CAPITOLO
VIII:
METTENDO IN CHIARO
La gravidanza Clohé la passò tutto il
tempo in Francia coi suoi, nel caso avesse bisogno di qualcosa.
Comunque non mi piaceva che stesse sola da me, io non ero molto
presente e preferivo saperla con qualcuno piuttosto che sola.
Non provavo niente di particolare per
lei, mi stava bene ma se non fosse stato per il bambino, l'avrei
lasciata per cui alla fin fine potevo vivere senza di lei.
Ogni tanto andavo a trovarla, ero anche
capace di fare le follie di una notte, staccavo dagli allenamenti o
dalla partita, prendevo il mio jet e volavo in Francia da lei.
Il nostro non è mai stato un rapporto
passionale e focoso, eravamo molto discreti. Lei era perfetta come
moglie di un pezzo grosso, stava al suo post, non si intrometteva mai
su nulla, non faceva domande, non voleva niente. Però era lì.
Per questo potevo pensare di passare la
vita con lei anche se non l'amavo. Non era snervante e per me era una
dote importante.
Così, nel non vivere già insieme e
nel vederla solo ogni tanto, la cosa non mi entrava tanto in testa.
Che sarei diventato padre. Non la
sentivo molto e non sentivo lei come la cosa più importante della
mia vita.
Ho sempre avuto l'emotività di un
bradipo, questo molti me lo dicono ed io non posso dar loro torto.
- Allora. E' vero che sarai padre? - Mi
disse un giorno Zizou.
Il ritiro del Real era iniziato da
poco, io rimuginavo ancora molto su questa cosa dell'essere padre e
su cosa fosse il caso di fare, ma poi mi dicevo che se ce l'aveva
fatta Cris, ce la potevo fare anche io!
Di fatto bisogna dire che Cris ha dato
il piccolo Junior a sua madre, lui sta con suo figlio quando può
perchè tecnicamente vive solo ed è pieno di impegni per il calcio.
Se avesse avuto una compagna fissa a
casa come molti hanno, era diverso.
Cris non aveva nessuno, ma non era solo
questo.
Parlai con lui appena arrivato al
ritiro, prima che con tutti gli altri, perchè sapevo che lui poteva
capirmi.
Come aveva fatto ad essere padre uno
immaturo e viziato come lui?
Quando lo era diventato non era come
ora.
Lui disse che affidò il figlio alla
madre per questo. Perchè era incapace di essere padre e terrorizzato
dall'idea di rovinarlo, le aveva chiesto di aiutarlo. Poi sì, c'era
la questione degli impegni e del vivere solo. Però principalmente mi
spiegò che lui non aveva cercato Junior, non gli era balenata la
voglia di essere padre. Era successo, era stato un incidente e si era
assunto le sue responsabilità ammettendo di essere immaturo. Per cui
si è fatto aiutare da sua madre.
Ma per me era diverso.
Clohé c'era, si teneva il bambino, non
me lo voleva scaricare. Io non dovevo fare il ragazzo padre come
Cris.
Avrebbe pensato a tutto lei, io li
avrei mantenuti... e, penso, li avrei visti a casa quando sarei
tornato dopo il calcio.
Insomma, teoricamente per me doveva
andare meglio, avevo la mia compagna ad occuparsene, non ci dovevo
pensare io.
Così mi dissi che sì, se ce l'aveva
fatta Cris da solo in qualche modo, ce la potevo fare anche io.
Per questo misi la cosa da parte. O per
lo meno credetti d'averla messa.
Però agli allenamenti ci andavo spesso
cupo e accigliato, Cris nel vedermi così mi rimaneva vicino, di
tanto in tanto mi diceva cose sull'argomento che sapeva rimuginavo.
Perchè sono uno che rimugina. In ogni caso parlare con lui
equivaleva a farlo anche con Riky, infatti poi anche lui mi disse la
sua.
Mi tranquillizzò dicendo che essere
padre è una cosa innata, che lo vogliamo o no, quando viviamo coi
nostri figli ci lasciamo guidare da questo istinto che cresce in noi
e ci fa maturare. Non è una cosa su cui dovevo pensarci, non c'erano
accorgimenti da fare se non accettare tutto e lasciarmi andare. Avrei
imparato cammin facendo, mi sarebbe venuto fuori l'istinto.
