CAPITOLO
VII:
CREDO
DI AMARTI
Quando
la mattina il campanello suonò, Iker fece fatica a capire in che parte
dell’anno e dell’universo si trovasse, poi quando sentì qualcosa di
morbido sotto di sé e lo palpeggiò ad occhi chiusi, ricordò tutto in un
flash che gli fece sgranare gli occhi e per questo avere un enorme mal
di testa.
Con
la banda che suonava la Toccata et Fuga di Buch, si tirò su
faticosamente e cercando di non svegliare Ricardo che sembrava avere
un’aria finalmente serena, indossò in fretta i primi boxer che gli
vennero sotto mano e senza farci caso andò alla porta ad aprire.
Solo
nel trovarsi davanti l’espressione più impanicata ed imbronciata di
Cristiano, tornò in sé e con una brutalità eccessiva. Ora c’era tutta
la quinta di Beethoven, nella sua testa, che lo stava uccidendo!
-
Iker! Ho bisogno di parlare, dannazione, sto uscendo di testa! È tutta
la notte che penso e… - Ma non finì la frase poiché la voce gli morì in
gola nel notare le condizioni del portiere.
Condizioni
impossibili da fraintendere.
Nudo
con solo dei boxer addosso.
E
dannazione, non dei boxer qualunque.
Lui
conosceva tutta la collezione di Ricardo e quelli, ci avrebbe messo la
mano sul fuoco, erano proprio suoi.
-
Cosa diavolo ci fai coi boxer di Riky addosso? - Chiese rifiutandosi in
cuor suo di darsi la risposta più ovvia da solo.
Iker
sgranò shockato gli occhi e si guardò rendendosi conto che era vero,
nella foga aveva messo i suoi.
Si
morse il labbro colpevole e tornò a guardare il compagno di squadra che
si incupiva repentinamente alla risposta che non serviva fosse
pronunciata.
Quando
poi notò i graffi sul collo, graffi inequivocabili poiché li conosceva
perfettamente e fin troppo bene, il Cielo si aprì e venne giù il
finimondo!
Lo
spagnolo non si affannò a tirare fuori qualche bugia, fu messo
violentemente da parte da un Cristiano carro armato che entrò spedito
in casa; appena in soggiorno vide esattamente il motivo del suo grande
pensare e quindi del suo grande panico.
Ed
era lì, nel divano di un altro, che dormiva beato.
Nudo.
Iker
chiuse la porta e si precipitò dagli altri due ma non fece in tempo a
fare nulla che si ritrovò subito un pugno infrangersi contro la propria
mascella.
Stordito
indietreggiò tenendosi la parte colpita e solo un istante dopo guardò
Cristiano come fosse impazzito.
- E
allora? - Chiese rendendosi conto, ora completamente sveglio e attivo,
che quel gesto da lui era più fuori luogo che mai.
-
COS’E’, QUESTA? UNA VENDETTA? LA TUA VERA FACCIA? PUNTAVI A LUI SIN
DALL’INIZIO ED HAI FATTO DI TUTTO PER RIUSCIRE A PORTARTELO A LETTO? -
Cominciò a gridare come un matto.
Alle
urla esagerate ormai familiari, Ricardo si svegliò di soprassalto e si
trovò Iker coi propri boxer che si teneva la guancia mentre Cristiano
inferocito gli gridava contro di tutto.
Ci
mise un attimo a connettere e a capire che non era un sogno, quindi
imprecando mentalmente si affrettò a mettersi i boxer di Iker e
saltellando -rischiando di cadere per lo scarso equilibrio mattutino-
li raggiunse mettendosi in mezzo prima che l’altro reagisse. Il pugno
chiuso era lì in bella mostra pronto per essere tirato.
Non
ebbe tempo per ragionare, agì solo d’istinto, e quando Cristiano lo
vide si fermò come se gli avessero staccato la spina… ma poi la
riattaccò immediatamente.
