e non credesse
necessario filtrare qualcosa di quello che le sue labbra esprimevano
con foga ed indignazione.
Ricardo
rimase spiazzato da tanta passione nel difenderlo e schierarsi dalla
sua parte, questo gli fece anche capire che potendo scegliere con
coscienza non sarebbe di certo andato a letto con Cristiano. Forse con
lui, ma con Cristiano no…
Quello
che sarebbe dovuto essere un allarme non fu considerato che come un
semplice pensiero fugace e così come gli venne fu lasciato andare.
Per
questo quando disse con debolezza e stupore: - Grazie… - capendo che
gli aveva fatto molti complimenti, poi rimase spiazzato dalla reazione
istintiva dell’altro.
E
spiazzato davanti alle sue labbra che si premevano sulle proprie era un
eufemismo!
Non
capì quale fu il preciso passaggio dal discorso su Cristiano al bacio,
ma non avendo tempo di rifletterci oltre si trovò inebetito a ricevere
la sua lingua che si intrufolava svelta e con decisione fra le labbra
schiuse e raggiungeva la propria.
Si
perse per un secondo nella sensazione di calore e pace che quel gesto
gli diede, come una medicina curativa, e se ne turbò poiché alla fine
si trattava della stessa cosa e loro due non erano ubriachi.
Certo
non era stato lui a baciare Iker ma il contrario, però non è che lo
stesse mandando via.
Però
in fondo perché?
Per
Cristiano non contava niente ma se c’era un modo per capire colui che
ora gli appariva come un estraneo, era magari fare le sue stesse cose.
Perché
solo usando le scarpe di un altro lo si poteva capire. Si diceva così.
Qualunque
motivazione si diede lì alla velocità della luce, forse il nome
corretto fu solo uno.
Piccola
vendetta per il dolore che gli aveva fatto provare quello che aveva
comunque considerato come un suo compagno, a torto a quanto pareva.
Ritrovandosi
in uno di quegli stati imprevedibili dove non era sé stesso o forse più
semplicemente liberava ogni istinto nascosto e represso, rispose con
trasporto al bacio scivolando con le mani dietro al suo collo ed
immergendo le dita fra i capelli corti.
Lo
attirò a sé senza più riuscire a pensare a nulla, con la testa che
esplodeva ed ogni altra parte di sé che gridava vendetta perché quello
era esattamente il suo limite ed oltre quello non poteva più farcela,
perché era stufo di essere sempre e solo l’unico a fare la cosa giusta
e ad essere onesto e a capire tutti.
Perché,
dopotutto, era anche lui come gli altri. Forse a scoppio ritardato, ma
lo era!
Iker
capì di stare baciandolo quando l’altro si allacciò e con stupore
rimase un attimo sconvolto di quello che stava accadendo, suo malgrado
non diede freno a nulla facendo anzi esattamente il contrario.
Liberò
ogni cosa repressa.
Perché
quello stronzo che non sapeva cogliere le proprie fortune ed anzi le
sprecava, non si meritava altro che questo.
Di
capire ciò che infliggeva agli altri.
E
perché in ogni caso Ricardo si meritava che qualcuno si prendesse cura
di lui come si doveva poiché non era il giocattolo di nessuno.
Ma
soprattutto perché fra lui e l’altro fenomeno, sicuramente quello che
avrebbe voluto per sé, potendo scegliere, sarebbe di certo stato
Ricardo.
Scelta
che probabilmente avrebbero fatto in molti.
Decidendo
in un istante che sarebbe andato fino in fondo, per quanto l’altro gli
avrebbe permesso, gli prese il viso fra le mani e con premurosità lo
tenne a sé, contro le proprie labbra, continuando a divorarselo con
grande attenzione, realizzando quanto carnose fossero le sue su cui in
molti probabilmente avevano fantasticato.
E
dolci.
Dolci
in un modo che ancora non aveva trovato niente.
Quasi
gentili, nella sua timidezza impacciata.
Sorrise,
quindi si alzò sistemandosi meglio, ponendosi in ginocchio sul divano
rivolto verso di lui ancora immobile e dritto.
Le
mani di Ricardo scesero sul torace coperto da una maglia non molto
stretta e giunte alla vita l’alzarono senza il coraggio di
togliergliela, spaventato per un momento all’idea di stare esagerando e
aver perso la testa.
