CAPITOLO
XII:
UNA FINE
Il risveglio fu il proseguimento del
mio sogno.
Avevo sognato di essere a letto con lui
e di scopare e poi che mi facesse le coccole.
Mi ero svegliato proprio in quel
momento perchè le sensazioni della realtà combaciavano con quelle
del sogno dove Zizou mi stava facendo i grattini sulla nuca.
Anche nella realtà sentivo le stesse
sensazioni, per cui venne spontaneo svegliarsi sul serio.
Aprii piano gli occhi per assicurarmi
che fosse vero e quando vidi il suo petto dove ero ancora appostato,
feci un piccolo sorrisino allungando il collo e abbassando la testa
per dargli un miglior accesso alla mia nuca.
Dormivo completamente sul suo braccio
con cui mi cingeva, la mano sulla nuca a farmi i famosi grattini con
i polpastrelli. Non potevo chiedere di meglio, i brividi mi
percorrevano su tutto il corpo, ero in paradiso.
Per il resto la mia guancia era
appoggiata sul suo petto, ma aveva la maglietta, così come l'avevo
io. Spostai la mano in basso, potevo toccargli il pacco, ma decisi di
infilarla sotto la stoffa malefica e carezzargli la pelle ricambiando
il favore che mi stava facendo.
Non mi fermò e nemmeno lui smise
capendo che ero sveglio.
Ovviamente avevo richiuso gli occhi e
l'espressione che facevo era così beata che a momenti potevo fare le
fusa.
Mi sentivo proprio come un gatto e
leggere le mie dita correvano sul suo corpo, dolcemente risalivano
sotto la maglietta fino ad arrivare all'altro pettorale, il suo
capezzolo con cui giocai passandolo più volte e poi facendo piccoli
cerchi intorno ad esso.
Il suo corpo era perfetto e sodo,
l'avevo visto un paio di volte e mi aveva sempre eccitato, ma non
l'avevo mai toccato davvero. Ora quel che sentivo era la conferma di
quel che avevo immaginato.
Era ancora in perfetta forma, faceva
sempre esercizio, non aveva un grammo di grasso, la vita stretta, le
spalle larghe il giusto, i muscoli longilinei ma delineati, le gambe
snelle. Le gambe... sentivo che erano snelle perchè una delle mie
era allacciata alla sua.
Non si mosse, non mi spinse via, rimase
così a farmi i grattini in silenzio accettando il mio indice che
giocava col suo capezzolo.
Speravo non finisse mai, ma forse fu un
verso che mi scappò con la gola, quando dalla nuca scese sul collo e
poi dentro al colletto della maglietta. Forse fu questo che lo fece
sorridere.
- Sei davvero un gatto! - Disse
malizioso. Io ridacchiai aprendo gli occhi velati di piacere.
Un piacere che era arrivato fino in
basso.
- Vedo che a te piacciono... - Non
disse nulla a proposito ed io continuai alzandomi su un gomito,
pensando di avergli addormentato metà corpo.
- Se preferivi i cani ero nei guai! -
Lo guardai dicendolo e lui ridacchiò. Mi appoggiai al gomito
rimanendo con l'altra mano sul suo capezzolo, sotto la maglietta
mezza alzata. Però ora ci guardavamo. Le arie addormentate ma
serene. Potevo illudermi di essere ad un passo dal vero sogno, il
sogno di sempre. Il sogno con la I e la S maiuscoli.
- Sono un tipo da gatti, in effetti...
- Sorrisi soddisfatto della risposta ed ebbi il forte istinto di
baciarlo, ma mi trattenni per miracolo ricordandomi della mia
promessa. Finchè non avesse fatto qualcosa lui, finchè non avesse
deciso definitivamente, io non avrei fatto altro.
Vide il mio istinto di baciarlo, vide
che mi ero fermato per quella promessa fatta la sera prima e con una
di quelle sue espressioni illeggibili che mi facevano morire, tornò
a salire con la mano e dal collo fu di nuovo sulla nuca. Con questo
attirò la mia testa verso la sua che alzò leggermente venendomi
incontro.
L'amaro sapore del risveglio nelle
nostre bocche non fu mai più dolce di quello, per me.
Iniziò per sfiorarmi solo le labbra e
finimmo per aprirle ed intrecciarci.