-
E’ COSI’ CHE TI DISPERI, EH? ECCOLA LA TUA VERA FACCIA! TI SCOPI
CHIUNQUE TI CAPITA, ORA! ALTRO CHE SANTO E PULITO! - Naturalmente non
erano cose che pensava veramente, ma preferiva non riflettere più dopo
essersi affannato tanto a farlo tutta la notte con il risultato di un
casino colossale ed un mal di testa senza precedenti.
Ricardo
avrebbe voluto avere tempo per ragionare e dire la cosa migliore senza
esagerare o sbagliare, ma alla fine non l’ebbe e rispose senza
pensarci:
-
Ma tu cosa vuoi da me? Si può sapere, una volta per tutte? Non posso
essere io a ricordarti che sei andato a letto con lui perché non mi
consideravi più di un passatempo e basta! - E senza accorgersene aveva
precisamente centrato il punto.
Cristiano
sentitosi punto sul vivo e senza avere una risposta sensata, parlò di
getto convinto che comunque a quel punto tutto sarebbe andato bene:
- E
TU COSA SAI COSA SEI PER ME? NON TE L’HO MAI DETTO, COS’E’ CHE TI DICE
CHE NON SEI NIENTE? -
Se
si fosse accorto di stare semplicemente per dire la verità, forse si
sarebbe fermato e se ne sarebbe andato, ma era troppo fuori di sé.
Vederli in quello stato, realizzare che erano andati a letto insieme
anche loro, che Ricardo, IL SUO RICARDO, si era fatto scopare anche da
Iker, era troppo e non sapeva perché ma lo era.
Non
poteva accettarlo.
-
LO SAPREI SE ME LO DICESSI! - Sbottò improvviso Ricardo perdendo
storicamente la pazienza fino a gridare a sua volta.
Si
stordirono per quello ma il portoghese durò poco poiché allo shock
delle sue grida si aggiunsero i boxer che indossavano l’uno dell’altro.
E
il cervello abbandonò completamente la sua orbita.
-
MA TI AMO, DANNAZIONE! - Ricardo non ci credette, di tutte le prese in
giro che aveva sopportato, quella non poteva mandarla giù e si avvicinò
aggrappandosi al colletto della sua maglia con fare sorprendentemente
aggressivo che sconvolse profondamente gli altri due inebetiti:
-
NON PRENDERMI IN GIRO! SE MI AMASSI NON SARESTI ANDATO A LETTO CON LUI
E NON DIRMI CHE ERI UBRIACO PERCHE’ SO CHE REGGI ANCHE IL VELENO!
DANNAZIONE, CRIS, SE MI AMASSI IERI NON ME LO AVRESTI DETTO COSI’, NON
MI AVRESTI LASCIATO ANDAR VIA, NON… - Ma non riuscì a finire la frase
-sfuriata storica- che due braccia forti e solide gli tolsero il fiato
stringendolo con una tale forza da fargli male.
Il
tempo si fermò e fu un istante, ebbero quasi modo di sentire i loro
cuori galoppare come impazziti nei petti. I fiati affannati. Le teste
che esplodevano. E tutto fermo.
Finalmente
fermo.
Ecco
che il mondo rallentava e quando tornò ad una velocità decente, il
sussurro di Cristiano si sentì contro l’orecchio di Ricardo:
-
Scusami… non volevo… ma ho paura perché non ho mai provato cose simili…
non ho mai perso la testa così per nessuno… e tu sei sposato e non
potrai mai essere mio… ma io è questo che voglio… e so che non potrai
mai accontentarmi. Io credo di amarti… -
Magari
facendo subito così avrebbe risparmiato a Ricardo la serata peggiore di
quegli ultimi tempi e sicuramente un ulteriore dolore ad Iker. Un
dolore che nemmeno lui avrebbe mai detto si sarebbe trovato a provare e
solo perché quei due si amavano e finalmente se l’erano detti, l’unica
cosa di cui avevano bisogno.
Ma
la pace che Cristiano e Ricardo provarono in quell’abbraccio carico di
forza, decisione e qualunque altra cosa repressa fino a quel momento,
non ebbe precedenti paragoni.
Dimentichi
del luogo e della situazione, suggellarono quell’attimo importante con
un bacio che era mancato ad entrambi di cui non sarebbero certamente
mai stati capaci di fare a meno, non troppo a lungo.