Iker
lo capì e si staccò dalla sua bocca, lo guardò trattenendo il fiato e
disse con intensità:
-
Va bene… fa solo quello che vuoi fare… - Dandogli il via libera per
tutto ma con dolcezza e gentilezza, senza forzarlo, senza brutalità,
senza farlo impazzire… senza fare come Cristiano…
Stordito
dall’enorme differenza fra i due si sciolse lasciandosi andare di
nuovo, quindi finì di togliergli la maglia, alzando le braccia a sua
volta e dando ad Iker il permesso di fare altrettanto.
Così
fece e si trovarono ben presto a torso nudo.
Il
capitano tornando sulla sua bocca lo spinse dolcemente giù stendendolo,
quindi prese con delicatezza la gamba operata e la sistemò sul cuscino
in modo che non fosse in posizioni pericolose, dopo di che lo ricoprì
col proprio corpo caldo.
Scivolò
con la lingua fuori dalle sue labbra e raggiunse il suo orecchio, lo
delineò con leggerezza mentre con le mani frugava il suo corpo mezzo
scoperto, tormentò ogni centimetro di pelle che ritrovava sotto le dita
ma non con crudeltà bensì con dolcezza. Ricardo si ubriacò di quella
gentilezza nel gestire il proprio corpo e capì che sarebbe riuscito a
rimanere saldo in sé stesso, a non impazzire e che avrebbe capito per
bene tutto quello che sarebbe successo e che avrebbe provato.
Scosso
riguardo ciò e disorientato, si godette la piacevole sensazione della
sua bocca sul proprio collo e sui capezzoli, fino a che non raggiunse
le mani sul proprio inguine ora scoperto.
Quando
l’aveva fatto?
Non
ne era nemmeno sconvolto.
Un
modo di fare l’amore così diverso e delicato da ubriacarlo comunque
poiché non ne era certamente abituato.
Quando
sentì la sua lingua sul proprio sesso trattenne il respiro pronto ad
una rata di elettroshock sconvolgente, suo malgrado si trovò
estremamente rilassato e percepì ogni singola sensazione fisica. Tanti
piccoli brividi lo percorsero mentre l’eccitazione saliva nella bocca
del compagno e capì che lo stava curando. Come il pensiero gli
attraversò la mente, gli occhi cominciarono a bruciargli e se lo staccò
di dosso tirandoselo su. Iker si piegò sulle braccia e lo guardò con
una muta domanda senza capire cosa avesse, notando le sue iridi scure e
lucide intuì di cosa si trattasse e sorrise rispondendo al suo muto
ringraziamento.
Si
lasciò condurre sul suo viso e riprese a baciarlo con dolcezza mentre
dalle guance le sue dita scapparono sul proprio corpo e precisamente
all’altezza del bacino ancora trattenuto dai jeans che slacciò. Riuscì
a fare solo quello dal momento che erano troppo complicati da togliere
in quella posizione, per cui Iker si alzò, separandosi a malincuore
dalla sua bocca premurosa, completando da solo l’opera. Ricardo lo
guardò sfilarsi il resto degli indumenti in piedi davanti a lui ed una
volta entrambi nudi si riaccomodò sopra strofinandosi addosso per
scaldarlo. L’eccitazione riprese a salire e il brasiliano cominciò a
succhiarsi il labbro inferiore sentendo su di sé, contro la propria
pelle sensibile, l’erezione del compagno che al momento assaggiava
altre parti del suo petto.
Senza
ragionarci su, per un istante proverbiale, inserì abilmente la propria
mano fra i loro corpi che si sfregavano l’uno sull’altro. Raggiunse il
sesso del compagno e cominciò a stimolarlo con tenera titubanza e
confusione, combattuto fra il continuare lasciandosi andare di più ed
il non perdere totalmente la testa.
I
gemiti di Iker riempirono la stanza e si bloccarono quando sprofondò
nuovamente sulla sua bocca dove poté succhiare il labbro inferiore così
pieno e a lungo desiderato. Aveva un modo di concedersi che era così
pulito, nonostante quello che stavano facendo, da essere sconcertante.
Sentendo
vicino il proprio limite, il capitano scese fra le sue gambe
cominciando prima con le dita e poi con la lingua a tormentare la sua
apertura, ma con delicatezza e pazienza, usando la giusta insistenza,
senza esagerare, con calma ed una lentezza crescente che gli diede via
via sempre più alla testa.