Odiavo baciarmi appena sveglio, però
se era con lui non me ne fotteva un cazzo, andava benissimo.
Penso che brillavo, quando ci
separammo.
Penso che mostrai una tale gioia
incontaminata che nemmeno lui aveva ancora visto.
Penso proprio che fu quello che vide,
quello per cui sorrise così dolcemente. Non lo era sempre, ma in
certi momenti lo sapeva essere. In certi momenti era speciale.
Beh, per me lo era sempre, ma in alcuni
arrivava a toccare quei picchi di tenerezza che non erano smielati.
Si capiva che stava scoprendo tutto lì in quel momento.
Dopo non ci dicemmo nulla, ci alzammo,
cominciammo a prepararci, io mi cambiai e lui indossò gli stessi
abiti della sera prima.
Prima di uscire esitò guardandomi, uno
strano sguardo, uno di quelli che non avrei mai capito. Un piccolo
sorriso e poi sgusciò via.
Poco dopo uscii anche io e lo vidi in
lontananza nel corridoio camminare in quel modo eretto e fiero, così
elegante, così aggraziato nella sua semplicità. Ma regale. Aveva
qualcosa di regale. Forse ero io così perso che lo vedevo così.
Testa alta, braccia lungo i fianchi,
passi leggeri.
Sospirai.
Ero proprio perso.
Il ritiro stava volgendo al termine e
mi chiedevo come sarebbe finito.
Ero convinto che mi avrebbe dato una
risposta per quella data, prima di tornare a Madrid e della
conseguente pausa della nazionale.
Non ci volevo pensare, volevo provare
ad essere ottimista.
Avevamo ancora due partite,
un'amichevole ed una specie di torneo di poco conto, contro il
Chelsea.
Il Chelsea di José.
L'amichevole mi vide ancora al settimo
cielo. Dopo quella mattina io passai dei giorni in stato di grazia,
ero felice, innamorato della vita ed amichevole con tutti.
Anche Zizou mi avvicinava come niente,
non si dimostrava in vesti particolari, però mi cercava, parlavamo
anche davanti a tutti ed in campo, ridevamo insieme. Insomma, si
capiva che era rilassato e di riflesso lo ero anche io.
Ero sicuro che mi cercasse e che
parlassimo tanto insieme di tutto quello che ci passava per la testa,
perchè si stava decidendo in mio favore.
Era questione di poco, era di certo
questione di poco.
La potevo sentire la sensazione sulla
pelle... delle sue labbra che mi baciavano dopo avermi detto che
voleva viverla, che non poteva farne a meno.
Me la immaginavo sempre in tanti modi
diversi, ma ero sicuro che sarebbe successo diversamente da tutte
quelle mie visioni ad occhi aperti.
Poco prima di giocare, ci stavamo
riscaldando e lui mi avvicinò da dietro, mi affiancò e mi toccò la
schiena con la mano facendola poi scivolare giù lungo il fianco.
Sussultai al contatto seppure breve,
forse per quello mi chiese come stavo.
Non sapevo a cosa si riferisse. Per la
partita o per il brivido?
- Bene, benissimo... perchè? - Zizou
si fece serio.
- Ogni tanto sembri perso in un altro
mondo, il mister cercava di capire in che pianeta orbitasse il tuo
umore adesso. - Così lo guardia senza capire da dove gli venisse
questa uscita e lui ridendo rispose alla mia muta domanda: - ti
citavo Carlo! - Così risi anche io immaginando la conversazione.
- Tu cosa gli hai detto? -
- 'Al momento? Dipende... ' - Si citò
da solo con aria enigmatica, facendo il serio. Io tornai a guardarlo.
- Ti avrà chiesto da cosa... - Feci la
parte del mister e lui continuò sempre facendo il serio.
- 'Da me!' - A questo impallidii e lo
guardai di nuovo, camminando ogni tanto guardavo in basso, veniva
automatico, in quei momenti sentivo il suo sguardo su di me, ma
eravamo vicini, quasi spalla contro spalle, in realtà lui era dietro
di mezzo soffio.