Cris scherzava dicendo che questo era
tutto da vedere, visto che non mi immaginava padre. Io dolce?, mi
diceva.
Non gli davo retta perchè tanto Riky
mi difendeva sempre.
Riky... che elemento.
Anzi, che coppia!
Lui e Cris erano il giorno e la notte,
perfettamente bilanciati, equilibrati e sincronizzati. Non so come
dire... uno colmava le mancanze dell'altro.
Erano una coppia perfetta!
Mi perdevo a pensarci ogni tanto.
Io e Zizou non eravamo così
compensativi.
Eravamo simili, forse troppo. Io potevo
essere la sua versione giovane ed immatura, tutto lì.
Per questo, anche, ero incerto su
quanto eventualmente potesse funzionare.
Le mie storie erano andate tutte male,
ma poi che mi mettevo a pensare?
Quali storie? Quelle di sesso?
Mai avuto un compagno serio e le
ragazze... beh, erano sempre passatempi o rimpiazzi.
Avevo perso seriamente la testa solo
per Zizou, che ne potevo sapere?
Ero dunque dilaniato fra due fuochi.
Mio figlio e Zizou.
Da un lato 'sarei stato capace di fare
il padre?' 'Cosa significava?' 'Perchè non mi angosciava, perchè
ero così tranquillo?'. Dall'altro c'era 'Ma fra me e Zizou
funzionerebbe?' 'E se poi finisce perchè non siamo veramente
compatibili?'.
Così con tutti questi pensieri per la
testa ero molto assente.
Non volevo mettermi a fare qualcosa con
lui prima di aver deciso cosa volevo. Cioè lo volevo, però valeva
la pena? Andava bene? E se poi me ne fossi pentito?
Oltretutto dovevo vedere se Zizou alla
fin fine aveva deciso qualcosa nei miei confronti. Non ne avevamo più
parlato, io ero sempre stato terrorizzato della sua possibile
risposta negativa.
Però dopo qualche giorno che mi lasciò
tranquillo vedendomi particolarmente con la testa fra le nuvole, mi
chiese quella che era ormai la novità sulla bocca di tutti.
Se era vero che sarei stato padre.
Eravamo nella sala relax, la
meravigliosa e nuovissima sala relax del centro ristrutturato. La
Città del Real Madrid era un mega centro sportivo completo di tutto
l'impossibile, persino giochi di ogni tipo nella sala relax, una
super piscina, super palestra, super giardino oltre ai campi da
calcio, una camera a testa enorme e stupenda con i numeri sulle
camere, in ordine dal primo all'ultimo.
Un sogno.
C'era spazio per tutti, se si voleva
stare insieme si poteva, se si voleva stare per conto proprio, si
poteva fare anche quello.
Era una specie di oasi e penso fosse
stata pensata per quella, per far sentire bene e a proprio agio i
giocatori.
Quella sera, dopo cena, ero andato
nella sala con quella di giocare alla simulazione della gara di
macchine. Ebbene c'era anche quello. Siccome i simulatori erano due
per fare gare a coppie, c'erano sempre i turni. Mi ero diretto là
per vedere se erano liberi, quando lui mi raggiunse e dopo aver
guardato i due che gareggiavano per qualche istante insieme a me, me
lo chiese.
Io lo guardai sorpreso sussultando, poi
sospirai e dissi di sì con una strana espressione.
Il problema numero due che mi chiedeva
del problema numero uno. Che poi problemi proprio non erano.
Strano come i due mondi entrarono in
collisione. Poi sentii la curiosità salire in me. Ma lui cosa ne
pensava?
Mi resi conto che non era il posto
adatto per indagare, c'era troppa gente, così parlando mi diressi
con calma lontano dalla bolgia, uscii in terrazzo, un ampio spazio
cementato con sedie, tavolini e persino alcune sdraie. C'era di
tutto.
Gli altri erano tutti dentro a giocare,
leggere, guardare la televisione o parlare. Nessuno stava fuori
perchè era il periodo delle zanzare. A me non pungevano perchè
avevo il sangue cattivo.