-
Ti amo anche io, Cris… -
Solo
bisogno di dirselo.
Rimasero
lì per un paio di secondi ancora, fronte contro fronte, a guardarsi da
vicino negli occhi di un colore scuro estremamente simile ma diversi
nell’intensità, comunicarono così più di quanto non avessero mai fatto
eppure proprio lì sentirono l’impellente necessità di parlare ed
esprimere anche a voce tutti quegli enormi sentimenti che avevano
appena ammesso provare.
Iker
li osservava imbarazzato non avendo idea di che cosa fosse il caso di
fare e soprattutto con uno strano nodo allo stomaco nel vedere una
scena simile, si chiese se dopotutto fosse valsa la pena di mettersi in
mezzo per aiutarli a risolvere i loro problemi, cioè se ne fosse valsa
per lui.
Non
riuscì a rispondersi e quando Cristiano prese Ricardo sotto braccio e
lo condusse protettivo e premuroso al divano affinché recuperasse i
vestiti, girò la testa a metà verso il proprietario di casa e con lui
si scambiò uno sguardo significativo. Iker non ci avrebbe giurato ma
quella luce diversa nei suoi occhi dal taglio affilato, pareva proprio
gratitudine e consapevolezza.
Sì,
ma consapevolezza di cosa di preciso?
Cos’è
che aveva capito?
Rimase
fermo immobile e quando Ricardo sparì in bagno per darsi una lavata ed
una sistemata, i due rimasero finalmente soli a guardarsi.
C’era
ancora un gran silenzio pesante nell’ampia sala dove erano e nessuno
osava muoversi, eppure nell’aria c’era un dialogo che sarebbe dovuto
essere fatto.
Il
primo a prendere l’iniziativa fu naturalmente Cristiano, quello con le
idee più chiare, finalmente, che detestava perdere tempo in ogni caso.
Non
si avvicinò rimanendo a debita distanza, immaginando che per l’altro
fosse meglio così, quindi appoggiandosi ad un mobile disse con uno
strano tono:
-
Ho capito, sai. - Non era accusatorio però nemmeno comprensivo. Non
avrebbe saputo definirlo.
Ad
iker cominciò di nuovo il batticuore inconsapevole ancora di cosa
intendesse.
-
Eh? - Chiese interdetto sforzandosi di non arrivarci di proposito.
Dentro di sé sapeva che sebbene qualcosa in tutta quella storia non gli
fosse chiara, era meglio non tirare i fili e rimanere nell’ignoranza.
Peccato
che Cristiano non fosse dello stesso avviso ed invadente dieci volte
più del capitano, proseguì senza pietà:
-
Piace anche a te, vero? - Al di là delle grida che gli aveva rivolto
poco prima, in realtà tutto quello che usciva dalla sua bocca, in un
modo o nell’altro, lo pensava veramente. Magari non con la stessa
cattiveria di come gli usciva sotto l’ira suprema, ma in generale era
così.
-
Non so di cosa parli. - Finse di fare lo gnorri mentre dentro di sé
ogni senso sembrava impazzito e gli dava una sensazione più sgradevole
dell’altra.
Come
faceva a colpire così a fondo ed in modo diretto?
Ci
era arrivato prima di lui!
-
Certo che lo sai! Hai solo fatto finta di non saperlo, fin’ora, ma
ormai è inutile fingere. - Discorsi particolari. Alla fine Iker
mordendosi il labbro decise di tagliare la testa al toro e di togliere
ogni sicura. A quel punto tanto valeva dargli quello che voleva, ovvero
la sincerità. Sembrava ci fosse qualcosa nell’aria, quel giorno, che
obbligasse tutti a dire la verità.
-
Non ho mai considerato l’ipotesi però se me lo spiattelli in faccia in
questo modo non posso che prendere in considerazione la teoria. - Cercò
un po’ di parvenza di dignità ma venne subito demolita dall’altro che
sapeva perfettamente cosa diceva.
