CAPITOLO II:
TU SEI IL MIO MEZZO

Ci rimuginò inferocito tutta la notte, Cristiano, senza riuscire mai a calmarsi.
Alla fine non chiuse quasi completamente occhio mentre creava un solco sul materasso disfacendo completamente le lenzuola.
Più pensava a quella versione inattesa e mai vista di Ricardo e più si convinceva che quello non potesse essere vero, non il suo Riky autentico.
Poi semplicemente giunse all’unica sensata conclusione, ovvero che nessuno era perfetto, come aveva sempre sostenuto, e che quello era semplicemente il suo grande difetto.
“Alla faccia del difetto! Se fa qualcosa la fa in grande, cazzo!”
Esclamò trovando finalmente pace con sé e con il suo compagno alla bellezza del quattro del mattino.
Sospirò girandosi per l’ennesima volta, ma quella volta trovò la posizione magica che gli fece calare il suo meritato sonno.
Con la mente che cominciava ad alleggerirsi, Cris pensò al volo:
“Ma visto che è solo questo, non mollerò facilmente. Si dice nel bene e nel male, no? Fin’ora c’è stato solo il bene. Vediamo anche il male. Tanto nessuno può vincermi. La spunterò io anche questa volta, porca puttana!”
E con questa risolutezza interiore, finalmente si addormentò.

Quando il giorno dopo lo incontrò alla solita ora al solito bar tranquillo ed isolato, Ricardo non aveva un’espressione migliore rispetto al giorno prima.
Non si erano dati appuntamento, quello era semplicemente il posto in cui Cristiano sapeva di poterlo incontrare quindi quando varcò la soglia del locale fece stupire non poco il brasiliano che tutti si sarebbe aspettato tranne che lui.
Non nascose la sua sorpresa ma non sorrise e non gli fece il minimo cenno.
A Cris non servì, si accomodò e come sempre, come se il giorno prima non avessero litigato dicendosi parole anche piuttosto pesanti -specie considerando il tipo che era Ricardo-, finì il caffè del compagno che lo guardò chiedendosi se non fosse impazzito.
Cris notò la muta domanda nei suoi occhi neri limpidi nonostante la cupezza, di certo non sarebbe mai stato in grado di nascondere qualcosa, così rispose prendendo un morso dal suo cornetto buttando via il giornale sportivo che il ragazzo stava leggendo.
- Allora, visita medica oggi? - Andò dritto alla soluzione degli atroci dubbi che angustiavano il compagno.
Dubbi che per Ricardo non erano tali ma certezze.
Una visita medica di certo non poteva essere una soluzione, dal suo punto di vista, e stufo di essere accomodante, non avendo né la voglia né le forze per esserlo, chiese diretto e quasi duro:
- E questo come dovrebbe aiutarmi? -
Ma per Cris era estremamente ovvio…
- Logico, no? Ti dirà che è tutto a posto! -
La sua convinzione fece finalmente deragliare quella altrettanto forte di Ricardo che si decise a mettere da parte il proprio disfattismo cosmico per quel suo modo strano di prendere il loro litigio.
Rimase infatti a fissarlo inebetito per un po’ chiedendosi quante facce ancora non conoscesse di lui, quindi senza rendersi conto che era stata la stessa cosa che aveva pensato per tutta la notte l’altro, fece più ammorbidito:
- Non finisci mai di stupirmi! -
Cris sorrise radioso, contento di quello che prendeva come un complimento.
- Perché? -
Non che per lui fosse una cosa straordinaria quella che aveva fatto, anzi… invece di mandarlo a quel paese come normalmente avrebbe fatto con chiunque altro era tornato come niente e senza discutere ulteriormente o piantare musi.
No, decisamente non era da lui ma lo era non mollare qualcosa che voleva con tutto sé stesso.
Quello sì, si disse.
- Ieri ce ne siamo detti un paio e tu oggi sembra abbia dimenticato tutto! - Disse senza preamboli Ricardo appoggiando il mento sul palmo e sospirando rassegnato ad averlo ancora insistentemente appresso.
Non che gli dispiacesse, ma nello stato d’animo in cui stava sprofondando sapeva perfettamente che sarebbe potuto essere anche molto pericoloso.