Zizou mi seguì e ci sedemmo nelle
sdraie più in angolo e meno in vista, la luce dell'interno non
arrivava, eravamo in ombra, ci vedevamo comunque ma gli altri no.
Insomma, il posto perfetto.
Gli schiamazzi erano rimasti dentro e
davanti a noi il cielo notturno faceva sfoggio di sé. I rumori della
notte, il caldo di Madrid e noi.
Tutto perfetto, mi dissi.
- Non era programmato, ma è successo e
così ho deciso di vedere come va... come minimo devo prendermi le
mie responsabilità a prescindere da tutto... - Frase strana da dire.
Zizou mo guardava me e mo guardava il
cielo e le stelle che si vedevano bene.
- Non sei contento? - Così lo guardai
interrogativo.
- Cosa te lo fa pensare? - Lui ricambiò
il mio sguardo sempre col suo misterioso, alzò le spalle e disse:
- Non ne hai parlato per nulla. I
giornalisti francesi vi hanno visto uscire da una clinica privata ed
hanno dedotto che lei fosse incinta. Tu non ne hai parlato con anima
viva, non hai pubblicamente accertato le voci e comunque nemmeno qua
ne parli. Sento ogni tanto vociferare sottovoce gente sorpresa della
cosa, qualcuno dice che non ti immagina padre, qualcuno ci scherza
su... ma tu non hai detto nulla. Sembra che non ne sia contento. - Mi
aveva spiegato bene tutto, mi sorprese. In realtà di certe cose
parlava molto, di altre no. Dipendeva.
In ogni caso penso ci tenesse a dare
un'idea precisa di sé.
Quando faceva l'allenatore, faceva
l'allenatore. Quando faceva il direttore sportivo, faceva il
direttore sportivo. Ogni cosa al suo posto ed al suo tempo, non
voleva mischiare i diversi settori. Privato, professionale e
pubblico.
Io, penso, ero nel privato.
Per cui era anche raro che ci
concedessimo di parlare davanti ad altri o mentre c'erano gli
allenamenti.
Alzai le spalle appoggiandomi e guardai
in alto, il cielo.
- Non volevo essere padre ma è
successo. Per il resto sono riservato. Odio che si parli dei cazzi
miei. Non sono uno da vita pubblica e sociale. - Lui rise spontaneo e
lo guardai, adoravo come rideva, gli si illuminava il viso.
- Ti capisco, sono uguale. - Gongolai
fra me e me, eravamo uguali. Poi mi spensi. Appunto, eravamo uguali.
Forse non avrebbe funzionato.
- Ma sei felice? - Mi chiese
improvvisamente. In realtà aveva senso chiedermelo.
Tornai alle stelle e con il labbro
all'infuori provai a dire la verità che con lui mi veniva bene. Mi
piaceva tanto parlare con lui perchè riuscivo a tirare fuori tutto.
Sentivo il suo sguardo interessato su
di me e mi emozionava in qualche modo.
- Ti dirò la verità. Non lo sento
molto. Penso che sia bello diventare padre, ma non essendo una cosa
che ho cercato e voluto, non... per ora non la sento, tutto qua.
Penso che lo sentirò quando lo stringerò fra le braccia... poi lei
è la classica francese chiusa, composta, riservata e a modo. -
Gliene stavo parlando per la prima volta, era strano. Continuavo a
collimare i due mondi.
Lui, con un tono più basso, continuò
a chiedere. Non so se mi guardava ancora ma non avevo il coraggio,
per qualche strana ragione, di vedere.
-Non sapevo che stavi con qualcuno. -
Non penso dimenticherò mai quel tono. Capii senza alcun dubbio
alcuno, cosa strana visto che con Zizou i dubbi si avevano sempre,
che ci era rimasto male.
Così lì, a quel punto, mi voltai a
guardarlo di scatto. Si fissava le mani, segno di delusione,
nervosismo.
- Non era niente di importante! -
Esclamai subito meravigliato che ne dubitasse.
Allora lui alzò lo sguardo sul mio,
bisognoso di sapere il resto.