Cristiano
ghignò con un’aria profondamente maligna, poi esclamò:
-
Ti ha fregato il sesso con lui. Se non l’avessi fatto non te ne saresti
nemmeno accorto! - E nel momento in cui lo disse non poté negare che
era assolutamente vero.
Iker
corrugò la fronte non sapendo più che pesci prendere, messo con le
spalle al muro si trovò a respirare a fatica e a non ritrovare più i
propri pensieri coerenti.
Sospirò
e strinse le labbra preso totalmente alla sprovvista, non sapeva
proprio cosa dire e lì Cristiano ebbe pietà di lui, infatti con
un’espressione ed un tono più morbidi disse sempre rigorosamente a
debita distanza per impedirsi di avere di nuovo voglia di prenderlo a
pugni poiché si era fatto il suo ragazzo.
-
Però devo ringraziarti, senza questo fatto non avrei mai perso la testa
fino al punto da non ragionare più. Mi serviva una spinta perché questa
cosa per me era troppo grande. Posso dire con certezza che se non fosse
stato per te, prendendo la storia nella sua complessività, l’avrei
perso davvero, prima o poi. Per questo ti devo un grazie. - Fece una
pausa ed i due si guardarono attenti e penetranti, Iker senza più
affannarsi a negare la realtà e Cris sollevato per essersi liberato di
un gran peso. I ringraziamenti glieli doveva, dopotutto.
-
Figurati. Posso dire che pugni a parte è stato piuttosto piacevole. -
Rispose mettendo da parte il proprio stato d’animo che lentamente stava
scendendo sotto i tacchi delle scarpe poiché quel tipo aveva
dannatamente ragione.
Cristiano
ridacchiò, poi con la sua tipica cattiveria aggiunse:
-
Se te lo fai di nuovo ti ammazzo, però! Dannazione, ti sei scopato il
mio ragazzo! Ho ancora una gran voglia di picchiarti! - Iker rise
divertito, lieto che sdrammatizzasse così, consapevole che scherzava
fino ad un certo punto. Notò infatti che le scuse non arrivarono e lui
nemmeno gliele chiese. Alzò le mani in avanti in segno di resa e
ridendo rispose:
-
Non oserò più, giuro! - Ed anche lì fra lo scherzo ci fu quel tocco di
verità che intendeva che comunque non si sarebbe mai fatto avanti e non
si sarebbe più intromesso. - E’ meglio troncarla sul nascere. - Terminò
tornando serio e sospirando sconfitto. Gli bruciava rendersi conto di
certi sentimenti proprio quando doveva rinunciarci.
In
quello Ricardo uscì dal bagno vestito e sistemato, zoppicò con un gran
sorriso radioso e sincero che fece capire quanto leggero e felice si
sentisse solo per aver risolto tutto con Cristiano.
Fu
chiaro da che parte stesse e non ci sarebbero mai stati dubbi.
Giunto
dal suo compagno gli si appoggiò contro utilizzandolo come stampella e
facendosi cingere possessivo e premuroso la vita per sorreggerlo,
guardò lo spagnolo ancora in piedi coi propri boxer addosso.
Allora
arrossì e piegò la testa in avanti in segno di scuse.
Sicuramente
se l’altro cinghiale non sapeva come si facevano, lui sì ed anche bene.
Con
aria colpevole e in totale vergogna verso sé stesso poiché si sentiva
un approfittatore sporco ed ingrato -e perché ancora qualcosa non gli
tornava, come ad esempio il motivo per cui Iker aveva voluto andare con
lui- mormorò stringendosi a Cristiano per prendere da lui quel coraggio
che sovente gli mancava:
-
Grazie di tutto e scusa… io penso di non essermi comportato bene con
te, ho approfittato della tua gentilezza e non ero nemmeno in me. E’… è
tutto a posto? - Chiese con aria contrita e spaventata all’idea che
così non potesse essere.
Iker
si sciolse e mise da parte ogni sensazione sgradevole e sorridendo con
sicurezza rispose:
-
E’ tutto a posto. Sono io che ho approfittato del tuo momento di
debolezza. Va tutto bene. - Ed in questa splendida e normalissima
dimostrazione di rispetto reciproco, mostrarono all’incapace Cristiano
come ci si scusava senza troppe cerimonie e complicazioni.