Oh, se lo sapeva… e Cris non aveva la minima idea in che cosa si stava impantanando.
Proprio per niente.
Ma lui alzò le spalle e sminuendo il giorno precedente, disse:
- Ah, non erano cose che non potessi dimenticare con un buon sonno. - Si diede mentalmente del bugiardo visto che per molto meno aveva escluso dalla sua vita amici di vecchia data. Ma lui era Riky, si disse. Altro da dire non c’era.
Ricardo non ne era convinto ma decise di dargli atto per lo sforzo che sapeva aveva fatto venendo lì da lui senza troncare tutto, così per lui e solo per lui ne fece uno a sua volta.
- E va bene, dopo la prossima partita se il fastidio al ginocchio continua vado a farmi vedere. -
Il suo sforzo consisteva nell’accantonare la convinzione che quella fosse una punizione di Dio e che non potesse fare niente per contrastarlo.
Il sorriso di Cris non gli fece pentire della sua scelta, non in quel momento.

Cristiano aveva appena finito la sua visita dal medico per il proprio stiramento muscolare alla coscia, il responso era stato nulla di preoccupante, riposo di quindici giorni.
Seduto nella sala d’attesa vuota, aspettava che Ricardo completasse la sua, di visita. Finalmente si era deciso. Il ginocchio continuava a dargli fastidi, evidentemente era una rogna più dura del previsto da stanare, non avrebbe mai pensato che avrebbe dato così tanti grattacapi una stupida operazione.
Aveva un’espressione tetra e pensierosa, il suo grazioso broncio sulle labbra incurvate verso il basso, le braccia conserte e le gambe incrociate allungate davanti a sé.
Sperava vivamente andasse tutto bene, ancora più di ciò che aveva sperato per sé stesso. Era importante che quel medico gli desse buone notizie, altrimenti chi l’avrebbe ripescato più dal suo cupo buio?
Era talmente assorto su Ricardo e sul nuovo responso medico da non accorgersi dell’arrivo di una persona che al contrario avrebbe dovuto già essere lì.
Lo distrasse dai propri pensieri con una pacca amichevole sulla spalla e lo salutò col suo solito piglio deciso nella loro lingua madre, il portoghese:
- Ehilà! Ho fatto tardi, dovevo venire prima… - Si giustificò senza comunque scusarsi. Cristiano si riscosse e si girò per vedere José Mourinho sedersi accanto a sé. - Allora? - Chiese intendendo del verdetto del medico.
Il giovane ci mise un po’ a capire, quando ci riuscì distogliendo lo sguardo si strinse nelle spalle con un che di menefreghista:
- Ah, nulla di ché… quindici giorni di riposo. Stiramento muscolare. - Sminuì il fatto che per lui era meno importante, mentre José non poté non notare la preoccupazione nel suo sguardo penetrante che fissava la porta aspettandosi l’arrivo di chi gli interessava veramente.
- Ricky è dentro? -
Cris annuì cupo e l’uomo non ci mise molto a farsi il quadro completo della situazione. Era di suo molto acuto ma davanti ad una tale manifestazione chiara e netta non c’era molto da non capire!
Gli batté la coscia stretta nei jeans ed esclamò con voce squillante cercando di tirarlo su. L’ultima cosa che serviva era che si demoralizzasse per qualcun altro.
Potava capire se era per sé stesso, ma per il suo ragazzo… quello non l’aveva ancora vista!
- Si riprenderà! - Lo disse con certezza senza andare nei particolari e questo fece scattare attento Cristiano che si drizzò nella sedia puntando il proprio sguardo inquisitore sull’altro estremamente simile del proprio connazionale.
- Davvero? - Non una vera e propria provocazione, ma questo apparve e il mister capì che non era un idiota che si poteva liquidare con qualche frase di circostanza altamente stupida.
Ebbe un piccolo ghigno per quella sua reazione stizzita che riguardava Ricardo, poi si fece serio e si decise a parlare liberamente e con sincerità. Tanto lo faceva sempre e non avrebbe certamente cominciato a fare l’ipocrita proprio con uno altrettanto diretto e sincero come Cristiano.
José ammirò anche il suo voler sapere una cosa simile che certamente già sapeva da sé.