- Cosa vuoi dire? - Mi strinsi nelle
spalle, senza smettere di guardarlo con la mia aria semplice e
schietta.
- La stavo per lasciare quando me l'ha
detto. Non l'ho mai amata, mi ci sono messo perchè non volevo più
cose con uomini. Sai... con gli uomini anche solo il sesso diventa
poi un casino. Volevo togliermi dalla testa... - Esitai. - tutti. -
Anche lui. Lo sguardo così intenso, nella penombra. Capiva a cosa mi
riferivo, lo sapevo.
- E ci sei riuscito? - Sorrisi ironico.
- Non sono mai riuscito a provare
niente per lei, per cui mi chiedevo dopotutto che senso avesse. Non
la odiavo, ma non l'amavo. Però rimanendo incinta mi ha scombinato
tutto. Ho deciso di stare con lei e assumermi le mie responsabilità
e vedere come va. Ormai il piccolo c'è, insomma. Sono fortunato che
lei non è fastidiosa, per cui dovrei riuscire a stare con lei lo
stesso anche senza sentimenti. Probabilmente ci troveremo sotto lo
stesso tetto con un figlio in comune a fare ognuno la propria vita.
Chi lo sa. - Lui ridacchiò scuotendo la testa, tornando a guardarsi
le mani. Io guardavo sempre lui.
- O magari te ne innamorerai. A volte
non ti innamori subito. A volte ci vuole un po'... il momento giusto,
le circostanze giuste... la maturazione giusta... l'apertura mentale
che solo in quell'istante, dopo quelle esperienze, acquisti... - Ed
ora parlava di sé. Ma la mia maledetta boccaccia non riuscì a
tacere.
Parlai subito.
- E' così che è successo a te? -
Fortunatamente mi fermai ed evitai di dire 'con me'.
Lui inghiottì e non mi guardò più
per un po'.
Però alzò gli occhi sulle stelle che
ormai ignoravo da un po'. Mi sistemai più verso di lui, mi protesi
appoggiandomi coi gomiti sulle ginocchia. Poteva fare lo stesso a
toccarci.
Rimaneva immobile con la schiena allo
schienale.
- Non lo so. Però a volte succede
così. - Voleva chiedermi cosa provavo per lui, lo sapevo. Così gli
facilitai il compito.
- Ho cercato lei perchè non ne potevo
più di pensare a te. Ero convinto fosse un'attesa eterna ed inutile,
ero frustrato, mi serviva dimenticare, andare oltre e mi serviva
qualcuno di diverso. Una donna. Però poi una troppo diversa da te
non mi andava bene, così l'ho trovata simile a te. Lei ti ricorda
sotto certi aspetti. Sotto altri invece è diversa. È dolce. - Vidi
chiaramente un guizzo nella sua fronte, come una note di gelosia
mista a qualcos'altro. Non poté evitare di guardarmi e non poté
evitare di spostarsi in avanti e appoggiarsi come me sulle ginocchia.
Ora eravamo estremamente vicini, potevamo baciarci se lo volevamo.
Si mise così per sussurrare, per non
essere sentito proprio da nessuno. Parlavamo in francese, come
sempre, pochi avrebbero potuto capirci.
- Ma la stavi per lasciare. Se non
fosse stato per il bambino l'avresti lasciata. Come mai? Non avevi
più bisogno di non pensare a me? - Domande dirette senza risposte
dirette. Non mi diceva nulla, non mi faceva capire nulla. Però
voleva che io mi aprissi. Ed io, come un coglione, mi aprivo. Facevo
tutto quello che voleva, come fossi un burattino nelle sue mani.
- Avevo deciso di lasciarla quando ho
saputo che eri tornato. Che forse saresti stato il secondo
allenatore. - Maledettamente onesto. Rimase colpito, lo sentii
trattenere il fiato, ma non potevo essere sempre io a fare qualcosa.
Potevo servirmi su un piatto d'argento, ma era giusto che facesse lui
la prima mossa visto che era lui quello che bloccava tutto davvero.
- Il fatto che rimani con lei per il
bambino cambia qualcosa? - Inteso fra noi? Intendeva questo?