-
E’ così che si fa, allora! - Esclamò infatti seguendo proprio quel
pensiero, sbalordito nel constatare quanto fosse facile a vedere loro!
Quello
ebbe il potere di far tornare il sorriso ad entrambi gli altri due che
si ritrovarono sollevati nel poter chiudere un capitolo strano,
faticoso ed imbarazzante delle loro vite.
-
Prendi appunti! - Fece Iker ridacchiando mentre raccoglieva i propri
vestiti ai piedi del divano senza nemmeno alludere ai boxer di Riky
ancora a coprire il proprio delizioso deretano.
Ridendo
a sua volta, Cristiano si trascinò fuori il suo ragazzo lanciandogli un
ultimo sguardo significativo.
Dopo
di quello Iker rimase solo con la porta che si chiuse lasciandolo
finalmente libero di sospirare con innegabile malinconia.
Trovarsi
in un caos incomprensibile e sgrovigliarsi solo quando era troppo
tardi, non era una passeggiata, ma il suo ottimismo non moriva mai.
Si
sarebbe ripreso in fretta.
-
Guarda che anche se mi lasci non scappo… - Disse Ricardo con ironia al
compagno che ancora lo teneva per la vita come se non avesse le
stampelle da poter usare per salire nella propria macchina.
-
Non ne sono certo! - esclamò con lo stesso tono Cristiano convinto di
non poterlo lasciar andare ora che se l’era ripreso. Come fosse una
proprietà privata.
-
Dovrei passare da casa, ieri sera avevo detto a Carol che c’era una
serata fra amici e mi ha detto di non preoccuparmi, quindi sapeva che
sarei potuto stare fuori tutta la notte. Da quando esco con te capita
spesso. - Arrossì visto il motivo per cui capitava e naturalmente il
tipico stato di colpevolezza lo abbatté, poi riprese cercando di
ragionare lucidamente: - Però la mattina devo rientrare. E poi tu hai
gli allenamenti, no? - Lo precedette prima che cominciasse a
lamentarsi. Non voleva assolutamente essere motivo di rogne di alcun
genere.
-
Ma che palle! Sai da quanto tempo che non sto con te come si deve? - Si
lagnò Cristiano sempre tenendoselo incollato addosso.
-
Da due giorni. - Rispose serio Ricardo con uno strano tono che non
ammetteva repliche. Poi aggiunse: - E non per merito mio! - La stoccata
finale fu doverosa e il portoghese incassò con una smorfia mentre con
la mano scendeva sul suo delizioso fondoschiena che gli era mancato
fortemente:
-
Non devi essere così cattivo, non sei più tu, poi! - Miagolò con fare
infantile di proposito appoggiando la testa sulla sua con fare
affettuoso.
Ricardo
sorrise intenerito non riuscendo ad interpretare la parte del duro per
troppo tempo:
-
Sono giusto. Ci vediamo nel pomeriggio anche perché anche io ho
fisioterapia stamattina, faccio appena in tempo a passare a casa e poi
devo subito andare in ospedale. - Cristiano non era d’accordo però
dovette piegarsi al volere supremo e trattenendosi a stento dal
baciarlo in pieno giardino dove paparazzi avrebbero potuto beccarli, si
sciolsero e seppure con riluttanza ognuno salì sulla propria macchina
nella speranza che le ore passassero in fretta.
Certamente
avevano bisogno di passare del tempo insieme, ma con calma e come si
doveva. C’era un certo discorso da fare, ben più lungo ed articolato di
come era venuto poco prima a casa di Iker.
Guardandolo
andarsene Cristiano sospirò dimenticandosi per un momento dei suoi
ruoli svariati da ricoprire, fra cui non c’erano quello dell’innamorato
fesso, come lo definiva il mister, e con occhi quasi liquidi non si
mosse fino a che nel vialetto non fu più visibile la sua auto.
Ora
che l’aveva trovato, trovato davvero, non se lo sarebbe lasciato
sfuggire per nessuna ragione al mondo.