- Gli hai detto così?! - Non ci potevo
credere e lui allora completò come niente fosse:
- Sì... ed ho aggiunto 'se ora gli
vado a parlare orbiterà sulla Luna, altrimenti si schianterà a
breve sulla Terra... ed in quel caso invece che essere bruciato
dall'Atmosfera, sarà lui a bruciare tutti!' - Così non potei che
ridere di gusto perchè aveva ragione ed era stato maledettamente
simpatico e divertente.
Finimmo per ridere entrambi di gusto,
guardandoci e continuando a camminare uno attaccato all'altro. A
quello la sua mano tornò a toccarmi la schiena ed io oltre che a
ridere, mi misi anche a brillare.
- Beh, mi hai appena spedito sulla
Luna, sappilo! - Mi riferivo all'insieme di cose. A lui che scherzava
su di me col mister e poi veniva a farlo anche con me, alla sua mano
due volte sulla mia schiena, a noi qua insieme davanti a molte altre
persone, all'aperto. Era tutto così bello che ero felice, ero
davvero felice. Ed ero sempre più sicuro che mi avrebbe detto che
voleva stare con me, prima di andarcene dal ritiro e tornare in
patria. Ero sicuro, ormai.
Da come mi stava sempre dietro, da come
si preoccupava per me, da quanto tempo passava con me, da quanto
parlavamo.
Sicuramente sarebbe andata benissimo.
Così anche quel giorno segnai e fui
felice.
Rivedere José fu strano, l'avevo
lasciato fra grida furiose ed insulti proverbiali.
Ero un po' nervoso, poteva benissimo
rinfacciarmi qualcosa, parlarmi, rompermi i coglioni.
Io ero bravo a cancellare tutto, ma
alla fine le porte rimanevano aperte a modo loro. Andavo avanti con
la mia vita, dopo che rompevo amaramente con qualcuno, fingendo che
tutto andasse bene. Accantonavo la persona, il problema, quello che
era successo, ero proprio in grado di dimenticarmene. Ma la cosa
rimaneva in me, in un angolino, ogni tanto usciva e macinava come un
cancro latente.
Se quella persona che mi tormentava
tornava a farsi viva, il nervoso saliva e succedeva come se io non
avessi messo via un cazzo. Come se fosse rimasto sempre lì con me.
Fu così anche con José.
Lui ed il suo Chelsea del cazzo li
incontrammo l'ultimo giorno di ritiro, poi saremmo tornati a casa e
da lì, appena il giorno dopo, saremmo volati subito ai ritiri delle
nazionali.
Che modo di merda per finire un ritiro
che comunque era stato bellissimo.
Ero ancora sicuro che Zizou mi avesse
detto quello che mi aspettavo, continuava a cercarmi o ad accettare
la mia presenza, a volte si parlava, altre si stava solo un po'
insieme. Non avevamo sempre quella di stare attaccati, nemmeno in
privato. Se c'era tempo poteva essere che non lo passassimo insieme.
Io lo volevo, ma sapevo che non dovevo essere troppo pressante così
mi tenevo occupato.
Quella volta avevo un gran bisogno di
vederlo, di parlargli prima di incontrare José.
Avevo bisogno, quella notte, di lui.
Dio, come ne avevo.
Mi sentivo sempre peggio.
L'idea di vedere l'uomo che mi aveva
ferito e fatto uscire di testa in quel modo, mi innervosiva, non
sapevo come la dovevo prendere, come dovevo affrontarlo. Avevo paura
di tornare ad insultarlo se l'avessi incontrato. Sapevo d'aver
sbagliato ad offenderlo in quel modo, era sempre il mio allenatore.
Non sapevo come fare e volevo parlarne
con Zizou, ma sapevo che non era il caso.
Anche loro due avevano finito male,
avrei gettato benzina sul fuoco. E poi mi sentivo... non so, come uno
che va a parlare del suo ex col proprio moroso. Non era mai una cosa
bella.
Così, combattuto fra il volergliene
parlare per sfogarmi e chiedere un parere, e il non farlo perchè
sapevo che così era meglio, ma tenermi in quel caso un grande peso
dentro, affrontai la giornata, il pomeriggio e la sera.
Dopo un paio di rispostacce di merda e
aver mortificato metà dei miei compagni ed essermi meritato un bel
'vaffanculo' da Mesut, il che era poi tutto dire perchè lui aveva
una gran pazienza, Zizou intervenne per conto suo, senza bisogno che
fossi io a decidere che fare con lui.