Aggrottai la fronte, catturato dal suo sguardo magnetico ed intenso
che adoravo. Non capivo.
- Ti ho detto che rimanere con lei è
una formalità, è una questione di assumersi le responsabilità, è
una cosa per il bambino e basta. Che fra l'altro non sento ancora,
per cui è tutto così lontano da me, ora come ora, che riesco a
pensare solo a... - Stavo per dire noi. Potevo? Era il caso?
Al diavolo, io che mi chiedevo se era
il caso di dire o fare qualcosa quando, semplicemente, volevo farlo?
- A? - E lui mi chiedeva sempre tutto
quello che io non finivo di dire.
Strinsi le labbra, le storsi e
sospirai. Al diavolo tutto.
- A noi. - Ed eccomi qua. La verità la
potevi sapere da un bambino, da un ubriaco o da me.
Che in un'occasione ero stato entrambi.
Sia bambino che ubriaco. Quando ci avevo provato con lui come un
porco.
Rimase senza parole, non disse nulla,
mi guardò catturato da me e dalla mia onestà. Però non sapevo più
cosa dire, volevo solo baciarlo e quello no, mi imposi di non farlo.
Doveva essere lui, cazzo.
Era giusto così.
- Mi avevi chiesto tempo, un anno fa,
ricordi? Per pensare a noi, a cosa significava, cosa volevi...
cos'era... non ti ho mai chiesto niente, ti ho dato tutto il tempo
che volevi. Spero però che tu non abbia smesso di pensarci. - Ero
fiero di me. Non era una domanda diretta, ma era un sottinteso
perfetto.
Stavamo ancora lì ad un soffio uno
dall'altro, al buio della notte, a guardarci con intimità. Potevamo
fare tutto.
- Non ho mai smesso. - Mormorò piano e
con un che di suadente. Mi strofinai le labbra che volevano solo
chiudersi sulle sue. Quanto lo volevo.
Non domai però l'altro impulso
indomabile. Quello che mi fece sfiorare le sue mani con le mie dita,
solo due dita di una mano sulle sue strette insieme, i brividi mi
percorsero. Ero senza fiato, però mi feci forza e senza togliere gli
occhi dai suoi, così vicino, dissi:
- Quando vuoi darmela, aspetto quella
risposta... - Ad una domanda mai fatta sul serio, ad una cosa mai
definita veramente.
Non lo so, eppure era tutto così
chiaro fra noi.
Ancora mi chiedevo se avesse potuto
funzionare. All'inizio è tutto fantastico, sei nella fase
dell'innamoramento, adori tutto dell'altro, passi su tutto... poi
però inizia il vero calvario. Se due sono uguali è doppia, la
fatica. Se poi i due in questione hanno un carattere di merda come
noi, ancora peggio.
Però lui era maturo, lui fra noi era
quello cresciuto, la poteva gestire. Fra me e me mi dicevo questo,
volevo sperarci disperatamente. Ne avevo bisogno, perchè non ero
capace di negarmi a lui, di lasciarlo perdere. Non potevo. Non
volevo.
Ero troppo perso per lui. Troppo.
Così mi ringraziò di non aver forzato
la mano e della pazienza sorprendente che stavo mostrando. Mi strinse
lui la mano.
Mi uccise.
- Grazie per essere ancora qua ad
aspettare. - Mormorò piano. Potevamo baciarci, non riuscivamo a
distogliere gli sguardi, l'atmosfera era perfetta, tutto lo era.
Però ebbe la forza per separarsi,
darmi la buonanotte ed andarsene. Così rimasi fermo, solo, intontito
a guardare il suo posto vuoto. Incredulo.
Non era successo davvero niente eppure
mi sentivo come se fosse successo tutto.
Avevamo parlato chiaramente, ci eravamo
detti quello che aspettavamo di dirci da un anno, sapeva tutto,
sapevo tutto. O meglio sapevo che ancora ci pensava, che lo
tormentavo.
Forse era disposto a provarci con me.
Volevo sperarci. Uno che non lo è, non ci pensa tanto.
Poteva essere tanto difficile lasciarsi
andare?
Se lui era ciò che sarei diventato io
un giorno, c'era sempre da chiedersi... quanto bene poteva
funzionare?