Indipendentemente da ciò che pensavano gli altri, Cristiano credeva fermamente in Ricardo e nel suo ritorno pieno ma non per motivi professionali, bensì per motivi personali. Insomma, aveva perso la testa per lui e ci avrebbe sempre creduto, in ogni caso, fino alla nausea.
Però appunto perché con un angolino di sé sapeva di essere di parte, aveva bisogno di un parere onesto e veritiero ed ora era arrivato al punto da credere ciecamente ed esclusivamente solo a quell’uomo.
José comprese e sospirando rispose senza distogliere lo sguardo dal suo:
- Nella mia esperienza di allenatore so per certo che tutti sono recuperabili. Servono solo i giusti mezzi e le giuste spinte. Se però il problema di base è che lui non vuole stare qua noi possiamo fare quello che vogliamo, non tornerà quello di prima. Però c’è un fatto che smentisce questo dubbio. -
A Cristiano parve per un secondo di essersi fatto puntellare ogni organo interno e trattenendo il respiro si tese verso il mister per saperne di più, teso e angosciato all’idea che potesse togliergli le proprie idee ottimistiche, visto che l’unico in grado di riuscirci sarebbe potuto essere solo lui.
- Cioè? - Chiese sbrigativo increspando la fronte in un’aria liberamente impensierita -cosa deliziosa da ammirare sul suo bel viso solitamente piegato in qualche espressione spaccona o maliziosa-
- Lui è cotto di te, vuole stare qua se non altro per non separarsi da te. Quindi il problema non si pone. Tornerà come prima. -
Il ragazzo sospirò di sollievo senza preoccuparsi di mascherare quel suo lato apprensivo che veniva fuori solo per il proprio compagno, quindi si rilassò sulla sedia e sciolse i nervi che sembravano intenzionati ad ucciderlo.
Poi, continuando a seguire un proprio pensiero, aggiunse:
- Sai, ci sono sostanzialmente due tipi di giocatori. Quelli sensibili e quelli insensibili. E cioè quelli che si legano e quelli che non si legano. È una specie di imprinting… quando quelli emotivi entrano in sintonia con una squadra e poi la lasciano, non saranno mai più i campioni che erano. Si spengono lentamente. Quelli che invece non hanno la sensibilità di legarsi veramente a niente e nessuno, sai, i cosiddetti spiriti liberi, quelli come te e Ibrahimovic, possono cambiare anche mille squadre ma il loro rendimento sarà sempre al massimo! -
Cris si perse ad ascoltarlo non avendo mai riflettuto su questo genere di cose. Del resto erano probabilmente considerazioni tipiche degli allenatori, i giocatori non si fermavano a pensarci. Incerto se sentirsi in mezzo a dei complimenti oppure a delle offese, decise che lui era Mourinho e non faceva né l’uno né l’altro, semplicemente diceva la verità.
In fondo era così.
Era passato con una facilità pazzesca dal Manchester United al Real Madrid… evidentemente qualcosa significava!
Poi si rese conto che Ricardo rientrava nell’altra categoria… e lì si incupì non capendo se dovesse preoccuparsi o cosa.
- Riky ha avuto l’imprinting con il Milan? - Domanda diretta e profondamente significativa.
José ci mise un po’ a rispondere, ci pensò bene e poi si girò a guardarlo di nuovo con un’aria strana ed indecifrabile:
- Sì. Però ce l’ha ora anche con te. Quindi tutto può succedere. - Si sentì buttato prima giù all’Inferno e poi riportato su in Paradiso in un attimo brevissimo. Stordito rimase a fissare l’uomo accanto a bocca aperta in una libera espressione stupita e shockata. Erano delle cose che chiunque avrebbe voluto sentirsi dire con quella verità oggettiva, specie se il centro della questione era la persona che più contava.