Dopo il semi litigio con Mesut, presi e
cominciai a distendere i nervi camminando per i corridoi. In realtà
puntavo alla camera, ma incazzato com'ero me ne andai in giro a ruota
libera senza imbroccare un'uscita giusta.
Sì, perchè invece che andare a destra
andai a sinistra, per cui avevo voglia di cercare la stanza.
Quando mi trovò stavo prendendo a
manate una parete dopo essermi reso conto che mi ero perso.
Poi la sua voce sorpresa.
- Karim, eri qua! - Sussultai e mi
girai. Era Zizou e non sapevo nemmeno come dovessi sentirmi.
Sollevato o cosa? - Ti cercavo! - Disse quindi pacato. Io scossi il
capo e seguii il mio istinto che mi disse di andarmene, per farlo
dovetti passargli accanto e mi prese il braccio con una presa decisa,
mi fermò e mi obbligò a guardarlo.
- Si può sapere che hai? È tutto il
giorno che scatti! - Sbuffai in evidente insofferenza, alzai gli
occhi al cielo e probabilmente rimase sorpreso, non mi ero mai
comportato così con lui.
- Ho i cazzi girati, ok? - Dissi
sgarbato.
Speravo mi lasciasse, dovevo isolarmi.
- E perchè non vieni da me se li hai
girati? Lo fai sempre e riesco ad aiutarti... perchè ora non lo fai?
- Logicamente aveva ragione. Io cercai di appigliarmi a qualunque
cosa per non dirgli che si trattava di José, non volevo che ci
rimanesse male e sapevo che sarebbe successo.
Mi guardai intorno cercando qualcuno,
ma non vidi nessuno e così tolsi il braccio dalla sua presa con un
gesto secco ed imprecai.
- Vuoi davvero parlarne qua? - Chiesi
sperando che mi desse tregua. Certo che volevo parlargliene, ma non
potevo.
Zizou capì subito che c'era qualcosa
di serio e mi indicò di seguirlo, sapevo che mi avrebbe portato in
camera perchè non aveva lo studio, quello era l'albergo di una
notte.
Non potevo andare in camera con lui
proprio quella notte.
Scossi il capo e rimasi immobile, dopo
qualche passo che si rese conto che non lo seguivo, tornò indietro e
aprì la mano in segno di 'seguimi'. Io scossi il capo non sapendo
nemmeno cosa dire, allora sospirò, chiuse gli occhi paziente e aprì
una porta che dava all'esterno. Rimase sull'uscio in attesa che mi
decidessi e capendo che non mi avrebbe mollato fino a che non
l'avessi seguito, andai con lui.
Uscii e ci immergemmo in una zona
d'ombra del giardino.
L'aria afosa ci investì, ma almeno non
ci vedevamo perchè era troppo buio.
- Adesso me ne vuoi parlare? Ho sentito
Meust che ti mandava seriamente a quel paese. Cosa c'è? Oggi sei
nervosissimo! - Sospirai insofferente. Non potevo dirglielo. Cosa mi
inventavo?
- E'... ogni tanto mi capitano queste
giornate storte... non è nulla... - percepii che scuoteva la testa.
- Ti conosco da un po', ormai. Non hai
mai giornate storte senza motivo. Magari sono per cavolate, ma c'è
sempre qualcosa che ti innervosisce. Non è mai senza motivo! - Come
mi conosceva bene. Stava dimostrando una pazienza incredibile, ma
soprattutto una grande perseveranza.
Non voleva mollare proprio.
Mi morsi il labbro e rallentai, lo fece
anche lui. Non volevo guardare il suo profilo per vedere se mi
fissava. Se lo faceva che avrei fatto?
Al mio ostinato silenzio mi fermò
toccandomi il braccio, sussultai e mi bloccai, allora mi sistemò
contro il muro. Più in ombra e più nascosti di così si moriva.
Era anche più intima della sua camera.
- E' per José, vero? - Questo ebbe la
portata di un pugno. Mi stava davanti, mi bloccava il passaggio senza
toccarmi, rimaneva così a fissarmi ed io non potevo più evitare il
suo sguardo. Non lo vedevo per niente bene, ma era lì davanti a me,
i suoi occhi avevano il classico luccichio che avevano tutti.