Ma questa domanda che mi avrebbe
tormentato a lungo, è comunque la stessa che bene o male si fanno
tutti. Alla fin fine è così.
È che se non rischi, non arrivi da
nessuna parte.
Così gli lasciai ancora qualche
giorno, le mie intenzioni erano buone. Nobili. Volevo lasciargli
tempo, volevo che fosse lui a fare quello che voleva.
Naturalmente fra il dire ed il fare,
con me, c'era sempre di mezzo un abisso.
Che illuso che ero.
Io bravo e buono in attesa?
Con lui lontano era un conto, si poteva
fare, non avevo avuto scelta durante l'anno. Niente e nessuno era
stato in grado di togliermelo dalla testa.
Però ora che era lì con me, che lo
vedevo ogni giorno, che ci vivevo insieme... come potevo pensare di
farcela? Come?
Illuso.
Zizou ormai era parte della mia vita e
lo desideravo fino a stare male. Non potevo aspettare oltre.
In ritiro c'era il programma.
Sveglia, colazione, palestra con
esercizi di rinforzo e correzione vari, personalizzati per ognuno, un
po' di tempo libero, pranzo, riunione tattica-teorica, allenamenti,
piscina, cena, tempo libero.
In generale era questo il programma.
Non era pieno ed impestato ma nemmeno
fatto per farci stare in panciolle.
Nel tempo libero, però, era raro che
Zizou girasse con noi, o era con il mister o al telefono a lavorare
come direttore sportivo per vendere e comprare giocatori. Per cui era
effettivamente sempre impegnato.
Non si fermava un secondo, separava il
Zizou professionale dal Zizou che socializzava. Dopo aver adempito a
tutti i suoi doveri e non essersi concesso quasi niente nemmeno
quando forse avrebbe potuto, si concedeva o un po' di palestra prima
di cena, dopo gli allenamenti con la squadra, o la piscina.
Avevo notato che se poteva sceglieva i
momenti in cui poteva stare da solo a rilassarsi e sfogarsi.
Naturalmente sempre da programma c'era
anche il momento dei massaggi per chi ne aveva bisogno, la piscina
non era un obbligo ma un consiglio, per cui dopo gli allenamenti se
qualcuno non voleva farla, poteva farsi massaggiare.
Così Zizou ogni tanto faceva anche
quello, sempre che non ci fosse troppo traffico.
In ogni saletta c'erano due lettini,
per cui una sera dopo gli allenamenti, mi ritrovai proprio con lui.
Non che avessi fatto di proposito, però il destino volle che
capitassimo insieme ed a quel punto pensai che aspettare tanto che si
decidesse era stupido quando mi veniva servito su un piatto
d'argento.
Oltretutto i miei ormoni viaggiavano a
livelli sovrumani perchè non scopavo da un bel po'.
Io ero già steso nel lettino a pancia
in giù con gli slip di carta apposta per i massaggi e l'asciugamano
sulla parte inferiore del corpo.
Quando Zizou entrò, i massaggiatori
non c'erano ancora e ci fu quel momento in cui, guardandomi e
realizzando che doveva spogliarsi davanti a me e mettersi quegli
affari che servivano a non sporcare i nostri indumenti di olio e
crema, pensò di andarsene.
Gli lessi nello sguardo, e lo lessi con
malizia, che però andarsene dopo avermi visto era da codardi e poco
carino. Così rimase e salutandomi disinvolto, cominciò a togliersi
i vestiti.
Mi morsi automaticamente le labbra
mentre me lo divoravo con gli occhi.
Lo sapevo che aveva un corpo bellissimo
e atletico, si teneva in forma. L'avevo già visto nudo sotto la
doccia in un'occasione e mi aveva ucciso.
Adesso però era diverso, c'era
qualcosa di erotico perchè sembrava quasi si spogliasse per me.
Lo sentivo imbarazzato ma gestiva molto
bene il suo stato d'animo, apparentemente non aveva niente.