- Lui è molto emotivo. - Continuò José riflettendo ulteriormente su Ricardo, evidentemente il protagonista di quel momento confidenziale. - Io l’ho visto al suo massimo al Milan, quando allenavo l’inter, e quando è felice e al cento percento è davvero uno di quei giocatori che fanno la differenza. L’ho visto salvare il culo alla sua squadra tante di quelle volte che ora ritrovarmelo qua a giocare così mi fa pensare che non sia nemmeno la stessa persona. La sua emotività è imprevedibile e finché non si sentirà sicuro col suo ginocchio al cento percento è impossibile rivedere quel Riky che ho visto al Milan, perché con lui non puoi lavorarci solo a livello fisico, ci devi lavorare soprattutto a livello psicologico ed emotivo. -
Trovandosi a sentire un trattato preciso e professionale sulla persona di cui gli interessava di più, Cristiano non si perse una parola e si godette il momento sperando che non smettesse e che gli desse altri particolari che ancora ignorava del suo ragazzo, poi però sentendo aprirsi la porta dello studio medico adiacente, José si alzò in fretta e mettendosi davanti al ragazzo gli disse guardandolo deciso e accattivante:
- Tu sei il mio mezzo per recuperarlo al cento percento. - Così concluse spiazzandolo completamente, evitando di esprimere sul proprio volto dai lineamenti affascinanti e affilati il fastidio per non poter essere lui quello importante in grado di rimetterlo in sesto.
Per un allenatore egocentrico e protagonista come lui dover scommettere su qualcun altro e aspettare che questi facesse il miracolo al posto suo, era praticamente inammissibile ed insostenibile, ma non era immaturo e quando decideva che quella era l’unica cosa da fare, la faceva anche se non gli andava a genio.
Cristiano profondamente frastornato e senza parole rimase fermo a guardarlo come se avesse fatto uno di quei complimenti che nemmeno in cento anni si poteva sperare di avere. Considerando la persona e le circostanze con cui gli erano state rivolte, per lui quello era un gran apprezzamento e se lo tenne stretto.
José Mourinho puntava tutto su di lui per riavere il Bambino D’Oro e lui di certo non l’avrebbe ceduto a nessun altro!
La voce del diretto interessato giunse ad interrompere le sue meraviglie e il famoso responso gli pesò meno di quanto avrebbe immaginato, sapeva che il merito era del mister.
- Una quindicina di giorni. Il ginocchio è un po’ infiammato perché l’ho affaticato troppo. Evidentemente non era del tutto a posto quando sono tornato ad allenarmi… - Disse Ricardo con aria da funerale come stesse dicendo che la sua carriera calcistica era finita!
Cristiano si alzò a sua volta pronto a tirarlo su come suo solito con una qualche battuta, ma fu preceduto da un deciso José che andò dritto al punto come già sapesse ogni cosa ancora prima del medico:
- Non pensarci. Ti voglio al cento percento, quindi prenditi il tempo che ti serve e torna quando sei sicuro. - Non si perse in altri vari discorsi di incoraggiamento ma gli cinse le spalle col braccio e strinse la presa con un sorriso sicuro senza la minima ombra, mascherando la voglia di prenderlo a pugni per tutti i problemi che invece gli stava causando per colpa del suo modo particolare di essere, quindi ad uno sguardo confuso e stranito del ragazzo lo lasciò andare ed uscì dalla sala d’attesa lasciandolo alle premurose e perfette cure del suo ragazzo che in effetti non aspettava altro.
Quando Ricardo guardò Cristiano sembrava sentirsi profondamente in colpa per la brutta notizia, come se fosse chissà perché causa sua, ma il portoghese lo guardò con sicurezza e sorridendo accattivante lo cinse a sua volta col braccio attirandolo a sé:
- Abbiamo gli stessi giorni di pausa! Non è grandioso? Godiamoceli che poi ci aspetta un girone d’Inferno! - E la capacità di vedere il positivo nel negativo di solito era una caratteristica dell’altro che però lo guardò disorientato da quel suo ottimismo spiccato.
Lo scrutò da vicino e per un momento si dimenticò dei propri guai:
- Cosa ti ha detto per rallegrarti tanto? - In fondo aveva anche lui un fermo di quindici giorni per uno stiramento… che aveva tanto da essere felice?
Cristiano ghignò e immerse le dita fra i capelli della sua nuca, quindi attirò il viso contro il proprio collo affettuosamente ed esclamò:
- Varie cose! -
- Del tipo? -
Ma Cristiano rimase sul vago conducendolo fuori:
- Fattori promettenti! -
Il lamento di Riky fece divertire il compagno che si tenne per sé il dialogo col mister, convinto che se la chiave per riavere il suo ragazzo era nelle proprie mani, allora tutto sarebbe presto andato a posto.