- Cosa... cosa dici? Cosa me ne fotte
di lui? - Lo sentii ridere e scuotere la testa.
- Sei assurdo. È chiaro che è così.
Perchè non ne vuoi parlare? È normale che sei seccato dal
rivederlo, vi siete lasciati malissimo! - A quel punto abbassai il
capo e feci il broncio involontariamente, lui rimase pazientemente in
attesa, ma poi lo sentii avvicinarsi fino a sfiorare le gambe con le
mie.
Mi prese il mento fra l'indice ed il
pollice e mi obbligò ad alzare il viso, lo guardai. Non serviva la
luce per vederci, era ancora più suggestivo così. Come mi sentivo.
Come... come mi sentivo... volevo solo
potermi perdere in lui, volevo che me lo dicesse, che mi dicesse
'voglio stare con te', aspettavo quello ma sentivo che non me lo
avrebbe detto quella notte.
- Non devi trattenerti con me. - Disse
poi calmo. Già... però se non lo facessi non sai cosa ti farei!
Sospirai insofferente e scossi il capo
girando la testa di lato per evadere il suo sguardo che, anche se non
era chiaro, mi incatenava comunque.
Allora lui mi spostò le dita dal mento
alla guancia e mi girò il viso verso di lui, ancora una volta.
Sospirai stringendo le labbra.
- Come ti senti? - Mi chiese. Non
avrebbe mollato, non credo che fosse mai stato nel suo vocabolario
quel termine.
E lì cedetti.
- Mi sento che se lo incontro torno a
mandarlo a cagare e penso che non dovrei, ecco come mi sento! Non so
che cazzo dirti! So che ho sbagliato ad aver reagito così con lui,
che era sempre il mio allenatore e... -
- Ma avevate anche una relazione...
andavate a letto... non era solo il tuo allenatore... avevi il
diritto di dirgli quello che gli hai detto. - Rispose allora. Curioso
che puntasse i riflettori proprio su quell'aspetto.
Scossi il capo, ma c'era sempre le sue
dita sul mio viso ad obbligarmi a guardarlo.
- Sì, ma l'ultimo anno no. E comunque
era sempre il mio allenatore! Anche se è stato uno stronzo non mi
sono comportato bene e... che cazzo ne so! Mi sembra d'avere
sbagliato qualcosa! O forse no, ma non voglio rivederlo! Cosa diavolo
dovrei dirgli se lo rivedo? Se viene a salutarmi, perchè quello ha
la faccia tosta di farlo... che gli dico? Come mi comporto? O... o se
lo incontro per caso! - Ed eccomi scoppiato, le parole uscivano fuori
da sole come un fiume, incapace di fermarle cominciai a dire tutto
quello che mi pareva, tutto quello che avevo dentro e via via mi
sentivo sempre meglio.
Lui ascoltava, ma non si staccava da
me, non era proprio appoggiato a me ma quasi, sentivo tutto il calore
del suo corpo.
Alzavo le braccia di lato perchè lui
mi stava davanti, gesticolavo come potevo e lui era lì ad ascoltare.
Sempre lì.
- Se lo incontri accetterà qualunque
gesto impulsivo ti verrà. Perchè se lo sarà cercato. Come si cerca
tutto quello che gli capita! - Rispose freddamente e sicuro. Così mi
fermai io per un istante durante il quale provai a capire il senso
delle sue parole.
- Vuoi dire che potrei anche
picchiarlo? No, perchè se si tratta di gesti impulsivi che
potrebbero venirmi quando lo incontrerò, può essere solo un pugno!
- Visto che ero stato spontaneo e serio, Zizou si mise a ridere
altrettanto spontaneamente e la cosa smorzò la tensione.
Di riflesso mi trovai a ridere anche io
capendo l'assurdità di quello che stavo dicendo.
- Prova e vedi che fa, sono curioso
della sua reazione! - Disse poi calmandosi dal ridere. Ovviamente mi
aveva spiazzato con quella reazione, ma stavo assurdamente meglio.
Alla fine smisi di ridere, lui aveva tolto le sue dita dalla mia
faccia, non evadevo più, ma non indietreggiò, rimase sempre lì
davanti a me. Dopo quello slancio rimasi lì di nuovo serio a
guardarlo cercando di immaginare davvero il mio incontro con José e
capii che era una cazzata essere tanto nervosi per lui.