Dopo
che lo sentì pronto, con i suoi lamenti spontanei nell’aria, risalì al
suo orecchio e con dolcezza chiese:
-
Posso? - Per sapere se avrebbe avuto ripensamenti nel momento cruciale
poiché poi non sarebbe più riuscito a smettere.
Ricardo
aprì gli occhi, erano annebbiati e quando trovò i suoi carichi di
desiderio ma sinceramente premurosi, sorrise con quella sua morbidezza
caratteristica e con voce roca sussurrò:
-
Certo. - Decidendo che a quel punto non si tornava indietro e che non
aveva più nulla da perdere perché ciò che contava di più per lui ormai
era già andato via ed anzi non l’aveva mai avuto.
Iker
si tirò su, sistemò la gamba sana del’altrosulla propria spalla e senza
toccare l’altra per paura di fargli male gli si accostò esitando un
solo istante.
Lo
guardò con cura ed attenzione nel viso abbandonato dal desiderio, capì
che lo voleva veramente e che non fingeva di avere Cristiano con sé
-anche perché il modo di farlo era talmente diverso che sarebbe stato
impossibile confonderli- bensì voleva semplicemente farlo per scacciare
quel malessere che l’aveva di nuovo fatto affondare in meno di un’ora.
Così
sfoderò un’espressione affettuosa senza nemmeno rendersene conto e con
dolcezza scivolò in lui. Lo sentì contrarsi un primo momento ma subito
dopo rilassarsi poiché evidentemente era abituato a modi peggiori e
ripensando a quando l’aveva fatto lui con Cristiano e alla sua
impetuosità trascinante, un’ondata violenta d’eccitazione lo colpì
facendolo muovere più veloce.
Cominciò
a spingere con movimenti possenti, lo guardò mordersi il labbro con
forza e chiudere gli occhi mentre premeva il capo all’indietro,
totalmente abbandonato al piacere.
Questo
lo sconnesse e senza accorgersene aumentò vertiginosamente il ritmo
trasformandosi in qualcosa di più impetuoso e forte, capace di far
perdere la testa anche a Ricardo che si trovò confuso sentendosi
prendere in quel modo stordente.
I
gemiti si unirono presto andando in simbiosi come i loro corpi, ora
mossi in un’unica onda sempre più tempestosa. Mano a mano che
l’intensità saliva, Ricardo affondava le unghie sul petto finendo per
graffiarlo come quando perdeva la testa con Cristiano e non capiva più
niente, fino a che addirittura non lo mordeva.
E
ci fu un momento per entrambi, uno specifico, in cui si trovarono
sbalzati così tanto fuori da loro stessi, pensando alla medesima
persona che ora non era lì, che dovettero fermarsi e aprire gli occhi,
guardarsi senza vedersi e fare fuoco con fatica. Si ritrovarono e si
riconobbero, quindi sciolsero la tensione che li aveva attanagliati e
sorridendo con delicatezza allo stesso modo tornarono in loro stessi.
Ricardo mollò la sua pelle e Iker l’accarezzò sul viso posandogli un
leggero bacio sulla punta delle dita.
Dopo
di che ripresero a muoversi con più calma tornando a quel crescendo, ma
senza più staccarsi gli occhi di dosso se non quando abbandonarono la
testa all’indietro raggiungendo il culmine.
Non
fu facile riprendersi ed il primo a riuscirci fu Iker che scivolò fuori
dal compagno crollandogli addosso. Rimasero così un istante e solo
quando le braccia gentili di Ricardo cinsero il capo e la schiena
dell’altro, si resero conto di non saper cosa dire, di non avere
proprio nulla da esprimere a voce e che qualunque cosa avesse
significato per entrambi comunque non se ne sarebbero pentiti.
Anche
se per Ricardo era stato evidente -per un istante- chi era la persona
che avrebbe voluto fosse a possederlo.
Una
piccola cura, una piccola vendetta o qualunque altra cosa fosse poi
stata per entrambi, li cullò facendoli addormentare in quel modo senza
preoccuparsi di nulla.
Nemmeno
degli strani sentimenti appena nati in Iker, sentimenti che lenti e
striscianti si stavano facendo sentire sempre più prepotentemente.