Io però non gli staccai gli occhi di
dosso, dal suo torace non troppo largo ma perfetto, le spalle ampie,
la vita stretta, non un grammo di ciccia, era liscio. Rigorosamente
liscio. Da atleta quale era sempre stato, aveva imparato a radersi
per l'igiene, ovviamente non ovunque, ad esempio le gambe non erano
rasate, nemmeno io mi rasavo quelle. Però il petto sì ed ormai era
una cosa a cui eravamo tutti abituati.
Dopo aver vivisezionato tutto, mi
piantai sul suo cazzo che mi espose brevemente. Si girò
strategicamente di schiena ed io ridacchiai. Anche il suo culo era
splendido, sodo e perfetto.
Poi si coprì e si stese come me.
Rimanemmo in silenzio anche se di
solito parlavamo senza problemi, fu come se lì fosse subentrato il
desiderio che prima avevamo sempre soffocato. Ora c'era solo quello,
ora era quello il protagonista.
In quel silenzio, sapendo quanto avevo
apprezzato il suo corpo, Zizou evitò di guardarmi e di proferire
verbo. Poco dopo, come da orario prestabilito, arrivarono i
massaggiatori.
Ci chiesero se volevamo massaggio
completo o parziale, noi dicemmo loro solo parziale ed indicammo le
zone che ci interessavano. Lui collo, spalle e schiena, io gambe.
Il parziale era mezz'ora.
Fu una mezz'ora di sguardi che si
alternavano e che cercavano di non incontrarsi mai, ci evitavamo di
proposito sapendo che sarebbe scattato qualcosa che forse era già
scattato.
Ormai eravamo lì per pensare a noi, a
cosa fare, a cosa voleva... quindi era normale guardarsi con altri
occhi.
Le mani dei massaggiatori scorrevano
lisce e veloci con l'olio sulla nostra pelle, esperti ci procuravano
a tratti dolore, quando scioglievano i nodi, a tratti piacere, quando
semplicemente ci rilassavano.
Mi tolsero l'asciugamano poi mi presero
gamba per gamba, cominciando da dietro, partendo dal basso verso
l'alto.
Zizou mi guardava e cercava di smettere
quando ero io a fare altrettanto. Lui aveva la parte inferiore
coperta mentre il massaggiatore passava le mani esperte sulla schiena
e sulle spalle. Di tanto in tanto chiudeva gli occhi per il piacere.
Cosa che ovviamente mi eccitava.
Mi fissò in particolare quando il mio
arrivo vicino al culo. Dopo che completò le cosce, mi fece girare a
pancia in su e si vide il mio capolavoro. Nessuno commentò perchè
era normale avere un'erezione durante un massaggio. Però Zizou la
guardò con interesse. Sapeva quanto mi veniva grande quando ero
eccitato, l'aveva già visto.
Ero fiero del mio cazzo, non era
piccolo.
Peccato che lui dovesse rimanere a
pancia in giù tutto il tempo.
Quando finì, sempre in perfetto
silenzio, ci togliemmo gli slip da massaggio e ci tenemmo gli
asciugamani alla vita per andare direttamente in sauna, dopo il
massaggio era quasi un rito e c'era l'accesso diretto lì nella sala
dei massaggi.
Eravamo ancora oleati ma presto l'olio
fondendosi col sudore della sauna se ne sarebbe andato.
Ed ecco il momento ed il luogo perfetto
per avere privacy ed intimità nel vero senso del termine.
Se l'avessi programmata non sarebbe
venuta tanto bene.
In sauna non c'era mai molta gente e si
stava qualche minuto, in quel momento eravamo solo io e lui.
Potevamo vedere altri arrivare, altri
che sapevamo non sarebbero venuti almeno prima di mezz'ora.
Improvvisamente la sauna diventò il
mio posto preferito.
La sauna vera la si doveva fare nudi,
con il solo asciugamano alla vita, per cui così come eravamo andava
bene.
Ci sedemmo a media distanza uno
dall'altro, lui in una panchina su un lato, io nell'altra in quello
accanto, potevo mettermi vicino ma in quel modo ci guardavamo e
potevo 'giocare' con lui a piacimento.
Ed era quello che avevo in mente di
fare.
Non lo forzavo mica, gli volevo solo
dare argomenti su cui riflettere.