- So che è una stronzata. Che forse
nemmeno lo incrocerò. E comunque... bah... lo saluterò e tirerò
dritto! Però non so... mi ha fatto uscire di testa, lo volevo
picchiare, mi ha ferito e... cazzo, quante gliene ho dette l'ultima
volta... capisci? Non è che sia come incontrare uno qualunque... -
Non so come la prese, non potevo leggergli normalmente nello sguardo,
quella volta ancora meno visto che era buio.
Però non fece una piega, almeno non mi
parve dal suo respiro che rimase regolare.
- E' come l'ex con cui hai rotto
malamente. - Disse allora riassumendo bene la questione.
Di nuovo il mio broncio, di nuovo un
sospiro. Che palle. Come me lo volevo togliere dai coglioni. Josè,
brutto bastardo.
- Immagino sia così... - Mi arresi
abbattuto. - Volevo solo non rivederlo più ed invece dopo pochi
mesi... riecco la sua faccia di merda! Spero che crepi di invidia
dopo i quattro goal che gli rifileremo! - Con questo tornò a ridere.
- E' questo lo spirito con cui lo devi
affrontare! - Disse poi spegnendo la risata. - Affrontalo a testa
alta, non hai nulla da rimproverarti o nascondere. -
- Lo so, lo so ma... non mi piace
l'idea di rivederlo lo stesso. Sono uno che se può evita perchè...
perchè mi conosco e so che se scoppio faccio un disastro. - Con
questo lo sentii sorridere ancora, mi mise la mano sulla guancia e
finalmente si appoggiò a me parlando piano, quasi sulle mie labbra.
- Ne ho avuto un assaggio ogni tanto. -
Così mi venne da ridere.
- Fidati che non hai ancora visto
nulla... -
- Quella volta c'ero, l'hai scordato? -
Quando avevo insultato José perchè mi aveva portato via il mio
Zizou. Se ripenso a quello che ho detto e che poi lui era lì ad
ascoltare... mamma, che imbarazzo.
Mi morsi la bocca senza saper cosa dire
e lui così si decise a concludere per me lasciandomi un bacio
all'angolo delle labbra. Piccolo. Quasi umido. Significativo.
- Andrà benissimo, non ci devi
pensare. - Disse poi. Io ovviamente avevo appena spazzato via quella
faccia di merda di José, avevo solo Zizou, la sua bocca e quello che
aspettavo succedesse.
Ero sicuro, lo ero troppo. Si sarebbe
messo con me. Dopo la partita. Finiti tutti i doveri. Forse si era
dato una scadenza, un tempo massimo.
Ma era ovvio che avrebbe scelto me.
Ormai ne ero certo.
Così misi le mani alla sua vita, ma
non feci nulla di più. Non volevo essere io prima che fosse lui.
Qualcosa di contorto ma di ovvio, per
me.
Feci una gran fatica a non baciarlo e a
non stringerlo, ma riuscii.
- Grazie. - Dissi piano sentendomi
davvero meglio. Sorrise, fece un passo indietro, mi lasciò il viso e
dopo un altro sguardo che non potevo vedere bene, se ne andò.
Non potevo sbagliarmi. Non potevo
proprio sbagliarmi.
José venne da me dopo la partita. Non
è proprio corretto dire che venne da me, però ci incrociammo.
Per tutto il tempo riuscimmo ad
evitarci, non so se di proposito o cosa.
Vincere mi aiutò molto. Aiutò tutti.
Fu maledettamente soddisfacente, per
cui mi sentivo meglio, era quasi finita del tutto, bastava salire sul
pullman e sarebbe andata davvero.
Però quando mi attardai nello
spogliatoio per colpa della telefonata con Clhoe e poi uscii, mi
scontrai praticamente con lui e col suo brutto muso.
Beh, brutto non proprio, era un bel
viso, aveva il suo fascino. Forse era il fascino degli stronzi.
Quando lo misi a fuoco sbuffai
spontaneo con ironia.
- Pazzesco! - Dissi infatti invece di
limitarmi a pensarlo.
Lui mi guardò prendendo il telefono
che gli era caduto di mano, che stava guardando quando stava passando
davanti alla porta da dove ero sbucato io come un caccia.
Da imprecante divenne... incuriosito.
Una delle sue strane luci negli occhi, luci incomprensibili.
Avevo i coglioni pieni di non capire
cosa pensavano gli altri.
- Karim! - Disse infatti meravigliato.
Mi morsi il labbro, il cuore cominciò
a rompermi il cazzo, fu davvero sgradevole. Sentivo lo stomaco
contorcersi, avevo un vero e proprio rifiuto, una repulsione totale,
mi prudevano le mani, avevo la famosa voglia di picchiarlo.
Non era andato via tutto il
risentimento che provavo.
Perchè mi aveva ferito consapevolmente
sull'unica cosa che non avrebbe mai dovuto toccarmi e non se ne era
mai pentito. Ecco perchè lo odiavo ancora tanto.
Penso che al contrario suo, io fui
molto, ma molto espressivo e quando mi guardò fucilarlo con gli
occhi più neri di questo mondo, alzò le mani in segno di resa
anticipata per qualunque intento omicida.
- Non ti cercavo, ero al telefono e mi
sono attardato... - Spiegò subito. La cosa mi sorprese, non dava mai
spiegazioni.
Strinsi le labbra e scossi il capo,
volevo solo andarmene.
Alzai le spalle, feci un cenno e mossi
un passo per superarlo.
Quando fui oltre lui, la sua voce
sicura mi fermò.
- Ehi... - Non volevo girarmi, non
volevo guardarlo, non volevo parlargli. Mi urtava la sua esistenza.
Mossi altri passi e lui allora ripeté
con più forza.
- Karim! - Chiamò ostinato. Pensai che
non avrebbe mollato e che stavo facendo la figura dell'idiota
codardo. Così presi respiro, chiusi gli occhi, strinsi le mani nelle
tasche e mi girai verso di lui, ogni muscolo teso, la voglia di
picchiarlo, di insultarlo.
Non c'era quasi nessuno, comunque
nessuno nelle immediate vicinanze.
Ricordo il silenzio improvviso, i
fischi nelle orecchie per la pressione che saliva e poi la sua voce
piano ma distinta, il suo sguardo diretto sul mio e quella specie
di... ruga di dispiacere... di vergogna... di imbarazzo... non so,
qualcosa.
- Mi dispiace. - Penso che feci
un'espressione spontanea di 'ho capito bene?', così lui rise, si
avvicinò, mani nelle tasche, aria strafottente. Nervoso. Eh sì, lo
percepivo il suo nervoso.
Il mostro era umano.
- Non lo ripeterò, quindi spero tu
l'abbia sentito bene. - Fece allora sbruffone. Io scossi il capo
guardando da un'altra parte indeciso se dargli quel pugno o meno.
- Non cambierai mai! - Commentai prima
di andarmene. Non sapevo come dovevo congedarmi, speravo solo di
evaporare e basta.
Poi lui aggiunse questa cosa ed il
nervoso, lentamente, scemò.
- Non avevo capito quanto tenessi a
lui. Se l'avessi saputo... - Risi amaro spontaneamente.
- Avresti fatto la stessa identica
cosa! Perchè è così che sei fatto! - Lui rise un po' in quel suo
modo strano, tornammo a guardarci uno davanti all'altro, spegnemmo il
nostro sorriso amaro e nervoso per poi concludere piano, molto piano.
- Penso di sì. Ma mi dispiace lo
stesso... - Forse non si era mai scusato in vita sua, forse non erano
nemmeno delle vere scuse. Forse, però, era stanco quanto me di
ripensare a quel periodo e rimuginarci. Di cose da rimpiangere ne
avevamo tutti molte ed anche se era stronzo, forse rimaneva umano in
una piccola parte di sé.
Quella che poi, dopo aver usato tutti
senza scrupoli, rimaneva sola.
Alzai le spalle come per accettare
quelle sottospecie di scuse, nessuno tirò fuori mani da stringersi,
ci guardammo seri, un po' imbarazzati.
- Andiamo avanti e basta. - Asserii.
Credo che sperava in quella risposta.
Sorrise e senza dire più niente si
voltò andando nella direzione opposta alla mia.
Era difficile dire che razza di fine
era quella, ma dopotutto non importava.
Era una fine. Questo era ciò che
contava davvero.